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Autore: LondonRiver16    06/08/2020    5 recensioni
Sam e Gabriel avevano detto addio all’appartamento in Salisbury Willows tre anni prima. Ai loro occhi, l’opera di raggranellare i risparmi, chiedere un prestito, comprare un’abitazione con gli interni da ristrutturare e trasferircisi ben prima di aver allacciato le utenze era stata la promessa più consistente e tenace che avessero fatto l’uno all’altro, i voti anticipati di un matrimonio e di un futuro famigliare su cui non avevano ancora riflettuto in termini concreti. Non ancora, almeno.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Briciole di crostata sulle lenzuola'
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8. Padri e figli

 

Gabriel apparve sotto i rami rampicanti del gelsomino che incorniciava l’ingresso del Breadcrumbs a mezzogiorno e ventisette minuti, col fiato corto. Dal tavolino sul lato opposto del locale, Sam si accorse del momento in cui il suo compagno indossò un sorriso al volo per salutare Julian e garantirgli che la sua ordinazione settimanale di frutta secca sarebbe arrivata lunedì, puntuale. Una volta che Gabriel ebbe raggiunto il suo ragazzo, però, la maschera cadde e Sam poté vedere il misto di stanchezza e sollievo che si aspettava farsi largo sul suo volto.

- Grazie a Dio - sbuffò Gabriel, gettando il proprio borsello sulla panca libera senza tanti complimenti. Si udì un deciso tintinnare di chiavi. - Non vedevo l’ora di vederti.

Il suo candore piegò le labbra di Sam in un sorriso spontaneo.

- A volte ho l’impressione che tu sappia leggermi nel pensiero.

- Non sono tanto folle da confermare né smentire tale ipotesi - ribatté Gabriel con scioltezza, giusto un battito di ciglia prima di chinarsi sull’altro ragazzo per baciare quella stessa piega rallegrata delle sue labbra. - Ciao. Tutto liscio con Claire?

- L’ho accompagnata all’autobus e mi ha scritto nemmeno un’ora dopo. È a casa.

- Ottimo. Grazie - annuì Gabriel, procedendo ad accomodarsi di fronte a Sam con il sospiro di sfogo che di solito riservava al tuffo sul divano che si concedeva a fine giornata.

Di fronte alla sua espressione sfinita, il sorriso del più giovane cedette il posto a una smorfia compassionevole.

Nello scambio multiplo di messaggi intercorso durante la mattinata, era stato deciso che Gabriel e Claire avrebbero parlato con la loro madre e con Frank, il padre di Claire, il giorno successivo. Per quanto Sam condividesse l’idea che dovessero sapere della gravidanza, non invidiava affatto Gabriel e il lavoro di mediazione che gli si prospettava. Non tanto perché ci fosse qualcosa da temere dai coniugi Hale-Fletcher, ma più che altro per l’insicurezza ancora vibrante di Gabriel in merito a quell’argomento. Se la faccia con cui si era presentato al Breadcrumbs non fosse stata un elemento sufficiente a dedurlo, ci pensò il suo esordio a prosciugare gli ultimi dubbi di Sam a riguardo.

- Okay, saltiamo a pie’ pari i convenevoli, d’accordo? - implorò quasi, circa due secondi dopo che Julian gli ebbe posato davanti il suo abituale frappé.

Sam capì dal modo in cui Gabriel ignorò la leccornia, appoggiò le mani sul tavolo e si sporse in avanti che non era il caso di infastidirlo con la scelta dei panini. Anche Julian dovette rendersene conto, a giudicare dalla rapidità con cui li lasciò alla loro discussione e si affrettò ad andare a servire le signore sedute un paio di tavoli più in là.

- Ho rischiato di sbattere la saracinesca in faccia ai signori Humphrey per la fretta di chiudere e correre qui. Ho bisogno di sapere cosa ne pensi tu di tutta questa faccenda, sinceramente e senza peli sulla lingua, perché io mi ci sono arrovellato tutta la mattina al punto da farmi venire un’emicrania e non ne ho cavato fuori molto. Non penso abbia avuto molto senso, pensarci da solo, senza la possibilità di confrontarmi con te, ma non ho potuto farne a meno.

Emozionato com’era, Sam decise di non farlo tribolare oltre. Più tardi avrebbero avuto modo di discuterne più a fondo e di rivoltare ogni dettaglio come un calzino, ma ora come ora entrambi, non solo Gabriel, avevano bisogno di uscire allo scoperto.

- Non ti mentirò, Gabe - rivelò allora, senza neanche immaginare una ragione per cui non avrebbe dovuto continuare a guardarlo negli occhi mentre gli confessava uno dei suoi desideri più vividi. - Un figlio… è da un po’ che ci sto pensando. Da molto prima di tutto questo, intendo - Il labbro inferiore gli tremò appena, prima di arrendersi a un sorriso pregno di speranze. - Mi piacerebbe.

Non si aspettava di dover combattere, ma ad ogni modo la facilità con cui le spalle di Gabriel persero gran parte della tensione accumulata nel tempo utile a un respiro riuscì a sorprenderlo.

- Lo so - replicò semplicemente il maggiore, concedendo a un leggero cenno del capo di smuovere appena il mare calmo della sua espressione. La dichiarazione di Sam pareva averlo sedato, o aver spostato la sua attenzione su un problema che non fosse la sua preoccupazione per la gravidanza di Claire. - Come so che saresti un papà fantastico.

Colpito dritto allo sterno, Sam rispose col cuore.

- Lo saresti anche tu.

Il sopracciglio sinistro di Gabriel scivolò agilmente verso l’alto.

- Lo credi davvero?

Sam fece spallucce e rivolse i palmi delle mani verso l’alto.

- Io sono entusiasta con i bambini, ma per me è come ricevere un cucciolo. Tu sei bravo per davvero. Riesci perfino a fargli mangiare le verdure e a metterli a letto senza che parta il pianto a sirena - spiegò sinceramente, riuscendo a strappare un sorriso al compagno.

- Diventare un fratello maggiore a sedici anni aiuta.

Sam lo imitò, prendendo un sorso della sua centrifuga quando Gabriel si approcciò alla cannuccia di metallo che svettava dal suo frullato. Poi, schiacciato dal nuovo silenzio di riflessione che seguì, si arrese al bisogno di svuotare il sacco completamente.

- D’istinto, amo l’idea di crescere un bambino assieme a te. Per quanto…

Gabriel si accigliò all’istante: - Per quanto?

Sam si abbandonò a una smorfia involontaria.

- Diciamo che, dopotutto, non sono proprio sicuro di essere così diverso da mio padre. O meglio, non posso essere sicuro che non lo diventerei una volta cominciato a sentire il peso delle responsabilità. E, a dirla tutta, la cosa mi impensierisce un po’. So di suonare esagerato, ma… non vorrei mai essere per nessuno il padre che lui è stato per me. Mai.

Serio e compassato, Gabriel non esitò un singolo secondo.

- Certo che non puoi esserne sicuro. Nessuno ha la certezza matematica che non si trasformerà nei propri genitori. Ma io vedo tutti i giorni, da sei anni, quanto tu sia meraviglioso con i tuoi nipoti. Tom e Daryl ti adorano. E vuoi saperlo un segreto?

Grato di cotanto innocuo intrigo, Sam sbuffò in una mezza risata e stette al gioco.

- Spara.

Il suo compagno si chinò verso di lui con ovvi intenti cospiratori.

- Sono almeno due anni che tuo fratello mi chiede cosa stiamo aspettando a rimanere incinti. L’ultimo pranzo di Natale è stato un incubo, davvero, con tutta quella pressione sociale.

Sam si ritrasse, ma non senza farsi scappare un po’ di quel rinnovato buonumore dalle labbra. In un modo o nell’altro, Gabriel riusciva sempre a farlo ridere.

- Cretini che siete, tutti e due.

- Hm - convenne Gabriel pacifico, succhiando un altro sorso di frappè. - Quindi, se ho capito bene, tu saresti per dire di sì a Claire?

Riconoscente per il fatto che ne stessero parlando così apertamente e senza giri di parole, Sam si servì un altro enorme, mastodontico respiro profondo.

- Fegato e cuore mi dicono questo, sì. Ma la ragione mi suggerisce di prendermi ancora un po’ di tempo per rifletterci. È tutto troppo nuovo, troppo fresco. Forse sarebbe meglio lasciare a questa idea il tempo di sedimentare e vedere cos’altro spunta fuori.

- Hm - commentò di nuovo Gabriel, continuando a lambiccarsi con cannuccia, banane e cioccolato mentre teneva il suo sguardo attento fisso su di lui. - Mi sono sempre piaciuti i tuoi slanci da intellettuale.

- Ah sì? - finse di abboccare Sam.

- Oh sì. Un paio di occhiali da vista e sono fregato, professore.

- Occhiali da vista. Me la segno.

L’umorismo era l’habitat naturale di Gabriel, che sguazzava nella possibilità – e nella sua capacità – di tessere dell’ironia attorno a ogni situazione. Era benvoluto per questo, perché spesso sfruttava quel suo talento per far sentire a proprio agio chi lo circondava. Ma Sam lo conosceva da tempo sufficiente per saper distinguere le volte in cui quel suo punto di forza era il frutto di un contesto festoso dalle volte in cui Gabriel usava il suo dono innato per difendersi dalla realtà e dalle sofferenze che essa era in grado di infliggergli. Lo amava da abbastanza tempo da sapere che lo sfuggire improvviso del suo sorriso, anche se momentaneo, era sempre il sintomo di un problema più grave.

- Un penny per i tuoi pensieri? - propose allora Sam, senza desistere dinnanzi alla sua espressione stupita falsa come Giuda. - Per favore?

Gabriel resistette per tre secondi, prima di capitolare. Sguardo da cucciolo malmenato batte esperienza teatrale ventennale uno a zero.

- Ti suonerà scontato - lottò debolmente Gabe.

- Se lo fosse, non sarei qui a chiederti di parlarmene. Non credi?

- Non saprei. Sai essere un uomo dalla psiche contorta - replicò Gabriel davanti alla sua pazienza, continuando ad aggrapparsi con tutte le sue forze al sarcasmo per rimanere al di sopra del pelo dell’acqua. Sam dovette mettere in campo una punta di severità per farlo desistere. Solo allora il maggiore si esibì in un sospiro sconsolato, si incassò nelle spalle e lasciò che la sua angoscia dilagasse in quelle iridi chiare come l’oro. - Davvero non è ovvio? Non abbiamo seguito un ragionamento tanto diverso.

Daccordo, pensò Sam in quell’istante. Non è che non vuole parlarne, è che non ci riesce. Quindi è peggio di quanto pensassi.

Giunto a quella conclusione, per Sam non fu arduo saltare alla successiva. Dopotutto non esistevano molti argomenti in grado di ridurre Gabe in quello stato. Quella realizzazione, unita alla consapevolezza che l’unico motivo per cui Gabriel non aveva mai considerato l’idea di un figlio fino ad allora erano le difficoltà di un’adozione tradizionale, fu sufficiente affinché il suo ragazzo capisse che il vero problema, per Gabriel, era lui stesso. Lui e la sua assurda paura di diventare come l’uomo che fin da giovanissimo aveva cominciato a chiamare “il colonnello”.

Non appena comprese, Sam avvertì le parole abbandonargli le labbra sull’onda del puro istinto.

- Stai scherzando, vero? Tu non sei affatto come lui.

A Gabriel bastò un’occhiata per comprendere che il suo compagno aveva dedotto tutto ciò che lui aveva tentato invano di nascondere. Tutto d’un tratto, divenne bianco in viso come la ciotola di anacardi e nocciole posizionata a centrotavola.

- E se cambiassi? - tirò fuori a fatica, dopo aver deglutito. Fu solo un soffio e Sam seppe che il ciglio del pozzo dei suoi incubi era tremendamente vicino. - Hai visto come ho trattato Claire, ieri sera. Quando era al culmine della fragilità, mi sono accanito su di lei.

Quelle sciocchezze bruciarono la pelle di Sam come un’offesa personale. Non potendo lasciare che Gabriel ne venisse travolto, il giovane intervenne all’istante.

- Quella era preoccupazione. La stavi esprimendo male? Sì. Ma non era il preludio di una violenza. Gabe - lo richiamò poi con fermezza, perché il suo sguardo era precipitato in basso e la supplica di Sam necessitava di un punto d’appoggio per poter funzionare. - Non puoi davvero pensare queste cose di te stesso.

Un mezzo sorriso acerbo piegò un angolo delle labbra del trentasettenne.

- Ah no?

- No - ribatté Sam, deciso e piccato. - Non intendo permettertelo.

Incredulo quanto dolorosamente divertito, Gabriel sbuffò e si mise a guardare fuori dalla finestra con pari ostinazione.

- Ah, non intendi permettermi di pensare. Questa sì che è bella.

Con quell’ammontare indegno di amarezza a pesargli sullo stomaco, Sam allungò la mano destra per afferrare la sua e stringerla abbastanza forte da riconquistare l’interesse di quelle iridi improvvisamente afflitte e disincantate. Si impose di non lasciarsi fermare dal deserto che gli aveva invaso la gola.

- Ascoltami, per favore. Sono più di sei anni che ti conosco e stiamo insieme. Non ti permetterò di farti del male pensando cose di te stesso che non stanno né in Cielo né in Terra, non quando sono certo che tu sia l’essere umano meno simile a tuo padre che sia mai esistito.

Di nuovo quella curva aspra, sulla bocca sottile di Gabriel.

- In realtà ho i suoi tratti. Ironia del caso.

- Gabe.

- E se cambiassi? - ripeté lui, arrendendosi con un brivido. - Mia madre ha fatto in tempo a innamorarsi del colonnello, prima che lui cambiasse.

Sam rispose alla radice ancestrale del suo timore racchiudendo le sue dita nervose nelle sue mani raccolte a coppa.

- Amore - esordì poi, calmo ma diretto. - Tua madre è rimasta incastrata in un matrimonio violento credendo di fare il bene del figlio che portava in grembo, perché era convinta che la tua vita sarebbe stata migliore con due genitori. Le è andata male. Vi è andata male. Tu, invece, stai considerando di fare a tua sorella e a tuo nipote il più grande favore che potranno mai chiederti. Quello di non separarli per forza, di dargli una possibilità di conoscersi e di crescere l’uno accanto all’altra malgrado la nascita di questo bambino sia un evento che nessuno aveva messo in programma.

Di fronte a cotanto sfoggio delle sue doti di avvocato mancato, Gabriel fece crollare la testa in avanti con un verso esasperato.

- Come faccio a dirti di no, se fai così? - si dannò, al che Sam si precipitò a chiarire.

- Non si tratta di un gatto. Se non sei convinto al cento percento, io pretendo che tu mi dica di no. Quello che mi preme di più che tu capisca è che non diventerai mai come tuo padre. Mi hai sentito? Mai. Non succederà.

Questa volta, Gabriel si concesse qualche secondo in più per studiare la sua determinazione. Quando tornò a sforzarsi di parlare, però, la paura di tramutarsi nel diavolo ubriaco della sua infanzia ebbe di nuovo la meglio.

- Non me lo permetteresti, vero? Se avessimo un figlio e io…

- Non te lo permetterei. Non con nostro figlio - promise Sam, impassibile e solenne. - Ma tu non sei lui.

Altri secondi, che trascorsero immobili. Poi Gabriel arretrò fino ad appoggiare la schiena al sostegno morbido della panca.

- Okay. Okay - ripeté a bassa voce.

Ma non stava affatto bene. Sam glielo lesse in faccia, nelle linee angustiate che gli incupivano la fronte, nel pallore delle guance e nella fuga della sua mano dalle proprie.

- Gabe? - tentò, dopo che il cuore gli era sprofondato nel petto.

- Scusami, mi serve… mi serve un minuto.

Gabriel scivolò via dal loro tavolo e fuori dal Breadcrumbs prima che Sam avesse il tempo di spiccicare un’altra parola. Il giovane fece per seguirlo, ma all’ultimo si trattenne. Decise di concedere a se stesso qualche boccata d’ossigeno e a Gabriel quei pochi minuti che gli sarebbero serviti per portare a termine gli esercizi di respirazione che tirava fuori dalla manica ogni volta che la logica non sortiva alcun effetto contro i fantasmi del passato.

Poco più tardi, quando uscì, Sam trovò il compagno seduto sulla bassa panchina arcobaleno a ridosso della vetrina del locale. Gli si sedette accanto e rimasero in silenzio per un minuto intero, che spesero a osservare il traffico pigro dell’ora di pranzo.

- Meglio? - domandò Sam dopo il passaggio della quarta automobile.

- Meglio. Grazie - assentì Gabriel, prima di stropicciarsi il volto con una mano e rilasciare il fiato che aveva trattenuto nei polmoni. - Farei meglio a chiamare Castiel. Credo dovremo anticipare la nostra prossima chiacchierata di routine.

- È una buona idea - annuì Sam, quieto.

Confortato dal suo supporto pacato, Gabriel si voltò verso di lui.

- Sam?

- Hm? - reagì il ragazzo, girandosi a sua volta.

Solo allora poté distinguere quella strana luce negli occhi di Gabriel. Una scintilla che sapeva di vita, di ripresa, di buon auspicio, speranza ed emozione. La stessa fiamma vivace che trasparì dal sorriso tremante che precedette la sua confessione.

- Piacerebbe anche a me, crescere un figlio con te. Più di quanto riesca a esprimere.

 





Angolino dell’autrice

Ciao a tutt*!

Mi prendo sempre un momento per ringraziare chiunque stia seguendo la storia e strugatta, Ciuffettina e lilyy per le recensioni lasciate allo scorso capitolo *distribuisce ciotoline di crema catalana a chili*

Con questo capitolo torniamo al presente, al 2016 e al tema scottante del momento. Mi è piaciuto cominciare a indagare le fragilità di Sam e Gabriel in merito all’argomento paternità e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensiate voi. In quanto a Daryl, so di avervelo mollato lì senza troppe spiegazioni. Saprete di più su di lui nei prossimi capitoli ;)

Un abbraccio e a presto, spero di sentirvi nelle recensioni!




   
 
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