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Autore: RLandH    10/08/2020    1 recensioni
[Katsudeku]
Izuku non è mai divenuto erede di All Might ed ha dovuto far fronte ad un mondo che gli ha negato il suo unico sogno.
Katsuki, d'altra parte, è entrato all'U.A. ed ha 'preso in pieno' la dura realtà.
L'incontro, ad un anno, dall'ultima volta che si sono visti, riapre qualche vecchia ferita - e parecchi sentimenti inespressi.
Dal testo:
“Ma invece dimmi di te” aveva ripreso Deku, dopo il lungo e logorante silenzio, “E dell’U.A., è bella come l’avevamo immaginata?” aveva chiesto con un tono un po’ più timido, tirando giù gli occhioni grandi.
Katuski aveva avuto una stretta al cuore.
Quel plurale nelle parole di Deku faceva schifo, dipingeva un quadro del cazzo in cui lui e Deku erano pappa e ciccia e sognavano la stessa cosa, radiosi. Ma era stato così forse a quattro anni, massimo cinque. Poi Deku era risultato inutile e si era attaccato come una cozza al loro sogno, quando Katsuki ne era l’unico degno.
Stronzate, realizzava dopo un anno all’U.A., ma a Deku non lo avrebbe mai detto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sapete cosa odio? Scrivere dal punto di vista di Katsuki. Sul serio, ogni volta dramallama.
Comunque: Ben Tornati!
Questo capitolo è stato riscritto più e più volte, perché non avevo idea come rendere l’evento clou, in vero come far relazionare Bakugo al resto del mondo. E probabilmente ho fallito.
Rispetto al capitolo precedente, questo è un po’ più sincopato, per ‘ragioni’.
Vorrei ringraziare chiunque sia qui, chi ha letto, chi ha inserito la storia nelle seguite e little_psycho per la recensione (un grazie di cuore).
Bene, concluse le premesse inutili:
Buona Lettura.

 

Anche Occhi-da-Procione vuole la sua parte

 

Katsuki era rientrato in camera sua facendo molta, molta, attenzione, perché nessuno dei suoi compagni si accorgesse di lui, mentre sgattaiolava per il salotto del dormitorio.
Era certo che Faccia-Tonda si fosse accorta di lui, ma aveva continuato a parlare con la Ragazza-rana e Cuffiette. Erano parse tutte e tre molto agitate, in vero, Jirou gli era sembrata anche molto seccata e frustrata. Non che a Katsuki importasse qualcosa, le aveva guardate di sbieco, prima di salire di fretta per le scale, cercando di evitare i suoi compagni.
Aveva quasi incrociato Sero e Mineta per i corridoi, ma era riuscito ad evitarli.
Certo, Sero doveva morire, ma il giorno dopo.
Con calma.
In quel momento Katsuki voleva solo seppellirsi sotto le coperte e dormire.
Dormire per ore.
Chiedendosi come quella giornata fosse finita in quella maniera … e perché fosse successo.
Il mattino era Katsuki Bakugo, studente dell’U.A., aspirante – e sicuramente futuro – eroe e causa del ritiro della Speranza dell’Umanità, mentre quella sera era un disastro.
Fottuto Pikachu. Era colpa sua.
E di quel Nerd di Deku-di-Merda, con gli occhioni da cerbiatto troppo verdi e quel sorriso così accondiscendente ed il suo appuntamento.
Katsuki pensava avesse un impegno.
Non un appuntamento.
Uno vero e proprio.
Con qualcuno.
In un posto … per cena.
Dio, Kami, chi-pareva. Deku, L’Inutile, lo aveva scaricato.
Non doveva stupirsi, no, non era mai stato degno per Deku, sempre così certo della sua cieca superiorità.
Il primo a morire sarebbe stato Kaminari, per il suo debole per le belle donne.
E poi Capelli-di-merda ed il suo ‘Non sarebbe virile’.
O Katsuki avrebbe fatto vedere a Kirishima quanto poteva essere virile.
Anche con la pelle dura come l’amianto, lo avrebbe preso a pugni esplosivi in faccia.
Poi sarebbe stato il turno di Sero ed Ashido, per essere stati complici di tale stronzata.

Era entrato di fretta, chiudendo immediatamente la porta della camera, giusto prima di sentire la voce del suo presunto migliore amico.
“Era Baku-Bro? È Tornato?” aveva sentito chiaramente dire Kirishima.
“Io non lo ho visto!” aveva risposto Faccia-Scotchata, onesto.
“Si, è tornato, l’ho visto io, ma lui non mi ha visto!” aveva sentito la voce di Hakagure, tutta allegra.
Fottuta donna invisibile!
“Aspetta, non ti vediamo neanch… non indoss …” aveva cominciato a dire Sero, l’attimo prima che Hakagure cominciasse a strillare ingiurie contro Mineta e la situazione divenisse troppo caotica in corridoio.
Però alla porta avevano bussato lo stesso.
“Ei, Baku-Bro, abbiamo preso la pizza, vieni a mangiarla?” aveva chiesto Kirishima.
Katsuki era certo di vederlo sorridere da dietro la porta.
“Non ho fame” aveva detto secco lui.
“Non è andata bene l’uscita?” aveva indagato Kirishima, con un tono leggermente preoccupato.
“Non rompermi il cazzo” era stata la pratica risposta di Katsuki.
Capelli-di-merda si era stato zitto.
“Domani mattina ci alleniamo prima delle lezioni” aveva stabilito poi Katsuki, “Ti voglio spaccare la faccia” aveva detto, forse con meno rabbia di quanto avesse voluto, dando la schiena alla porta.
“Va bene, Baku-Bro” aveva risposto Kirishima, con un tono dolce, “Se ti va la pizza, siamo da Denki” gli aveva ricordato.
Katsuki non lo stava ascoltando.
Era troppo preso da Occhi-da-Procione.
“Che.Cazzo.Stai.Facendo?” aveva chiesto con un ringhio.
Ashido Mina era stesa sul suo letto, con le gambe incrociate, che sfogliava tutta tranquilla una rivista sportiva. “Oh, ti aspettavo!” aveva risposto lei con assoluta calma, chiudendo la rivista e riponendola con cura sul comodino.
“Nella.Mia.Stanza”  aveva replicato Katsuki, lapidario.
“Eh, sì, altrimenti non ti avrei beccato fresco-fresco” aveva detto esuberante Mina, “E voglio che tu sappia che per avere questa conversazione con te, io sto perdendo la pizza e Jirou che diffama Kaminari per la piccola questione di oggi, ormai nota, a tutti” aveva raccontato, mettendosi seduta.
Katsuki era divenuto bianco.
Lui.
Deku.
Questione nota.
“Tranquillo Bakugo, parlavo di Kaminari che diventa scemo peggio di quando si allena appena vede una bella ragazza[1]” aveva chiarito immediatamente occhi da procione, con un sorriso genuino.
Cuore rimesso nei suoi ranghi.
“Fuori dalla mia stanza” aveva impartito Katsuki, sentendo le dita cominciare a pizzicare, esplosive.
“Dopo la fatica che ho fatto per entrare?” aveva chiesto sfacciata lei.
Ah sì giusto, come era entrata?
Non importa, sarebbe morta portandosi quel segreto nella tomba.
“Fuori” aveva ripetuto Katsuki.
“No, si vede che hai bisogno di parlare. O non eviteresti di parlare” aveva spiegato Mina, ineccepibile, “Sei uno che i tuoi sentimenti li sbandiera sempre ai quattro venti” aveva aggiunto, “Anche se spesso finisci solo ad urlare quanto sei incazzato” aveva aggiunto.
“Non c’è un cazzo di cui parlare. Non è successo un cazzo. Non vale un cazzo. Deku-di-Merda non conta un cazzo. Ed ora fuori dalla mia cazzo di stanza” forse urlava, ma per i canoni di Katsuki, non ci era neanche vicino all’urlo.
Mina aveva sollevato un sopracciglio rosa.
Pure, lei, rosa, ovviamente.
Il rosa era il male evidentemente, il catalizzatore di tutti i suoi mali.
“Quindi ti posso chiamare anche io Kacchan?” aveva chiesto, sfacciatissima, con un sorriso, che Katsuki avrebbe osato definire: sadico.
VAFFANCULO OCCHI-DA-PROCIONE, FUORI DI QUI!”
Si, quello era più nelle sue corde.

 

Bakugo Katsuki era incazzato.
Era incazzato perché Mina continuava a molestarlo, con i suoi sorrisetti divertiti e gli occhi smaliziati – ed il terrore palpabile di Katsuki che lo chiamasse ancora ‘Kacchan’.
Era incazzato perché nell’allenamento di prima mattina non era riuscito a fare un decimo del male che voleva a Kirishima, che invece lo aveva riaccompagnato a lezione con un sorriso bello pieno sulle labbra.
Era incazzato perché Kaminari respirava, ancora.
Ed ovviamente perché aveva rincontrato Deku.
E Deku aveva avuto un appuntamento.
Chi, cazzo, voleva uscire con un nerd-di-merda come Deku?
Neanche Katsuki voleva uscire con lui.
Ovviamente.
Circa.
Era solo che Deku era la sua palla al piede, che lo aveva inseguito per anni, attaccato ai suoi calcagni come una sanguisuga con i suoi continui.
Kacchan-di-qui! Kacchan-di-qua!” e poi kaput, lo pianta a metà per un appuntamento.
Non sapeva manco perché gli desse così fastidio.
Avrebbe voluto chiamare Deku.
Non lo sapeva perché, anche solo per urlargli in faccia, perché in mezzo pomeriggio aveva incasinato tutta la sua mente
Poi gli doveva degli autografi, si, Katsuki doveva a Deku degli autografi, lo doveva chiamare per quello e per nient’altro.
Ovviamente.
Aveva dato la sua parola.

“Sei poco concentrato giovane Bakugo, in questi giorni” aveva notato All Might.
Chiaramente fra tutti lui.
Notava sempre i comportamenti dello studente che gli aveva rovinato la vita.
“No, si, forse” aveva borbottato lui.
Cosa doveva dire? Niente.
Non lo sapeva.
“C’è qualcosa che ti preoccupa, ragazzo?” aveva chiesto bonario.
La mia seccatura mi preoccupa.
L’inutile Deku mi preoccupa
.
Avrebbe voluto urlare Katsuki, ma avrebbe conservato un frammento della sua dignità.
Ci si sarebbe aggrappato con le unghia e con i denti.
Perché non aveva senso.
Deku era Deku l’Inutile.
Era una zecca che si era attaccata parassitaria alla vita di Katsuki e che fino a qualche giorno prima aveva svolto un ruolo a malapena di comparsa.
Qualcuno di sfocato, sullo sfondo, qualcuno a cui, Katsuki in età adulta avrebbe ripensato che freddezza neutrale, “Ah, sì, mi ricordo, c’era quell’Extra-lì e quel nerd di Deku”.
Non aveva senso.
“No, signore, tutto a posto” aveva mentito, freddo, implacabile.
Ma dallo sguardo sul viso di All Might, la sua menzogna doveva esser risultata fiacca.

 

“Cavoli Baku-bro, oggi sei stato durissimo” si stava lamentando Capelli-di-merda, mentre continuava a far roteare il suo polso, la pelle rimaneva dura in quel punto e crepata.
“Di cosa, cazzo, stai parlando? Mi hai detto tu di andarci duro” aveva replicato Katsuki, irritato. “Si, lo so, lo so” aveva risposto l’altro.
“Ma come, Bakugo è stato troppo virile?” aveva domandato Sero, inserendosi nella loro conversazione, mentre gli affiancava per la strada per gli spogliatoi.
“Non si è mai troppo virili, specie Baku-Bro” lo aveva difeso a spada tratta Kirishima, prima di sorridere a tutto denti.
“Non ho tempo di ascoltare le vostre cazzate” aveva replicato solamente Katsuki.
“Mi sbaglio o di recente, Bakugo è più suscettibile del solito?” aveva chiesto il Signor-Scotch senza mezzi peli, “Si, da quando siamo andati al centro commerciale ed ha incontrato quel suo amico” aveva dichiarato Kirishima, grattandosi sotto il mento.
Katsuki si era voltato verso di loro, con gli occhi fiammeggianti, “Deku di merda non è mio amico” aveva ringhiato, “Non ho amici e non ho bisogno” aveva aggiunto, roccioso, entrando nello spogliatoio e facendo sbattere la porta.
Per la forza che ci aveva messo, aveva fatto vibrare gli infissi e messo sugli attenti Ojiro, che era il più vicino. Lo aveva guardato stranito, “Qualche cazzata da dire anche tu?” aveva ringhiato, ottenendo nulla più che un’alzata di spalle.
“Fanculo a tutti” aveva ringhiato Katsuki, guardando come i suoi compagni di classe non stessero facendo altro che guardarlo.
Katsuki non aveva mai avuto bisogno di tutti quegli extra nella sua vita, non capiva come improvvisamente si fosse ritrovato tutte quelle persone intorno a lui.
Lui era Katsuki Bakugo. Non aveva bisogno di nessuno.
Iida Tenya con il suo fare composto ed inquadrato, come se una mazza fosse stata infilata nel suo sfintere, si era avvicinato a lui.
Da perfetto rappresentate di classe.
“Bakugo, c’è qualcosa di cui vorresti parlare? Un problema che ti angustia? Come Rappresentante degli Studenti sarei fav…” aveva provato a parlare Tenya, ma Katsuki, gli aveva parlato sopra impunemente: “Non.Ho.Nessun.Cazzo.Di.Problema. Quattro-Occhi” aveva ringhiato.

 

“Ei Vecchiaccia” aveva detto Katsuki, con il telefono all’orecchio, seduto sul letto della sua stanza, la porta ben chiusa e gli appunti della lezione di quella mattina, sparpagliati per metà sul tavolo della scrivania e sul letto. Non riusciva a studiare.
Oh, ma, dimmi tu se non è il mio figlio ingrato” aveva sentito la voce divertita di sua madre dall’altro lato della linea. “Se non fossi una spina nel fianco chiamerei più spesso” aveva ribattuto Katsuki.
“E pensare che tra me e te, quella che ha devastato il fisico da modella sei stato tu a me” aveva risposto acida sua madre.
Katsuki l’aveva mandata al diavolo senza mezzi termini.
Sua madre aveva ridacchiato, “Mi mancavano questi scambi coloriti, moccioso” aveva ammesso candida, “Ma ti ho messo al mondo e so che non mi chiameresti mai solo per il piacere della mia compagnia, anche se mi piacerebbe” aveva ghignato sua madre.
“Ma se per poco non appendevi i festoni quando mi hanno assegnato al dormitorio” aveva replicato Katsuki senza mezzi-termine.
Come sei drammatico moccioso” aveva ripetuto sua madre, con una punta di cattiveria.
Forse, qualcun altro avrebbe potuto trovare scandalosa la mancanza di affetto nel loro rapporto, ma non Katsuki. Lui adorava la sua mamma, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Neanche sotto tortura.
“Be, comunque, vecchiaccia, esci ancora con la signora Midoriya?” aveva chiesto.
Doveva uscirci ancora, ovviamente.
Deku aveva detto di aver parlato con l’Arpia di lui.
Con Inko? Certo! Ci vediamo quasi tutti i giovedì” aveva cinguettato sua madre con allegrezza, “E proprio un peccato che tu ed il piccolo Izuku abbiate smesso di frequentarvi, lui è proprio un bravo ragazzo. Educatissimo” aveva infierito sua madre – senza volerlo.
Katsuki aveva deglutito.
Si, già proprio un peccato del cazzo.
“Si, era per questo in realtà” aveva confessato. Non avrebbe avuto senso mentire, Mitsuki Bakugo possedeva i poteri telepatici delle madri, che avevano sempre impedito a Katsuki di potersi tenere un sbertuccio.
Alla veneranda età di sedici anni, Katsuki era ancora convinto che sua madre dovesse avere un secondo quirk mentale da far impallidire Killgrave[2].
Secondo suo padre era perché avevano lo stesso carattere e spesso pensavano in maniera piuttosto simile.
Vuoi contattare il piccolo Izuku?” aveva chiesto sua madre, con una voce che sfumava in tono quasi vomitevole, quanto risultava stucchevole.
“Si, quel Nerd me lo ha chiesto … nel senso mi ha chiesto l’autografo di un paio dei miei professori. Il solito Nerd” aveva detto a macchinetta.
Oh, davvero?” aveva indagato sua madre.
“Si, lo ho incontrato qualche giorno fa al Centro-commerciale” aveva risposto schivo lui.
Inko non mi ha detto niente, strano no?” aveva valutato Mituski, “Se Izuku glielo avesse detto, me lo avrebbe detto, credo” aveva aggiunto.
“Ma che cazzo te ne frega, Vecchiaccia, dammi il numero di casa” aveva ringhiato lui al telefono.
Forse sarebbe stato meglio quello personale di Izuko.
Così avrebbe potuto mandare un messaggio.
Neutrale.
Un: Ei Nerd di Merda, come va?
Anche se non voleva sapere come andava.
Ma Izuku aveva specificato a casa.
Mi chiedo da chi tu lo abbia imparato un linguaggio così, bestiaccia” aveva risposto sua madre.
“Guardati allo specchio” era stata la pigra risposta di Katsuki.

Otto cifre lo separavano dalla casa di Izuku ed Inko Midoriya.
Doveva solo digitare le otto cifre e chiamare.
Facile.
Indolore.
Ma poi per dire cosa.
C’è Deku l’Inutile? Sono io Katsuki, l’incubo della sua infanzia, che lo chiama per dare degli autografi che non ha raccolto, perché con il cazzo che chiede ad Aizawa un autografo
Col cazzo, proprio.
Perché si era fatto dare il numero?
Era stata un’idea di merda.
Quella vecchiaccia dalla bocca larga di sua madre, lo avrebbe sicuramente raccontato a quell’esagitata della madre di Deku e così lo avrebbe saputo anche il ragazzo in questione.
Katsuki poteva proprio figurarselo lì a ridacchiare mentre raccontava alla sua amica tutto zuccherini di come Katsuki Bakugo si fosse impegnato per avere il suo numero.
Sarebbe dovuto essere il contrario. Lui era il futuro eroe, mentre Deku era nulla, un ragazzino senza quirk assolutamente anonimo.
Però era Katsuki quello che aveva cercato il numero, indottrinato dagli ordini di Deku.
Che schifo la vita.
Non lo avrebbe chiamato.
Mai.

 

Pronto, chi è?” Katsuki aveva riconosciuto immediatamente la voce fresca ed anche un po’ in falsetto della madre di Deku, se la ricordava una donnetta bassina dal viso tondo e liscio. Chi sa se era cambiata.
Era rimasto in silenzio.
“Casa Midoriya?” aveva chiesto poi, sicuro di se.
Perché era il fottuto Katsuki Bakugo.
Era stato rapito dalla lega ed aveva mandato a fanculo Shigaraki Tomura guardandolo negli occhi. Non si sarebbe piegato neanche allo sguardo da Cerbiatto di Deku ed il suo sorriso accondiscendente di merda.
Si” aveva risposto Inko Midoriya.
“Cercavo De-Izuku” aveva detto, sforzandosi di pronunciare il nome in modo corretto, per non tradirsi. Anche se suonava maledettamente male Izuku sulla sua lingua.
Oh! Izuku non c’è, caro” aveva risposto la signora Midoriya, “È mercoledì” aveva aggiunto la donna, come se la costatazione di tale giorno avesse dovuto avere un significato per Katsuki.
“Non importa” aveva sibillato Katsuki.
Era il destino.
Lui e Deku di merda non avevano niente da spartire, non lo avevano mai avuto in realtà – nonostante Izuku, da bambino, non lo avesse capito, di rimando poi da adolescente l’aveva capito benissimo – e probabilmente mai, mai, lo avrebbero avuto.
Se è urgente posso darti il suo numero” aveva proposto la donna.
“No, non lo è. Non è importante, non dovevo chiamare” a Katsuki sarebbe piaciuto ammettere che lo aveva detto con un tono neutro, ma in realtà la sua voce era stata alterata, satura dell’insoddisfazione che sentiva montargli.
Neanche una settimana prima Izuku Midoriya era un nome a malapena esistente nella sua testa, relegato infondo, nella categoria persone assolutamente anonime che avevano fatto parte della sua vita un tempo. Ed in quel momento sembrava più pesante di Capelli-di-Merda al massimo dell’indurimento.
Che schifo.
Doveva ancora uccidere Pikachù. Era colpa sua, d’altronde.
La signora Midoriya aveva avuto un lungo momento di incertezza, “Sei … sei Yoshi?” aveva chiesto, titubante.
Katsuki aveva chiuso la chiamata.
Poi era esploso anche il telefono.
Aveva perso il controllo del quirk.
Aveva.Perso.Il.Controllo.Del.Quirk.
Deku di merda.
Tutta colpa sua.
Deku di merda.

 

Aizawa lo stava guardando, con lo sguardo da triglia, sì, ma lo stava guardando, come se Katsuki fosse l’unico presente, cazzo. E non in mezzo ad una classe da una ventina di persone.
Sollevava di tanto in talo lo sguardo ansioso dal suo compito, per vedere se il professore avesse cambiato soggetto – tipo quel debosciato di Mineta che per poco non si rovesciava dalla sedia nel tentativo di spiare verso Yorozoku, non sapeva se per spiare il compito o nella scollatura della camicetta.
Ma no.
Aizawa fissava lui.
E Katsuki lo fissava di rimando.
Poi aveva abbassato lo sguardo sul compito cercando di arrivare ad un punto. Aveva studiato. Dopo la chiamata con sua madre e la signora Midoriya quel mercoledì non aveva studiato un cazzo, si, ma il giovedì dopo lo aveva passato praticamente sulla sedia della sua stanza concentratissimo per l’esame.
Non si era manco allenato, nonostante lo avesse promesso a Kirishima.
Nonostante anche la fottuta-Elsa fosse venuto a disturbarlo per chiedergli di farlo, che aveva prenotato la palestra per un’oretta.
Era in una situazione di merda per dover rinunciare a darle a mezzo-e-mezzo.
Era sopravvissuto solo perché Jirou e Ashido – con un sorriso tutto furbetto e gli occhi da procione scintillante che gridavano ‘Io so, Bakugo Katsuki, io so’ – erano venuto ad importunarlo portandoli il cibo. Quel turno in cucina era stato di faccia-tonda e Quattro-occhi, troppo impegnati a tubare per provare a cucinare qualcosa di vagamente mangiabile.
Aveva ancora in bocca il sapore del riso più duro che avesse mangiato.
Quando era suonata la campanella, avevano tirato via tutte le penne dal foglio, sollevando le mani in segno di resa, nel caso di Sero il foglio era venuto su con loro.
Aizawa aveva incaricato Ilda di recuperare i fogli, cosa che il rappresentate di classe era stato celere e felice di fare.
Katsuki al cambio dell’ora si era fiondato fuori dalla porta senza aspettare nessuno o rischiare che Aizawa decidesse di parlargli.
Perché sarebbe stato imbarazzante. Oltre modo.
Nel farlo aveva anche investito in pieno il Copycat della classe B, poco male, era uno spreco di spazio anche lui.
Lo erano tutti.
“Katsuki!” la voce di Mina lo aveva raggiunto comunque, scivolando sulle sue stesse scarpe e su uno strato oleoso la ragazza lo aveva raggiunto.
“Che cazzo vuoi?” aveva ringhiato lui.
Mina sorrideva.
“Chiederti un favore grande come una casa” aveva languito lei.
“Col cazzo” aveva replicato Katsuki, lapidario.
“Dai, è per una buona causa” aveva insistito lei, “Cosa da veri eroi”.
Katsuki aveva assottigliato lo sguardo, “Domenica, i ragazzi del N.E.I.Q.A.D. organizzano un Sit-In in centro e sarebbe bello parteciparci” aveva ammesso lei.
“Il cosa?” aveva domandato confuso Bakugo.
“Il NEIQUAD: Non È Il Quirk A Definirci. L’associazione di cui fa parte Kamnimugen Mochi, la ragazza che ha tampinato Kaminari al centro-commerciale” aveva spiegato subito Mina.
“Sai, poi lo ho aggiunta su Nowgram[3] ed abbiamo cominciato a parlottare” aveva aggiunto didascalica Occhi-da-procione, “E mi ha chiesto di venire al Sit-In e di portare qualche compagno di classe. Credo pensi che la presenza di ragazzi della U.A. possa portare buona pubblicità …” ma Katsuki aveva smesso di ascoltare Ashido.
NEIQUAD.
Deku.
Il quirkless Deku.
Amico di Mochi.
Che sicuramente sarebbe stato al sittin.
“Dai, dai, Bakugo” aveva languido quella.
“Si, basta che non mi rompi più le palle” aveva ceduto Katsuki, forse con troppa arrendevolezza.
Mina Ashido aveva sorriso, in una maniera troppo furbetta.
“Bene, ora è solo necessario convincere i professori a darci la libera uscita” aveva detto, battendo il pugno sulla mano aperta.
Ah, prima dovevano convincere lui?
“Chiediamo ad All Might” aveva proposto lui.
Come minimo il professor sarebbe voluto venire con loro, conoscendolo.


 

 



[1] So che Jirou e Kaminari sono tipo una Signora Ship nel fandom, per me sono abbastanza neutri, se ci sono OK, se non ci sono Ok (In vero Kaminari lo shippo con un altro personaggio, che potrebbe apparire o non apparire). Nel canone di questa storia Jirou ha una cotta e Kaminari è un po’ farfalloso.

[2] Cosa che mi mandano ai gangheri: inventare i soprannomi che Bakugo da alla gente. Sul serio, sono I N C A P A C E. Comunque con Killgrave (L’Uomo Porpora della Marvel) si fa riferimento a Shinsuo. Metà dei soprannomi vengono dal WEB confesso.

 

[3] La versione farlocca di Istagram.

   
 
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