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Autore: Dalybook04    10/08/2020    1 recensioni
Sequel di "Tutti i pomodori con cui mi dicesti ti amo"
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Napoli, ottobre 1722
Il diciannovenne Ludwig Beilschmidt scese dalla nave, un borsone in spalla e un'ombra di sorriso sul bel viso rasato di fresco.
Era a Napoli, nella stessa città del suo amore.
Stava per rivedere Feliciano.
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Feliciano lo guardò, con gli occhi piedi di meraviglia, mentre un enorme sorriso si faceva strada sul suo viso
Cosa doveva fare? Stringergli la mano? Abbracciarlo? Baciarlo?
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Lovino Romano Vargas non era mai stato uno che esprimesse apertamente le sue emozioni, ma nonostante questo suo fratello sapeva bene che stava soffrendo
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La quotidianità di quei mesi venne spezzata da un certo prussiano che amava distruggere ogni tipo di tranquillità
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Dopo tanti anni, finalmente Ludwig riesce a tornare a Napoli dal suo amore d'infanzia, Feliciano, per un anno di vacanza.
L'amore a troverà finalmente un modo?
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Principalmente Gerita, accenni Spamano, Pruaus e Fruk
Genere: Fluff, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del diciottesimo secolo e altre storie'
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Napoli, ottobre 1733
Feliciano rise quando uno dei gatti gli leccò la guancia.
Come ogni giorno, stava dando loro da mangiare. Quel micetto sembrava essersi affezionato particolarmente, perché ogni volta che gli dava qualcosa gli dava un bacino, facendogli il solletico. A Ludwig non piaceva come cosa, diceva che era poco igenico. Secondo Feliciano era solo geloso.
Sentendo la porta aprirsi si alzò in piedi, sempre con il gatto in braccio. Sorrise quando Ludwig gli lasciò un bacio sulla fronte e rise quando il gatto gli soffiò contro.
-Feliciano, quel gatto si è attaccato troppo a te, non va bene. Potrebbe avere qualche malattia o...
-ma dai, Luddi, guarda com'è carino!- lo sollevò e glielo mise davanti al viso. I due si squadrarono, poi Ludwig sbuffò.
-sta di fatto che dovresti smetterla di farlo entrare in casa. Lui e tutti gli altri.
-ve, Luddi, l'ho fatto solo una volta, pioveva forte e avevano paura, poveri piccoli!- protestò, imbronciandosi. Il micio miagolò e Feliciano lo posò a terra, osservandolo correre via. Si rialzò e lasciò un bacio sulla guancia a Ludwig -e poi ho pulito tutto quanto.
Il tedesco roteò gli occhi divertito -dai, torna dentro, tra poco verrà freddo.
Feliciano rise, salutò con la mano gli ultimi gatti, rimasti forse nella speranza di avere altro cibo, e seguì il suo compagno in casa. Sorrise -ve, Luddi, sai che giorno è oggi?
-il quindici di ottobre- rispose lui, sistemando la sua giacca all'ingresso con un piccolo sorriso -pensi davvero che potrei mai dimenticarmene?
-oh, no, Luddi, ma visto che ultimamente hai sempre la testa tra le nuvole non mi sorprenderebbe- rispose, andando in cucina per cominciare a preparare la cena.
-ho la testa tra le nuvole perché devo sempre tenerti d'occhio- replicò seguendolo.
-e perché pensi sempre al lavoro.
-lo sai che ci tengo.
-ve, Luddi, lo so. Solo che forse ci tieni fin troppo- gli diede le spalle, riempiendosi un bicchiere d'acqua.
Ludwig inarcò un sopracciglio -stai dicendo che ti trascuro?
-ve, sto solo dicendo che passare un intero pomeriggio chiuso in studio è un po' esagerato e ti fa male- replicò bevendo, per poi rimettere il bicchiere a posto.
Ludwig lo abbracciò da dietro, lasciandogli un leggero bacio sul collo -scusa, cercherò di fare una pausa ogni tanto.
Feliciano parve soddisfatto, perché annuì e si appoggiò a lui -cosa hai fatto di bello?
-domani volevo spiegare ai ragazzi un po' di matematica. Ho preparato la lezione e quelle per il resto della settimana- lo baciò sulla spalla, coperta dalla camicia leggera -tu?
-oh, niente di che. Ho finito il dipinto che mi hanno commissionato, ve, domani penso che andrò a portarlo al signore.
-posso vederlo?- Feliciano annuì.
-però prima ceniamo, tanto la pittura sta asciugando.
-va bene. Cosa facciamo?
-pasta?
Ludwig rise. Certe cose non cambiavano mai.
Il resto sì però. Quando dieci anni fa aveva deciso di restare, per un po' avevano vissuto con Lovino e Antonio, anche se stavano decisamente stretti. Dopo qualche mese Francis era riuscito a far interessare un mecenate molto noto nell'ambiente a Feliciano. Con i soldi ricavati dalla vendita di alcuni dipinti a diversi personaggi di spicco, i loro risparmi e una spintarella da parte di Gilbert e Lovino, erano riusciti a comprarsi una casa tutta loro. Certo, non era esattamente come l'avevano sognata, ma non potevano desiderare di meglio. Era in città, a un solo piano ma abbastanza grande. Avevano dovuto rinunciare alla camera degli ospiti per creare lo studio di Feliciano, ma la porta sul retro dava su una sorta di boschetto, dove Feliciano dava da mangiare ai gatti del quartiere. Erano in una zona abbastanza isolata, senza vicini irritanti per fortuna. Feliciano dipingeva, a volte doveva anche viaggiare, ma gli piaceva. Ludwig faceva da maestro ai bambini del quartiere, aveva anche imparato un po' di napoletano per farsi capire meglio e a volte l'italiano si univa per delle brevi lezione di arte o di quel poco che ricordava di latino. In cambio quelli davano loro ciò che potevano, c'era per esempio il figlio del panettiere che gli dava del pane o quelli di contadini che gli portavano frutta o verdura. Si sentiva sempre un po' in imbarazzo ad accettare pagamenti da dei bambini, a dirla tutta. Nella loro camera da letto c'erano due letti singoli, uniti in uno matrimoniale. Certo, dovevano nascondersi, ma quello lo avevano sempre saputo. Erano felici, nonostante tutto. Avevano trovato una nuova routine, costellata comunque da sorprese. Viaggiavano spesso per il lavoro dell'italiano ("ve, Luddi, non voglio andare senza di te! E poi conoscendoti ti dimenticheresti anche di mangiare per lavorare e non va bene!") anche se qualche volta Feliciano doveva andare da solo, ma cercavano di ridurre quelle volte il più possibile. Una volta erano anche andati a Venezia (e Feliciano si era commosso), mentre un'altra da Gilbert a Vienna, o anche in Spagna con Lovino e Antonio, dove la madre di quest'ultimo aveva anche commissionato un dipinto a Feliciano. Questo era stato ben felice di realizzarlo: Isabella aveva voluto un dipinto con lei seduta al centro, con i suoi figli e Lovino alle sue spalle. Lovino e Antonio andavano spesso in Spagna a trovarla, inoltre loro quattro pranzavano sempre insieme ogni domenica dopo la messa.
Certo, non era stato facile. I primi tempi Feliciano e Ludwig litigavano di continuo. Durante il primo anno non succedeva mai, per tutta l'ansia della partenza imminente e il bisogno di non sprecare nessun momento con l'altro, ma poi, una volta avuta la certezza che sarebbero rimasti insieme, non facevano altro. Non era di certo stato facile abituarsi alle abitudini e ai difetti dell'altro, come la tendenza di Ludwig a svegliarsi ogni giorno all'alba e pulire ogni singolo centimetro di casa o quella di Feliciano di non mettere mai in ordine. Comunque non erano mai discussioni troppo furiose o lunghe. Questo perché Feliciano tendeva a piangere quando litigavano e davanti a quel dolce italiano in lacrime anche il peggior demonio si sarebbe sentito in colpa e scusato. Di solito i loro litigi finivano con delle scuse e qualche bacio. Con il passare degli anni discutevano ancora, ma più raramente.
Ludwig aveva rinunciato a ogni diritto ereditario e, per farla breve, al suo cognome, in una lettera spedita ai suoi il diciassette ottobre, preceduta da una a Gilbert in cui gli aveva spiegato tutto. "Non riesco ad abbandonare Feliciano" gli aveva scritto "ci ho provato, ma non ce la faccio. Spero che tu voglia perdonarmi per aver scaricato su di te tutte le attenzioni dei nostri genitori, ma non riesco ad andarmene". Gilbert aveva capito e, anzi, quella lettera gli era servita a prendere una decisione. "Sei stato più coraggioso di me, West" gli aveva scritto in risposta "devo ammetterlo, spesso mi ritrovo a pensare che sia tu il maggiore tra noi".
Ma su Gilbert e Roderich (forse) ritorneremo in un'altra sede. Alla fine il nome dei Beilschmidt sarebbe caduto nell'ombra, visto che, per ovvi motivi, nessuno dei due potenziali eredi ebbe mai figli.
Fatto sta che, tra alti e bassi, stavano bene ed erano felici.
-ve, Luddi, stai bene?- Feliciano alzò le spalle -chi tace acconsente, quindi pasta.
Ludwig lo fermò trattenendolo per un braccio e lo baciò. Ripensare al passato gli aveva messo parecchia malinconia. Un po' gli mancavano i momenti passati, durante i quali ogni sentimento, ogni emozione, sembrava amplificata di dieci volte per la sua intensità. Però era così felice, così soddisfatto, nonostante gli alti e bassi, che non poteva chiedere di meglio. Chiederlo avrebbe significato immaginarlo e, per quanto ci provasse, non riusciva minimamente a pensare a qualcosa migliore di quello che aveva.
-Luddi? Hai una faccia strana, sicuro di stare bene?
-sì, sì, sto benissimo- lo baciò di nuovo, contro il tavolo della cucina, con un'ombra di sorriso sul bel viso rasato di fresco -ti amo. Ce ne dici se domani ci prendiamo un pomeriggio solo per noi due?
Il sorriso di Feliciano fu una risposta più che eloquente, così come il bacio che lo seguì.
-ve, Luddi, anche io ti amo. Per sempre.

Antonio aveva imparato a proprie spese che dormire sul balcone era a dir poco orribile. Proprio per questo cercava sempre di fare pace il più velocemente possibile con la sua dolce metà.
Anche quando questa lo minacciava con un mestolo.
-dai, Lovi, calmati...
-dannato di un bastardo, quando capirai che non devi lasciare segni?!
-scusa amore, mi è scappato...
-non cercare di farti perdonare con nomignoli sdolcinati, bastardo!- Antonio schivo un colpo di mestolo.
-Lovi....- gli bloccò la mano armata e lo abbracciò con l'altra, baciandolo a stampo -scusami, non succederà più.
-è la quinta volta in un mese che dici che non succederà più- brontolò l'italiano, ma si lasciò baciare.
Antonio non rispose, si limitò a stringersi a lui, infilandogli una mano sotto la camicia ad accarezzandogli il ventre piatto mentre scendeva con i baci lungo il collo.
-giochi sporco- sbuffò, ma gli seppellì comunque una mano tra i capelli. Nonostante gli anni i riccioli di Antonio continuavano ad essere morbidi e Lovino ad amarli -ti ricordo che tra due settimane partiamo per la...- ansimò, coprendosi subito la bocca imbarazzato -per la Spagna. Non voglio che tua madre...- esitò, Antonio stava scendendo così lentamente con i baci da farlo impazzire -cazzo, bastardo, datti una mossa!- lo afferrò per un braccio e lo trascinò in camera, ignorando la sua risata divertita.

Antonio sorrise accarezzando la schiena nuda del ragazzo ancora su di lui. Lovino sollevò la testa dal suo petto e si sdraiò al suo fianco con uno sbuffo. Lo spagnolo lanciò un'occhiata all'ennesimo segno sul collo dell'altro e sorrise sornione.
Lovino sbuffò, stanco, stringendosi contro di lui -fammi indovinare: me ne hai fatto un altro.
Non rispose, limitandosi a baciargli la fronte.
-che palle, per colpa tua devo portare sempre la sciarpa.
Antonio sapeva che quei segni sotto sotto li amava, quindi si limitò a sorridere e baciarlo sul naso. Lovino sbuffò e si girò, dandogli le spalle.
-con te non si può mai parlare- brontolò, coprendosi con le coperte. Lo spagnolo lo abbracciò al di sotto di esse, stringendosi contro la sua schiena con una leggera risata.
-dai, Lovinito, lo sai che ti amo.
-questo non significa che io ami te, bastardo.
Il moro prese a baciargli giocosamente il collo, accarezzandogli il fianco.
-ah no?- gli morse il lobo dell'orecchio con un sorriso -allora perché mi sopporti?
-bella domanda- sembrò pensarci, sorridendo sotto sotto -sei bravo a letto, anche se lasci sempre segni come l'idiota bastardo che sei, e mi aiuti in negozio.
-tutto qui?- gli fece una pernacchia sul collo, facendolo suo malgrado ridere.
-sì?
-secondo me no, invece- gli fece girare la testa con una mano e lo baciò con un sorriso.
-no?
-no- lo baciò di nuovo. Lovino si girò sulla schiena, aggrappandosi a lui con un braccio e ricambiando il bacio -secondo me mi ami.
-chi lo sa.
-io lo so- gli baciò la spalla.
-mh...- sembrò pensarci, con un sorrisetto divertito, poi lo attirò a sé e lo baciò di nuovo -forse.
-forse cosa?
-forse hai ragione tu. Ma solo forse, non tirartela, non ti darò una soddisfazione.
Antonio rise e lo baciò di nuovo -ti amo anch'io, Lovinito- gli sorrise e posò la fronte contro la sua. Rimase in silenzio per un po', pensando. Certo che era stato davvero fortunato. Aveva trovato l'amore e alla fine era riuscito a tenerselo. E Lovino... Lovino era la persona più speciale del mondo ai suoi occhi, chissà che aveva fatto per meritarselo. Lo strinse più forte a sé e lo baciò di nuovo.
-non smetterò mai di ringraziarti per avermi lanciato quel pomodoro- disse infine, baciandolo di nuovo.
Lovino annuì, ricambiando l'abbraccio e il bacio.

Antonio aveva scoperto con non poca sorpresa quanto si potesse comunicare attraverso un pomodoro.
E quella era stata indubbiamente la scoperta migliore della sua vita.

Angolo autrice:
E questa è la fine. Mi mancherà questa storia. Spero che vi sia piaciuta la storia e il suo finale.
Non ho tanto da dire in realtà. Questa e quella prima sono state due storie che ho scritto, colta da un'improvvisa ispirazione, durante il lockdown. Spero che il risultato sia almeno leggibile.
Per, ahimè, l'ultima volta in questa sede, vi ringrazio di aver letto fino a qui, vi invito a lasciare una recensione e vi mando un bacio.
Alla prossima, con altre storie
Daly

 
   
 
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