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Autore: Serpentina    13/08/2020    3 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Le attività extracurricolari di Frida Weil
 
La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell’esistenza.
Sir Arthur Conan Doyle
 
Ogni mattina l’orologio biologico di Frida Weil precedeva la sveglia di due minuti esatti, che impiegava riordinando le idee prima di schiudere gli occhi sul nuovo giorno. Quella mattina di inizio ottobre, invece, la batté sul tempo di ben sessanta minuti.
Si alzò dal letto bruscamente, incurante dei miagolii di disappunto di Moriarty, lo scorbutico gatto che ronfava acciambellato accanto a lei, e si fiondò sotto la doccia.
Dell’incubo che aveva interrotto prematuramente il suo riposo serbava soltanto la sgradevole sensazione che avrebbe fatto meglio a restare rintanata sotto le coperte, sensazione che neppure il vigoroso getto d’acqua riuscì a lavare via.
Indossò con meccanica precisione la divisa scolastica, lieta di non sprecare tempo prezioso in un’azione secondo lei futile, quale scegliere cosa indossare. Non che trascurasse la cura del proprio aspetto; dopotutto, nulla è insignificante per una mente superiore*. Semplicemente, vi badava il minimo indispensabile a non apparire mai sciatta o fuori luogo, senza perdersi nei fronzoli che, aveva notato, assorbivano molta della materia cerebrale delle sue coetanee.
Al suo ingresso in cucina, suo padre l’accolse con un gioviale quanto sarcastico –Guten Morgen, Fröschlein!1-, ricevendo in risposta un altrettanto sarcastico –Guten Morgen, lieber Vater! Mutti.
Sapeva bene che quell’appellativo così formale lo infastidiva tanto quanto l’essere accomunata a un viscido anfibio gracidante infastidiva lei.
Sbirciò con la coda dell’occhio le carte che sua madre stava rileggendo con espressione soddisfatta. Faith chiuse di scatto il dossier e disse –Assolutamente no! I privilegi bisogna guadagnarseli. Risolvi l’indovinello, e condividerò questo fascicolo con te.
–Sfida accettata. Preparati all’ennesima sconfitta!- replicò la ragazza, che aveva ereditato dalla madre la passione per gli enigmi di ogni genere.
–Un uomo entra in un bar e chiede, con voce spezzata,  un bicchiere d’acqua. Il barista lo guarda per qualche secondo, poi si abbassa a prendere qualcosa sotto il bancone. È una pistola, e la punta direttamente alla testa dell’uomo che gli aveva chiesto un po’ d’acqua. Come lo spieghi?
Frida, dopo un paio di minuti di riflessione, si lasciò sfuggire un risolino.
–Ti sei rammollita, Mutti: è talmente facile che quasi mi sento insultata!
Wirklich?- esclamò Franz, orgoglioso, ma al contempo frustrato, del fatto che sua figlia lo surclassasse regolarmente nella risoluzione degli enigmi proposti da Faith su base quotidiana. –Spero vorrai condividere la soluzione con noi comuni mortali cerebralmente normodotati!
–L’uomo che chiedeva dell’acqua aveva il singhiozzo e il barista ha deciso di spaventarlo per farglielo passare. Avrebbe fatto prima a dargli un bicchiere d’acqua, mia modesta opinione- sciorinò Frida col tono della maestrina che ripete per l’ennesima volta un concetto semplice ad un alunno particolarmente ottuso. –Tutto ha una spiegazione razionale, lieber Vater, esserne consapevoli è la chiave per risolvere qualunque problema: se il rasoio di Occam fallisce, si eliminano man mano le altre ipotesi meno ovvie; l’ultima rimasta, per quanto improbabile, non potrà che essere la verità.
Faith, fiera dell’ingegno di sua figlia, la ricompensò con un breve applauso e allungò verso di lei il dossier.
Riconosceva a Frida un’intelligenza più unica che rara (di cui si attribuiva in gran parte il merito), una buona dose di testardaggine (di cui si attribuiva interamente il merito)  e una certa noncuranza per le regole - oltre alla famigerata presunzione “marca Weil” - e non disdegnava di condividere con lei i suoi casi, anche i più complicati. Il suo contributo si era rivelato prezioso più volte di quante avrebbe mai ammesso (specialmente a sua cognata Serle).
–Leggi pure, ma non perderci troppo tempo. Una povera ragazza ricca, tossicodipendente a intermittenza e con problemi psichiatrici, è caduta da una finestra della residenza di famiglia. Nulla di eclatante. Mi spiace, ma non si può sempre avere tra le mani l’omicidio dell’anno!
–Morte accidentale? Un po’ frettoloso, come verdetto- asserì la ragazza una volta terminata la lettura. –Come spieghi quei graffi sul davanzale della finestra? Hai fatto rilevare le impronte? E se fosse stata drogata? Hai richiesto un esame tossicologico? E una consulenza ingegneristica?
Tacitata la fastidiosa voce interiore - paurosamente simile a quella di Rose Taylor in Irving - che le rinfacciava di aver inculcato in sua figlia un pericolo senso di superiorità  (“Se anche fosse? Meglio che farla crescere timida e insicura come me!”), Faith rispose a quella raffica di domande, scrollando le spalle –Anche il davanzale della finestra della mia camera ha dei graffi, eppure non mi pare sia mai precipitato qualcuno da lì. Ovvio che ho fatto eseguire un esame tossicologico completo, positivo per cocaina e benzodiazepine. Sorprendente, in una che faceva avanti e indietro dai centri di recupero! Non ho richiesto la consulenza di un ingegnere, non vedo perché dovrei. Rassegnati, tesoro: a volte il chi è più interessante del come e del perché.
–A volte basta il chi per immaginare almeno una dozzina di come e perché diversi. Sei decisa a chiudere il caso, Mutti?- ribattè la figlia, lasciando intendere di essersi già figurata, in quel breve lasso di tempo,  una dozzina di moventi e sospettati, con relative percentuali di probabilità.
–Serle concorda con me: abbiamo una soluzione semplice a portata di mano, e nessuna prova a confutarla. Cosa faresti, al nostro posto?
–Comincerei a preoccuparmi. Nulla è più ingannevole di un fatto ovvio*- sbuffò Frida, per poi attaccare famelica una pila di frittelle annegate nella salsa ai frutti di bosco (aveva ereditato dalla madre anche la golosità).
Franz attese che le due donne avessero la bocca piena, prima di prima di sganciare la bomba che avrebbe irrimediabilmente guastato l’armonia familiare. Voleva evitare che un’eventuale interruzione rovinasse l’effetto scenico.
–Che ne diresti se ti accompagnassi a scuola, Fröschlein?- le propose in tono falsamente zuccheroso. –Con la Harley!- si affrettò ad aggiungere, di fronte all’espressione terrorizzata della ragazza. –Tanto devo venirci comunque: il preside vuole deliziarmi con i resoconti delle tue… attività extracurricolari. Reggiti forte, meine Liebe, la notizia potrebbe sconvolgerti: la tua consulente investigativa di fiducia spaccia … compiti. Ai suoi compagni. Per denaro.
Faith per poco non si strozzò con il porridge, e Frida scoccò a suo padre un’occhiata sdegnosa, carica di astio e alterigia, come solo gli adolescenti sanno fare.
Se fosse stata beccata a fumare o, peggio ancora, a “prodursi in effusioni inappropriate al contesto scolastico” (per usare un’espressione cara al suddetto preside), avrebbe ammesso le sue colpe, autopunendosi per l’orrendo crimine di aver sprecato neuroni preziosi in attività indegne del loro potenziale; ma lei era l’incarnazione della figlia ideale: studentessa modello, non fumatrice, astemia e contraria all’uso di sostanze psicotrope di qualunque genere (mai e poi mai avrebbe perso il controllo sul proprio cervello e rischiato di soccombere ad una qualsivoglia forma di dipendenza).
A volte usava le celluline grigie di cui andava tanto fiera per compiere atti di dubbia moralità e legalità. E allora? Cosa c’era di male nel sollevare i suoi compagni dall’onere dei compiti (dietro lauto compenso)? Quel bigotto pisquano del preside ostacolava la sua iniziativa imprenditoriale, e suo padre pretendeva fosse lei a sentirsi nel torto?
–Ovviamente per denaro! Non sono mica scema!- ribatté infine, sprezzante.
Faith, sconcertata, fece per aprir bocca, ma si bloccò ad un’occhiataccia di Franz, il cui cipiglio avrebbe intimidito i peggiori cattivi della letteratura e della cinematografia.
Soltanto Frida, probabilmente perché negli occhi del padre rivedeva i propri (“E non si può avere paura del proprio riflesso”), riusciva a sostenere quello sguardo glaciale con una tranquillità che rasentava la strafottenza.
–Se non ricordo male, lieber Vater, sei stato tu a dirmi che niente dovrebbe impedirmi di volare tanto in alto quanto mi permettono le mie ali.
–Non se ti fanno volare dal preside!- replicò Franz. –Capisco il desidero di mettersi alla prova per il gusto di scoprire quanto in là puoi spingerti senza gravi conseguenze - sapessi quante volte l’ho fatto, alla tua età - ma devi darti una regolata. Spiacente, mi vedo costretto a …- “Scheiße! Come punirla? Cosa potrebbe smuoverla nel profondo? Denk, schnell!” –Vietarti l’accesso ai casi di tua madre!
Frida sbiancò: suo padre non poteva farle questo, era troppo crudele persino per lui!
–Stai bluffando. Non oseresti!
Du willst mich nicht wirklich wütend machen, Fröschlein2- sibilò Franz, in tedesco, per mettere in chiaro che sì, era dannatamente serio, e no, non si metteva affatto bene per lei.
 
***
 
Si stava annoiando. A morte.
Le lancette dell’orologio segnavano un orario sconfortante. Prese a giocherellare con un biondo ricciolo ribelle cadutogli sulla fronte, mentre ingannava il tempo ritraendo l’unico altro studente che aveva il coraggio di mostrare apertamente un livello di noia pari al suo: Frida Weil.
Sedeva scompostamente, spalmata sul banco, con la testa mollemente appoggiata su una mano e lo sguardo rivolto al mondo oltre la finestra, che doveva offrirle attrattive più degne di attenzione dell’oltraggio perpetrato ai danni dell’opera di Mary Shelley da Anthony Midget con la sua voce nasale e monocorde.
“Strano! Di solito si comporta come se avesse un palo su per il culo. Oggi, invece, sembra voler mandare a fanculo il mondo intero!”
La vide scribacchiare qualcosa sul quaderno e realizzò che, come lui, era mancina.
“La conosco da un mese, e soltanto oggi scopro che abbiamo qualcosa in comune? Forse dovrei osservarla meglio … o anche no, potrebbe farsi strane idee”.
Kevin Cartridge, suo compagno di banco (nonché figlio di Ben, amico di lunga data di suo padre), lo distolse da quella sorprendente rivelazione.
–Non mi ero mai accorto che Frida avesse questo stacco di coscia- ridacchiò, indicando la versione cartacea dell’amica, molto fedele all’originale, tranne che per i centimetri quadrati di pelle esposta: la camicetta aveva i primi tre bottoni aperti e la gonna era parzialmente arrotolata, lasciando scoperte le gambe nella loro interezza.
La paura di perdere il primo e, al momento, unico amico che aveva in Inghilterra lo indusse a reprimere l’istinto di mandarlo a quel paese. Della prole degli amici di suo padre, Kevin era l’unico che riteneva passabile: non parlava a vanvera e, soprattutto, sembrava essere stato risparmiato dalla superficialità e dall’ipertrofia dell’ego endemiche nella popolazione inglese in età adolescenziale.
–Sì, beh … un artista si prende le sue libertà- bofonchiò, in lieve imbarazzo.
–Limitati ai disegni- sussurrò Kevin di rimando. –Frida è allergica al contatto umano e ha un gancio micidiale. Il povero Midget ci ha provato con lei, l’anno scorso, e fino all’anno scorso aveva il naso dritto. Comprendi?
–Continua tu, Weil- ordinò il professore, lisciandosi i baffi per nascondere la smorfia di disappunto che aveva fatto capolino sul volto: nemmeno l’allieva più brillante che avesse mai varcato la soglia dell’istituto era dispensata dall’obbligo di prestare attenzione durante le lezioni.
“Ora si ride”, pensò. Frida si era completamente estraniata dalla lezione dopo i primi cinque minuti, non poteva avere idea del punto da cui riprendere la lettura del brano. Rischiò seriamente un infarto nell’udire la sua voce vellutata leggere senza esitazione.
“Mi sembrava di vedere Elizabeth, nel fiore della salute, per le strade di Ingolstadt. Sorpreso e gioioso, l’abbracciavo; ma come imprimevo il primo bacio sulle sue labbra queste si facevano livide, color di morte…”
–Non è possibile! È stata tutto il tempo a guardare fuori dalla finestra!
–E tu a guardare lei … guardone!- lo schernì Kevin.
–Oh, chiudi il becco!- ringhiò. –Stava pensando al nulla cosmico! Come ha fatto?
–Te l’ho ripetuto mille volte- bisbigliò l’altro, alzando gli occhi al cielo. –È un genio!
Deluso per essere stato privato di una ghiotta occasione per deridere la Weil,  ripiombò nel torpore, fino a quando l’insegnante non lo esortò a proseguire nella lettura da dove lei si era interrotta.
“Sono fottuto! Stra-fottuto! Bella figura di merda sto per fare!”
Frida, inaspettatamente, lo trasse d’impaccio, mimando con le labbra “Henry Clerval”. Per sua fortuna, lui conosceva ‘Frankenstein’ a menadito, e quel piccolo aiuto fu sufficiente a evitargli una sicura figuraccia.
“Quando fu più vicina, mi accorsi che era la diligenza svizzera; si fermò giusto dov’ero io e, quando si aprì lo sportello, riconobbi Henry Clerval che, vedendomi, all’istante balzò a terra.”
–E io che credevo di coglierti in flagrante distrazione!- esclamò il professore, stupefatto. –Va avanti.
Concluse lettura e analisi del brano, si girò verso Frida per ringraziarla di avergli salvato le natiche, ma lei aveva ripreso ad osservare il mondo al di là della finestra, indifferente a tutto il resto.
 
***
 
“Qui si mette male”, pensò Kevin appena scorse Frida seduta da sola al solito tavolo in mensa, intenta a infilzare il cibo nel piatto con preoccupante ferocia. L’assenza di Nathaniel e Kimberly non era mai un buon segno, significava che la Weil era di umore tale da rendere necessario tenersi a distanza di sicurezza. Scelse di dare comunque ascolto alla voce dell’amicizia, e oltrepassò l’immaginaria cortina di filo spinato per indagare le cause del suo malumore.
–Cosa ti hanno fatto di male quelle povere salsicce?
–Sto immaginando al loro posto quel bigotto pisquano del preside e deinen neuen besten Freund3, colpevoli di aver trasformato la mia giornata in una torta di Kuhscheiße4. Quirke mi ha messa in punizione per quella sciocchezza dei compiti a pagamento, e il tuo amico Wollestonecraft ha ripagato la mia gentilezza tentando di rovinarmi.
Se suo padre e suo zio Brian fossero stati presenti, gli avrebbero tirato un ceffone ciascuno: tra i primi insegnamenti che gli avevano impartito figurava il non sminuire mai un problema, specialmente se sollevato da una donna. Invece, in preda al panico, fu esattamente ciò che fece.
–Dai, non può essere così grave!
–Quale superiore conoscenza del mondo ti permette di formulare questa asserzione?- gli soffiò contro Frida, simile come non mai al suo gatto.
Kevin, reprimendo a fatica le risate, sospirò e rispose –Tanto per cominciare, ti conosco da che portavamo il pannolino, so che possiedi una certa propensione per la teatralità- ignorò i borbottii dell’amica e proseguì –Inoltre, non puoi lagnarti se il preside svolge il suo lavoro, cioè sorvegliare l’andamento della scuola e  punire chi infrange le regole; dovresti baciare la terra che calpesta, per non essere stata buttata fuori. Infine, si dà il caso che Will sia una delle persone migliori che abbia mai conosciuto. È proprio … buono, capisci? Ma non un buono idiota, che agisce impulsivamente al solo scopo di provare la sua bontà d’animo; un buono intelligente, che segue un - com’è che l’ha chiamato? - imperativo morale: agisce come vorrebbe che agissero tutti per creare un mondo migliore. Non saboterebbe mai volontariamente qualcuno, men che meno qualcuno che si è mostrato gentile nei suoi confronti.
“Un kantiano del cazzo, insomma!”, pensò la ragazza, senza però osare tradurre quel pensiero in parole. Scadere nel turpiloquio avrebbe minato l’aura di perfezione che la circondava, e non poteva permetterlo.
–Il tuo buon samaritano, col suo imperativo morale, mi sta rovinando la piazza: ha convinto Mary Blossom di non aver bisogno dei miei servigi, perché prendere scorciatoie impoverisce umanamente e intellettualmente. “La vera soddisfazione sta nel mettere alla prova le proprie forze e imparare dai propri errori”. Giuro che se dovessi perdere un’altra fonte di guadagno per colpa della legge morale in lui, lo spedirò a calci dritto nel cielo stellato sopra di lui!
–Fossi in te, invece, la pianterei con questa vendita clandestina di compiti, prima che sia troppo tardi. Se venissi beccata di nuovo, rischieresti seriamente l’espulsione, e addio sogni di gloria!- osservò saggiamente Kevin, per poi ridacchiare. –Ehi, se non sapessi per chi batte il tuo tenero cuoricino racchiuso nel granito, penserei che sei attratta da Will. Nessuno era riuscito a farti infervorare, prima d’ora!
–Pessima scelta di parole- lo rimbeccò la ragazza, scuotendo la testa. –In deinem entzückenden Kopf5 attrazione e infatuazione sono sinonimi, quando non è così. Dato che ci conosciamo dai tempi del pannolino, sarò sincera con te: il mio impressionante Q.I. non mi rende meno suscettibile agli ormoni, e gli occhi mi funzionano, così come gli altri sensi. Ovvio che l’abitante delle colonie mi attragga un minimo: è oggettivamente un bel ragazzo, escludendo il naso, troppo a patata, e il solco tra gli incisivi, che risulta fastidioso quando ci si bacia…
–Quale superiore conoscenza del mondo ti permette di formulare questa asserzione?- la scimmiottò Kevin, per poi rinfacciarle quanto la sua scarsa esperienza in baci e affini, oggetto di molte delle prese in giro da parte di Kimberly, superasse comunque quella (inesistente) della Weil. –Se non ricordo male, il tuo conteggio ragazzi è pari a zero, a meno di includere quel patetico sfioramento di labbra con Midget, prima che gli cambiassi i connotati.
Frida provò l’impulso selvaggio di esternare il proprio disappunto sventolando entrambi i medi a due centimetri dalla faccia di Kevin, ma, ancora una volta, riuscì a trattenersi e ad impedire che un attimo di follia macchiasse la sua reputazione.
–Avrò modo di recuperare alla grande, una volta conquistato il mio principe azzurro- rispose in tono pacato, portando dietro l’orecchio una ciocca sfuggita dalla treccia alla francese. –Che c’è? È forse anormale aspettare la persona giusta per fare certe cose?
–Beh, considerato che la persona in questione è più grande, perciò, con ogni probabilità, ha già fatto di tutto e di più…- rispose Kevin, salvo poi mordersi la lingua, davanti allo sguardo da cucciolo ferito dell’amica. –Ehm, ma no, certo che no! È perfettamente comprensibile. Se chiedessi a Kim, ti direbbe che sei da internare, ma io ti capisco.
–Sei un becero ipocrita. Taci, fai più figura!- sbuffò Frida, alzando gli occhi al cielo. –Tua sorella, perlomeno, è come appare; non si atteggia a Vergine Maria per poi comportarsi in segreto da Maddalena pre-conversione! A proposito: da come lo guarda, temo voglia usare deinen neuen besten Freund per ingelosire Nate; quello, oppure vuole cannibalizzarlo. Se non avesse già un ragazzo d’oro, che la adora, la spingerei a provarci. Farebbe jackpot: oltre che un piacere per gli occhi e, probabilmente, altre parti del corpo che lascio alla tua immaginazione, l’abitante delle colonie è intelligente quasi quanto me, ironico quanto basta … non sembra neanche troppo socievole, il che, per me, è un pregio …
–Però! L’hai osservato bene!- commentò Kevin, lanciandole occhiate maliziose.
–Smettila di guardarmi in quel modo. Sembri Kimmy con un accenno di barba, è disturbante!- lo redarguì Frida. –Tutti i pregi del mondo non basterebbero a farmi provare qualcosa per lui, o per chiunque altro. Come hai giustamente detto, il mio cuore di tenera scioglievolezza è già occupato. E, di nuovo: pessima scelta di parole. Non l’ho osservato, ho valutato a distanza la sua fitness - nell’accezione darwiniana del termine - perché, nonostante abbia tentato di rovinare tutto facendo lo str… psicologo da due soldi, ho una mezza idea di includerlo nel nostro gruppo.
–Nate non lo accetterebbe. Gli sta antipatico, non capisco perché- ammise Kevin, scrollando le spalle. –Peccato: credo che tu gli piaccia. Di sicuro ti trova sexy, altrimenti non avrebbe… oh, merda! Ho detto troppo!
–Non avrebbe cosa?
Kevin sussultò, diviso tra due degli istinti primordiali propri di ogni animale davanti a un predatore: scappare o fingersi morto (aveva rinunciato a priori a ingaggiare una lotta, Frida era un avversario fuori dalla sua portata). Un barlume di razionalità gli fece realizzare di non poter attuare nessuno dei due. Decise quindi di rivelarle dell’opera d’arte venuta alla luce durante la lezione di letteratura. Frida, naturalmente, non ne fu affatto felice e si dichiarò disposta a tutto, pur di appropriarsene.
–Ti prego, dimmi che non gli farai fare la fine di Midget: la faccia di Will è patrimonio UNESCO!
Frida lo lasciò crogiolarsi nel dubbio, prima di degnarlo di una risposta.
–Escludendo il naso patatoso e il solco tra gli incisivi, ti do ragione. Tranquillo, Kev, sono contraria alla violenza non necessaria- gli assicurò. –Grande è il condottiero che vince senza combattere. Esattamente ciò che intendo fare: tramite la diplomazia, otterrò quel disegno osceno direttamente dalle mani del suo creatore!
 
***
 
Non era un misantropo, ma preferiva la compagnia di se stesso a quella di gente che non gli si confaceva, e, senza offesa per Kevin, la cricca dei suoi amichetti prediletti - composta dalla sorella Kimberly, il suo ragazzo “tira-e-molla” Nathaniel Jefferson-Keynes e Frida “Sherlock Holmes in gonnella” Weil - proprio non gli si confaceva.
Avrebbe forse potuto tollerare i primi due, le cui contorte dinamiche di coppia offrivano un interessante spunto di studio psicologico, ma la Weil assolutamente no. Ufficialmente, non la sopportava per via della sua algida, irritante imperturbabilità; ufficiosamente, perché non riusciva ad inquadrarla. Aveva sentito troppe voci contrastanti su di lei: secondo alcuni era un’eroina geniale che aiutava i suoi compagni di sventura; secondo altri, invece, una “bastarda manipolatrice che lucrava sulle debolezze altrui”; secondo altri ancora, era una “pallona gonfiata con tendenze sociopatiche”.
Nonostante la recente scoperta della losca attività di spaccio di compiti paresse confermare il cumulo di dicerie infamanti sul suo conto, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che quella ragazza fosse migliore di come voleva apparire: contribuire concretamente alla risoluzione di casi criminosi e averlo aiutato in un momento di difficoltà erano, senza ombra di dubbio, atti encomiabili, che mal si sposavano con l’immagine che traspariva da condotte eticamente discutibili quali farsi pagare per svolgere l’assegno di altri o rompere il naso a un ragazzo.
Sentiva che la Weil celava un mondo, dietro quegli occhi di ghiaccio, e, bonus non di poco conto, un corpo niente male sotto l’austera divisa, e la detestava per il suo trincerarsi dietro una impenetrabile cortina di freddezza, impedendo a chiunque (soprattutto lui) di avvicinarsi.
Seduto nell’angolo più remoto del cortile, cercò di chiudere la mente ai pensieri su Frida mentre provava a tratteggiare a memoria il panorama che si godeva dalla sua camera a Canberra: il gazebo bianco, la staccionata dello stesso colore, le siepi ben tenute e le aiuole colme di fiori variopinti, vanto di sua madre, il monte Taylor che si stagliava maestoso all’orizzonte.
Quanto gli mancava l’Australia! Londra in confronto era fredda e smorta, come i suoi abitanti. Eppure, la nostalgia per la terra natale non riusciva a fargli rimpiangere di essersi trasferito nel vecchio continente: suo padre era tornato nel Regno Unito dopo il divorzio, e aveva sofferto la sua lontananza più di quanto avrebbe mai sofferto la mancanza dei pomeriggi trascorsi a girovagare nel bush o lungo il fiume Molonglo in cerca d’ispirazione. Certo, sentiva la mancanza della madre, ma era mitigata da un odio profondo nei confronti dell’uomo che aveva sposato e dei di lui figli (mai e poi mai li avrebbe considerati parte della famiglia, non meritavano un tale onore). 
A un tratto, udì lo scricchiolio di un ramo che si piegava, seguito dal quasi impercettibile fruscio prodotto da un corpo in caduta libera, una mela rossa; con uno scatto fulmineo, di cui non si sarebbe mai ritenuto capace, riuscì ad afferrarla prima che toccasse terra. Sorrise compiaciuto del proprio successo e, d’impulso, la morse.
Non fece in tempo a interrogarsi sulla provenienza di quel frutto - l’ingegneria genetica non era ancora progredita al punto da far produrre mele a un faggio - che Frida balzò giù dall’albero, cogliendolo di sorpresa, si sedette di fianco a lui e trillò –Complimenti, Wollestonecraft, ottimi riflessi! Sono favorevolmente impressionata.
Seccato per aver perso la tanto agognata quiete, soffiò sprezzante –Se almeno metà delle voci sono vere, Weil, dovresti essere in punizione, o impegnata in qualcosa di meglio che tirare frutta alla gente. Nessun omicidio degno della tua attenzione? Oppure i tuoi amici avevano le scatole piene di te?
–Il mio cognome è tedesco, la pronuncia corretta è “vail”. Inoltre, per tua informazione, potrei avere un caso interessante per le mani, e avevo io le scatole piene dei miei amici: Kimmy ha iniziato a civettare con i suoi fan adoranti, Nate si è risentito e ha minacciato di lasciarla per l’ennesima volta, al che San Kevin, patrono degli impiccioni, è partito con un sermone sul valore della decenza e del perdono. Una noia mortale, e io detesto annoiarmi!
–Sì, beh, io detesto essere disturbato in piena fase creativa; perciò, se potessi …
Non riuscì a finire la frase; Frida aveva afferrato un foglio che faceva capolino dall’album da disegno: il ritratto che le aveva fatto poche ore prima.
–Ehi, ma questa sono io!- esclamò, ostentando stupore. –Schön! Du hast wirklich Talent!6 Lo immaginavo: la mediocrità non riconosce nulla che le sia superiore; ma un genio riconosce istantaneamente il talento*.
“Ok, è una pallona gonfiata!”
–Genio? Hai un’alta opinione di te stessa.
–E di te. Non potrebbe essere altrimenti: una persona che si basa sulla logica deve vedere ogni cosa esattamente com’è; sottovalutare se stessi e gli altri costituisce una deviazione dalla verità tanto quanto esagerare le proprie e altrui capacità*. Ah, vielen Dank7 per non aver gonfiato oltre misura le mie tette, una quarta abbondante basta e avanza!
William rimase sbalordito tanto dalla prontezza, quanto dalla inusitata sfacciataggine della replica.
“Sbaglio, o mi ha appena spiattellato la sua taglia di reggiseno?”
Arrossì a quel pensiero, ma recuperò quasi subito un contegno dignitoso. Colse un repentino mutamento nella sua espressione, ora simile a quella di una bambina in procinto di chiedere ai genitori il permesso di tenere un animaletto raccattato per strada. Capì all’istante cosa le passava per la mente, ma preferì non risparmiarle il disagio di formulare la richiesta ad alta voce.
–Posso tenerlo?
–Non è finito.
–Mi piace così com’è- concluse lei in un tono che non ammetteva repliche, gli tolse di mano la mela e l’azzannò. –Allora, posso tenerlo?
 
Note:
Ce la farà la nostra eroina a sottrarre il disegno dalle mani di Will? Lo scoprirete nel prossimo capitolo (che probabilmente pubblicherò a inizio settembre)!
Vi anticipo che non si entrerà subito nel vivo dell’indagine. Ho deciso di prendermela comoda e approfondire prima i personaggi, lasciando l’attività investigativa, almeno in un primo momento, un po’ in secondo piano; tranquilli, però, Sherlock Weil si sta già arrovellando per risolvere quello che, per ora, soltanto lei considera un mistero.
A proposito di Frida e compagnia, ci terrei ad avere la vostra opinione spassionata sui protagonisti: sono credibili e caratterizzati decentemente?
Nel caso ve lo steste chiedendo, nella mia mente Kevin ha l’aspetto di Ben Barnes, Kim di Kaya Scodelario, Nate di Alex Pettyfer, William di Danny Griffin e Frida di Chloe Marshall.
A presto (spero)!
Serpentina
P.s.: il Rasoio di Occam è il nome di un principio metodologico, espresso nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese Guglielmo di Occam, che suggerisce, per risolvere un problema, di scegliere, tra più ipotesi, quella più semplice, a meno che non sia necessario e utile prendere in considerazione altri fattori.
P.p.s.: mi sto flagellando per la frase “kantiano del cazzo”. Immanuel, perdonami questa eresia, ti giuro che non riflette in alcun modo il mio pensiero. Io ti adoro!
*citazione di Sherlock Holmes
1In tedesco i diminutivi si formano aggiungendo alla parola il suffisso -chen o -lein. Spesso la vocale radicale del diminutivo prende la umlaut (dieresi). Frosch = rana à Fröschlein = ranocchietta.
2Non ti conviene farmi arrabbiare, Ranocchietta.
3Il tuo nuovo migliore amico
4Sterco di mucca
5Nella tua adorabile testolina
6Bello! Hai davvero talento!
7Grazie mille
   
 
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