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Autore: theastwind    09/08/2020    3 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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45 – Dolore

Quando scomparve alla loro vista, i tre uomini di Shanks riuscirono finalmente a dormire e lui riprese a chiacchierare con la sua amica, avvertendo la mancanza della sua ragazza.
Aveva di proposito rivangato quei ricordi di sesso sfrenato con la bella mora per vedere la sua reazione, ma lei non aveva versato una lacrima né battuto ciglio anche se aveva ascoltato tutto.
In realtà l’aveva fatto per farle schifo… 
Doveva allontanarla a tutti i costi, non bastava più contenere le sue avances: era necessario troncare ogni sua iniziativa sul nascere, doveva farle capire che tra loro non c’era niente…
Ma averla sulla nave era un continuo tormento, una tentazione, un chiodo fisso: non ancora riusciva a capire come aveva fatto ad allontanarla quella notte di tempesta che gli era rimasta nel sangue. Quando l’aveva stretta a se, si era accorto che quella piccola incosciente non aveva addosso nemmeno le mutande… ci era andata proprio con l’intenzione e lui non si era mai sottratto ai desideri delle donne con cui era stato.
La passione lo bruciava, non aveva più un nervo sano, si buttava in mare di continuo e quando la guardava le cercava dei difetti, ma non li trovava: era pazzo di lei, l’amava da morire, se non la vedeva per un’ora, dava di matto, prima di vederla aveva fame e sete e dopo averla rivista gli passava tutto e sentiva solo un grosso vuoto in gola, nel cervello… e in mezzo alle gambe.
Aveva il sangue sempre a temperature impossibili, si muoveva come uno zombie sbattendo e rovesciando tutto quello che toccava, non riusciva più nemmeno a maneggiare la spada senza tagliarsi, mangiava pochissimo e non beveva più (preoccupando a morte i suoi uomini). 
Certe volte era talmente fatto da confondere Nord e Sud e le lasciava fare la navigatrice a tempo pieno: lui era in grado solo di eccitarsi.
E poi non dormiva più… Se solo si azzardava a chiudere gli occhi per riposarsi, faceva dei sogni indecenti pure per un filibustiere e si svegliava in condizioni impossibili da raccontare anche a se stesso…
In quel delirio era sbarcato sull’isola di Helena: con lei, in quei sette mesi, aveva fatto sesso con la S maiuscola…  ci avevano dato dentro fino a stare male, complici l’età giovanissima e un grande feeling che era sempre stato, e continuava ad essere, amicizia.
Quando aveva consultato la carta geografica, aveva tratto un profondo sospiro: non sapeva se avrebbe rivisto la sua amica e, nell’ipotesi positiva, aveva pensato di darsi una grande sfogata con lei…
Ma poi, quel grandissimo figlio di un cane che si chiama amore, gli aveva impedito anche solo di pensare una cosa del genere: lui voleva la sua mocciosa, voleva solo lei e nessun’altra…
E adesso aveva cercato di farla cedere, di farle schifo, di farsi odiare.
Ma lei, con grande dignità, si era allontanata, lasciandolo cuocere nel suo brodo…
“E’ fortissima…”- pensò, sospirando mentre Helena interrompeva i suoi pensieri e gli diceva:
“Ehi… Giada ti adora… si è addormentata addosso a te… - e sorrise – guarda che farla addormentare è impossibile…”
Lui guardò la sua parrucchiera, finalmente stanca, che gli aveva lasciato un groviglio di rovi in testa tutti scomposti e doloranti e disse:
“Ma io sono particolarmente palloso… è facile dormire in mia compagnia…”
“Mica tanto…” – fece lei allusiva e ricominciarono a ridere.
Poi lui riprese:
“Non credi sia meglio metterla a letto? Forse sta scomoda addosso a me…”
E, mentre Nami piangeva in mare tutte le sue lacrime, si alzarono per andare in camera dei ragazzi.

“Io… non avrei mai pensato di vederti innamorato!” – esclamò Helena, osservando il suo amico diventato improvvisamente muto che portava in braccio la sua bambina e la metteva a letto.
Lui sorrise, ma rimase silenzioso e soprappensiero per un po’ e poi disse:
“E io non avrei mai pensato di vederti quello sguardo triste…”
Lei abbassò gli occhi.
“Lo sapevo… non ti sfugge niente! – e rise – Siamo da buttare via oggi!”
Uscirono dalla camera e andarono nel soggiorno che Shanks aveva frequentato per sette mesi e di cui conservava molti e piacevoli ricordi. 
Si fermò davanti ad una grande foto in cui un uomo alto e molto robusto con un largo sorriso stringeva la sua amica.
“Parlami di Diego… – si girò verso di lei con un dolce sorriso – avrei voluto conoscerlo…” – doveva smetterla di pensare a lei e aiutare la sua amica…
Nel sentire il nome di suo marito le si riempirono gli occhi di lacrime.
“No… Shanks…” – disse scuotendo la testa mentre lui ci rimaneva di sasso nel vederla piangere per la prima volta.
“E invece sì… – insisté lui – parlami di Diego, descrivimelo! Dimmi com’era quel furbacchione che ti ha sposata…” – le chiese, accarezzandole i capelli cercando di farla sfogare.
E lei crollò come una diga stracolma di dolore.
“Mi manca, Shanks! – urlò tra i singhiozzi nascondendo la faccia fra le mani – Mi manca da morire!” – mentre lui la guardava addolorato pensando che l’amore era proprio una carogna e riduceva le persone a larve umane che dipendevano dagli altri…
“Non ce la faccio! Non è vero che sono forte come diceva lui… - e piangeva – è tutto più vuoto, non riesco nemmeno a sopportare i colori! – urlò in faccia al suo amico che aveva già il cuore a pezzi di suo e la guardava sgomento – Non mi piace più niente, non voglio fare più niente e… odio tutti quelli che mi stanno intorno, compresi i miei figli!” – aggiunse, sconvolgendolo.
“Non doveva lasciarmi sola! – ricominciò a gridare di nuovo – Non è giusto! Adesso che faccio? Come vado avanti? Io non sono forte! Era lui quello che tirava avanti tutto, che pensava a tutto… lui c’era sempre, era sempre con me… e io l’amavo da morire e mi aveva promesso che non mi avrebbe lasciata mai…” – si sfogava mentre Shanks riusciva a capire perfettamente quel dolore e stava male.
Lei pianse e urlò per un bel po’ mentre il suo amico l’ascoltava in un silenzio addolorato con la magra consolazione di essere riuscito almeno a farla sfogare.
“E poi… - aggiunse disperata – lo sto dimenticando… Shanks, sto scordando la sua faccia, i suoi capelli e la sua bocca… – e lo guardava con gli occhi annegati e il viso segnato dal dolore – e quando meno me l’aspetto lo sogno come in quella fotografia - disse puntandola - che mi parla o beviamo il caffè la mattina o – concluse singhiozzando – che legge una favola ai ragazzi!”  
“E allora io – aggiunse in preda allo sconforto – mi sento morire di dolore perché già nel sogno mi rendo conto che non è vero, che lui non c’è più… e quando mi sveglio il posto accanto a me è vuoto!” – urlò mentre anche Shanks voleva piangere, ma capiva che adesso toccava a lui essere forte per entrambi.

Pianse ancora a lungo mentre lui la guardava singhiozzare e si sentiva inutile come mai: non riusciva a dirle niente che fosse di consolazione.
Capiva perfettamente quel dolore: lo aveva sentito anche lui per una settimana intera e negli anni seguenti la morte di sua madre.
Sapeva anche che qualcosa di estremamente somigliante lo avrebbe provato quando si sarebbe separato da Nami…
“E poi… – riprese lei ridendo tra le lacrime – mi manca il suo modo di fare l’amore! Mi manca che mi baciava a lungo e mi prendeva in giro – e lui sorrise pensando a quel pomeriggio in cui aveva fatto una cosa simile con la sua mocciosa adorata – mi manca che mi faceva il solletico e mi prendeva all’improvviso!” – e rideva fra i singhiozzi.
“Shanks, che cosa devo fare?” – gli chiese in preda alla disperazione.
Lui si alzò, visto che erano ore che stavano seduti al tavolo del soggiorno a guardare quella foto, le prese la mano e l’aiutò a mettersi in piedi come aveva fatto quella ragazza con lui ventitré anni prima: poi l’abbracciò, stringendola a se mentre lei finiva di sfogarsi.
“Io non posso aiutarti – esordì, coccolandola – non c’è rimedio alla morte e tu lo sai come lo so io – lei era la sola, oltre a Lucky, a conoscere la faccenda della morte di sua madre – però non dire che odi tutto, anche i tuoi figli! Lo so che ti ricordano lui, come tutto qui intorno… È normale! Però non è vero che li odi… dico bene?” – le domandò, sorridendo.
Lei assentì col capo piangendo.
“E poi se potessi tornare indietro nel tempo, sapendo come va a finire, lo sposeresti lo stesso, vero?”
“Sì…”
Rimasero ancora un po’ in silenzio e le chiese all’improvviso, spiazzandola: 
“Noi siamo stati bene insieme?”
“Certo! – gli sorrise lei sinceramente – Se non avessi conosciuto Diego ti sarei venuta a cercare per costringerti a sposarmi! – rise – e mi sarei portata papà che sapeva essere molto convincente…” – e scoppiarono a ridere.
“Però – riprese lui – Diego era una cosa diversa da quella che abbiamo vissuto noi due…” – e cominciò a strusciarsela piano.
“Già…”
“Se ti capitasse una cosa come quella che c’è stata tra noi, bella e divertente, ti dispiacerebbe?” – e la spiazzò di nuovo.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che quello che c’è stato con Diego, chiamalo amore se vuoi, non ci sarà più con nessun altro! – le disse, ferendola – Con lui se n’è andato quell’amore che non riavrai più! – e lei singhiozzava – Lui è stato con te per un certo periodo della tua vita: ora non c’è più e appartiene al passato! Non trattenerlo, lascialo andare via! Come hai dimenticato me, devi dimenticare anche lui: lo so che il paragone è improponibile, ma lui non c’è più e non tornerà, stanne certa!”
“Questo, però, non vuol dire che devi rimanere sola! I tuoi figli, la tua casa e la fattoria, possono anche andare avanti senza la presenza di un uomo, ma tu no! – le disse deciso – Ti ricordi che cosa mi dicevi quando eravamo soli nella stalla dopo averci dato dentro per ore? Che la cosa che cercavi in un uomo era la sua presenza costante, che non ti lasciasse mai e che tornasse a dormire sempre vicino a te… e io, ovviamente, ero l’esatto contrario dei tuoi desideri… – aggiunse, ridendo. E concluse – perciò non ci siamo innamorati…”
E continuò:
“Ma Diego evidentemente era così… e tu ora devi trovare un altro uomo che stia sempre con te e non ti faccia dormire sola… - e se la strusciava… - Sei troppo bella e giovane per fare la vedova! Hai ammutolito i miei ragazzi con le tue curve mozzafiato e scommetto che non ti mancano i calabroni che ti ronzano intorno…” – le disse, ridendo mandrillo sempre strusciandola.
“No, non mi mancano…” – ammise lei sorridendo.
“E scommetto anche che qualcuno di questi calabroni ti ha suscitato pensieri impuri…” - e ridevano mentre il lavoro di bacino di Shanks cominciava a fare effetto.
Lei non diceva niente sentendo il suo corpo che reagiva come non faceva da mesi.
“E magari ti sei sentita in colpa per quello che hai provato… - le disse intensificando i suoi sforzi – però, se una volta diventato pirata, avessi saputo che non riuscivi più a stare con nessun altro, io ci sarei rimasto malissimo… Prova ad immaginare quanto ci resterebbe male Diego se sapesse che per venerare un fantasma, ti neghi ad altri uomini in carne ed ossa e che potresti amare magari in modo diverso…” 
E se la lavorò definitivamente. 
“Dimmi che non stai sentendo niente! Dimmi che non ti piace…” – la sfidò attaccandola al muro, baciandole e mordendole il collo in preda ai sensi di colpa con la sua mocciosa.
“Oh… Shanks…” - sospirò lei di nuovo eccitata dopo tanto tempo mentre aspirava quell’odore di uomo che le mancava da quindici mesi e sentiva il calore di una persona che la stringeva e la riportava alla realtà fatta di sensi e piccole cose che un fantasma non poteva darle…
Poi le sollevò la gonna, le sfiorò la gamba e la divaricò stringendola a se come tanti anni prima, facendola venire.
“Sei talmente bella che ti farei tornare ad urlare come quando avevi quindici anni!” – e risero, ricordando quei mesi di delirio… mentre lui si distaccava con un pudore che non gli si addiceva e lei lo guardava sconvolta e divertita nel vederlo così innamorato di quella ragazzina.
“Magari trovi un tipo simpatico che ti fa ridere e che, sicuramente, ti ama da morire e tu piano piano impari ad amarlo: lui ti sta vicino e dorme con te ogni sera… non è e non sarà mai Diego, ma avrà un altro nome, un altro volto e un altro odore e tu gli vorrai bene e ti piacerà averlo accanto… – e s’inventò, ridendo – andrete a fare la spesa, al mare, in gita coi ragazzi e scoperete come lepri anche se, mi dispiace per te, non arriverà mai ai miei livelli…”   
“Beh… - disse lei maliziosa, sorridendo e asciugandosi le lacrime – mi dovrò accontentare visto che sei tutto suo! - e gli scoccò un’occhiata significativa, sottolineando il “suo” - Glielo devo dire che hai un ritmo selvaggio… - mentre lui arrossiva – che cominci ad allenarsi! – e aggiunse, ridacchiando – Ma ti devo informare che anche Diego non se la cavava male… Anzi… E’ riuscito a farmi dire “Basta, non ce la faccio più…” e tu invece no”.
“Forse perché a quindici anni eri un’infoiata! – rise lui sconvolto – magari con l’età ti sei data una calmata! Però era un mito! Come c’è riuscito a farti dire “Basta!”?… Mi riducevi una larva, la mattina non riuscivo ad alzarmi e tuo padre mi rincorreva, dicendo: “Brutto teppista rosso! E’ chiaro che non ce la fai a zappare se ti scopi mia figlia tutte le sere! Lasciala dormire ogni tanto la mia bambina!” 
Helena era grata a quel fantastico amico rosso a cui era sempre riuscita a confidare tutto e con cui aveva un’intimità infinita: era riuscito a farla sfogare, a farla ridere, a farla eccitare e farla sentire di nuovo viva come non era da mesi.
“Grazie Shanks!” – gli disse mentre la luce del tramonto filtrava dalle finestre disegnando le sagome di due amici avvinghiati che ridevano e si coccolavano.
   
 
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