Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    10/08/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questione d’orgoglio
 
Tsambika era affacciata al castello di poppa e osservava la lenta processione dei profughi del Nord, che si imbarcavano sui quattro galeoni ancorati ai moli sotto la pioggia battente.
Alcuni uomini con l’uniforme a tre colori di Iomhar smistavano i convenuti, obbedendo a loro volta ai comandi di un ufficiale, che abbaiava secco gli ordini dalla sella del suo destriero. In piedi con le braccia incrociate sul petto, Aska Rei seguiva con attenzione le procedure, scambiando con lui qualche parola amichevole.
Anche Dare Yoon era sbarcato e sorvegliava la fila all’ingresso della passerella. Sapeva essere convincente con chi mostrava paura o con chi esitava perché troppo spaventato per mettere piede a bordo; più di una persona si era spostata dal gruppo per salutarlo o per ringraziarlo. Così aveva interpretato dai gesti carpiti a quella distanza.
La piratessa sbuffò annoiata. Non lo aveva più visto dal mattino del duello: era rimasto chiuso in cabina per simulare la convalescenza, come avevano concordato. Durante la settimana trascorsa non aveva incrociato Aska Rei se non in rare occasioni: le era parso di pessimo umore. Certo l’attesa snervante e il rollio dispotico delle navi non erano d’aiuto a un uomo di terra come lui. Se ne sarebbero accorti presto i disgraziati che accedevano al ponte inferiore della Karadocc. Sarebbe stata la fiera del mal di mare appena avessero preso il largo.
Rifletté. Se il capitano elestoryano si fosse mostrato affabile come al solito, lei non avrebbe resistito alla tentazione e gli avrebbe posto delle domande inopportune su quanto era accaduto dopo lo scontro nella nebbia. Non faceva che pensarci e quel tarlo sgradevole le rodeva la mente. Perché Dare Yoon si era mostrato tanto adirato? Perché l’aveva spinta a difendersi in quel modo? La sensazione del suo corpo premuto contro il seno le causò un vuoto allo stomaco… il pugnale che le lacerava i vestiti… il vuoto si trasformò in ali di farfalla. Si era rivoltata contro quel trattamento che, se fosse stato compiuto da un altro uomo, l’avrebbe divertita o eccitata. Si era opposta, con lui era sbagliato. Non così, non doveva essere…
«Mai visti tanti poveracci tutti insieme!» commentò Iker, affiancandola con un moto d’allegria «Questa volta siamo noi a rischiare di essere derubati!»
Tsambika ridacchiò svogliata, continuando a seguire lo spettacolo. Sistemò il foulard color corallo che portava in testa, riparandosi dalle intemperie. Gli abiti neri del compagno erano impeccabili come al solito. Il lungo mantello cerato pareva non subire i danni della pioggia. La bandana scura che gli circondava la fronte faceva risaltare le iridi verde cupo, attente a ogni dettaglio.
«Quando tutto ciò sarà concluso e saremo esenti da obblighi sgraditi, diventerò tua moglie, Iker. Accetto la tua proposta.»
L’uomo si illuminò, al culmine della gioia. La rovesciò all’indietro con una mossa ardita, baciandola appassionato davanti a tutti.
«Non ci speravo più! Non sai quanto mi rendi felice con il tuo sì!»
«Avevi ragione tu. Le tue parole franche hanno fornito la sferzata necessaria per rientrare in me. Ti ringrazio di cuore, Iker. Se non ci fossi stato tu a scrollarmi, mi sarei ridotta a una piagnucolosa inetta.»
«So come riscuotere la tua gratitudine» sogghignò lui malizioso «Dopo la contesa della scorsa settimana, mi hai costretto a dormire da solo. Una vessazione!»
«Avevo bisogno di riflettere. Con il duello ho sistemato gli irrisolti, ma mi sono concessa qualche giorno in solitudine. È stata una scelta rilevante, ponderata nei minimi dettagli.»
«Non alludi solo al matrimonio.»
«No. Ho deciso di lasciare la Karadocc a Dalian. Penso ne abbia abbastanza di arrembaggi e ruberie, sarà felice di lavorare come corriere del principe Anthos… con qualche eccezione! Quanto a me, salperò sulla Violine. Voglio essere libera come il vento. Come mi hai ricordato tu.»
«Mia amata» sorrise il pirata sollevandole la sinistra, al cui anulare scintillava la pietra verde che le aveva donato «Ciò che cambierà sarà in meglio, lo prometto. Giuro sul mio onore che saprò renderti felice. Saremo tu, io e l’oceano blu.»
Lei si sollevò sulle punte dei piedi e cercò la sua bocca voluttuosa.
 
«Almeno qualcuno pare divertirsi» constatò Aska Rei, ammirando le focose effusioni dei due comandanti a poppa della Karadocc.
Tarlach alzò gli occhi al cielo, disgustato dall’esibizione.
«A meno che non lo stiano facendo apposta per evidenziare le gioie libertine della navigazione» grugnì.
«Sarebbe interessante scoprirlo» ridacchiò l’elestoryano, scoccando un’occhiata in tralice a Dare Yoon.
Il soldato risultava impassibile come di consueto. Da quando lo aveva messo in punizione, non si erano scambiati che qualche parola, borbottata per necessità. Quello era il primo giorno in cui gli aveva consentito di uscire.
Lui e la sua dannata cocciutaggine!
Rei aveva sperato invano che l’amico cambiasse idea e lo mettesse a parte dei propri pensieri, ma Dare Yoon non aveva ceduto e se n’era stato in cabina senza rimostranze dirette, ma in ostinato silenzio. Secondo gli ordini avrebbe dovuto scusarsi con Tsambika, un’azione che gli sarebbe costata in fatto d’orgoglio. Il capitano della Guardia si interrogò: forse era stato troppo severo nel prendere quella decisione. In teoria il compagno aveva tutte le ragioni per essere montato in collera, ma nella pratica le aveva esternate in modo disdicevole.
Ah, non mi parlerà per altri tre mesi
Levò gli occhi grigi al cielo e un puntino scuro all’orizzonte, stagliato contro la coltre sovrastante di nubi, attirò la sua attenzione. All’inizio non riuscì a distinguere nulla, poi realizzò che di qualunque cosa si trattasse si stava muovendo veloce verso Neirstrin. Salì di corsa le scalette che portavano al ponte di comando per procurarsi un punto d’osservazione migliore, evitando i marinai che manovravano le vele, e si portò nell’area più sgombra, senza perdere di vista l’obiettivo.
Un richiamo acuto e inconfondibile stracciò l’aria fredda. Lo strik planò dal cielo in una voluta discendente a picco, sbattendo le robuste ali dalle sfumature verde petrolio per rallentare il volo sfrenato. Rei pensò di avere le traveggole, ma il messaggero cercò il suo braccio e gli artigliò il polso con severa convinzione, squadrandolo con i selvaggi occhi di bronzo e stridendo minaccioso dal rostro appuntito, a respingere eventuali presenze indesiderate.
«Per tutte le oasi! Yerde!?»
 
Dare Yoon risalì a bordo non appena i cittadini di Iomhar furono alloggiati. I quattro galeoni pirata avevano iniziato le operazioni per disancorare e presto avrebbero preso il largo. Il Pelopi appariva tutt’altro che collaborativo, tanto per cambiare: le onde cobalto cupo si abbattevano sulla riva con schiumoso furore. Fu tentato di rinchiudersi in cabina, ma il pensiero di trascorrere la traversata in quello spazio ristretto, con la naupatia come compagna, lo allettò ben poco.
Ti comporti da idiota!
Avrebbe potuto confidarsi con Aska Rei, anziché arroccarsi tenace sulle proprie posizioni. Se esisteva una persona in grado di comprenderlo alla perfezione, quella era lui. L’amico l’avrebbe ascoltato senza pregiudizi e consigliato al meglio come sempre, anche se lo aveva messo alle strette per ragioni che gli riconosceva.
Sbuffò, inveendo contro il proprio caratteraccio. Ormai la frittata era fatta, inutile dolersene a posteriori. Avrebbe obbedito e risolto la questione. Ricordò le dure parole di Eisen: gli ordini di un superiore non devono piacere, vanno eseguiti e basta.
Abbassò il cappuccio e percorse il ponte in direzione degli alloggi riservati agli ufficiali, riparandosi dallo scroscio sotto le sporgenze del castello di poppa.
I suoi ordini camminarono verso di lui dalla direzione opposta. Dare Yoon si arrestò, evitando di cambiare strada come faceva quando incrociava Tsambika. Lei lo notò e per un istante parve in apprensione; poi aumentò il passo, decisa ad affrontarlo o a ignorarlo. Optò per la seconda possibilità, vedendo che la donna non accostava la mano al coltello decorato che le sporgeva dalla cintola e non accennava a fermarsi. Lo superò, stringendo con caparbietà la prima balza della gonna rosa scuro, accostandosi alla paratia per evitare l’intralcio.
«Vi debbo delle scuse» sputò fuori Dare Yoon in un fiato «Spero vogliate perdonare il mio comportamento irriguardoso.»
Lei si bloccò, presa alla sprovvista. Lo scrutò in silenzio. Gli occhi scuri di lui erano un mare in tempesta, nonostante l’espressione neutra che esibiva.
«Il vostro comandante vi ha costretto a cospargervi il capo di cenere?» gli domandò con una punta di ironia.
«Sì.»
La piratessa strabuzzò gli occhi a mandorla, incredula. . Le aveva risposto di sì! Roba da non credere!
«Perché ogni tanto non raccontate una bella bugia, Dare Yoon?» sbottò esasperata «Così, a fin di bene!»
«Non è nella mia natura» borbottò lui «Nel caso presente avrei insultato la vostra intelligenza e sarei stato daccapo.»
Una folata di vento fece fluttuare le cocche del foulard di seta di lei e sollevò i lembi del mantello dell’elestoryano, scompigliandogli i capelli bruni.
«Per non mentire, ammettete delle scuse insincere. Non lo trovate offensivo?»
«Beh…» brontolò l’elestoryano, in palese difficoltà «Talvolta la verità ferisce.»
La piratessa sorrise amara, ma rilanciò.
«Mettiamola così. In cambio del perdono che anelate con tale, sentito pentimento, rispondereste con sincerità a una mia domanda?»
«Quale?»
«L’avete già udita. Perché non vi infastidisce dichiarare di aver perso un duello che invece vi ha visto vincitore?»
Le iridi notturne di Dare Yoon scintillarono, evidenziando che la richiesta aveva colto nel segno e che, in qualche misura, quella finta sconfitta gli bruciava.
«Perché non si tratta né di me né di voi. Non siamo il centro del mondo, soprattutto ora che siamo vicini a precipitare in un baratro senza fondo. Ho pensato alle persone che avete accolto a bordo oggi, a tante altre nelle loro stesse condizioni. Alla mia terra. Per fornire loro una chance, non mi è pesato sacrificare il mio orgoglio di guerriero. È un prezzo insignificante se paragonato a quanto posso offrire in cambio. Speranza e vita. Se fosse necessario, lo rifarei mille volte.»
Tsambika rimase a bocca aperta, ripercorrendo lo stesso ragionamento che aveva portato l’uomo a subire consapevole un’ingiusta umiliazione: senza di lei, nessuno dei capitani pirata avrebbe soccorso la gente di Iomhar.
«Anche questo è stato un ordine di Aska Rei?»
«No. L’idea è mia.»
La donna strinse le labbra tinte di rosso per arrestarne il tremito, perché lui non notasse il suo turbamento. Succedeva sempre così. Davanti a Dare Yoon tutto assumeva un’altra sfumatura, tutto cambiava, tutto era più vero, più bello. Lei stessa si trasformava e ciò che vedeva la trascinava sul confine di un’altra esistenza.
«Capisco. Suppongo sia per lo stesso motivo che avete impedito che mi uccidessi.”
«È così.»
«Tuttavia… non riesco a capire perché voi… perché avete…»
Portò una mano al seno, afferrando con angoscia la stoffa del corpetto ricamato in argento. Dare Yoon si irrigidì.
«Eravamo d’accordo per una sola domanda. Questa sarebbe la terza.»
Gli occhi neri di lei ebbero un guizzo di disperazione. Distolse lo sguardo e si aggiustò il mantello sulle spalle. L’anello con lo smeraldo brillò per un istante alla luce. In fondo perché avrebbe dovuto importarle?
«È giusto. Datemi la vostra mano, Dare Yoon, chiudiamola qui.»
L’ufficiale si sfilò il guanto di cuoio, dimostrando di conoscere le buone maniere, che con lei volutamente non aveva mai usato. Le strinse la destra, sebbene avrebbe preferito – Tsambika ne era convinta – afferrare per la coda un orchya delle sabbie.  Il contatto con le sue dita calde le diede un brivido. Trattenne il fiato e lo lasciò, come se avesse toccato un ferro rovente. Dare Yoon inarcò un sopracciglio, sorpreso.
In quel momento da una delle paratie di tribordo sbucò una donna con un bimbo in braccio: era giovane e bionda, vestita in abiti poveri, sul suo volto si notavano i segni della fame e del freddo patiti nei mesi precedenti. Eppure sorrideva serena. Si avvide di loro due e sussultò mortificata.
«Perdonate l’interruzione. Mio figlio non ha mai visto il mare e io volevo mostrarglielo finché non c’è pericolo.»
Dare Yoon si spostò con cortesia per permetterle di affacciarsi al parapetto e lei lo riconobbe.
«Oh, voi siete lo straniero che ci ha salvati da deamhan!» esclamò riconoscente «Gli dei vi benedicano, il mio sposo è vivo grazie a voi!»
Fece per inginocchiarsi, ma il soldato lo impedì.
«Deamhan!?» intervenne Tsambika «Demoni?! State vaneggiando?»
«No, mia signora, lo giuro su mio figlio! Li ho visti con i miei occhi! Se non fosse stato per vostro marito, saremmo tutti morti.»
Dare Yoon spalancò gli occhi esterrefatto, ma non fece in tempo a negare.
«Chiedete conferma al capitano Tarlach» continuò la iomharese «Vi dirà la stessa cosa. È grazie a vostro marito. Lui è un halgeal
Tsambika avvampò, mentre la donna prendeva congedo con un rapido inchino. Come aveva potuto credere che lei e lui… ah, sciocche superstizioni!
Halgeal. Spirito della luce nel dialetto del Nord. Nessun errore. Era Dare Yoon il motivo del sorriso sul volto di quella poveretta, della gioia negli occhi celesti del bambino che guardava estasiato il mare. Nessun errore, davvero. Sollevò lo sguardo sul soldato, immobile a pochi passi da lei.
«Parola mia, la vostra espressione vale più di tutte le scuse che avreste potuto porgere!» sghignazzò, mascherando i propri pensieri «Marito. Non so se prenderlo come un insulto o come un augurio!»
«Prendetelo come vi pare! È sufficiente che non stuzzichiate la gelosia del vostro fidanzato, procurandomi un altro duello. A differenza vostra non verrebbe risparmiato.»
La piratessa abbassò lo sguardo sul vistoso anello che portava al dito.
 
Finalmente era riuscito a levarsi dai piedi la fastidiosa incombenza che lo assillava da giorni e, altra novità confortante, i quattro galeoni avevano lasciato Neirstrin senza problemi. Quegli avanzi di galera ci sapevano fare nel loro habitat.
Il rollio della Karadocc si era fatto più intenso e sarebbe divenuto insopportabile appena raggiunto il mare aperto. Questione di minuti. Dare Yoon controllò con scrupolo le scorte di farmaco anti chinetosi che Narsas gli aveva fornito. Sospirò al pensiero dell’arciere, destinato a restare per sempre in quella terra dimenticata dagli dei. Gli si strinse il cuore. Le sue dita raggiunsero il sigillo Aethalas che gli pendeva tra i pettorali. Se mai fosse stato in suo potere, se fosse riuscito a sopravvivere alla distruzione del creato, sarebbe tornato a Jarlath e avrebbe portato via da lì le spoglie del ragazzo. Lontane dalla neve, dal fango, dal gelo. Lo avrebbe ricondotto a casa anche da morto. Ma forse lui avrebbe preferito restare accanto a Adara, così come in vita e fino all’ultimo respiro.
Scacciò via quei ragionamenti tristi e pensò a Elestorya. Un’altra missione, un’altra battaglia per difendere la sua amata terra dalle ombre. Era importante dissipare per prime quelle che gli pesavano sul cuore. Nessun daimar lo avrebbe più costretto all’angolo.
La porta della cabina si spalancò all’improvviso. Aska Rei si precipitò all’interno come una furia con uno strik appollaiato sulla spalla. Dare Yoon aprì la bocca per parlare, ma il capitano lo precedette.
«Dionissa!» mormorò, privo dell’autocontrollo lo contraddistingueva.
Il soldato pensò al peggio e si immobilizzò.
«È… è incinta!» comunicò il primo a bruciapelo.
Dare Yoon sbarrò gli occhi. Poi esalò il fiato e sedette sul letto, senza trovare il coraggio di porre la domanda ovvia che gli era sorta alla notizia. Rei si lasciò cadere sul materasso accanto a lui, sconvolto e con la lettera in pugno. Yerde gracchiò stizzito, accomodandosi sullo schienale di una sedia.
«Mancano poche settimane! Io devo a tutti i costi… oh, dei!»
Si interruppe, prendendosi la fronte tra le mani che tremavano.
«Ehm, è…?» bofonchiò Dare Yoon al culmine dell’imbarazzo.
«Certo che è mio!!! Di chi dovrebbe essere!? Non ti permetto di insinuare!»
«Calmati, Rei! Non insinuo niente! Per un attimo ho pensato che le avessero fatto del male!»
Il giovane espirò rumorosamente, sbollendo la collera ma non l’agitazione.
“No… no. Prima di partire per Iomhar, quando ci siamo scambiati la promessa, ho trascorso la notte con lei. Non avrei mai pensato che alla prima…»
«Tsk!» ringhiò Dare Yoon a metà tra il sollievo e il rimprovero, avvampando per il dettaglio privato appena fornito «Questo è tipico tuo! Non riflettere!»
Aska Rei sogghignò suo malgrado.
«Ti assicuro che se sommi il terrore di non rivedere la donna che hai sposato, la possibilità di perderla per la sua malattia e l’amore infinito che provi per lei, che non è fatto solo di sguardi languidi, ti rimane ben poco spazio per le considerazioni misurate! Non credevo potesse succedere.»
«I figli si mettono al mondo solo in quel modo!» commentò il soldato.
«È proprio necessario che tu mi faccia la paternale?»
«Sì. Così impari a far preoccupare tanto la principessa.»
Il capitano inarcò un sopracciglio, interdetto.
«Conosco il suo delicato stato di salute» spiegò Dare Yoon, garbato «Posso immaginare cosa stia provando in una situazione tanto complicata, altrimenti non ti avrebbe scritto, per non distoglierti dal tuo compito. Ha paura, non è così?»
Aska Rei abbandonò l’aria risentita e ricadde sui cuscini con un sospiro. I suoi occhi erano lucidi e turbati. Anche lui era spaventato a morte.
«Mi ha chiesto di scegliere un nome. Teme di non farcela, che quando io tornerò, lei non sarà a Erinna ad attendermi. Ancora di più che la nostra creatura non riesca a vedere la luce e per questo si sente in difetto. Percepisco la sua sofferenza e…»
Non riuscì a ultimare la frase. Tese lo scritto all’amico e girò il viso verso la parete per non mostrare che la brillantezza delle sue iridi era dovuta alle lacrime miste di gioia e terrore. Dare Yoon scorse la lettera e un nodo gli serrò la gola.
«Una bambina» sorrise, restituendo il foglio «Spero assomigli alla madre.»
Rei ridacchiò suo malgrado e si raddrizzò, sostenendosi con le braccia.
«Se fosse stato un maschio, gli avrei dato il tuo nome, Yoon.»
Il soldato distolse lo sguardo, commosso.
«Sono certo che deciderete insieme. La vita che a dispetto di tutto sta crescendo dentro la donna che ami è un miracolo. Lo sarà sino in fondo.»
Rimasero in silenzio poiché non c’era altro da dire, perché l’amicizia che sentivano l’uno per l’altro forniva tutte le risposte e li legava nel sangue. La tensione che si era creata tra loro era sfumata come il buio all’alba, in un respiro davanti al bisogno di uno dei due. Quella era la loro vera forza.
«Sarà meglio che trovi qualcosa da mangiare per Yerde» borbottò il più giovane «È stato fin troppo paziente ad ascoltare a digiuno i nostri svenevoli discorsi e non credo sia capace di pescare.»
Dare Yoon sogghignò: Rei sarebbe rimasto sempre lo stesso, anche da novello padre. Mentre lui avrebbe fatto meglio a comportarsi in modo meno austero.
«C’è una questione riservata di cui vorrei parlarti. Mi scuso per non averlo fatto prima.»
«Tsambika?»
«No, quella è sistemata. Non è lei il motivo diretto del comportamento di cui mi hai chiesto ragione.»
Il comandante inarcò un sopracciglio, mentre Yerde divorava il boccone di focaccia alle erbe nonostante le sue preferenze carnivore.
«Hai buona memoria, perciò ricorderai l’increscioso episodio a causa del quale ti sei preso la colpa del mio ritardo al rientro dalla libera uscita. L’unico che ho commesso» premise Dare Yoon «Tu non mi hai mai chiesto niente, sei stato molto discreto.»
«Ma saranno passati quindici anni!» esclamò Rei «E poi non ho beccato nessuna punizione, ero già troppo furbo per quel tedioso rompiscatole del nostro superiore! Perché tiri fuori una storia del genere?»
«Non io. Sono stati i daimar a riportarla in auge.»
Il capitano smise di cibare lo strik, improvvisamente serio.
«È una cosa grave, vero?»
«Da rimetterci la pelle» ammise Dare Yoon.
 
 
Stelio rallentò il galoppo del purosangue e fece scorrere lo sguardo sulle dune, che si estendevano a perdita d’occhio in un tripudio di colori terrigni. Il cielo nuvoloso carpiva le tinte al deserto, rendendolo uniforme, monocorde, diverso dallo scenario maestoso e caldo cui era abituato. Che amava.
Gli esploratori Iohro erano andati avanti, guidati da Eisen: il rischio di perdere l’orientamento in quell’irriconoscibile mare di sabbia aumentava con il calare della luca diurna, parallelo a quello più grave di imbattersi in un gruppo errante di Anskelisia e soprattutto nei loro daimar. Proseguì al passo, dando modo agli alabardieri Thaisa di raggiungerlo. La seta rossa annodata alle picche ricurve dei guerrieri frusciava sottile al vento. Zheule gli si affiancò, scrutando con apprensione il cielo incolore.
«Non ho mai visto una giornata tanto cupa. Non è normale.»
«Neppure la scossa che abbiamo percepito poco fa» rincarò Varsya, circondato dagli arcieri Aethalas «Non era molto forte, ma mi ha fatto drizzare i capelli.»
«Questa notte le veggenti dovranno svolgere del lavoro aggiuntivo» affermò Ayonira, facendo cenno agli yafandi Melayr di fermarsi e stringendo il bastone anulato «Temo sia un segnale infausto.»
Il reggente gettò un’occhiata alle sue spalle, dove i combattenti di quattro delle sette tribù attendevano di riprendere il cammino, allineati in modo disciplinato. Gli Alkivion avevano condotto nelle viscere di Trodora tutti coloro che non erano in grado di affrontare il tragitto o la battaglia, compresi i superstiti Rhevia, che avevano abbandonato il convito delle tribù con espressioni abbattute.
Stelio sospirò. Mancavano parecchi giorni di cammino per giungere in vista di Erinna e, più si avvicinavano, più l’imminenza di uno scontro con gli Angeli prendeva corpo. Sperava che la capitale reggesse.
«I guerrieri Haltaki sarebbero fondamentali in questo frangente. Ma l’oasi di Ebi è troppo lontana, non voglio allungare la strada.»
«Abbiate pazienza, maestà» raccomandò Niyla, trattenendo il cavallo scalpitante a redine corta «Kiyan ha garantito che se ne sarebbe occupato. In qualche modo riuscirà a raggiungere la bailye e a inviare rinforzi.»
«Aylike» rimuginò il sovrano «È un nome che ho già sentito, ma non riesco a rammentare i dettagli. Forse mi sbaglio o mi perdo in un’omonimia.»
Zheule e Varsya si scambiarono uno sguardo impacciato, che non sfuggì al re.
«Che cosa non mi avete detto?» borbottò seccato.
«Mi sentirei a disagio nel riportarvi gli scabrosi pettegolezzi che sono giunti alle nostre orecchie» si giustificò il portavoce dei Thaisa «Essi non hanno nulla a che vedere con la situazione attuale o con l’assoluta fedeltà degli Haltaki alla vostra corona.»
«Non hanno alcun fondamento e risalgono a qualche tempo fa» aggiunse Varsya, completando il quadro senza sbottonarsi.
«Insomma, parlate!» sbottò Stelio, irritato da tanta reticenza.
«Sembrate due adolescenti alle prime armi» ridacchiò Ayonira «Non credo che il nostro reggente si scandalizzerebbe nell’ascoltare i fatti.»
«Beh…» bofonchiò Zheule, riluttante.
«Oh!» sbottò la donna «Maestà, si tratta di chiacchiere, perciò prendetele come tali. Si dice che Aylike fosse l’amante di un alto ufficiale del vostro esercito e che la loro relazione abbia destato non poco scandalo, visto che lui era sposato. Il padre di lei, Mirza, non l’ha resa bene e la moglie del presunto fedifrago ancora meno.»
«Alto ufficiale è dire nulla!» intervenne Ilyon, in barba all’occhiataccia fulminante del padre «Il nome che è stato messo in mezzo è quello del generale Gadyvian.»
«Il predecessore di Kendeas?» esclamò Stelio, sorpreso «Ma è assurdo!»
«Lo penserei anch’io, se non fosse per il fatto che tutto sia stato insabbiato e che il generale abbia abbandonato la carica per ragioni imperscrutabili.»
«Ora che mi ci fai pensare, ha chiesto il congedo per motivi di salute. Mi era parso molto strano in effetti» ricordò il principe.
«E tu come fai a sostenerlo con tanta certezza!?» sbottò Zheule, colto dal forte desiderio di strangolare il figlio minore «È una vicenda di più di dieci anni fa, forse quindici, all’epoca eri un moccioso, impertinente come lo sei ora!»
«Padre!» rise Ilyon, per nulla impressionato dal rimbrotto «Sai bene che le nostre donne parlano per essere ascoltate!»
Il bailye Thaisa borbottò contrariato.
«Se è per questo, anche gli uomini non si risparmiano!» commentò Ayonira caustica «In ogni caso, maldicenza o verità, Mirza ne ha fatto una questione di leso orgoglio personale ed è intervenuto. Ma gli Haltaki hanno buona memoria.»
Stelio alzò il braccio, comandando l’avanzata. Avevano estremo bisogno dei guerrieri di Ebi. Elevò una preghiera agli dei.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott