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Autore: CyanideLovers    06/08/2020    4 recensioni
 Poteva essere solo un sogno.
Poteva essere — forse — la sua immaginazione.
Sembrava stupido ripensarci da sveglio, non aveva mai creduto a quel genere di cose.
Erano solo sogni, dopotutto.
Eppure…
eppure.
Eppure quei sogni gli facevano provare strane sensazioni che non aveva mai provato prima. Come se si fosse risvegliato qualcosa dentro di lui, indomabile e feroce, che ormai riusciva a malapena a contenere. 
〄 
Ogni notte Crowley sogna sempre lo stesso uomo. Sembra familiare, come se si fossero già conosciuti, come se si fosse già innamorato di lui. Il punto è che lui non lo conosce e questo non è altro che un sogno… giusto?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oneirataxia'
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Non era una bella giornata. Grossi nuvoloni si stavano ammassando a oriente e il cielo era scuro, il vento stava iniziando ad alzarsi e l’aria elettrica presagiva che da li a poco una tempesta si sarebbe abbattuta su di loro. 

L’angelo osservava il cielo con uno sguardo accigliato, come se gli avesse appena fatto un torto personale. Poteva anche essere, pensò Crowley, senza riuscire a trattenere un sorrisetto divertito per Aziraphale che si infastidiva così tanto per un semplice temporale. 

“Magari possiamo organizzare il nostro picnic un altro giorno, uno in cui non rischia di caderci il cielo in testa.”

“Oh, ma Anathema e Newt arriveranno tra poco e io avevo già organizzato tutto.” Un sospiro sconsolato sfuggì dalle labbra dell’angelo e Crowley, che non era mai riuscito a sopportare l’idea di vederlo triste, propose con un sorriso: “Spostiamo il divano da quella parte, il tavolino lo mettiamo a destra, stendiamo la coperta a terra e arrangiamo qualche cuscino. Avremo il nostro picnic al chiuso, angelo!”

Il sorriso affettuoso che gli rivolse il biondo era tutto quello di cui aveva bisogno. Con uno schiocco di dita i mobili si spostarono, una grossa coperta color borgogna si stese da sola sul pavimento e eleganti piatti d’argento ricolmi di leccornie apparvero dal nulla. 

“Hai sempre le idee più brillanti, mio caro.” Disse l’angelo rivolgendogli un altro sorriso, “ma permettimi di apportare qualche miglioria.” 

Aziraphale mosse la mano in un gesto elegante e sulla tovaglia comparve un complicato disegno in tartan rosso, bianco, nero e oro. Del vino rosé , il preferito di Anathema, apparve in una glacette accanto ai pregiati vini rossi scelti da Crowley. Dopo un momento L’angelo mosse di nuovo la mano e un vaso di papaveri rossi appena colti apparvero in un elegante vaso dallo stile ottocentesco. 

 

Crowley osservò con occhio critico la tovaglia.

“Tartan?” Domandò come se questo implicasse un insulto personale, “stona con i miei piatti.”

“Non essere ridicolo, Crowley. Il tartan è molto elegante.”

“Non hai idea di cosa sia lo stile, Zira.”

“Oh, taci diavolaccio.” Il tono di Aziraphale era esasperato, come sempre quando il demone criticava i suoi gusti, ma quelle parole nascondevano un un sorriso affettuoso tipico dei loro battibecchi.

 

“Papaveri?”

“Non sono bellissimi?” Domandò Aziraphale, “mi ricordano sempre il colore dei tuoi capelli.” L’angelo sorrise guardando il demone arrossire. “Non solo per quello, simboleggiano immaginazione e sogno, eccentricità e orgoglio… ti ricorda qualcuno?”

“Ngk!” Commentò intelligentemente Crowley. “Non fare il sapientone. Non hanno solo quel significato.” 

“Sei tu l’esperto di botanica, mio caro. Ma sono molto belli, non c’è che dire.” 

 

Aziraphale si era voltato e rabbuiato per un momento, rivolgendo di nuovo lo sguardo al cielo. Attraverso i vetri opachi — per la troppa polvere, sospettava Crowley — il cielo si era fatto ancora più scuro. 

“Cattive premonizioni, angelo?”

“Non saprei, ho un brutto presentimento. Magari è solo questo tempo a rendermi nervoso.”

Crowley avrebbe voluto dire qualcosa per rassicurarlo, ma all’improvviso la porta del negozio si aprì di scatto, facendo suonare la campanella furiosamente. 

“Come diamine facciamo ad avere un picnic con questo tempaccio?!” La voce di Anathema gli fece emettere un sospiro di sollievo.  

“Crowley ha organizzato tutto per farlo qui, mia cara.” Disse con un sorriso l’angelo, prendendo il cappotto della strega e aiutandola a accomodarsi.

“Oh, questa si che è un’idea!” rispose lei allegramente. Dietro di lei, Newt stava porgendo a Crowley una bottiglia di vino, “lo so che voi bevete vini di un certo livello, e questo non è di certo niente di speciale, ma ci sentivamo in colpa a venire a mani vuote.”

“Non ti preoccupare, Newt,” rispose Crowley mentre leggeva l’etichetta della bottiglia, “è un’ottimo vino, ma non avreste dovuto, lo sapete.”

 

Entrambi adoravano i due umani. Era incredibilmente piacevole potersi aprire sulla propria natura con loro, poter essere sinceri per una volta e non doversi sforzare per cercare complicate giustificazioni per i loro strani comportamenti. C’erano volte, e questo Crowley non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, forse neanche a Aziraphale, in cui il demone desiderava essere come loro. Vivere nel mondo da umano senza doversi nascondere e mentire costantemente. 

“Vuoi una mano con la macchina?” Domandò Crowley dopo un momento. Vivere a Soho aveva i suoi lati positivi come negativi. Il peggiore, secondo il demone, era che trovare parcheggio era quasi impossibile. Ovviamente, lui non aveva di questi problemi. C’era sempre un posto ad aspettarlo proprio davanti al negozio di libri, ma sapeva che per Newt non era così semplice. 

“Ti prego, si. Credo di aver bloccato il traffico in qualche modo.”

“Ah, quindi Dick Turpin sta facendo il suo lavoro!”

 

Quando tornarono indietro — dopo una manciata di minuti, giusto il tempo per Crowley di convincere un passante che davvero avrebbe dovuto spostare la macchina, c’era qualcosa che doveva fare al più presto, meglio sbrigarsi — stavano chiacchierando amabilmente, distratti perché entrambi avevano iniziato una nuova serie tv, e forse per questo non si accorsero subito di quello che stava succedendo dentro il negozio. Crowley aveva aperto la porta con Newt alle sue spalle, ma quando varcarono la soglia l’urlo di Aziraphale li fece sobbalzare.

“Crowley, vai via!” 

Il demone si fermò sul posto. Davanti a lui un angelo gli dava le spalle. Solo che non era il suo angelo ma uno che non conosceva. Aziraphale lo fissava con uno sguardo che aveva visto raramente, ma che per questo era forse ancora più pericoloso. La sua espressione era una maschera di furia glaciale, quel misto di paura e rabbia, furore verso chi era entrato senza permesso nel suo territorio. Bisogno di proteggere. Quello non era lo sguardo di Aziraphale ma del guardiano che era stato un tempo.

“Indietro, Newt.” Sussurrò Crowley mettendo una mano dietro di lui e costringendo il ragazzo a fare tre passi indietro.

“A-ana…” fu l’unica cosa che riuscì a dire con voce tremante Newt, troppo spaventato dall’improvviso cambio d’atmosfera. La scena davanti ai suoi occhi divenne improvvisamente chiara in tutta la sua pericolosità. Aziraphale era in una posizione simile. Nonostante l’aspetto soffice e delicato, l’angelo doveva essere scattato immediatamente davanti alla ragazza per proteggerla con il suo corpo. Finora l’intruso non aveva detto una parola. Non che fosse necessario, le sue intenzioni erano chiare da come stringeva in mano una spada celestiale. 

“Tu chi sei?” Domandò Aziraphale con freddezza. 

“Yeratel, dell’ordine delle Dominazioni, terzo reggimento, vengo per punire il traditore.” Disse serio l’angelo senza mai staccare gli occhi da Aziraphale. Anche così, immaginò Crowley, stava tenendo d’occhio anche lui. Il demone era nel suo punto cieco eppure non osò muovere un muscolo. Si sforzò di rimanere calmo e di nascondere il panico per la situazione. Doveva trovare uno stratagemma per sfuggire da quella difficile situazione. Il suo sguardo si spostò sulla spada. Il silenzio era insopportabile.

 

Anche se da solo, una Dominazione era di per sé un gran problema. Erano quelli che si occupavano di organizzare il paradiso, forti e fermi, era notoriamente impossibile sfuggirgli ed erano esperti nel rimettere in riga gli angeli più ribelli. Con un brivido lungo la schiena, Crowley cercò di soffocare il ricordo della sua caduta. 

“Capisco.” Disse Aziraphale. “Non sei stato informato? È stato deciso che sia io che Crowley saremmo stati liberi. Non hai niente da fare qui e dubito che gli Arcangeli ti abbiano dato l’ordine di punirci.” L’angelo non nascose un sorriso soddisfatto quando aggiunse “Gabriele era abbastanza scosso l’ultima volta che gli ho sputato fiamme infernali in faccia.” 

 

Bravo, bravissimo angelo, continua a parlare, ricordagli quanto sei pericoloso, fallo andare via senza creare troppi danni, pensò il demone che a malapena riusciva a tenere sotto controllo il panico. 

La mano di Yeratel si strinse con più fermezza intorno alla spada. “Non importa, è il mio dovere punire i trasgressori.”

“Ci sono umani qui. Non ti è permesso fargli del male.” Aziraphale fece un passo in avanti, e Anathema fece capolino da dietro di lui, guardando Crowley e Newt spaventata. 

“Lei può passare.” Disse l’angelo. 

Aziraphale annuì e con un movimento spinse la strega verso la porta. “Aziraphale…” disse lei guardandolo per un momento. 

“Non ti preoccupare, mia cara, va tutto bene. Vai da tuo marito. Questa è una questione tra angeli.”

Anche Crowley era della stessa opinione. Non avevano il tempo per preoccuparsi anche per gli umani al momento, la situazione era già complicata così com’era e Aziraphale era in una posizione di svantaggio visto che Yeratel stava bloccando la sua unica via di fuga. 

Crowley allungò una mano e tirò verso di sé Anathema, spingendola fuori dal negozio e tra le braccia di Newt. 

“Crowley, ma—“

“Andatevene.” Sussurrò il demone senza guardarli. 

“Anche tu, Crowley.” 

Il demone guardò per un momento l’angelo con un’espressione scandalizzata. “Cosa?!”

“Ho detto che questa è una questione tra angeli.”

“Non ti lascio qui da solo.”

“Basta!” Il battibecco fu interrotto dall’angelo nemico, “non illuderti che lascerò fuggire un demone.”

“Crowley non c’entra niente in questa storia, non ti permettere di sfiorarlo!” Aziraphale aveva abbandonato ogni parvenza dell’adorabile proprietario di un negozio di libri antichi e aveva iniziato a brillare di luce propria. Un’altra spada era apparsa nella sua mano, ricoperta di fiamme incandescenti e in un secondo si scagliò sulla Dominazione, che parò il colpo agilmente. La potenza del colpo, unita alla luce intensa scagliò Crowley all’indietro che dovette coprirsi gli occhi nonostante le lenti scure. 

 

 

Le orecchie fischiavano per il rumore, la vista era confusa, e il rumore dei colpi sembravano distanti ma non meno potenti. Era una fortuna che gli umani non potessero sentirli o vedere quello che stava succedendo tra le creature celesti.

Si rimise in piedi barcollando e la vista era ancora strana, offuscata e traballante, ma non perse tempo a preoccuparsi dei dettagli. Aziraphale aveva bisogno di lui. I due angeli stavano combattendo all’interno dello spazio ristretto del negozio, Aziraphale sembrava essere in leggero vantaggio e per un momento sospirò di sollievo. Ogni tanto dimenticava quanto fosse bravo con la spada. Ma poi in una manciata di secondi tutto era andato in malora, perché Aziraphale aveva perso per un momento l’equilibrio e l’avversario non aveva perso tempo ad affondare la sua spada contro la pelle morbida e candida.

“Angelo!” Strillò Crowley, abbandonando ogni speranza di trovare uno stratagemma per uscirne indenne. Attaccò d’istinto, saltando alle spalle dell’avversario e affondando le sue zanne affilate nel collo dell’angelo e allontanandolo allo stesso tempo da Aziraphale che si era accasciato al suolo stringendosi lo stomaco. 

 

Crowley, con suo grande disappunto, non era granché come soldato. Era sopravvissuto per sei millenni grazie alla sua astuzia, velocità che derivava dall’essere — infondo — un serpente, un’incredibile forza di volontà è la forte convinzione che, se proprio doveva morire, almeno avrebbe fatto di tutto pur di rendere la cosa il più difficile e fastidiosa possibile. 

 

Yeratel aveva cercato di liberarsi dalle sue grinfie ma Crowley lo stringeva con la stessa forza di un Boa constrictor, i muscoli si erano gonfiati e allungati di conseguenza e lui stringeva in una morsa viscerale, mentre iniettava il suo veleno nel collo dell’angelo. 

 

Contro il suo petto poteva sentire il cuore dell’angelo rallentare sempre più velocemente, finché il corpo non diventò lasso e Crowley lo lasciò andare. Doveva aver gridato, prima per la sorpresa dell’attacco e poi per il dolore, perché gli fischiavano le orecchie e gli girava la testa. Stava ancora stringendo la spada in mano, e non avrebbe dovuto perché il metallo celeste gli stava bruciando le mani. Aveva tagli dappertutto, alcuni erano piuttosto profondi, ma non riusciva a metabolizzare l’idea. 

 

Il veleno che ancora scorreva dalle sue zanne lo distraeva, non lo faceva pensare, un misto di mandorle dolci e il sapore ferroso del sangue dell’angelo rendevano la sua vista offuscata e la mente confusa. Il cuore gli batteva all’impazzata, un’incredibile ammontare di adrenalina stava circolando nelle sue vene e sapeva, sapeva che avrebbe dovuto lasciare andare la spada ma non poteva — non poteva — perché erano in pericolo e lui non poteva abbassare la guardia, non adesso, non finché —

 

 

“Crowley?” La voce dolce e delicata di Aziraphale lo svegliò dalla sua trance facendolo sussultare. Il corpo si mosse da solo, lasciando andare la spada e accasciandosi accanto all’angelo che stava ancora sanguinando per terra. 

“No, no, no, angelo, angelo per favore dimmi che stai bene…Zira!” Crowley prese il suo viso fra le mani, cercando di tamponare la ferita, di sentire il battito che c’era, era lì, debole ma il cuore ancora batteva e questo era la cosa più importante.

“Crowley,” la voce flebile di Aziraphale lo fece sussultare, “sto bene Crowley, sto bene.”

Il demone non era d’accordo. Gli sollevò il capo e iniziò a scostargli i boccoli biondi dal viso, guardandolo con uno sguardo terrorizzato. Magari Aziraphale poteva iniziare a guarire da solo. Magari — si forse si — poteva aiutarlo in qualche modo ma c’era poco da fare, Crowley era un demone, Aziraphale un angelo, e i demoni avevano perso il potere di guarire molto tempo fa. 

 

 

“Va tutto bene, Crowley.” Disse l’angelo. “Yeratel?”

Crowley si voltò guardando l’angelo immobile finché non vide il suo corpo dissolversi in una nuvola di polvere dorata. “Se l’è cercata, ha avuto quel che meritava.”

Aziraphale non commentò, perché sapeva che Crowley aveva ragione ma non per questo era una cosa facile da accettare. “Stai bene?” 

Crowley si guardò per un momento le mani, la testa gli faceva malissimo e respirava a fatica e stava facendo di tutto per non sprofondare in un attacco di panico vecchio stile, non poteva permettersi di distrarsi adesso, non mentre il panciotto di Aziraphale era rovinato e sporco di sangue. 

“Ssssto bene, Zira…” disse distrattamente cercando di tamponare come poteva il sangue. L’angelo stava cercando di sopprimere i gemiti di dolore che il movimento gli procurava, sempre troppo gentile per il suo stesso bene, stava cercando di non farlo preoccupare troppo.

“La tovaglia è tutta rovinata.” La voce di Aziraphale era sempre più sottile, debole. O forse era Crowley che non riusciva a sentirla? Tutto stava diventando confuso, come un sogno poco prima di svegliarsi, la sua vista era piena di puntini neri e i margini tremavano, faceva caldo e freddo allo stesso tempo. 

“Non ti preoccupare angelo, ne comprerò un’altra da quella signora simpatica che ti regala sempre quei biscotti al miele che ti piacciono tanto… sono sicuro che neanche le piacciono quei biscottini, li tiene solo perché sa che tu vai da lei solo per quello, per quello e perché lei ha quelle coperte in cotone caldo in tartan che ti piacciono tanto.” Non sapeva cosa stesse dicendo, ma sapeva che doveva continuare a parlare, così Aziraphale non si sarebbe addormentato. L’idea lo spaventava, l’angelo sembrava sempre più debole e lui non poteva lasciare che accadesse una cosa del genere. 

“Organizziamo un altro picnic angelo, prometto che non mi lamenterò più del tartan o dei fiori o se fa freddo o se fa caldo.” 

C’erano delle mani intorno a lui, gentili e calde, e Crowley era vagamente cosciente che dovevano essere quelle di Anathema che lo allontanavano da Aziraphale. Bene, pensò lui mentre Newt lo aiutava a sdraiarsi su un fianco. Ok, bene, si, lei saprà cosa fare, era una strega intelligente e un’umana, avrebbe sicuramente trovato il modo di aiutare Aziraphale, al contrario di lui che non poteva fare nulla se non parlare. 

Aziraphale stava sussurrando qualcosa nell’orecchio della ragazza, sembrava abbastanza urgente per il modo in cui le sue mani sempre perfette e morbide si stringevano intorno a lei. 

“Crowley, stai tranquillo ok?” La voce di Newt era proprio sopra di lui ma non osò staccare gli occhi dal suo angelo, anche se il tono era dolce perché Newt era un bravo ragazzo, un po’ troppo nervoso per il suo stesso bene, ma dolce e gentile quasi come Aziraphale. 

 

“Ti amo angelo, ok? Non ti addormentare, non farlo, ho bisogno di te e… e tu non puoi lasciarmi bastardo di un angelo, non puoi perché io cosa dovrei fare senza di te?” Blaterò cercando di strisciare ancora più vicino a lui e stringendogli la mano. “E se poi non sei qui con me chi mi prenderà in giro per come guido, e chi leggerà ad alta voce accarezzandomi i capelli, o mi riparerà dalla pioggia con le sue ali come quella volta sul muro del giardino?” Crowley parlava e parlava ma gli occhi di Aziraphale erano già chiusi da un po’ e anche lui faticava a rimanere sveglio. Solo che la visione era così assurda che non voleva accettarlo, non poteva, perché cos’era lui senza Aziraphale?

“E poi tu hai detto che saremmo rimasti insieme per sempre e io ti amo, Zira, ti amo così tanto e io non… io non posso, mi dispiace così tanto, mi dispiace, perché se tu non mi avessi amato forse adesso ti staresti gustando il tuo bel picnic e io sarei stato solo e triste, certo che si, ma almeno tu saresti vivo adesso e io… io…

 

 

 

 

Crowley espirò profondamente, come se avesse trattenuto il respiro perché in realtà, quella cosa inutile e così umana che è respirare stava diventando sempre più difficile. I polmoni sussultarono dentro la gabbia toracica, faceva male, e a un certo punto aveva iniziato a piangere, grossi lacrimoni scorrevano lungo il suo viso ma non riusciva a concentrarsi perché, in tutto questo, respirare stava diventando un’impresa insormontabile. 

“Mi dispiace Crowley, mi dispiace così tanto.” Stava ripetendo Anathema tra le lacrime, abbracciandolo come se avesse paura che il demone potesse sparire in una nuvola di cenere. La mano calda di Newt contro la sua schiena era una silenziosa offerta di conforto, come se sapesse che nulla avrebbe potuto consolarlo. 

“Lui non voleva che tu soffrissi, me lo ha chiesto lui e io ho fatto un incantesimo ma credo sia andato qualcosa storto… mi dispiace,” ripeté di nuovo Anathema, “mi dispiace, lo so che non avrei dovuto ma tu stavi così male e io avevo promesso che mi sarei presa cura di te.”

 

La strega stava continuando a parlare ma Crowley aveva smesso di ascoltarla. Non gli importava, non gli importava più niente. Si sentiva solo e svuotato e il cielo era nero, scuro e carico di pioggia proprio come il giorno in cui aveva perso Aziraphale. 

Lo sterno faceva male, e probabilmente era il suo cuore che si stava frantumando sotto il peso di quella realizzazione. Un cuore che non ha bisogno di battere non dovrebbe avere l’ardire di fare così male ma Crowley era antico, stanco, e molto più umano di quanto uno potrebbe credere, solo e la fine del mondo era arrivata. Non di tutto il mondo, forse, ma il suo era finito nel momento in cui Aziraphale aveva chiuso gli occhi.

Era stanco.

Incredibilmente stanco.

Voleva solo riposare.

“Anathema.” 

“Sì?”

“Dammi dell’acqua santa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Mi scuso davvero per il ritardo. Quando avevo iniziato a scrivere questa storia non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi così tanto lavoro tra capo e collo all’improvviso, quindi mi sento molto in colpa. 

 

Funfact:

1)Yeratel è veramente un angelo del coro angelico delle Dominazioni, e il suo nome significa ‘Dio che punisce i peccatori,’ e mi sembrava azzeccato perché lo sapete quanto sono fissata con questi dettagli inutili.

 

2)Si, lo so che i boa costrittori non hanno anche il veleno, ma Crowley è un demone e non la sa questa cosa perché è ignorante in anatomia, quindi ha anche il veleno e quando ti abbraccia potrebbe anche spezzarti la colonna vertebrale. Such a cuddler.

 

3)Avevo promesso a me stessa che mi sarei sforzata di scrivere un lieto fine ma sono abbastanza nervosa in questo periodo quindi è tutto da vedere perché alcuni di voi hanno imparato a conoscermi e sapete quanto io sia volatile sui finali. 

Lieto fine si, non so di che genere anche se l’idea generale è già nero su bianco *evil grin*

 

Un momento di silenzio per il mio fidanzato che leggendo il capitolo mi ha detto “però st’angelo è un po’ na pippa” e quindi adesso dormirà sul divano, whaoo.

 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e farò del mio meglio per pubblicare il prossimo il prima possibile. Un bacio <3

   
 
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