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Autore: justasimplename    12/08/2020    2 recensioni
Allegra è innamorata da tutta la vita di Brando, il ragazzo silenzioso ed un po' asociale che abita nel palazzo davanti al suo. Quando sembra metterci definitivamente una pietra sopra, il destino la sorprende, perché quando meno ce lo aspettiamo, arriva qualcosa di unico ed inatteso.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 3

 

Senza bicicletta

 


Da due giorni a questa parte non parlo con Brando. È il tempo più lungo che abbiamo fatto passare senza vederci o sentirci. O meglio “ho” fatto passare. Sono seduta sul mio balcone, che grazie al cielo affaccia dall’altra parte della strada e non davanti casa di Brando. A breve mi raggiungeranno le mie amiche per guardare un po’ di film insieme. Ho passato le ultime quarantotto ore a chiedermi come agire. Chiamarlo? Fare finta di niente? Di certo non posso buttare all’aria anni ed anni di amicizia solo perché lui non è pronto per una relazione.
Ho anche chiamato Rocco con una scusa stupidissima, pur di sapere che cosa stesse facendo Brando.
«Ciao, Rocco. Come stai? Sono Allegra.»
«Lo so chi sei, me lo dice lo schermo del mio telefono.» Al che ho fatto passare qualche secondo prima di dire: «Allora, che dici? Stai studiando?»
«Sono nel bel mezzo di una partita online, cara, vai al sodo.»
«Ah, sì…» Anche Brando è appassionato di giochi al computer. Qualche anno fa ne ho comprato uno, tanto per capire cosa vi trovasse di così avvincente. Ora io e mamma lo usiamo come poggia-telecomando davanti alla televisione.
«Sai, ti chiamavo per dirti di Emilia…» Come se avessi nominato Dio sceso in terra, ha subito cambiato tono, apparendo molto interessato alla vicenda: «Che dice? Non ci siamo visti questo fine settimana.»
«Già, esatto, proprio per questo, VOI avete programmi?» Domando, calcando il più possibile il “voi” ed appiccicando il telefono all’orecchio come se in tal modo la risposta potesse arrivare più velocemente.
«Bra’ sta montando dei mobili a casa, ma io ci sono per qualsiasi uscita. Quando pensavate di vederci?»
«Ah, non so, tu che dici? Quando potremmo esserci TUTTI?»
«Non so, martedì?»
Martedì pomeriggio Brando gioca a calcetto con i ragazzi dell’oratorio, come può propormi proprio martedì? È evidente che il ragazzo capisca poco, ancora meno quando gioca al pc.
«Ma martedì non saremmo TUTTI.» Insisto, camminando nervosamente per la stanza. Mugugna qualcosa e poi grida: «Gattuso!»
«Cosa? Gatto?»
«No! Mi ha appena rubato palla! Bra’, fai qualcosa!» Urla concitatamente.
«Stai giocando con Brando?» Chiedo, prima di aggiungere «Rispondi solo sì o no.»
«Cavolo, Alle’, di solito sei strana, ma oggi non sembri in te… Comunque sì, sto giocando con…»
«Stai zitto!» E riattacco velocemente il telefono.
Altri momenti di grande imbarazzo sono sorti quando ho incontrato la mamma di Brando per strada. Stava tornando con le buste della spessa e sebbene avessi intenzione di correre nel portone ed evitare ogni scontro con lui, mi sono offerta almeno di portare due buste fino al parcheggio. La signora Yu è una donna simpaticissima. Viene da Shangai, è alla mano e parla un italiano molto divertente. Tra l’altro, pensa che io sarei la donna perfetta per suo figlio e l’amore di una suocera è la cosa più importante. Mentre ci avvicinavamo al palazzo e le rispondevo distrattamente riguardo la scuola ed il lavoro di mamma, ho visto spuntare Brando davanti a me. In quel momento, senza neanche dire una parola, ho gettato a terra le buste e me ne sono corsa via, sotto gli occhi sconvolti della signora Yu e quelli indifferenti di Brando.
«Eccoci qui!» Esclama Giordana, entrando sul balcone. Mamma deve averle fatte entrare.
«Ciao. Sbrigatevi, sedetevi, ho delle novità.»
Racconto tutto nei minimi dettagli, tutti i momenti in cui ci siamo quasi incrociati e la chiamata con Rocco.
«Tesoro, ti aspettavi davvero che Rocco percepisse qualcosa?»
«Hai sbagliato tutto!» Mi rimprovera Giordana «Dovevi baciarlo con passione sul terrazzo, sarebbe stato romanticissimo!»
«Ma che dici? Le ha praticamente detto che non la vuole!» Esclama in risposta Emilia, indignata.
«Non so che fare… non so che dire!»
«Fatti desiderare! Ti organizzo un’uscita con mio cugino!»
«NO!» Gridiamo in coro io ed Emilia. Il cugino di Giordana, Sasha, è un ragazzo russo che ci ha presentato l’anno scorso. Richiamato dal sangue russo, mi ha chiesto di uscire e siamo andati al cinema due volte, ma dopo la seconda volta ho deciso di scappare dalla sala, scrivendogli un “scusa, mi sono sentita male!” perché non faceva altro che scaccolarsi. Questo piccolo dettaglio è rimasto sconosciuto a Giordana, che continua a chiedersi come mai io ed il suo fidatissimo ed amoroso cugino non siamo una coppia fissa.
Emilia cercò di svagare: «Non mi pare il caso. Brando non è tipo da ingelosirsi!»
«Esatto!» La appoggio io.
«Ma cosa dite? Avete visto al bar? Era nero dalla gelosia!»
«Beh, penso che sia ora di presentarle mio cugino, non possiamo mica sempre usare il tuo come pupazzetto.» Dice Emilia, anche se spero ironicamente. La ringrazio con un’occhiata e passiamo finalmente al film. Mentre lo guardiamo, mamma fa avanti ed indietro per il salone, mentre parla agitatamente al telefono.
«Mamma, ti sposteresti?»
Mentre ci distraiamo tutte dal film, i miei occhi si posano verso la finestra del soggiorno, quella stessa finestra che dà sul palazzo di Brando, chiedendomi dal profondo del cuore se anche lui, in questo preciso istante, mi stia dedicando almeno un pensiero.
 

È lunedì e la ruota della mia bicicletta è più bucata del cervello di Rocco. Sono uscita anche mezz’ora prima di casa per evitare di incontrare il signor Apatico e mi ritrovo a combattere alla velocità della luce con una bicicletta che è durata anni ed anni e che proprio oggi deve necessariamente abbandonarmi. Provo anche a chiamare mamma, che oggi va a lavorare più tardi, ma evidentemente sta ancora dormendo. Alla fine decido di incamminarmi. Una qualsiasi persona normale avrebbe scelto la via più semplice e diretta, ma non sono mai stata molto normale. Allora decido di prendere la via lunga. Non posso permettermi di incontrare Brando e mostrargli la mia debolezza: non so gonfiare una gomma della bici, perché ogni volta ci ha sempre pensato lui e mentre me lo spiegava con grande accortezza, io lo guardavo e pensavo “Quanto sei carino, esci con me?”
Arrivo a scuola in ritardo, la professoressa si arrabbia perché il giorno in cui ha la prima ora arrivo sempre molto dopo la campanella. Il martedì di solito incontro Giordana ed Emilia al bar per una ciambella, ma questa mattina sono rimasta senza bici, senza ciambella e senza dignità. Durante la ricreazione, la rappresentante di classe si avvicina per chiedermi se voglio partecipare alla recita di fine anno, il gruppo di teatro è a corto di comparse ed hanno bisogno di una mano con i costumi ed il trucco.
«Non sono brava a truccare in realtà» Tento di lavarmi le mani, ma Eloisa insiste: «Non devi per forza truccare, ci sono molte altre cose da preparare. Davvero, mi fa piacere che tu ci sia, mi ricordo ancora quanto bene recitavi qualche anno fa!»
Le opzioni sono due: forse ricorda qualcun altro oppure sta solo cercando di tirarmi dentro questa sciocca iniziativa che ho abbandonato per via dello studio. Mamma è regista, adora la recitazione in tutte le salse, perciò ho sempre recitato, ma nelle recite scolastiche mi sono sempre limitata a qualche ruolo marginale o poco importante, perché sono timida a livelli incredibili, e sicuramente non posso essere quella talentosa giovane che Eloisa ricorda. Alla fine cedo, ma me ne pento subito dopo. Nel corso di teatro ci sono almeno quattro dei miei fastidiosissimi compagni di classe, che, appena si accorgono della mia partecipazione, mi sorridono calorosamente, anche se so per certo che non si ricordano neanche il mio nome.
Dopo scuola mi incammino verso casa di nonna, un bell’appartamento all’ultimo piano di un palazzetto vicino al Tevere. Cammino proprio affiancando le acque verdognole che scorrono rapidamente e mi stringo nel cappotto per il freddo. All’improvviso, quello che è sempre stato uno dei miei sogni più ambiti si fa realtà. Sento il campanello di una bicicletta farsi vivo e mi giro. Brando frena subito ed è dietro di me, sembra quasi affannato.
«Hai corso fino a qui per parlarmi?» Gli chiedo speranzosa, con un sorriso così ampio. Non ne posso farne a meno. Me lo trovo davanti così, bello come il sole e sudato come un giocatore di calcio dopo aver corso per novanta minuti.
Aspetta qualche secondo per rispondere e poi asserisce: «Certo che no. Torni a casa?»
«Sto andando da nonna» Dico dondolandomi come un personaggio dei cartoni animati. Deve essere il freddo o la situazione imbarazzante che sto vivendo, o tutte e due insieme.
«Capito. Come mai non sei in bicicletta?»
Ho qualche secondo per inventarmi qualche scusa e fare la solita bugiarda patologica che non cambia mai, oppure dire la pura verità, ammettere la mia ignoranza e sottolineare come io non sappia fare niente senza di lui.
«Oggi serviva a mia madre» Annuisco più a me che a lui, portandomi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Rimane in silenzio, ma nel suo sguardo riconosco la consapevolezza delle mie sporche balle.
«Salta su, ti do un passaggio» Mi dice, facendosi poco avanti con la bicicletta «Dai.»
«Ma no, non ce n’è bisogno, sono vicinissima comunque e poi mi piace camminare.»
«L’ultima volta che ti ho vista camminare è stata.. Quando? Nel 2012?» Domanda con tono neutro e pacato.
«No! Cammino spessissimo!»
«Non si vede.» Mi provoca, questo è evidente. Mi lancia un’occhiata seria ed alza le sopracciglia.
«Va bene, forse ho preso qualche chilo, non per questo sono fuori forma!» Mi metto sulla difensiva, portando le mani ai fianchi come una bambina capricciosa. Lo ammetto, sto dando il peggio di me.
Mi guarda qualche secondo e poi ripete: «Dai, sali.»
Non me lo faccio ripetere due volte. Mi siedo dietro di lui, sperando che i chili di troppo non facciano sbilanciare troppo la bicicletta. Inizia a pedalare con difficoltà all’inizio, poi inizia a sfrecciare per le vie romane, tutto piegato sulla bici ed intento a correre così rapidamente da sfidare il vento. Mi reggo al sellino impacciata ed esclamo in modo che mi senta: «Quest’aria è freddissima!»
Lo sento ridere a bassa voce, poi alzarla e dire: «Reggiti a me, Allegra!»
E così lo stringo, imbarazzata dal contatto con il suo corpo. E questi addominali quando sono nati? Ricordo che quando siamo andati al mare quest’estate aveva un briciolo di adorabile pancetta che mi faceva sentire ancora la sua normalità. Quella pancetta sembra svanita… Mi appoggio di più a lui ed il suo profumo mi inebria completamente. Sorrido sulla sua schiena, mentre lui si raddrizza un po’ per darmi la comodità necessaria a farlo. Chissà se anche a lui questo contatto crea lo stesso effetto che fa a me…
«Allegra?» Per la seconda volta nella giornata pronuncia il mio nome, questa volta urlando ancora più della prima. Attraversa velocemente la strada e si affianca al marciapiede, poco prima di girare ad una traversa che conduce a casa di mia nonna.
«Sì?» Chiedo, forse con voce troppo alta, ora che siamo più lontani dal traffico di punta.
«Non fare tanto caso alle cose che dico. Io… non sono bravo con le parole.» Lo sento irrigidirsi mentre dice queste cose, come se volesse trattenere il respiro e lasciar andare tutto quello che prova per gli altri. Eppure non capisco… Ritira quello che ha detto? Gli interesso? Non gli interesso? Ha deciso di fare un corso di retorica per imparare l’ars del farsi capire per bene?
«Mi interessi sempre.» Dice a voce più bassa, mentre il mio cuore perde un battito. Non voglio che si fermi, voglio continuare a stare qui, appoggiata alla sua schiena, mentre una Roma pigra e fredda scorre dietro di noi. Annuisco un po’ intontita, più a me che a lui, che non può vedermi.
«Eccoci.» Frena bruscamente davanti al grande palazzo ed all’improvviso sembra il solito apatico Brando.
«Allora ci vediamo.»
«Non ti va di salire?» Gli domando, almeno faccio un tentativo.
«No, mamma ha già preparato il pranzo. Salutami tua nonna.»
«Okay.» E sfreccia via, lasciandomi più confusa che mai e con un grande fardello nel cuore.

   
 
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