Sapete
cosa odio?
Scrivere dal punto di vista di Katsuki. Sul serio, ogni volta dramallama.
Comunque: Ben Tornati!
Questo capitolo è stato riscritto più e
più volte, perché non avevo idea come
rendere l’evento clou, in vero come far relazionare Bakugo al
resto del mondo.
E probabilmente ho fallito.
Rispetto al capitolo precedente, questo è un po’
più sincopato, per ‘ragioni’.
Vorrei ringraziare chiunque sia qui, chi ha letto, chi ha inserito la
storia
nelle seguite e little_psycho per la recensione (un grazie di cuore).
Bene, concluse le premesse inutili:
Buona Lettura.
Anche
Occhi-da-Procione vuole la sua parte
Katsuki
era rientrato in camera sua facendo molta, molta, attenzione,
perché nessuno
dei suoi compagni si accorgesse di lui, mentre sgattaiolava per il
salotto del
dormitorio.
Era certo che Faccia-Tonda si fosse accorta di lui, ma aveva continuato
a
parlare con la Ragazza-rana e Cuffiette. Erano parse tutte e tre molto
agitate,
in vero, Jirou gli era sembrata anche molto seccata
e frustrata. Non che
a Katsuki importasse qualcosa, le aveva guardate di sbieco, prima di
salire di
fretta per le scale, cercando di evitare i suoi compagni.
Aveva quasi incrociato Sero e Mineta per i corridoi, ma era riuscito ad
evitarli.
Certo, Sero doveva morire, ma il giorno dopo.
Con calma.
In quel momento Katsuki voleva solo seppellirsi sotto le coperte e
dormire.
Dormire per ore.
Chiedendosi come quella giornata fosse finita in quella maniera
… e perché
fosse successo.
Il mattino era Katsuki Bakugo, studente dell’U.A., aspirante
– e sicuramente
futuro – eroe e causa del ritiro della Speranza
dell’Umanità, mentre quella
sera era un disastro.
Fottuto Pikachu. Era colpa sua.
E di quel Nerd di Deku-di-Merda, con gli occhioni da cerbiatto troppo
verdi e
quel sorriso così accondiscendente ed il suo appuntamento.
Katsuki pensava avesse un impegno.
Non un appuntamento.
Uno vero e proprio.
Con qualcuno.
In un posto … per cena.
Dio, Kami, chi-pareva. Deku, L’Inutile, lo aveva scaricato.
Non doveva stupirsi, no, non era mai stato degno per Deku, sempre
così certo
della sua cieca superiorità.
Il primo a morire sarebbe stato Kaminari, per il suo debole per le
belle donne.
E poi Capelli-di-merda ed il suo ‘Non sarebbe
virile’.
O Katsuki avrebbe fatto vedere a Kirishima quanto poteva essere virile.
Anche con la pelle dura come l’amianto, lo avrebbe preso a
pugni esplosivi in
faccia.
Poi sarebbe stato il turno di Sero ed Ashido, per essere stati complici
di tale
stronzata.
Era
entrato di fretta, chiudendo immediatamente la porta della camera,
giusto prima
di sentire la voce del suo presunto migliore amico.
“Era Baku-Bro? È Tornato?” aveva sentito
chiaramente dire Kirishima.
“Io non lo ho visto!” aveva risposto
Faccia-Scotchata, onesto.
“Si, è tornato, l’ho visto io, ma lui
non mi ha visto!” aveva sentito la voce
di Hakagure, tutta allegra.
Fottuta donna invisibile!
“Aspetta, non ti vediamo neanch… non indoss
…” aveva cominciato a dire Sero,
l’attimo prima che Hakagure cominciasse a strillare ingiurie
contro Mineta e la
situazione divenisse troppo caotica in corridoio.
Però alla porta avevano bussato lo stesso.
“Ei, Baku-Bro, abbiamo preso la pizza, vieni a
mangiarla?” aveva chiesto
Kirishima.
Katsuki era certo di vederlo sorridere da dietro la porta.
“Non ho fame” aveva detto secco lui.
“Non è andata bene l’uscita?”
aveva indagato Kirishima, con un tono leggermente
preoccupato.
“Non rompermi il cazzo” era stata la pratica
risposta di Katsuki.
Capelli-di-merda si era stato zitto.
“Domani mattina ci alleniamo prima delle lezioni”
aveva stabilito poi Katsuki,
“Ti voglio spaccare la faccia” aveva detto, forse
con meno rabbia di quanto
avesse voluto, dando la schiena alla porta.
“Va bene, Baku-Bro” aveva risposto Kirishima, con
un tono dolce, “Se ti va la
pizza, siamo da Denki” gli aveva ricordato.
Katsuki non lo stava ascoltando.
Era troppo preso da Occhi-da-Procione.
“Che.Cazzo.Stai.Facendo?” aveva chiesto con un
ringhio.
Ashido Mina era stesa sul suo letto, con le gambe incrociate, che
sfogliava
tutta tranquilla una rivista sportiva. “Oh, ti
aspettavo!” aveva risposto lei
con assoluta calma, chiudendo la rivista e riponendola con cura sul
comodino.
“Nella.Mia.Stanza” aveva
replicato
Katsuki, lapidario.
“Eh, sì, altrimenti non ti avrei beccato
fresco-fresco” aveva detto esuberante
Mina, “E voglio che tu sappia che per avere questa
conversazione con te, io sto
perdendo la pizza e Jirou che diffama Kaminari per la piccola questione
di
oggi, ormai nota, a tutti” aveva raccontato, mettendosi
seduta.
Katsuki era divenuto bianco.
Lui.
Deku.
Questione nota.
“Tranquillo Bakugo, parlavo di Kaminari che diventa scemo
peggio di quando si
allena appena vede una bella ragazza[1]”
aveva chiarito
immediatamente occhi da procione, con un sorriso genuino.
Cuore rimesso nei suoi ranghi.
“Fuori dalla mia stanza” aveva impartito Katsuki,
sentendo le dita cominciare a
pizzicare, esplosive.
“Dopo la fatica che ho fatto per entrare?” aveva
chiesto sfacciata lei.
Ah sì giusto, come era entrata?
Non importa, sarebbe morta portandosi quel segreto nella tomba.
“Fuori” aveva ripetuto Katsuki.
“No, si vede che hai bisogno di parlare. O non eviteresti di
parlare” aveva
spiegato Mina, ineccepibile, “Sei uno che i tuoi sentimenti
li sbandiera sempre
ai quattro venti” aveva aggiunto, “Anche se spesso
finisci solo ad urlare
quanto sei incazzato” aveva aggiunto.
“Non c’è un cazzo di cui parlare. Non
è successo un cazzo. Non vale un cazzo.
Deku-di-Merda non conta un cazzo. Ed ora fuori dalla mia cazzo di
stanza” forse
urlava, ma per i canoni di Katsuki, non ci era neanche vicino
all’urlo.
Mina aveva sollevato un sopracciglio rosa.
Pure, lei, rosa, ovviamente.
Il rosa era il male evidentemente, il catalizzatore di tutti i suoi
mali.
“Quindi ti posso chiamare anche io Kacchan?”
aveva chiesto,
sfacciatissima, con un sorriso, che Katsuki avrebbe osato definire:
sadico.
“VAFFANCULO OCCHI-DA-PROCIONE, FUORI DI QUI!”
Si, quello era più nelle sue corde.
Bakugo
Katsuki era incazzato.
Era incazzato perché Mina continuava a molestarlo, con i
suoi sorrisetti
divertiti e gli occhi smaliziati – ed il terrore palpabile di
Katsuki che lo
chiamasse ancora ‘Kacchan’.
Era incazzato perché nell’allenamento di prima
mattina non era riuscito a fare
un decimo del male che voleva a Kirishima, che invece lo aveva
riaccompagnato a
lezione con un sorriso bello pieno sulle labbra.
Era incazzato perché Kaminari respirava, ancora.
Ed ovviamente perché aveva rincontrato Deku.
E Deku aveva avuto un appuntamento.
Chi, cazzo, voleva uscire con un nerd-di-merda come Deku?
Neanche Katsuki voleva uscire con lui.
Ovviamente.
Circa.
Era solo che Deku era la sua palla al piede, che lo aveva inseguito per
anni,
attaccato ai suoi calcagni come una sanguisuga con i suoi continui.
“Kacchan-di-qui! Kacchan-di-qua!”
e poi kaput, lo pianta a metà per un
appuntamento.
Non sapeva manco perché gli desse così fastidio.
Avrebbe voluto chiamare Deku.
Non lo sapeva perché, anche solo per urlargli in faccia,
perché in mezzo
pomeriggio aveva incasinato tutta la sua mente
Poi gli doveva degli autografi, si, Katsuki doveva a Deku degli
autografi, lo
doveva chiamare per quello e per nient’altro.
Ovviamente.
Aveva dato la sua parola.
“Sei
poco
concentrato giovane Bakugo, in questi giorni” aveva notato
All Might.
Chiaramente fra tutti lui.
Notava sempre i comportamenti dello studente che gli aveva rovinato la
vita.
“No, si, forse” aveva borbottato lui.
Cosa doveva dire? Niente.
Non lo sapeva.
“C’è qualcosa che ti preoccupa,
ragazzo?” aveva chiesto bonario.
La mia seccatura mi preoccupa.
L’inutile Deku mi preoccupa.
Avrebbe voluto urlare Katsuki, ma avrebbe conservato un frammento della
sua
dignità.
Ci si sarebbe aggrappato con le unghia e con i denti.
Perché non aveva senso.
Deku era Deku l’Inutile.
Era una zecca che si era attaccata parassitaria alla vita di Katsuki e
che fino
a qualche giorno prima aveva svolto un ruolo a malapena di comparsa.
Qualcuno di sfocato, sullo sfondo, qualcuno a cui, Katsuki in
età adulta
avrebbe ripensato che freddezza neutrale, “Ah,
sì, mi ricordo, c’era
quell’Extra-lì
e quel nerd di Deku”.
Non aveva senso.
“No, signore, tutto a posto” aveva mentito, freddo,
implacabile.
Ma dallo sguardo sul viso di All Might, la sua menzogna doveva esser
risultata
fiacca.
“Cavoli
Baku-bro, oggi sei stato durissimo” si stava lamentando
Capelli-di-merda,
mentre continuava a far roteare il suo polso, la pelle rimaneva dura in
quel
punto e crepata.
“Di cosa, cazzo, stai parlando? Mi hai detto tu di andarci
duro” aveva
replicato Katsuki, irritato. “Si, lo so, lo so”
aveva risposto l’altro.
“Ma come, Bakugo è stato troppo
virile?” aveva domandato Sero,
inserendosi nella loro conversazione, mentre gli affiancava per la
strada per
gli spogliatoi.
“Non si è mai troppo virili,
specie Baku-Bro” lo aveva difeso a spada
tratta Kirishima, prima di sorridere a tutto denti.
“Non ho tempo di ascoltare le vostre cazzate” aveva
replicato solamente
Katsuki.
“Mi sbaglio o di recente, Bakugo è più
suscettibile del solito?” aveva chiesto
il Signor-Scotch senza mezzi peli, “Si, da quando siamo
andati al centro
commerciale ed ha incontrato quel suo amico” aveva dichiarato
Kirishima,
grattandosi sotto il mento.
Katsuki si era voltato verso di loro, con gli occhi fiammeggianti,
“Deku di
merda non è mio amico” aveva ringhiato,
“Non ho amici e non ho bisogno” aveva
aggiunto, roccioso, entrando nello spogliatoio e facendo sbattere la
porta.
Per la forza che ci aveva messo, aveva fatto vibrare gli infissi e
messo sugli
attenti Ojiro, che era il più vicino. Lo aveva guardato
stranito, “Qualche
cazzata da dire anche tu?” aveva ringhiato, ottenendo nulla
più che un’alzata
di spalle.
“Fanculo a tutti” aveva ringhiato Katsuki,
guardando come i suoi compagni di
classe non stessero facendo altro che guardarlo.
Katsuki non aveva mai avuto bisogno di tutti quegli extra nella sua
vita, non
capiva come improvvisamente si fosse ritrovato tutte quelle persone
intorno a
lui.
Lui era Katsuki Bakugo. Non aveva bisogno di nessuno.
Iida Tenya con il suo fare composto ed inquadrato, come se una mazza
fosse
stata infilata nel suo sfintere, si era avvicinato a lui.
Da perfetto rappresentate di classe.
“Bakugo, c’è qualcosa di cui vorresti
parlare? Un problema che ti angustia?
Come Rappresentante degli Studenti sarei fav…”
aveva provato a parlare
Tenya, ma Katsuki, gli aveva parlato sopra impunemente:
“Non.Ho.Nessun.Cazzo.Di.Problema.
Quattro-Occhi” aveva ringhiato.
“Ei Vecchiaccia”
aveva detto Katsuki, con il telefono all’orecchio, seduto sul
letto della sua
stanza, la porta ben chiusa e gli appunti della lezione di quella
mattina, sparpagliati
per metà sul tavolo della scrivania e sul letto. Non
riusciva a studiare.
“Oh, ma, dimmi tu se non è il mio figlio
ingrato” aveva sentito la voce
divertita di sua madre dall’altro lato della linea.
“Se non fossi una spina nel
fianco chiamerei più spesso” aveva ribattuto
Katsuki.
“E pensare che tra me e te, quella che ha devastato il fisico
da modella sei
stato tu a me” aveva risposto acida sua madre.
Katsuki l’aveva mandata al diavolo senza mezzi termini.
Sua madre aveva ridacchiato, “Mi mancavano questi
scambi coloriti,
moccioso” aveva ammesso candida, “Ma ti ho
messo al mondo e so che non mi
chiameresti mai solo per il piacere della mia compagnia, anche se mi
piacerebbe”
aveva ghignato sua madre.
“Ma se per poco non appendevi i festoni quando mi hanno
assegnato al
dormitorio” aveva replicato Katsuki senza mezzi-termine.
“Come sei drammatico moccioso”
aveva ripetuto sua madre, con una punta
di cattiveria.
Forse, qualcun altro avrebbe potuto trovare scandalosa la mancanza di
affetto
nel loro rapporto, ma non Katsuki. Lui adorava la sua mamma,
anche se
non l’avrebbe mai ammesso. Neanche sotto tortura.
“Be, comunque, vecchiaccia, esci ancora
con la signora Midoriya?” aveva
chiesto.
Doveva uscirci ancora, ovviamente.
Deku aveva detto di aver parlato con l’Arpia di lui.
“Con Inko? Certo! Ci vediamo quasi tutti i
giovedì” aveva cinguettato sua
madre con allegrezza, “E proprio un peccato che tu ed il
piccolo Izuku abbiate
smesso di frequentarvi, lui è proprio un bravo ragazzo.
Educatissimo” aveva
infierito sua madre – senza volerlo.
Katsuki aveva deglutito.
Si, già proprio un peccato del cazzo.
“Si, era per questo in realtà” aveva
confessato. Non avrebbe avuto senso
mentire, Mitsuki Bakugo possedeva i poteri telepatici delle
madri, che
avevano sempre impedito a Katsuki di potersi tenere un sbertuccio.
Alla veneranda età di sedici anni, Katsuki era ancora
convinto che sua madre
dovesse avere un secondo quirk mentale da far impallidire Killgrave[2].
Secondo suo padre era perché avevano lo stesso carattere e
spesso pensavano in
maniera piuttosto simile.
“Vuoi contattare il piccolo Izuku?”
aveva chiesto sua madre, con una
voce che sfumava in tono quasi vomitevole, quanto risultava stucchevole.
“Si, quel Nerd me lo ha chiesto … nel senso mi ha
chiesto l’autografo di un paio
dei miei professori. Il solito Nerd” aveva detto a
macchinetta.
“Oh, davvero?” aveva indagato
sua madre.
“Si, lo ho incontrato qualche giorno fa al
Centro-commerciale” aveva risposto
schivo lui.
“Inko non mi ha detto niente, strano no?”
aveva valutato Mituski, “Se
Izuku glielo avesse detto, me lo avrebbe detto, credo”
aveva aggiunto.
“Ma che cazzo te ne frega, Vecchiaccia,
dammi il numero di casa” aveva
ringhiato lui al telefono.
Forse sarebbe stato meglio quello personale di Izuko.
Così avrebbe potuto mandare un messaggio.
Neutrale.
Un: Ei Nerd di Merda, come va?
Anche se non voleva sapere come andava.
Ma Izuku aveva specificato a casa.
“Mi chiedo da chi tu lo abbia imparato un linguaggio
così, bestiaccia”
aveva risposto sua madre.
“Guardati allo specchio” era stata la pigra
risposta di Katsuki.
Otto cifre
lo separavano dalla casa di Izuku ed Inko Midoriya.
Doveva solo digitare le otto cifre e chiamare.
Facile.
Indolore.
Ma poi per dire cosa.
“C’è Deku l’Inutile?
Sono io Katsuki, l’incubo della sua infanzia, che lo
chiama per dare degli autografi che non ha raccolto, perché
con il cazzo che
chiede ad Aizawa un autografo”
Col cazzo, proprio.
Perché si era fatto dare il numero?
Era stata un’idea di merda.
Quella vecchiaccia dalla bocca larga di sua madre, lo avrebbe
sicuramente
raccontato a quell’esagitata della madre di Deku e
così lo avrebbe saputo anche
il ragazzo in questione.
Katsuki poteva proprio figurarselo lì a ridacchiare mentre
raccontava alla sua
amica tutto zuccherini di come Katsuki Bakugo si fosse impegnato per
avere il
suo numero.
Sarebbe dovuto essere il contrario. Lui era il futuro eroe, mentre Deku
era
nulla, un ragazzino senza quirk assolutamente anonimo.
Però era Katsuki quello che aveva cercato il numero,
indottrinato dagli ordini
di Deku.
Che schifo la vita.
Non lo avrebbe chiamato.
Mai.
“Pronto,
chi è?” Katsuki
aveva riconosciuto immediatamente la voce fresca ed
anche un po’ in falsetto della madre di Deku, se la ricordava
una donnetta
bassina dal viso tondo e liscio. Chi sa se era cambiata.
Era rimasto in silenzio.
“Casa Midoriya?” aveva chiesto poi, sicuro di se.
Perché era il fottuto Katsuki Bakugo.
Era stato rapito dalla lega ed aveva mandato a fanculo Shigaraki Tomura
guardandolo negli occhi. Non si sarebbe piegato neanche allo sguardo da
Cerbiatto di Deku ed il suo sorriso accondiscendente di merda.
“Si” aveva risposto Inko
Midoriya.
“Cercavo De-Izuku” aveva detto,
sforzandosi di pronunciare il nome in
modo corretto, per non tradirsi. Anche se suonava maledettamente male
Izuku
sulla sua lingua.
“Oh! Izuku non c’è, caro”
aveva risposto la signora Midoriya, “È
mercoledì” aveva aggiunto la donna, come
se la costatazione di tale giorno
avesse dovuto avere un significato per Katsuki.
“Non importa” aveva sibillato Katsuki.
Era il destino.
Lui e Deku di merda non avevano niente da spartire, non lo avevano mai
avuto in
realtà – nonostante Izuku, da bambino, non lo
avesse capito, di rimando poi da
adolescente l’aveva capito benissimo – e
probabilmente mai, mai, lo avrebbero
avuto.
“Se è urgente posso darti il suo numero”
aveva proposto la donna.
“No, non lo è. Non è importante, non
dovevo chiamare” a Katsuki sarebbe
piaciuto ammettere che lo aveva detto con un tono neutro, ma in
realtà la sua
voce era stata alterata, satura dell’insoddisfazione che
sentiva montargli.
Neanche una settimana prima Izuku Midoriya era un nome a malapena
esistente
nella sua testa, relegato infondo, nella categoria persone
assolutamente
anonime che avevano fatto parte della sua vita un tempo. Ed in quel
momento
sembrava più pesante di Capelli-di-Merda al massimo
dell’indurimento.
Che schifo.
Doveva ancora uccidere Pikachù. Era colpa sua,
d’altronde.
La signora Midoriya aveva avuto un lungo momento di incertezza,
“Sei … sei
Yoshi?” aveva chiesto, titubante.
Katsuki aveva chiuso la chiamata.
Poi era esploso anche il telefono.
Aveva perso il controllo del quirk.
Aveva.Perso.Il.Controllo.Del.Quirk.
Deku di merda.
Tutta colpa sua.
Deku di merda.
Aizawa lo
stava guardando, con lo sguardo da triglia, sì, ma lo stava
guardando, come se
Katsuki fosse l’unico presente, cazzo. E non in mezzo ad una
classe da una
ventina di persone.
Sollevava di tanto in talo lo sguardo ansioso dal suo compito, per
vedere se il
professore avesse cambiato soggetto – tipo quel debosciato di
Mineta che per
poco non si rovesciava dalla sedia nel tentativo di spiare verso
Yorozoku, non
sapeva se per spiare il compito o nella scollatura della camicetta.
Ma no.
Aizawa fissava lui.
E Katsuki lo fissava di rimando.
Poi aveva abbassato lo sguardo sul compito cercando di arrivare ad un
punto.
Aveva studiato. Dopo la chiamata con sua madre e la signora Midoriya
quel
mercoledì non aveva studiato un cazzo, si, ma il
giovedì dopo lo aveva passato
praticamente sulla sedia della sua stanza concentratissimo per
l’esame.
Non si era manco allenato, nonostante lo avesse promesso a Kirishima.
Nonostante anche la fottuta-Elsa fosse venuto a disturbarlo per
chiedergli di
farlo, che aveva prenotato la palestra per un’oretta.
Era in una situazione di merda per dover rinunciare a darle a
mezzo-e-mezzo.
Era sopravvissuto solo perché Jirou e Ashido – con
un sorriso tutto furbetto e
gli occhi da procione scintillante che gridavano ‘Io
so, Bakugo Katsuki, io so’
– erano venuto ad importunarlo portandoli il cibo. Quel turno
in cucina era
stato di faccia-tonda e Quattro-occhi, troppo impegnati a tubare per
provare a
cucinare qualcosa di vagamente mangiabile.
Aveva ancora in bocca il sapore del riso più duro che avesse
mangiato.
Quando era suonata la campanella, avevano tirato via tutte le penne dal
foglio,
sollevando le mani in segno di resa, nel caso di Sero il foglio era
venuto su
con loro.
Aizawa aveva incaricato Ilda di recuperare i fogli, cosa che il
rappresentate
di classe era stato celere e felice di fare.
Katsuki al cambio dell’ora si era fiondato fuori dalla porta
senza aspettare
nessuno o rischiare che Aizawa decidesse di parlargli.
Perché sarebbe stato imbarazzante. Oltre modo.
Nel farlo aveva anche investito in pieno il Copycat della classe B,
poco male,
era uno spreco di spazio anche lui.
Lo erano tutti.
“Katsuki!” la voce di Mina lo aveva raggiunto
comunque, scivolando sulle sue
stesse scarpe e su uno strato oleoso la ragazza lo aveva raggiunto.
“Che cazzo vuoi?” aveva ringhiato lui.
Mina sorrideva.
“Chiederti un favore grande come una casa” aveva
languito lei.
“Col cazzo” aveva replicato Katsuki, lapidario.
“Dai, è per una buona causa” aveva
insistito lei, “Cosa da veri eroi”.
Katsuki aveva assottigliato lo sguardo, “Domenica, i ragazzi
del N.E.I.Q.A.D.
organizzano un Sit-In in centro e sarebbe bello parteciparci”
aveva ammesso
lei.
“Il cosa?” aveva domandato confuso Bakugo.
“Il NEIQUAD: Non È Il Quirk A Definirci.
L’associazione di cui fa parte
Kamnimugen Mochi, la ragazza che ha tampinato Kaminari al
centro-commerciale”
aveva spiegato subito Mina.
“Sai, poi lo ho aggiunta su Nowgram[3]
ed abbiamo cominciato a
parlottare” aveva aggiunto didascalica Occhi-da-procione,
“E mi ha chiesto di
venire al Sit-In e di portare qualche compagno di classe. Credo pensi
che la
presenza di ragazzi della U.A. possa portare buona
pubblicità …” ma Katsuki
aveva smesso di ascoltare Ashido.
NEIQUAD.
Deku.
Il quirkless Deku.
Amico di Mochi.
Che sicuramente sarebbe stato al sittin.
“Dai, dai, Bakugo” aveva languido quella.
“Si, basta che non mi rompi più le
palle” aveva ceduto Katsuki, forse con
troppa arrendevolezza.
Mina Ashido aveva sorriso, in una maniera troppo furbetta.
“Bene, ora è solo necessario convincere i
professori a darci la libera uscita”
aveva detto, battendo il pugno sulla mano aperta.
Ah, prima dovevano convincere lui?
“Chiediamo ad All Might” aveva proposto lui.
Come minimo il professor sarebbe voluto venire con loro, conoscendolo.
[1]
So che
Jirou e Kaminari sono tipo
una Signora Ship nel fandom, per me sono abbastanza neutri, se ci sono
OK, se
non ci sono Ok (In vero Kaminari lo shippo con un altro personaggio,
che
potrebbe apparire o non apparire). Nel canone di questa storia Jirou ha
una
cotta e Kaminari è un po’ farfalloso.
[2]
Cosa
che mi mandano ai gangheri:
inventare i soprannomi che Bakugo da alla gente. Sul serio, sono I N C
A P A C
E. Comunque con Killgrave (L’Uomo Porpora della Marvel) si fa
riferimento a
Shinsuo. Metà dei soprannomi vengono dal WEB confesso.
[3]
La versione
farlocca di Istagram.