When the time will
come
I don’t need you
Le parole di Yoongi, le poche che gli aveva rivolto
prima di mostrarsi al solito affidabile anche se distante, si muovevano
ininterrottamente nella sua testa: Jungkook aveva
visto passare le ore restanti della giornata in modo rapido, troppo per i suoi
gusti. Poco aveva fatto, e niente era riuscito a concludere in maniera soddisfacente.
L’acqua quasi rovente della doccia dopo l’allenamento, alternata a getti
sporadici di tiepido tepore, l’aveva risvegliato completamente dalle fatiche dell’allenamento
senza dare un minimo dei risultati sperati. Certo, il suo lavoro prevedeva una
preparazione notevole e costante, una cura del corpo e dell’aspetto esteriore
ed emotivo in continua mascheratura di problemi e difetti, così come gli era
stato inculcato durante l’infanzia, affacciato troppo presto allo spiraglio di
un mondo crudele fatto di apparenza e giudizio; una preparazione che ormai era
diventata routine quotidiana, a cui odiava sottrarsi.
Di solito.
Turbato com’era, s’era ritrovato a maledirsi d’aver deciso di allenarsi quello
stesso pomeriggio. Se non l’avesse fatto, non avrebbe subìto la frecciatina per
nulla velata del collega e non avrebbe avuto pensieri complessi e ridondanti.
Come riuscire a dormire in un momento simile? Decise così di non recarsi
immediatamente in camera propria bensì prendere una boccata d’aria, una
camminata che si sarebbe trasformata inevitabilmente in una corsa senza meta,
fino a svuotare la capienza dei polmoni boccheggiando in cerca di ossigeno e di
risposte.
Uscì così, confuso, stupito di sé e della propria incapacità di muoversi verso
ciò che diceva il cuore da anni; i passi lenti seguivano un percorso dettato
dal caso, più una scappatoia dall’abitazione comune. E fu lì, nell’anonimato di
un traffico che mano a mano calava d’intensità, che si
rese conto di quanto poco tempo ancora avrebbe potuto trascorrere assieme a
colui che l’aveva visto crescere, musicalmente e non solo; una carriera
condivisa, gli anni difficili dell’adolescenza superati assieme seppur in fasi
diverse. Rise pensando a quante volte s’erano scontrati, incontrati ancora,
rise delle scaramucce idiote e impulsive, rise di quel senso dell’umorismo alle
volte becero e insensato che era solito sopportare. Certo, neppure lui era
perfetto anche se non altrettanto egocentrico, ma ne era consapevole: tanti difetti
da parte di entrambi, un equilibrio al centro.
Un equilibrio che tanto avrebbe voluto mantenere.
Era per questo motivo per nulla superficiale che aveva deciso tempo prima di
non rivelare nulla dei propri pensieri, mascherando i rossori e l’imbarazzo con
parole ipocrite e vivendo lo scorrere delle giornate in un ambito lavorativo
dove la vicinanza era ordinaria amministrazione. I contatti ripetuti erano
divenuti pesanti momenti di nodi allo stomaco da sciogliere e scosse elettriche
al cervello da evitare. Non poteva farci assolutamente nulla, non più ormai:
stare accanto a Jin era ogni giorno sempre più
difficile.
Tenere a freno i propri istinti ancora di più.
Vederlo partire forse avrebbe riportato un po’ di insana quiete data dal niente
che sarebbe rimasto dei suoi sentimenti. Parlarne avrebbe fatto male, non farlo
invece avrebbe fatto cadere tutto quanto in un angolo della testa, seppellito
tra le delusioni, i rimpianti, ed il falso coraggio.
Jin si svegliò insolitamente inquieto.
Qualcosa nel sonno lo aveva turbato, ma non riusciva a collegare immagini
confuse a parole dimenticate: ricordava solamente il volto di Jungkook in lacrime a chiedergli di non andare, un sorriso
amaro bagnato da quelle stesse perle salate che gli rigavano gli zigomi senza
alcuna pietà. Quello si era stampato in maniera nitida nei neuroni tanto da
destarlo dall’incubo. Anche il suo inconscio stava lavorando sulle possibili
conseguenze della sua partenza, come se non fosse bastato torturarsi di giorno
cercando di rimandare una conversazione indispensabile. Avrebbe dovuto parlarne
con Jungkook.
«Stupido sogno…» Si alzò controvoglia, incapace d’addormentarsi. Ci aveva
provato, voltandosi e rigirandosi sul letto senza alcuna efficacia. «Come fosse
lui lo stupido, certo.» Mugugnò scendendo le scale del primo piano nella
speranza di trovare il modo di rilassarsi prima di rovesciare il materasso a
terra e provare a dormirci sopra così, senza lenzuola né coperte a mostrare una
falsa sensazione di comodità. Si accasciò sul divano accendendo la televisione,
cambiando canali uno dopo l’altro senza dare la minima attenzione ad ogni
singolo contenuto: sport, film erotico, pubblicità di prodotti inutili che
spacciavano per indispensabili, chat dal vivo con personcine non proprio
deliziose che vendevano il tempo del loro corpo, di nuovo pubblicità.
Niente, neanche per sbaglio.
Nessun contenuto interessante, anche perché se avesse dovuto scegliere il modo
di spendere i propri minuti a pagamento, avrebbe optato per un’altra faccia.
Avvampò al pensiero improvviso che lo colse, il petto di Jungkook
scosso da respiri accelerati, accaldato, le palpebre chiuse a sopportare un
dolore che sarebbe presto sfociato in pura e coinvolgente eccitazione. Si
ricompose cancellando quel pensiero, risistemandosi goffamente sul sofà in un
pudico quanto non necessario tentativo di nascondere un’erezione fastidiosa.
Non gli aveva fatto bene eliminare l’abitudine di masturbarsi nell’ultimo
periodo, anzi: avrebbe dovuto ricominciare anche solo per distrazione, sfogo,
bisogno.
Sì, non sarebbe stata affatto una cattiva idea, se non fosse per la scena che
continuava a mostrarsi stampata nelle iridi: gli occhi scuri liquidi, le mani a
sfiorarsi nel darsi piacere a sopportare le spinte sempre più rapide e
spasmodiche… avrebbe dovuto tagliare i ponti con il suo collega di modo da
liberarsi del suo pensiero, delle sue parole. Avrebbe parlato con Jungkook a breve, così da poter partire ricominciando da
zero.
Due anni sarebbero passati in fretta, e sarebbero bastati a cancellare
l’ossessivo bisogno di averlo sempre all’interno della mente. Sarebbe poi
tornato, trascinandosi lontane quelle sensazioni tese e onnipresenti che lo
avevano schiacciato durante la permanenza al dormitorio.
Sarebbe cambiato tutto.