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Autore: Mahlerlucia    06/08/2020    2 recensioni
{Questa raccolta di OS partecipa alla #BokuAkaWeek2020}
Se guardi il cielo e fissi una stella, se senti dei brividi sotto la pelle, non coprirti, non cercare calore, non è freddo ma è solo amore.
(Khalil Gibran)
[Bokuto x Akaashi]
PROMPT:
Day 1 - Childhood friends
Day 2 - Roommates/College!AU
Day 3 - Florist shop!AU
Day 4 - Clothes sharing
Day 5 - Touch/Bed sharing
Day 6 - Five Things (5+5)
Day 7 - Hurt/Comfort
Day 8 - Secret admirer
Day 9 - Cooking/Baking
Day 10 - Free day (Japan National Team)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Questa raccolta di One-shots partecipa alla #BokuAkaWeek2020
 
6 agosto: Hurt/Comfort




Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi
Pairing: #Bokuaka
Avvertimenti: Missing moments, Lime, Spoiler!, Tematiche delicate
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi



 
 
 
7 . Ricominciare



Koutarou era seduto sulla scomoda seggiola in legno di una semi-deserta sala d’aspetto ospedaliera. Di fronte a lui solamente una coppia di mezza età in compagnia di una ragazzo con la gamba destra completamente ingessata. La sua fortuna, però, era quella di essere perfettamente cosciente e consapevole delle persone che aveva di fronte, al contrario del motivo principale per cui si trovava in quel posto.
Non era ancora riuscito a realizzare appieno quello che era successo al suo migliore amico, seppur i medici avessero sciolto la prognosi e dichiarato che fosse fuori pericolo. La fasciatura che ancora gli avvolgeva il capo rimaneva la prova più evidente delle terribili conseguenze che la caduta aveva riportato al suo cervello. I suoi bellissimi occhi color dell’oceano sembravano risaltare ancora di più a causa delle evidenti tumefazioni presenti sul suo viso minuto, così come la sua bocca appariva ancora gonfia a causa del taglio che si era procurato sbattendo contro il muro.

Se solo gli fosse stata data la possibilità di esprimere un desiderio, Bokuto avrebbe chiesto agli dèi di poter tornare indietro di una settimana, esattamente al giorno prima di quell’infausto incidente che si era portato via la parte più razionale e a lui vicina del buon Keiji.
In quel momento lo aveva lasciato in compagnia di sua madre, con lo sguardo sognante e perplesso di chi non ricordava nulla di quello che era capitato. Ma ancor peggio, non aveva nemmeno la minima idea di chi fossero le persone che si era ritrovato accanto nel momento in cui aveva sollevato le palpebre dopo giorni di angoscia e speranza. Questo confermava il fatto che non sapesse più chi fosse e quale era stato il suo ruolo nel mondo prima di perdere conoscenza.


 
 
“Per gli dèi, Keiji! Hai aperto gli occhi... finalmente! Finalmente!”

Il suo sguardo si perse nel vuoto per alcuni istanti che lasciarono tutti i suoi affetti con il fiato sospeso. Il medico si limitò a monitorare l’intera situazione suggerendo di non mostrare eccessiva esagitazione nei confronti di un “soggetto che aveva subito un trauma cranico importante”, come usava definirlo in maniera fredda e distaccata assecondando la comune prassi di una mestiere tanto complesso.
Ayame Akaashi non riuscì a trattenere calde lacrime di gioia che cercò di nascondere a quell’unico figlio che le era stato donato dopo innumerevoli tentavi seguiti da altrettante discussioni coniugali. L’idea che gli potesse essere accaduto qualcosa di grave – o persino irreversibile – l’aveva angustiata sin dal momento in cui era stata informata della disgrazia. Baciò la sua fronte e con un flebile filo di voce cercò di richiamare soavemente la sua attenzione, chiedendogli come si sentisse.

“Do-dove sono?”

“Tesoro, sei in ospedale. Purtroppo hai avuto un incidente che ti ha fatto perdere i sensi. Ma ora sei tornato tra noi.”

Gli occhi rivolti alla donna, ma senza quel guizzo che avrebbe dovuto rincuorarlo per la presenza della sua principale figura di riferimento. Ayame di primo acchito pensò che fosse semplicemente frastornato, intontito da un dolore interiore che cercava di contenere come meglio riusciva. Non doveva essere facile riprendere contatto con il mondo dopo diversi giorni di coma, specie se il colpo subito alla nuca a seguito della caduta aveva portato con sé delle rilevanti conseguenze. Tutti i medici che lo avevano avuto in cura dal giorno del ricovero erano concordi nel dire che per fare una diagnosi più chiara ed accurata avrebbero dovuto attendere il suo risveglio.

“Non... non ricordo niente...”

La signora Akaashi scambiò delle rapide occhiate sia con il dottore che con lo stesso Koutarou, sperando in cuor suo che si trattasse di una defaillance momentanea. Lo baciò sulla fronte per poi carezzarlo tra le folte ciocche di capelli corvini che fuoriuscivano dalle numerose medicazioni; fece particolare attenzione a non procurargli alcun dolore, seppur moriva dalla voglia di stringerlo e mostrargli pienamente tutto il suo amore.

“Non ricordo niente... signora.”

Signora.
Termine apparentemente cortese usato prevalentemente per rivolgersi ad una donna più grande in maniera informale. O almeno così avrebbe dovuto essere se non si fosse trattato della sua genitrice. Il dottore si avvicinò alla donna e le posò con accortezza una mano sulla spalla, invitando implicitamente a non preoccuparsi più del dovuto; o per lo meno, a non allarmarsi prima dell’esito di tutti gli esami d’accertamento a cui il ragazzo sarebbe stato sottoposto a partire da quello stesso pomeriggio.
Ayame tentò in tutti i modi di non farsi prendere dal panico. Coinvolse Bokuto, cercando di trovare un appiglio in quell’amico di vecchia data che potesse riportare alla luce i suoi ricordi più naturali.

“Keiji, io sono tua madre. Sono sicura che tra poco ricorderai tutto. Sì e... ti ricorderai anche di Bokuto-san, il tuo migliore amico.”

Informazione non del tutto esatta, dato che tra i due c’era qualcosa di ben più “intimo” della semplice amicizia e già da un bel po’ di tempo. Ma non era esattamente il momento più idoneo per approfondire la questione.
Keiji si limitò a socchiudere gli occhi, lasciando intuire non solo di non ricordare, ma di avvertire delle forti fitte di dolore per lo sforzo che stava facendo per non deludere quelle due persone che dovevano essere state davvero rilevanti per lui nel corso della sua “vita precedente”.
Koutarou non riuscì a proferire parola per lo shock dovuto alla scoperta dell’amnesia del suo compagno. Mai e poi mai si sarebbe potuto prefigurare un destino del genere per loro due e per tutto quello che avevano costruito insieme in quegli ultimi anni di affiatamento reciproco.

“Signori, forse è il caso che usciate dalla stanza per consentire a me e al collega neurologo di effettuare tutti i controlli necessari. Vi sapremo dire qualcosa di più non appena avremmo gli esiti.
 
 

Amnensia retrograda. Occorrevano ulteriori accertamenti per poterne constatare il livello di gravità e profondità.
Queste erano state le parole utilizzate dal neurologo che aveva sottoposto Keiji alla prima risonanza magnetica. Da quello che Koutarou aveva potuto dedurre, il compagno aveva dimenticato qualsiasi cosa fosse accaduta nella sua giovane vita in antecedenza al trauma cranico subito a cavallo tra il lobo frontale e quello temporale, ovvero le più importanti aree cerebrali deputate al controllo delle funzioni mnemoniche, assieme all’ippocampo.
Koutarou si era documentato su tutte queste diavolerie mediche e neuropsicologiche di cui, francamente, non aveva mai capito un tubo a partire dai tempi in cui il professore di anatomia del Fukurōdani Gakuen tentava invano di spiegargliele. Ma tutto sommato, non gli risultò particolarmente difficile dedurre l’esistenza di qualche disfunzione all’interno della sagace mente di Akaashi.
Si maledisse più volte, chiedendosi perché una sorte del genere non fosse toccata ad una frana vivente come lui e non a chi aveva sempre dato il meglio di sé in un mondo pieno d’imbrogli e malefatte. Keiji si stava impegnando con tutte le sue forze e la sua anima per poter conseguire tutti i suoi progetti; sognava da tempo di potersi costruire una carriera lavorativa dignitosa e un futuro roseo assieme a lui, a discapito di qualunque malalingua. Era una persona speciale in tutto e per tutto e non meritava di certo di dover riprendere ogni suo sforzo da principio, come se tutto il sudore versato sino a quel momento non contasse davvero più nulla.
 

***


“Quando è stata realizzata questa immagine?”

Bokuto cominciò a chiedersi se Keiji non ricordasse nemmeno cosa fosse una fotografia. C’era da dire che negli ultimi anni se ne stampavano molte meno a causa della diffusione dei social network, ma sapeva bene che aveva ereditato da Ayame l’abitudine di conservare tutte quelle istantanee che per lui erano da sempre risultato più significative.

“Ah, ehm... dal numero a doppia cifra della tua maglia direi che doveva essere il tuo primo anno alla Fukurōdani.”

Fukurōdani...”

“Era la scuola superiore che abbiamo frequentato insieme. Ma solamente per due anni, visto che non abbiamo la stessa età.”

Akaashi puntò i suoi grandi occhi verdi su quelle fotografie che lo ritraevano prima con l’elegante divisa ufficiale e poi con la tuta bianca del club di pallavolo grazie al quale si erano conosciuti meglio. Di tanto in tanto Koutarou aveva l’impressione di vederlo abbozzare un sorriso, così come di poter osservare un quid in quello sguardo per nulla disinteressato.

“Noi due eravamo molto amici?”

Crack!
Il cuore tumultuoso dell’ace dei Black Jackals andò metaforicamente in frantumi. Ma con ogni probabilità quel dolore era stato molto più concreto e percettibile di quanto qualsiasi dotto in medicina potesse anche solo ipotizzare.
Com’era possibile che non si fosse cristallizzato nulla all’interno delle sue memorie? Che ne era stato del suo passato tra i suoi pensieri?
“Amici”, dici!? Siamo molto di più. Lo siamo e lo saremo ancora, ci puoi giurare!

Ma non era ancora giunto il momento di approfondire la questione andando a scavare nei meandri del loro rapporto. Bokuto pensò che sarebbe stato meglio fare un solo passo alla volta, onde evitare che un sovraccarico di emozioni potesse peggiorare le sue condizioni cliniche. Difatti, ai suoi occhi Keiji si mostrava al pari di un bambino indifeso alle prese con i primi anni di scolarizzazione.

“Sì, molto. Avevi l’abitudine di chiamarmi ‘Bokuto-san’ per educazione, ma alla fine ero riuscito a convincerti ad usare il mio nome.”

“E come ci sei riuscito?”

Il suo viso si sollevò per far sì che potesse concentrarsi meglio su di lui, su tutto quello che poteva fargli sapere sul senso della sua esistenza sino al giorno prima dello sfortunato sinistro. Non avrebbe saputo spiegare di cosa si potesse trattare nello specifico, ma le enormi iridi color delle stelle di quel ragazzone lo rassicuravano e lo divertivano allo stesso tempo. Se avesse avuto la possibilità, sarebbe rimasto per intere ore – se non persino per intere giornate – ad ascoltarlo, perdendosi nei suoi resoconti pasticciati dalla soggettività e dalle sue meravigliose emozioni. Vi era una luce speciale in lui, una sorta di positività che a Keiji non era di certo sfuggita a causa delle sue continue emicranie. E a tal proposito, doveva proprio ammetterlo: ogni volta che si ritrovava l’ace al suo fianco, seduto al capezzale di quello scialbo letto d’ospedale, si sentiva decisamente rinvigorito.

“Beh... sono passati tanti anni e siamo diventati sempre più... sempre più amici, ecco!”

Il suo timido sorriso riuscì a dare un senso a tutti gli sforzi che stava disperatamente cercando di mettere in pratica per provare a riportare il suo Akaashi alla realtà, affinché potesse trovare anche un solo dettaglio che potesse ripristinare il funzionamento dei ‘depositi’ delle sue inestimabili memorie. Arrossì appena, come soleva fare in tempi nemmeno troppo sospetti. Per un attimo parve essere tornato tutto nella norma, a cominciare dalle lacrime di commozione e rabbia che il diretto interessato non poté più contenere.

“No! Non piangere, Keiji!”

Strinse un lembo del lenzuolo per dare sfogo al nervosismo che lo stava palesemente divorando a causa della situazione in cui si trovava. Non avrebbe mai voluto essere biasimato in quel modo e tantomeno riusciva a tollerare l’idea che le persone che più gli avevano voluto bene – e che continuavano a volergliene – fossero costrette a sprecare il loro prezioso tempo nel tentativo di fargli tornare alla mente le dinamiche più rilevanti dei suoi precedenti trascorsi. Era inaccettabile per lui non essere in grado di riconoscere neanche i visi di sua madre e del suo migliore “amico”.

“Pe-perché non riesco a ricordare niente? Perché?”

La sua voce era incerta, tremula, carica di frustrazione verso sé stesso e nei riguardi dei suoi nuovi limiti personali. Koutarou lo avvolse tra le sue grandi braccia, cercando di non stringergli il capo ancora fasciato. Gli carezzò le guance e asciugò via quel pianto usando giusto un paio di polpastrelli. Cercava ostinatamente di desistere dal desiderio di fiondarsi sulla sue labbra per assaporarle a dovere, crogiolandosi nella chimera che un atto del genere potesse riportarlo a lui.

“Non ti preoccupare. Sono sicuro che nel giro di qualche settimana riuscirai a ricordare ogni singolo particolare. Sai, il dottore ha detto che in questi casi tutto è possibile, anche che la tua amnesia duri solo per pochi giorni.”

“Ma potrebbe durare anche per... anche per sempre?”

“Questa ipotesi non diventerà mai una tesi.”

Cos’ho appena detto?
In tempi migliori Bokuto avrebbe chiesto al suo Keiji delucidazioni sulla costruzione sintattica e grammaticale della frase che aveva appena pronunciato e, soprattutto, se avesse avuto un minimo di senso logico. In molte occasioni aveva voluto incorrere nell’azzardo dell’utilizzo di termini aulici o desueti, allo scopo di non sfigurare dinnanzi a compagni e amici che di sicuro avevano una media scolastica più elevata della sua.

“Che parole complesse che hai usato...”

Qualcosa era accaduto. Akaashi era andato a recuperare quella minuzia dallo scrigno serrato delle sue reminiscenze in completa autonomia. In fondo, gli era fin da subito parso insolito l’uso di un linguaggio tanto forbito da parte di colui che gli sedeva accanto. Era una caratteristica che non gli si addiceva, seppur non lo pensasse assolutamente in senso dispregiativo o derisorio. Sovveniva molto più spontaneo attribuirgli saluti allegri e chiassosi, così come battute bonarie e senza filtri, risate fragorose e lamentele plateali e dai toni decisamente troppo infantili.

“Le ho pronunciate bene? Cioè, voglio dire... ha senso quello che ho detto, secondo te?”

“Sì. E vorrei tanto che fosse così.”

“Sarà così molto presto, vedrai. Io so bene che una parte di te riesce già ad intravedere qualcosa.”

Keiji abbassò il capo e istintivamente posò una mano all’altezza del cuore, stringendo ancora una volta la stoffa del suo morbido pigiama di cotone azzurro. Sospirò sommessamente, prima di trovare la forza ed il coraggio di proseguire la conversazione con quel simpatico ragazzo di cui non ricordava nulla, ma che sembrava esserci sempre stato; anche nei suoi sogni nei lunghi giorni di coma.
Dal profondo del suo cuore avvertiva nei suoi confronti una calda e piacevole sensazione di conforto e protezione, unita ad altri sentimenti a cui non era ancora riuscito a dare un nome e una spiegazione convincente. In primis a sé stesso.

“Keiji, non ti senti bene?”

Il più giovane si voltò d’impeto, non riuscendo ad evitare quello sguardo preoccupato a causa della smorfia di dolore con la quale aveva appena mascherato il suo viso dai lineamenti delicati. Non si trattava di un mera sofferenza fisica, semplicemente non riusciva a capacitarsi del motivo per cui i suoi battiti cardiaci tendessero ad accelerare ogniqualvolta Bokuto gli rivolgesse la parola con tanta naturalezza.

“Mi batte forte il cuore. Non so se è un bene, onestamente.”

Hey, deve esserlo per forza! Anche il mio batte a mille ogni volta che mi concentro sui tuoi splendidi occhi!”

Akaashi storse la bocca, totalmente tramortito dalla bellezza delle sue parole. Ad avere la certezza che quel ragazzo si fosse sempre mostrato così genuino e accogliente nei suoi riguardi, avrebbe fatto qualunque pazzia pur di tornare indietro nel tempo e rivivere ogni sensazione daccapo.
Fu costretto ad arrestare il flusso dei suoi pensieri quando realizzò quanto si fosse pericolosamente ridotta la vicinanza tra loro. Le labbra di Koutarou si posarono sulle sue, rilasciandogli un fugace bacio a stampo che lo mandò irrimediabilmente nel panico più totale. Lo allontanò con un leggera spinta data di riflesso, coprendosi poi la bocca con entrambe le mani. Tremava e tratteneva a fatica quel pianto che con ogni probabilità significava molto di più rispetto a quello che sarebbe stato in grado di dimostrare con le parole.

“Due amici non dovrebbero fare questo, Bokuto-san!”

Bokuto-san! Mi ha chiamato Bokuto-san, come hai vecchi tempi! Non ci credo!

“Ma noi... ecco... noi non eravamo solo amici! Sì, l’ho detto finalmente!”

Le lacrime ne approfittarono per fare capolino sulle sue guance color porpora, mentre si portava le ginocchia al petto chiudendosi in una posizione da infante spaventato che fece una grande tenerezza al compagno. Chiuse una mano a pugno e inveì contro quel’oblìo da cui non riusciva ancora a disconnettersi.
Avrebbe voluto ricordare ogni singolo momento della loro storia d’amore, dalle carezze più ingenue alla prima volta in cui erano stati fisicamente insieme; dal giorno in cui avevano capito di non poter più fare a meno l’uno dell’altro sino al momento in cui si erano dati appuntamento per la mattina seguente per prenotare le loro vacanze in Europa, giusto pochi minuti prima del brutto incidente.
Una parte di Keiji sapeva che tutto ciò era realmente successo, ma non era ancora in grado di mettere assieme i cocci di quel vaso di Pandora che raccoglieva tutta la sua vita di un tempo, compresi i suoi innocenti peccati.

“Vorrei poter ricordare. Mi sento un idiota a non riuscirci!”

“Un idiota? Tu sei la persona più intelligente che abbia mai conosciuto in vita mia, Agaashee!”

“Ti ringrazio. Però... mi dispiace.


“Tu non hai nessuna colpa. Keiji, tu guarirai e torneremo indietro di una settimana insieme, come se nulla fosse successo. Ci stai?”

“Ci sto!”

“Ok, allora affare fatto. Io intanto non ti mollo, chiaro?”

“Chiarissimo. Grazie, Bokuto-san!”










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che passeranno a leggere questa mia raccolta di piccole one-shot!
Parteciperò (o cercherò di farlo) a pieno ritmo all’annuale #BokuAkaWeek2020 indetta dal fandom di Haikyuu. Creerò una raccolta di dieci one-shot dedicata ciascuna a uno dei diversi prompt proposti per i diversi giorni.
Spero che l’esperimento possa piacervi! :)

Settima one-shot/prompt: Hurt/Comfort.
E dopo la simpatica intervista... ecco a voi l’Angst! u.u
No, non hanno litigato e non c’è stato alcun tradimento, per fortuna. Beh, “per fortuna” mica tanto, considerando quello che è successo al povero Keiji. Amnesia retrograda dovuta a trauma cranico d’importante entità. Povera stella, come sono stata crudele! u.u Bokuto-san, confidiamo in te per la sua ripresa!
Piccola annotazione: Ayame Akaashi è il nome che uso per l’OC che rappresenta la madre di Akaashi. Avevo già usato questo nome in alcune mie precedenti fan-fiction dedicate ai #BokuAka (e penso proprio che lo manterrò).
Stay tuned! ;)

Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.
La parte di testo centrata e con font diverso rappresenta il flashback relativo al momento del risveglio di Akaashi.
Il rating in questo caso è arancione a causa delle "tematiche delicate".

Un ringraziamento speciale va agli ideatori di questa fantastica iniziativa. Grazie per aver permesso tutto questo! **

A domani,


Mahlerlucia


 
   
 
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