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Autore: DanielaE    10/08/2020    2 recensioni
Storia liberamente tratta dal mobile game omonimo Hogwarts Mystery, segue la storia principale, comprese alcune missioni secondarie, quindi attenzione agli spoiler, ovviamente il tutto modificato e ampliato a mio gusto e piacere.
Nel 1984 la nostra protagonista varca per la prima volta le porte della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, smistata a Serpeverde, con nuovi amici e nemici si ritrova l'eredità di suo fratello Jacob a gravarle sulle spalle: egli infatti era stato espulso dalla scuola per aver cercato le misteriose Sale Maledette.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Ed eccoci qui, lo so, lo so, sono in ritardo di una settimana, ma non ero a casa e non riuscivo ad aggiornare, anche adesso non sono a casa ma almeno ho un pc. Questo è l'ultimo capitolo per quanto riguarda il terzo anno. Ho scelto una colonna sonora per questo capitolo, il video lo trovate a questo indirizzo

https://www.youtube.com/watch?v=BATH_RQFt3Q

Ora vi lascio alla lettura...

 

Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”

 

Capitolo 11

 

La Sala Grande quella sera era come di consueto simile a un campo di battaglia, precisamente uno scontro cruento fra Giganti e Troll: le urla e gli schiamazzi erano di un tono talmente elevato da sovrastare di gran lunga il rumore delle stoviglie, i tavoli erano imbrattati di succo di zucca e ricoperti da molliche di pane alternate da qualche osso di pollo, fino a caramelle provenienti da Mielandia e figurine delle Cioccorane che in molti avevano iniziato a scambiarsi o confrontare.

Dal tavolo degli insegnanti il preside Silente si godeva il trambusto con sguardo sereno e soddisfatto, mentre alcuni insegnanti erano immersi in dimensioni sconosciute ai più, tipo la professoressa Cooman e il professor Ruf; altri ormai abituati a quel genere di caos, come la Sprite e Vitious, cercavano di ignorare la situazione e altri ancora, come Piton e la McGranitt, avevano un'espressione che rasentava il disgusto e il fastidio e di tanto in tanto socchiudevano gli occhi, probabilmente cercando di placare un'emicrania che con ogni probabilità li stava massacrando.

I tavoli più caotici erano, come di consueto, quelli di Tassorosso e Grifondoro, ma anche Corvonero e Serpeverde si impegnavano abbastanza. Alla tavolata di quest'ultimi sembravano tutti particolarmente intenti a raggiungere record di decibel, a tal punto che con molta probabilità neanche riuscivano ormai a comprendere le parole che si stavano urlando gli uni con gli altri. Nessuno si accorse del gufo che placidamente planò sul tavolo dritto dinanzi ad Elanor, la quale raccolse il piccolo rotolo di pergamena che il pennuto le porse con la zampina; al suo interno una semplice frase con scrittura elegante.

 

Seguilo

T.W.

 

La ragazza sollevò lo sguardo sul gufo che iniziò a svolazzare allontanandosi verso una delle arcate della Sala, fermandosi nei pressi di una colonna in attesa di essere seguito. Elanor ubbidì e lentamente si avvicinò all'uccello che riprese il suo volo fino a condurla fuori dalle mura del castello.

Si ritrovò in una zona di Hogwarts in cui non era mai stata, la pioggia aveva iniziato a picchiettare leggera, costringendola a issarsi sul capo il cappuccio del mantello; man mano che avanzata la pioggia aumentava ma non se ne curò, mentre osservava affascinata quei giardini incolti ma le cui colonne e perfino le mura erano completamente ricoperti di foglie e fiori colorati. Il gufo si fermò appollaiandosi su un muretto accanto ad un'arcata che affacciava su quella che sembrava una terrazza. La pioggia ormai ricadeva copiosa e donava un'aria ancora più affascinante e al contempo malinconica a quel luogo che in tre anni non aveva ma veduto: rami intrecciati si susseguivano ricoprendo interamente il parapetto della loggia, poggiato alla quale, di spalle, c'era Talbott. Incurante della pioggia che gli inzuppava il capo, i capelli e le vesti, se ne restava immobile, l'aveva sicuramente sentita arrivare, ma era rimasto in silenzio ed Elanor non era riuscita a fare altro che imitarlo; avrebbe voluto chiamarlo, attirare la sua attenzione, finanche riferirgli che poteva stare tranquillo riguardo la questione di Merula, ma le parole erano morte sulle sue labbra che avevano preferito onorare quel silenzio che in qualche modo sembrava esprimere tutta la frustrazione che quel ragazzo portava con sé.

Elanor non seppe mai per quanto tempo rimasero in quella posizione, lei al riparo dalla pioggia sotto le arcate e lui fradicio in ogni centimetro del corpo ancora di spalle, fino a quando lui parlò: «Sei qui!»

Lei tacque per minuti interi prima di aprire bocca: «Merula non dirà nulla!»

«Lo so!»

«Te l'ha detto un uccellino?» non riuscì ad esimersi dal pronunciare quelle parole, cercando di smorzare quella tensione ormai palpabile.

«No! Me lo ha detto una serpe!» poté avvertire una nota di divertimento dalle sue parole.

«Non avrebbe detto nulla. Ma apprezzo il fatto che tu ti sia prodigata per me!»

«Lo sapevi già, che non avrebbe detto nulla?»

«Sì!»

«Allora cosa ti turba, Talbott?» chiese lei dandogli appena il tempo di rispondere alla prima domanda.

«Oggi è l'anniversario della morte dei miei genitori!»

Elanor rimase pietrificata.

«In questi giorni, ogni anno, sono sempre... diciamo che tendo ancora maggiormente ad isolarmi. Di solito volo per ore, per assopire il dolore. L'altra sera ero distratto e non mi sono accorto della presenza di Merula mentre tornavo in forma umana. Ero così frustrato che solo una volta in dormitorio mi sono accorto di aver perso la collana»

«La collana?»

«Sì. La collana di mia madre. Lei era un animagus, si trasformava in un cigno. Avresti dovuto vederla, era magnifica. Qualche giorno prima di morire, mi regalò una collana con una piuma bianca, una sua piuma e mi disse che qualunque cosa fosse successa, lei sarebbe stata sempre con me»

«Non hai bisogno di una collana per sentire accanto a te la presenza di tua madre, Talbott!» affermò la ragazza sicura.

«Lo so! Ma è l'unica cosa che mi resta di lei e io l'ho persa!»

Ci furono lunghi minuti di silenzio, prima che la serpeverde riprendesse la parola: «È per via di tua madre che mi hai allontanata?» era sempre più certa che la motivazione fosse la sua trasformazione e lui dopo poco le diede finalmente la conferma: «Mia madre diceva sempre che l'animale in cui ci trasformiamo da animagus e il nostro patronus hanno significati profondi. Quando ti sei trasformata in falco, in un uccello come lei e me... ne sono rimasto turbato.»

«Perché?»

Lui sospirò profondamente: «Non mi ero mai sentito così, in tutta la mia vita. Tranne che con mia madre» si girò a guardarla per la prima volta da quando lo aveva raggiunto, la pioggia gli ricadeva sul volto inzuppandogli i capelli che gli si appiccicavano alla fronte, i vestiti grondavano, ma i suoi occhi parevano ancora più rossi, animati da un fuoco che lui sentiva bruciarlo dall'interno e questo doveva spaventarlo molto.

«Così come?»

Lui in risposta sollevò la mano destra e se la portò al petto, al lato del cuore «Non riesco a spiegarlo, ma so che se ti lascio entrare e tu poi andrai via, come hanno fatto gli altri, mi lascerai da solo e non posso più sopportarlo» disse con voce tremante.

Elanor si avvicinò a lui, lentamente, lasciando che la pioggia inzuppasse anche lei, ma non le importava, con la mano destra tesa in avanti sfiorò delicatamente la mano di Talbott che ancora sostava sul suo petto. Nonostante la pioggia scivolasse sul viso del ragazzo, lei ebbe la sensazione che quelle gocce d'acqua si stessero mischiando a lacrime amare che non venivano sfogate e versate da tempo. Le sembrava quasi che quelle stille che scivolavano leggere dai suoi occhi, fossero amaranto come le pupille che abbandonavano. Con la mano sinistra libera, Elanor mosse le dita leggere e le depositò sulla guancia del ragazzo.

«Non vado da nessuna parte».

 

Quando Elanor fece ritorno al suo dormitorio era ancora completamente zuppa e grondante acqua, le sue compagne di stanza dormivano profondamente, solo Merula sollevò il capo dal cuscino sentendola entrare, illuminandola con un flebile "Lumos" e sentenziando il suo parere: «Sei sempre più strana, Blair!» prima di rimettersi a dormire.

Il giorno dopo, come si aspettava, Talbott non si presentò alle lezioni del mattino, della sua persona non fu vista neanche l'ombra a pranzo e lo stesso valse per le lezioni pomeridiane. Quando tutti gli abitanti di Hogwarts si apprestarono ad interessarsi alle loro faccende personali, il corvonero avanzò sicuro fra gli scaffali della biblioteca dove, poggiata al muro, lo aspettava Elanor: «Sei in ritardo, Winger!»

«Io non sono mai in ritardo, Blair!»

«Perchè siamo qui?» chiese la ragazza sorridendogli appena.

«Ti sei offerta di aiutarmi a cercare la collana di mia madre, questo è uno dei posti che frequento di più!»

«Credevo fosse la Guferia!»

Talbott sollevò le sopraciglia, era quasi certo che quell'affermazione fosse più una presa in giro nei suoi confronti: «Quella l'ho già setacciata da cima a fondo!»

Elanor si avvicinò a lui e iniziò a guardarsi intorno, la biblioteca a quell'ora era ormai quasi deserta.

«E hai anche un posto preferito?»

Il ragazzo indicò un tavolo difronte ad una finestra poco distante da loro.

«Hai veramente un posto preferito?»

«Ti hanno mai detto che fai una marea di domande? E per tua informazione quella finestra dà sui giardini di Hogwarts e mi rilassa, mi aiuta a scrivere!» sbuffò Talbott spazientito.

Iniziarono ad osservare ogni centimetro della pavimentazione ed Elanor per la prima volta si sentì demoralizzata: «Forse l'hanno presa gli elfi ripulendo» ipotizzò lei timidamente.

«Ho già chiesto agli elfi e non hanno trovato nulla!»

«Come hai fatto a chiedere agli elfi?»

«Andando nelle cucine!»

«Sei andato nelle cucine? Come hai fatto ad andare nelle cucine?»

Talbott alzò gli occhi al celo e sbuffò sonoramente, quella ragazza prima o poi lo avrebbe mandato al reparto psichiatrico del San Mungo.

«Si entra dal ritratto della frutta, basta grattare la pera. Ti stupirebbe sapere quanto sono gentili e disponibili gli elfi domestici di Hogwarts e soprattutto silenziosi, non fanno domande a parte chiederti come possono offriti i loro servigi!»

Elanor assottigliò gli occhi, non era una corvonero ma non le era sfuggita la nota sarcastica.

«Prima hai detto che scrivi, non stavamo parlando di compiti, vero? Cosa scrivi esattamente?»

«Ecco, appunto!» borbottò il ragazzo, ripensando al paragone con gli elfi.

«Poesie!» rispose, immaginando che la ragazza avrebbe comunque insistito.

«Scrivi poesie?»

«Una passione tramandata da mio padre. Quando ero piccolo fece pubblicare su un giornale una mia poesia, io ero un bambino e la mia poesia orrenda!»

«Sono sicura che sei migliorato da allora!»

«Un po'» ad Elanor non sfuggì il sorriso che icrespò appena le labbra del ragazzo.

«Un giorno mi farai leggere le tue poesie?»

«Certo!» rispose lui continuando a sorridere, sorriso che si spense subito dopo: «Quando sarò morto!»

Elanor grugnì, era quasi certa di quella risposta, ma una come lei non mollava facilmente.

«Magari un giorno ne scriverai una per me!» sorrise beffarda, ma il sorriso le svanì sulle labbra quando si ritrovò il ragazzo con il viso vicinissimo al suo, talmente tanto che i loro nasi si sfioravano.

«Magari l'ho già fatto!»

Elanor rimase pietrificata, anche il respiro sembrava essersi mozzato, le uniche cose che sentiva erano il profumo di lui che le inondava le narici e il battito furioso del suo cuore che le faceva piombare addosso tutta la sua età adolescenziale e le prime scosse degli ormoni. L'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era chiudere gli occhi e aspettare e sperare che lui la baciasse. E così fece. Avvertì le palpebre calare lentamente, ma prima di riuscire anche solo ad avvertire un minimo movimento da parte del ragazzo, una voce stridula e severa le spaccò quasi i timpani: «Signor Winger, Signorina Blair, la vostra voce sta infastidendo i libri e me oltre ogni dire, uscite immediatamente dalla mia biblioteca!»

Talbott si voltò sconvolto ad osservare la donna e cercò di articolare qualche parola, probabilmente un ragazzo silenzioso come lui non era mai stato ripreso in quel modo dalla donna. Prima che potesse dire qualunque cosa, fu trascinato da Elanor fuori dalla biblioteca, mentre la ragazza accennava a delle scuse fra i denti indirizzate a Madama Pince.

In pochi minuti si ritrovarono nei giardini di Hogwarts, con Elanor che ancora trascinava Talbott per un braccio.

«Perché mi hai portato qui?» chiese il ragazzo.

«Perché mi sembra ovvio che la tua collana non è in biblioteca, dobbiamo perlustrare i giardini e il parco!»

Il corvonero sgranò gli occhi rossi guardando un punto non molto distante da loro: «Questo però al momento mi sembra il posto meno indicato, c'è Mrs. Purr ed è ora di cena, non dovremmo essere qui!»

Elanor diede una veloce occhiata alla gatta di Gazza, sembrava non averli notati, era piuttosto intenta a rovistare con gli artigli in una buca che si era creata sotto ad un albero.

«Aspetta!» un sospetto arrivò alla mente della ragazza, che con la bacchetta alla mano si avviò nella direzione dell'animale.

«Guarda in quella buca e tieniti pronto a scappare appena annullo l'incantesimo!» il ragazzo non ebbe il tempo di chiedere altro che Elanor pronunciò “Wingardium Leviosa” e in pochi istanti la gatta si ritrovò a fluttuare nel vuoto. Talbott non perse tempo e si avvicinò alla buca: «Eccola!»

Mrs. Purr soffiava e cercava di dimenarsi. La serpeverde sentì il ragazzo stringerle il gomito e sciolse l'incantesimo che faceva lievitare la gatta che, come si aspettavano, prese quasi subito a rincorrerli. Corsero fino al cortile e si rifugiarono sotto le arcate che portavano all'interno del castello. Talbott osservò la collana di sua madre fra le sue mani e dopo poco iniziò a ridere, così di gusto che Elanor non potè non accodarsi a lui.

«Tutto bene?» chiese la ragazza dopo un po', riferendosi allo stato della collana.

«Nulla che un reparo non potrà sistemare!»

«Farai meglio ad andare a cena. Vediamoci sulla terrazza, dopo!» aggiunse lui. E così fecero, Elanor raggiunse i suoi amici a cena e poco dopo raggiunse il corvonero dove l'aveva condotta il gufo la sera prima. Talbott era nuovamente di spalle, poggiato alla balaustra, ma quella sera non pioveva e il cielo era sereno.

«Talbott?» un flebile richiamo per palesare la sua presenza. Il ragazzo si voltò lentamente verso di lei, poi le tese la mano: «Vola con me!».

Non era una domanda, forse una richiesta, forse addirittura una supplica.

«Credevo che tu volassi da solo»

«Forse sono stanco di farlo»

Elanor poggiò la sua mano a quella di lui, le loro dita si intrecciarono in maniera quasi naturale e delicata, salirono sul muretto e lei quasi non ebbe un colpo quando vide il vuoto sotto di loro.

«Talbott, da quando mi sono trasformata la prima volta in animagus, ho volato poche altre volte» cercò di dire lei «Tranquilla, ci sono io!»

«Non lasciarmi!» si ritrovò quasi a supplicare lei.

«Neanche tu!»

Elanor lo guardò ancora una volta, prima di chiudere gli occhi e concentrarsi. Fu un attimo, si sentì cadere nel vuoto e un momento dopo l'aria della sera le sfiorava il corpo, si sentiva leggera, stava volando. Perse per un momento l'equilibrio, ma Talbott, ormai acquila, si posizionò davanti a lei, come ad indicarle il giusto modo in cui posizionare le ali. Non seppe dire per quanto tempo volarono, sorvolando i giardini che circondavano il castello e finanche la Foresta Proibita e il Lago Nero, Elanor si sentiva leggera, si sentiva bene e senza nessun pensiero come mai prima di allora. Planarono lentamente verso campo da Quidditch, lontano da occhi indiscreti. Ma mentre il ragazzo atterrò sicuro sul prato in forma eretta e umana, lei incespicò più volte, fino a rotolare per qualche metro. Si rese conto di essere tornata umana, quando vide i fili d'erba tra le sue dita delle mani.

«Ti sei fatta male?» chiese Talbott preoccupato.

Lei negò, poi guardando le sue gambe nude, terrorizzata controllò che avesse almeno un indumento ancora indosso e si tranquillizzò quando notò di avere alemeno la camicia della divisa.

Il corvonero notò il suo sguardo nervoso «Almeno questa volta non sei nuda!»

Elanor stava per chiedergli come facesse a saperlo, poi la mente le si illuminò: l'aveva vista.

«Mi hai vista! Hai visto la prima volta che mi sono trasformata e... mi hai vista... nuda!» la ragazza era a dir poco sconvolta e imbarazzata, a tali sensazioni si unì anche la rabbia, quando Talbott gettò la testa all'indietro ed espose in una risata fragorosa.

«Ero a distanza, non vedevo bene!» si scusò lui con le mani sollevate in posizione di difesa, ma continuando a ridere di gusto.

«Hai delle belle gambe comunque!»

La ragazza chiuse la bocca all'istante, bloccando tutte le imprecazioni che stava per urlargli contro.

«Solo, cerchiamo di non farle vedere a tutti!» disse lui, sfilandosi il mantello della divisa per poggiarlo sulle spalle di lei.

Si avviarono taciturni verso il castello, fin quando lei ruppe il silezio: «Verrai domani a lezione di Trasfigurazioni?»

«Può darsi» sussurrò quasi lui.

«Terrò un posto per te!»

Si salutarono con un cenno del capo, prima di avviarsi verso i rispettivi dormitori.

 

Il giorno dopo Talbott non era presente a colazione e neanche in aula per la prima ora di lezione, ma Elanor lasciò comunque vuoto il posto accanto a lei, come aveva detto. Poco prima che la McGrannit chiudesse la porta dell'aula, la videro increspare le labbra sottili in un leggero sorriso: «Signor Winger, sono lieta che abbia deciso di uniris a noi!»

«Mi scusi per il ritardo professoressa!»

Elanor sentì la voce del ragazzo e poco dopo avvertì la sua presenza accanto a lei. L'insegnate iniziò la lezione, mentre sul viso di due ragazzi aleggiava un sorriso sereno.

«Mi hai tenuto il posto!» sussurrò appena lui.

«E sempre stato tuo!»

 

Ed eccoci giunti alla fine, prenderò un po' di tempo prima di iniziare con il quarto capitolo, ma non temete, massimo a settembre.

Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia e l'hanno aggiuta alle loro letture, in particolare Farkas con le sue immancabili recensioni, sempre graditissime (grazie anche dei complimenti, Badeea non lho inserita in quanto nel gioco ancora non la conosco, mentre la frase sulle serpi l'ho inventata io).

A presto e per il momento...

 

Fatto il misfatto”

 

   
 
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