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Autore: Brume    05/08/2020    1 recensioni
Laurent Reve Grandier Jarjayes arriva in Normandia una sera di giugno.Dovrebbe fermarsi un paio di mesi, ma finirà per viverci.Devastato dal dolore, inizia a scrivere un diario, testimone di un viaggio fatto di ricordi, pensieri, sogni; vi riporterà i suoi pensieri, i suoi sogni, i ricordi e piccoli segreti -che non conosceva e man mano scopre- che lo aiuteranno a ricostruire la storia della sua famiglia ed a crescere, arrivando oltre a ciò che aveva immaginato.
NB I disegni sono realizzati da me con tecnica mista, acquarello , matita, china
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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Questo è l' ultimo capitolo, che ho preferito dividere in due parti, altrimenti  ne sarebbe uscito un nuovo racconto =) .
Dedicato a Tetide, le cui recensioni mi hanno sempre spinto a continuare e che mi ha ispirato proprio questo finale....e non solo (ma ora non mi sbilancio, magari vedrete pubblicato qualcosa di nuovo, più avanti.). Grazie!!! B.

 

 

Trois Glorieuses, parte prima

 

 

 

29 dicembre 1829

 

Galoppò giorno e notte, per arrivare a Parigi.

All' improvviso, dopo mesi di torpore e dolore, si era improvvisamente risvegliato e aveva deciso di fare un salto in città per capire come fosse la situazione; non era prorpio convinto delle sue azioni e cavalcò per chilometri con il senso di colpa che gli opprimeva petto togliendogli il respiro... ma ormai era in ballo, e non restava che ballare.

Non poteva fare altrimenti.

 

Parigi si aprì ai suoi occhi allo stesso modo in cui si aprì agli occhi di Andrè ed Oscar il 14 luglio di quarantuno anni prima: mattina presto, il delirio. Il popolo era per strada; no, nessuna corsa agli armamenti e nessun cannone da rubare , ma tanta, tanta rabbia pervadeva le strade, ora come allora piena di disperati, di sporcizia, di forconi e di vetrine infrante. Alcuni quartieri erano più puliti e calmi di altri, ma ovunque campeggiavano caricature di Carlo X e dei suoi fedelissimi, laddove anni prima vi erano i fantocci di Maria Antonietta e Luigi. La crisi economica che aveva colpito la Francia negli ultimi 3 anni aveva sino ad ora risparmiato le città come Parigi, ma alla fine era arrivata anche li e senza tanti sconti.

 

Reve camminva piano, mantenendo una andatura leggera, di modo che avesse il modo di guardarsi in giro. Era stanco e carico di pensieri, infreddolito e nervoso. Si infilò nella prima locanda che apparve; non se la ricordava affatto. Sperò non fosse una bettola malfamata ed entrò, spingendo la pesante porta.

“Vorrei una camera, per favore...e se fosse possibile, gradirei anche mangiare” disse appoggiandosi al bancone.

La donna che gli stava davanti, dalla cui cuffietta spuntavano ricci chiari, chiamò un uomo, forse il marito o il figlio.

“Etienne, per favore, conduci il signore alla camera “ disse dandogli le chiavi” Quanti giorni desidera fermarsi? Il pagamento è anticipato”.

“ almeno una settimana” rispose, chiedendo il dovuto e mettendo i soldi direttamente sul bancone,. Lasciò una mancia anche al ragazzo che lo avrebbe accompagnato.

“Perfetto. Vogliate seguirmi” disse Etienne, un giovane sui vent' anni dai capelli rossicci; prese il misero bagaglio dell' ospite e lo portò al secondo piano, indicandogli la seconda porta a sinistra.

“Siete arrivato, Monsieur. Nella stanza dovrebbe esservi tutto quello che può servirvi. Dovesse mancare qualcosa , lo dica a mia madre quando scenderà per mangiare” disse come un automa. Chissà quante volte ripeteva la stessa frase.

Infilò la chiave nella toppa e aprì la porta.

Era arrivato.

Ancora una volta, Parigi.

Il cuore a pezzi. Le ossa anche.

Svogliatamente, appoggiò il bagaglio per terra e prese gli indumenti di ricambio, quindi si diede una lavata veloce ,cambiò la camicia e scese per mangiare qualcosa visto che il giorno prima non aveva mangiato nulla.

Finita la colazione, restò seduto stendendo le gambe sotto al tavolo e incrociando le braccia. La sua mente era sgombra, stanca, vuota. Si sforzò di stare sveglio, osservò la vita intorno a lui tuttavia presto si trovò con la testa ciondoloni sul petto.Decise allora di risalire in camera e stendersi un attimo e dormì fino a pomeriggio inoltrato, crollando come un sasso appena posata la testa sul cuscino, mentre la mente ancora tentava di lavorare senza sosta.

Quando si risvegliò, la sera era scesa. Il giorno era passato, così, nel nulla totale; si mise a sedere sul letto, prendendosi la testa tra le mani, chiedendosi cosa diamine avesse fatto...poi riprese il suo vecchio diario, che portava sempre con sè, insieme a quello del padre. Dopo anni, ricominciò a scrivere.

 

 

Parigi, 30 dicembre 1829

Sono a Parigi, Diane... ho lasciato soli i nostri figli ed i sensi di colpa mi divorano senza sosta...Non avrei dovuto farlo; ma il richiamo alla giustizia è stato più forte di qualsiasi altra cosa. Tu forse me lo avresti impedito, ma so che avresti compreso cosa passasse nella mia testa.

Te ne sei andata da me troppo presto, ho ancora bisogno di te, lo abbiamo tutti...Oscar, Adrien, Aurore...io ho bisogno di te, come se avessi bisogno di aria. Mi hai portato via un pezzo di cuore, pomoni, anima.

Sto annaspando, amore mio; sto ricominciando a vivere, anche se è dura.

 

Rivedo il tuo sorriso ed il tuo viso accanto a me; sento la tua voce, avverto la tua presenza.

Ricordo il giorno del nostro matrimonio, le nostre liti...ricordo il tuo sorriso quando ,ogni tanto, riuscivi a recuperarmi nelle bettole e nei luoghi più disparati dove puntualmente mi perdevo per ore a parlare.

Ricordo il nostro primo incontro, e la mia proposta di matrimonio. Sei stata una pazza a sposarmi...ma del resto, pazzo lo ero anche io, di te....mio dolce amore.

Ora non ci sei più, amore mio, sono rimasto solo.

Ho deciso di tornare a Parigi per cercare di dare un futuro ai nostri figli. Abbiamo rischiato tanto, insieme; ho rischiato la vita, quella sera sul Lungosenna...abbiamo rischiato entrambi, molte volte.

Abbiamo sacrificato il nostro tempo, per questa causa. Non posso lasciar perdere. Tuo padre voleva venire con me, ma non sta molto bene...anzi, io credevo che a quest' ora fosse già morto...ovviamente, spero in un miracolo, anche se la religione è assai lontana da me. Credo mi raggiungerà François, tra qualche tempo, se non mi vedrà arrivare in tempi consoni.

Questo è l' accordo.

Ora non so cosa farò di preciso, mia dolce Diane. Credo andrò a cercare i vecchi amici, so dove trovarli, e mi unirò a loro...e credo andrò a fare una visita anche al cittadino Chartres...

Stammi vicino, amore mio. Ne ho un bisogno folle.

 

Ti amo, ti amerò per sempre. Reve.

 

 

 

3 gennaio 1830

 

Reve si era messo in strada presto, quella mattina. Il giorno precedente aveva cercato in lungo ed in largo alcuni dei suoi vecchi amici, sperando di trovarli; aveva girato tutte le bettole dei faubourg dove pensava di trovarli, ai confini e oltre le mura della città: Saint- Antoine, Saint – Honoré, Saint- Germaine e molti altri. Nulla.

Si spostò verso il centro, cercò di passare inosservato. Il lungo mantello era ormai fradicio di pioggia e neve, così come il cappello. Camminava, camminava senza sosta e nemmeno si fermava a mangiare o bere...aveva occhiaie profonde e scure, la barba sfatta. Quando riuscì ad osservarsi in una vetrina capì di avere toccato il fondo; le lacrime salirono agli occhi, ma le ricacciò indietro seduta stante. Li accanto vi era una grande scalinata. Si sedette, lasciandosi andare come un sacco vuoto, senza badare alla sporcizia che vi era per terra; spostò il mantello, appoggiò le braccia sulle gambe divaricate. Osservò la punta dei suoi stivali, ormai lisi. Si passò una mano tra i capelli e fu lì, nel momento in cui rialzò la testa, che li vide.

“Avete bisogno di una ripulita, Grandier” disse Simon.

“Credo che il nostro amico abbia bisogno anche di una bevuta e di buttare qualcosa nello stomaco” rispose l' altro. Il Cittadino Chartres.

Reve si alzò, stupito, accogliendo l' abbraccio che Simon gli diede.

“Siete conciato non male, ragazzo mio. Permettete che vi aiuti” disse l' Orleans, dandogli la mano e stringendola forte. “Venite, alzatevi. Non vi chiederò cosa vi passava per la testa, vi dico solo che ho un calesse qui vicino. Andiamo al caldo. Ho un appartamento qui vicino, potrete rifocillarvi...dove sono i vostri effetti?”

“ ...sono felice di rivedervi. E sono felice di vedere anche te, Simon....da due giorni cerco te e gli altri. Salute anche a voi, cittadino Chartres.”

Simon sorrise.

“Abbiamo cambiato zona. Ci ritroviamo negli appartamenti che il Cittadino ci mette a disposizione” rispose lui. “ ....li possiamo riunirci con calma”.

 

Era così, dunque? Si erano piegati alla possibilità di una monarchia parlamentare, e Chartres sarebbe stato il fututo re? Si stava comprando tanti bei voti? Pensò Reve.

 

“Reve, mi state ascoltando? “chiese Chartres; lui annuì. “Bene, vogliate seguirmi...sempre che lo desideriate”.

Reve annuì. Era curioso.

 

L' appartamento si trovava non molto distante dal luogo del loro incontro; era arredato sobriamente, ma gli oggetti erano di buona fattura. Gli uomini tolsero i rispettivi mantelli e andarono a sedersi; Simon prese da bere da un tavolinetto.

“Tenete” disse Chartres allungando la mano verso Reve e mostrandogli un foglio.

“Cosa è?” chise Reve, senza nemmeno osservarlo; lo prese e gli diede una scorsa.

“Conoscete Adolphe Thiers, non è vero?” disse Simon.

“Certo. E' un avvocato, ha qualche anno in meno di me...l' ho conosciuto nei soliti ambienti. So che si diletta a scrivere...e se non mi sbaglio un paio di anni fa pubblicò L' Histoire de la Révolution française. ” rispose Reve.

“...dove ha dedicato, se ricorderete, bellissime parole ai vostri genitori....” aggiunse il cittadino “In ogni caso...adesso leggete bene il nome dei direttori, allora. Questo è un nuovo giornale e lui è uno dei fondatori, nonchè mio protetto e amico. Credo che gli farebbe piacere rivedervi.” rispose il vecchio.

Reve prese il cognac e ne bevve un gran sorso; non era più abituato, e la gola gli andò in fiamme.

“effettivamente, era una delle persone che cercavo...” rispose tra sè, a bassa voce.

“Grandier, ascoltatemi: ci stiamo avvicinando, a grandi passi, alla rivoluzione. Non deve perdere altro tempo e mettersi in contatto con lui. Simon cercherà di riunire gli altri. Ah: Vi prego, accettate il mio aiuto; so che siete orgoglioso e forse non vi piaccio fino in fondo, ma qui vogliamo tutti la stessa cosa.” disse l' uomo.

“Datemi tempo per pensare. Tornerò alla locanda, ci possiamo vedere qui domani, vi comunicherò la mia decisione” rispose Reve.

“Perfetto. Fermatevi qui quanto volete. Vi lascerò il mio calesse a disposizione nel caso vogliate recuperare i vostri effetti. Ora scusatemi, ho davvero un impegno urgente” disse, ed uscì dalla porta mentre Simon, invece, restò lì.

Reve si alzò, fece due passi per la stanza, osservò la strada dalle grandi finestre.

“Dimmi un pò Simon, come stanno le cose?” chiese Reve girandosi di scatto e fissandolo negli occhi.

“Così come ha detto....sarà nobile, ma non bugiardo. Ha combattuto la sua famiglia, se non ricordi male. Ovviamente vuole un posto per sè...ma sai, di questi tempi quello che propone è la cosa più plausibile.” rispose, accendendosi la pipa.

“Tu dici?”

“ Si. Manchi da un pò, Reve. Qui si stanno muovendo tutti. Gli studenti, il proletariato, alcuni nobili che non sopportano più Carlo e compagnia bella. Ma la gente ha anche capito che non siamo pronti per la repubblica, e che il male minore, la monarchia parlamentare, possa essere una soluzione.” concluse Simon.

“Sempre schietto...ti ringrazio, Simon”disse Reve, prendendosi il mento tra pollice ed indice.

Simon tirò del tabacco dalla pipa e ne buttò fuori grandi nuvolette; poi si avvicinò a Reve, e posando la pipa sul tavolo, gli tese una mano.

“Ho saputo di tua moglie. Sono dispiaciuto. Come stanno i tuoi figli?” chiese, stringendo la mano che Reve gli porse.

“E' per loro che faccio questo. Mi fermerò il necessario e tornerò in Normandia....” rispose.

Simon rimase in silenzio.

“Temo non sarà possibile, Reve. Tra non molto ti renderai conto di non avere nemmeno il tempo di farti un bagno. “ rispose. “ mi dispiace essere sempre foriero di notizie spiacevoli...”

Reve meditò sulle sue parole poi un' ultmi occhiata e preso il mantello, scese le scale , deciso a tornare alla locanda.

 

 

 

28 febbraio 1830

 

La strada per arrivare a Parigi era ancora lunga.

In una delle carrozze, François cercò di risposare mentre Victoria era intenta a tenere a bada i bambini, esagitati; nell' altra invece vi era molta più calma. Florian e Alain erano svegli, ma silenziosi .

Alain , stanco e malato, non aveva voluto sentire ragioni quando François disse che sarebbe tornato a Parigi accompagnando i figli di Reve, così come quest' ultimo aveva richiesto. “Fosse l' ultima cosa che faccio in vita mia! “ urlò dietro al ragazzo. Girodelle, invece, era piombato in Francia all' imporovviso, con i suoi quasi 80 anni, cogliendo di sopresa la figlia, alla quale venne un colpo quando sentì che voleva recarsi da Reve....ma dopo due giorni di liti, presero quella carrozza e partirono.

Osservarono malinconici i paesaggi che sfilavano davanti ai loro occhi, consci che non sarebbero tornati preso o , alcuni di loro, non sarebbero tornati affatto; ma una promessa era stata fatta, anni addietro. Erano stanchi, i vecchi, e lo erano anche i giovani: gli unici pieni di fervore erano i ragazzi, contenti di rivedere il loro padre; soprattutto Adrien,che disse subito al nonno di voler combattere al suo fianco.

“Ne parleremo” lo aveva liquidato Alain mentre il sangue gli si gelava.

Nove anni sono troppo pochi per vedere una guerra e la gente morire ma Adrien no, non aveva proprio colto o , meglio, non voleva sentire ragioni. Nove anni sono pochi per affrontare la storia; altri lo avevano fatto, ma non gli era stata data altra scelta se non quella di morire per un pezzo di pane.

 

 

1° marzo 1830

Noi ci saremo, Reve.

Saremo vicini a te, in qualsiasi momento; io, Andrè, Rose Marie, Bernard e Diane saremo accanto a te, a voi, qualunque sia la vostra scelta. Saremo nei vostri cuori, nei vostri pensieri.

Solleva il tuo cuore, figlio mio, solleva la tua anima e lasciati guidare dall' istinto, perchè non sbaglia.

Non tutto cambierà subito, ma tu potrai dire di avere cambiato qualcosa, potrai dare una nuova linfa e nuove speranze al popolo francese.

Vai, Reve, e non guardarti indietro.”

Reve si alzò di scatto, cercando la direzione di quelle voci. Era sudato fradicio.

“Dannazione, ho anche le allucinazioni, ora” disse prendendo la bottiglia di cognac lasciata cadere sul pavimento la sera prima “ ...e di sicuro questa non aiuta!”. Fissò la bottiglia vuota e la lanciò lontano, mandandola in frantumi.

Gli era sentito, quasi, di sentire la voce di sua madre: non era la prima volta ed un pò questa cosa gli faceva paura, ma alla fine decise di conviverci. Questi sogni, queste voci, gli davano anche forza.

Guardò l' orologio.

Le cinque del mattino: in mattinata, probabilmente, sarebbero arrivati; erano in viaggio da un pò, pensò.

Si alzò controvoglia – era andato a dormire tre ore prima, quando la riunione si era conclusa – e cercò la luce, a tentoni; poi si avviò verso la toeletta, lavandosi con l' acqua gelata. Prese vestiti puliti e meno di mezz' ora dopo era vestito, pettinato, pronto. Restò in camera ancora per un pò, forse un' ora.

Alla fine, aveva accettato la proposta di vivere in quella casa, anche se probabilmente avrebbe dovuto lasciarla presto visto che di quei tempi non era consigliabile fermarsi molto in un posto. Se ne sarebbe andato forse tra una settimana, una volta accolti i suoi ospiti ed i suoi figli.

 

Decise di uscire, era stanco di aspettare; scese le scale ed uscì, rialzò il bavero della giacca e si incomminò per la strada, verso la bottega del panettiere. Prese del pane appena sfornato e ne addentò un pezzo, famelico; poi, comprò anche dei biscotti: ai bambini sarebbero piaciuti sicuramente. Proseguì, quindi, fino all' angolo della strada dove vi era la posta per le carrozze, ed attese, leggendo il giornale che aveva comprato pochi minuti prima dallo strillone.

 

Dopo un' attesa che sembrò interminabile, vide arrivare due carrozze; si alzò in piedi.

“Papà!!!” urlarono i bambini sfuggendo dalle mani e François e Victoria che rimasero fermi impalati a godersi la scena. Oscar allungava le sue manine paffute.

Reve si inginocchiò allargando le braccia e accogliendo i bambini, che si lasciarono andare nel pianto; li strinse talmente forte che per un attimo pensò di romperli. Gli erano mancati tantissimo:

“non vi lascerò più, piccoli miei” disse accarezzando le loro testoline e guardando la piccola Oscar che, in braccio a Victoria, reclamava suo padre. Gli parve fossero cresciuti, anche se non li vedeva da soli tre mesi: Adrien poi, sembrava un ometto mentre Aurore si stava trasformando in una bellissima ragazza. Tutta sua madre, pensò sorridendo.

Reve li tenne stretti a sè, poi si alzò, diede una carezza ai piccoli e li prese per mano, compiendo pochi passi per andare da Oscar; afidò quindi i ragazzi a François e prese tra le braccia la bambina, riempiendola di baci e lacrime; il suo profumo gli riempì il cuore.

“Ben trovato, Reve” disse poi una voce. Si voltò.

Girodelle. Alain.

Reve rimase di sasso, e stava per arpire bocca quando il suocero lo anticipò.

“Non dire niente, ragazzo: siamo qui, abbiamo una promessa da mantenere” disse Alain, sempre più magro e pallido. I loro occhi restarono gli uni negli altri per molto, molto tempo.

 

 

 

 

   
 
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