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Autore: _aivy_demi_    04/08/2020    13 recensioni
[SuperM]
[SuperM]_
Pandemic inherent
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Taemin, Kai e Mark resteranno bloccati nel luogo di lavoro, lontani dal resto del gruppo e soprattutto da familiari ed affetti. L'essere isolati li porterà a scontrarsi con se stessi e con tutto ciò che la segregazione porterà all'equilibrio psicofisico, ripercuotendosi sul rapporto duraturo creatosi anni prima tra loro.
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Thanks to BloodyWolf per la grafica, come sempre.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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«No, noi restiamo qui. mamma, non ti preoccupare, io e Kai abbiamo del lavoro da finire.»
Taemin sorrideva nel parlare al telefono, era sempre un piacere poter conversare con i genitori durante i lunghi periodi di lontananza dati dal lavoro. Gli ultimi mesi erano trascorsi in un susseguirsi di allenamenti, coreografie da perfezionare, lezioni di canto snervanti e ripetitive, il tutto condito da un pizzico di spinta in più data da manager e insegnanti a pretendere il meglio con orari disumani. Ce la stavano facendo, razionando ore di sonno e minimizzando il divertimento, ed in accordo con i propri preparatori i ragazzi avevano optato per una breve vacanza; una pausa di una settimana, qualche giorno da dedicare a loro stessi ed ai nervi deliranti. Nonostante l’offerta allettante Taemin aveva scelto di fermarsi al dormitorio di comune accordo con il collega.

«Ho bisogno di un partner per la parte centrale del programma, riusciresti a darmi una mano?»
Era certo di ricevere assenso, l’amico era sempre stato completamente disponibile per lui; inoltre Taemin sapeva dei pessimi rapporti dell’altro con la famiglia, quindi dava già per scontata la presenza di quest’ultimo in studio nei giorni a venire.
«Certo, come no! Ehi, beh, no aspetta, avevo promesso a Mark di passare da lui, come facciamo?» Kai scompigliò i folti capelli scuri grattandosi ripetutamente il capo mimando una smorfia corrucciata. «Vedrò di combinare in qualche modo.»

«No.»
«Dai… sai che mi spiace, ma non posso certo lasciarlo da solo, ha bisogno di una mano.»
Mark sbuffò infastidito: conosceva Kai da anni, da prima della creazione del gruppo. Conosceva anche Taemin e gli altri quattro elementi che s’erano uniti, facenti tutti parte della stessa casa discografica, ma aveva sempre considerato il rapporto con il ragazzo in modo esclusivo, condito da una buona dose di possesso.
«Non ha bisogno della balia.»
«Ti sei offeso?» Il giovane mimò uno “scusa” con le labbra enfatizzando il gesto con un abbraccio; gli sfiorò i corti capelli mori provocandogli la pelle d’oca sulla nuca, ricevendo un colpo di nocche al centro della testa.
«Smettila. Va bene, ma questa è l’ultima volta, giuro, l’ultima in cui cedo ai tuoi capricci.»
L’altro si illuminò a quella concessione: troppo facile da ottenere, ma lo rese felice senza fatica. Gli sorrise ringraziandolo per poi trotterellare verso la sala comune del dormitorio, in direzione di un Taemin in attesa di conferma. Mark sbuffò vedendolo correre, riteneva così infantile quel suo tipo di atteggiamento caratteristico e riconoscibile. Era anche per quello che erano riusciti a legare subito, per il suo essere tanto spontaneo ed espansivo anche con gli estranei. Dal canto suo poteva soltanto dire che voleva mantenere la situazione così: sorrisi, complicità, affetto e soprattutto contatto fisico.
Continuo.
Quotidiano.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter avere accanto Kai e la sua vivacità ma detestava dover ammettere, punto dal tarlo della gelosia, che Taemin fosse una presenza pressante, ingombrante, indesiderata tra loro; avrebbe volentieri fatto a meno di lui in molte precedenti occasioni, e quando era finalmente riuscito a convincere Kai a passare qualche giorno nella casa di famiglia in campagna, lui non poteva naturalmente.
Nonostante avesse risposto di sì all’invito.
Non poteva perché lui s’era intromesso, non poteva raggiungerlo perché sempre lui aveva bisogno.
Taemin.
Ogni giorno quel nome pronunciato dalle labbra di Kai era sempre più ridondante e fastidioso.
Taemin.
Basta, avrebbe trovato il modo di sistemare la situazione, o ci avrebbe provato.

«Allora non parti più?»
Kai guardava Mark con occhi confusi, il sopracciglio alzato a distruggere l’equilibrio dei tratti affilati del viso.
«No, farà bene pure a me non interrompere gli allenamenti.»
Taemin osservava i due chiacchierare dalla comoda poltrona su cui s’era seduto; smosse la chioma castana e socchiuse gli occhi scuri alla ricerca di un isolamento che tanto avrebbe sognato d’ottenere in quei giorni. Sarebbe stato perfetto, lui e Kai soli, nessun altro tra i piedi ad interrompere il duro lavoro, lo studio, le lezioni extra… invece avrebbe dovuto allentare i propri ritmi con l’intromissione di un terzo elemento. Non amava affatto rallentamenti di sorta, perfezionista com’era; desiderava il massimo impegno per sé e dagli altri, non avrebbe preteso di meno dallo stesso Mark.
Kai voltò lo sguardo curioso in sua direzione, chiedendo se fosse un problema una variazione nel programma intensivo.
«Certo che no.» Una risposta secca, l’indice ad incorniciare lo zigomo destro. «Ricorda che sono qui per lavorare, non per una vacanza fuori porta.»
Serio, cinico, complesso.
Non avrebbe potuto rispondere altrimenti.
Mark lo fissò dritto nelle iridi imprimendosi quell’espressione tagliente, quasi lo stesse guardando dall’alto in basso, soppesando e giudicandone ogni singola parola e gesto. Tutto il contrario dell’amico gioviale e sorridente con cui avrebbe voluto trascorrere qualche giorno in tranquillità.
Intima tranquillità.
Un progetto totalmente ipotetico. Non poteva certo dire di provare dell’antipatia nei confronti dell’artista ma riteneva che le tante attenzioni che Kai dava a quel ragazzo fossero immotivate, eccessive. Attenzioni che avrebbe preferito ricevere invece di sentirsi un incomodo in un piccolo mondo privato. Fece per ribattere a quella linguaccia ironica quando il televisore appeso alla parete della stanza attirò la loro attenzione. Taemin fece segno di fare silenzio impossessandosi del telecomando: l’edizione straordinaria mostrava dati, grafici, cifre che stavano salendo a velocità vertiginosa; la giornalista stilò una classifica mondiale basandosi su aggiornamenti in tempo reale di quella che da semplice epidemia locale, si stava espandendo con ritmo rapidissimo all’interno di tutta la regione, arrivando oltre i confini di Stato. L’espressione della donna non tradiva il tono concitato con cui ripeteva a tutti coloro che s’erano collegati di fare attenzione, di evitare il più possibile luoghi affollati e di non uscir di casa nel caso mostrassero sintomi di influenza o infezione delle alte vie respiratorie. Quello che pareva essere un fenomeno contenuto, un virus stagionale, stava prendendo piede diffondendosi a macchia d’olio.
I tre non dissero nulla ma le iridi di Kai tradivano preoccupazione, sembrava volessero parlare; Taemin premette con dito tremante il tasto del telecomando, riconoscendo veritiero il presentimento sfociato nella sua mente. Ogni singolo canale di diletto o d’informazione aveva interrotto la programmazione giornaliera nel diffondere la notizia d’allerta. Il telefono iniziò a vibrare insistentemente in tasca, era nuovamente la madre. Rispose preoccupato abbassando di poco il volume, mascherando la voce tesa con un ipocrita tono tranquillo: «Sono qui, sì, non ti preoccupare. Mamma, è tutto a posto. Sì, sì… stiamo guardando adesso la tv, ho visto. Non so cosa dire, avevano già parlato di questa cosa qualche giorno fa, ma non credevo fosse così, ecco. Sì, ti ripeto, è tutto ok.» Premette con troppa energia il dito sullo schermo dello smartphone senza neppure accorgersene. Avrebbe voluto mostrarle un po’ più di debolezza, anche solo per sentirsi confortato.
Kai gli si avvicinò strofinandogli l’avambraccio come era solito fare: riteneva il contatto umano fosse una delle medicine più efficaci per lo stress, dimenticandosi della presenza di Mark lì accanto che distolse lo sguardo concentrandosi ancora una volta sui collegamenti internazionali. Si connesse ai social, dove numerosi hashtag mirati spopolavano allarmanti: bacheche intasate di messaggi, collegamenti, conversazioni e commenti inadeguati.
In pochi minuti l’aggiornamento spopolò sull’intero mondo di internet, portandolo a ricevere decine di notifiche accavallate una all’altra. L’app di messaggistica risuonava a intervalli regolari, così come quella dell’altro. Kai voltò la testa verso di lui, il labbro inferiore stretto tra gli incisivi. Era un gesto che tradiva preoccupazione e bisogno.
Ciò che nelle settimane precedenti era stato mostrato come semplice notizia marginale, si stava impossessando di ogni mezzo di comunicazione possibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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