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Autore: Floryana    14/08/2020    2 recensioni
La gloriosa Terra, capitale della Repubblica Terrestre, è divenuta un pianeta inabitabile, morto, sterile.
I terrestri sono stati quindi costretti a riporre tutta la loro fiducia nell’esplorazione spaziale e nella colonizzazioni di nuovi mondi.
Tuttavia, secoli dopo, a seguito della crescita incontrollata del genere umano, anche le risorse offerte dalla galassia si ridussero drasticamente.
La beffa più grande però non fu il ripetersi della stessa crisi da cui stavano scappando gli umani anni addietro, ma il fatto che non esistessero altre forme di vita intelligenti. O, perlomeno, quelle poche vennero sterminate nell’Epoca delle Colonizzazioni prima che potessero evolversi e prendere coscienza del loro posto nell’universo.
È in questa nuova Galassia che si muove un’organizzazione nata in seno alla Repubblica Galattica fin dalla sua creazione: un gruppo di persone che si sono unite solo per depredare, rubare, uccidere; che rappresentano tutte le pulsioni più perverse e crudeli nascoste nell’animo umano: i leggendari Pirati della Galassia.
E questa è la loro storia.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Solo un addio
(parte 3)




Kasumi si trascinò pigramente su una panchina al decimo piano della Nave. 
Come si sedette, sbuffò rumorosamente, piegando la testa all'indietro e spostando lo sguardo in alto, verso il blu del cielo artificiale proiettato sul soffitto del piano. Era un interessante e complesso programma di realtà virtuale che ella aveva voluto installare la a tutti i costi, per rendere il tutto più possibilmente simile a un parco reale. 
Dopo un po’ così persa ad osservare l’andamento di quelle finte nuvole, tornò in sé. 
Quindi concentrò tutta la sua attenzione verso il tranquillo laghetto artificiale dinanzi a lei ove nuotavano delle anatre robotiche, iniziando a mangiare quel che rimaneva del suo gelato, ormai sciolto a causa del mite clima primaverile che aleggiava in quel piano. 
Si lasciò scappare uno sbadiglio. “Aaa che stanchezza” pensò.
-Allora, come va? – le chiese Jii sedendosi vicino a lei – Idee su cosa fare? – e fece un segno con la testa verso la donna poco distante da loro.
Bisogna infatti chiarire un elemento strutturale fondamentale della Nave: la Sole Nero non ha celle. È l’unica Nave degli Oort a non averne. Non perché Kasumi non le volesse, solo che le aveva sacrificate per liberare spazio ad altre cose.
E così erano passate ormai due settimane da quando la madre e suo figlio erano lasciati liberi di gironzolare per la Nave. Ovviamente erano sotto la protezione dell’Ammiraglio, perciò nessuno fino a quel momento aveva avuto il coraggio di toccarli, anche se avrebbero voluto, eccome se lo desideravano! Tutti loro, dal primo degli ufficiali all’ultimo dei soldati, ambivano ad ammazzarli per vantarsene dinanzi al Gran Ammiraglio, magari anche vendere Kasumi, prendere il suo posto e arraffare qualche buona ricompensa.
Ma in questo meraviglioso e perfetto piano c’era un problema insormontabile: l’Ammiraglio. La Milady degli Oort. La donna che aveva combattuto nelle guerre d’indipendenza della Galassia Proibita e che da sola aveva tenuto testa in uno scontro durato tre giorni e tre notti al Gran Ammiraglio in persona. L’unica che era riuscita a battere da sola Jilian, l’uccisore dell’Imperatore, e a convincere Xemi ad entrare nella sua Flotta.
Le leggende sul suo conto non si riuscivano nemmeno a contare e tutti sulla Nave avevano timore anche solo a incrociare lo sguardo con lei, figurarsi a farlo anche con le lame.
E perciò nessuno fino a quel momento aveva fatto qualcosa, limitandosi a guardar male i due ospiti.
-No… – mormorò Kasumi rivolgendosi a Jii – non ne ho davvero idea – e scosse la testa, come a rimarcare quelle parole.
L’altro sbuffò. Poi, dopo qualche secondo di pausa, aggiunse : -Non so perché, ma me lo aspettavo…
-Che cattivo… ma quanta fiducia hai in me?
-Decisamente poca.
-Ripeto, sei davvero cattivo.
-Sai… dovremmo decisamente fare qualcosa, qua ne va dell’intera Flotta, lo sai? Se lo viene a sapere il Gran Ammiraglio ci condanna tutti a morte.
La donna sospirò a quelle sue parole. Sapeva che Jii aveva ragione, ma ormai non ce la faceva ad abbandonarli. Forse lei e gli altri potevano pure scampare alle ire del Gran Ammiraglio, ma dopo di loro sarebbero subentrate altre Flotte e altri Ammiragli che non avrebbero avuto alcuno scrupolo a portare a termine la missione.
No, non poteva abbandonarli! Ma non poteva nemmeno abbandonare la sua Flotta. Un conto era venire condannata a morte solo lei, un altro era sacrificare tutti i suoi uomini.
Aveva anche pensato di prendersi solo il bambino e uccidere la madre, ma come sarebbe riuscita a crescerlo, a guardarlo in faccia e poi dirgli che gli voleva bene?
Ogni tanto i suoi pensieri tornavano a quell’idea, nel buio della sua cabina, e ci pensava e pensava e pensava… poi chiamava Jii e si metteva a piangere, spaventata dalla sua cattiveria.
Perché ogni volta che li incrociava per la Nave si rivedeva in lei, col suo bambino. Il suo bambino…
Anche in quel momento le venne in mente quella scena, come un flash. Ma fu solo un istante di debolezza, scacciato immediatamente via da una forte scossa con la testa.
-Sai, dovremmo andare a NoName... – mormorò all’improvviso.
-COSA?! – urlò Jii – SEI SERIA?
-Beh, sì… cosa c’è di male?
-C’è che se il Gran Ammiraglio viene a sapere che stiamo andando a casa sua senza una sua convocazione, ci ammazza. Ti sei forse scordata la vecchia Seconda Flotta? Sono stati sterminati solo perché chiedevano in giro come fare ad arrivare a NoName!
-Sì, ma ora l’Ammiraglio non c’è…
-Un motivo in più per rimanere lontani! Ora come ora è più sicuro andare a fare un giro sulla Terra anziché alla Stazione Spaziale! – le rispose Jii in modo concitato, cercando di imprimere nelle sue parole abbastanza forza da farle entrare in quella testa dura che si ritrovava.
Sotto sotto sapeva che lei avrebbe scelto quell'opzione, ma cercava lo stesso di fare un po’ di scena, per poi evitare di farsi rimproverare a sua volta dagli altri che lo accusavano di non aver fatto nulla per fermarla.
La donna non gli rispose subito, ma si limitò a mugugnare.
-Mi sa che hai ragione – aggiunse dopo qualche minuto passato a pensarci sopra – ma…
-Ti prego, non lo dire.
-…potremmo fare un tentativo.
-Ecco, lo sapevo. Siamo morti.
-Disfattista.
-Irresponsabile.
-Scarsamente fiducioso.
-Andiamo, questa è una frase…
-Vale lo stesso. E poi scusa, ma ho ragione. Pensaci, dopotutto andare alla Capitale è l’unica soluzione…
-Per cosa, esattamente? Ancora non ho capito il tuo piano!
-Ma si… allora, ogni cosa su questa Nave e su ogni nave della Flotta, ma anche degli interi Oort, viene registrata e poi salvata nei server centrali della Stazione per poi essere liberamente visualizzabile dagli abitanti. Se a qualcuno non va bene qualcosa, che può essere una frase o solo ciò che ha visto, fa rapporto al Gran Ammiraglio. Il più delle volte le denunce cadono nel dimenticatoio, ma altre volte vengono prese sul serio, e questa sarà sicuramente una di quelle situazioni. Quindi la soluzione è andare a NoName e cancellare dai server qualsiasi prova della missione. Diremo poi che è stato un attacco hacker o altro, sarà la polizia degli Oort ad occuparsene e a dare un senso a tutto. Allora, ci stai?
-Ho forse qualche alternativa? – le chiese l’altro facendo spallucce.
-No ovviamente. Quindi è deciso? Faremo una gita alla Capitale? – continuò poi il discorso con un misto di emozione e agitazione nella voce, felice di questo risvolto inaspettato – Non ci sono mai stata, come dici che sarà la temperatura? Oh, ma ora che penso dobbiamo dirlo anche a Walt, mi ha sempre fatto un testa su questa storia...
Ma Jii aveva ormai smesso di ascoltarla. La voce ridotta a un fievole eco che si dissipava nelle sue orecchie.
Si stiracchiò meglio sulla panchina e volse la testa all’indietro, stando ad osservare con più attenzione il finto cielo sopra le loro teste.
Guardandolo attentamente, poteva scorgere dei piccoli errori nel programma. Decisamente faceva schifo, forse era il caso di cambiarlo prima di essere condannati tutti a morte, almeno avrebbero lasciato una buona impressione di sé a quelli che sarebbero venuti dopo di loro…


 

Quella notte Kasumi era nel suo letto, abbandonata in un profondo sonno ristoratore dopo quel pomeriggio – a suo dire faticoso – passato a pensare.
Si sentiva solo il lento e monotono frusciare dei motori che la accompagnava nel suo dormire. La Nave infatti girava da settimane per il Sistema del pianeta senza nome, sospinta pigramente dal vento solare.
Il suo respiro regolare era l’unico altro rumore che aleggiava per la stanza.
-Cazzo!
All’improvviso spalancò gli occhi e si mise seduta sul letto, in silenzio, ad ascoltare con attenzioni i suoni che la circondavano.
Come in un sogno, sentiva ovattati dei vagiti provenire da dietro la porta della sua cabina.
Dopo qualche istante passato a realizzare cosa fosse davvero quel suono che udiva, si alzò dal letto e si fiondò immediatamente in corridoio.
Ed eccolo la: avvolto in alcune lenzuola stava il piccolo. Come Kasumi fu nel suo campo visivo, il viso sembrò illuminarsi di felicità e i vagiti si fecero più forti.
La donna lo prese delicatamente in braccio e lo posò sul suo letto, dandogli una veloce carezza prima di uscire nuovamente dalla stanza.
-Ada, sveglia subito Jii e digli di raggiungermi nella sala controllo. Butta giù dal letto anche Miki. Digli di controllare l’armeria e di avvertimi subito se manca qualcosa!
Quindi, tutta trafelata, si diresse alla cabina di comando e, premuti velocemente alcuni tasti sulla poltrona del capitano posta al centro della sala, le si presentarono sullo schermo di fronte alcune riprese delle telecamere.
-Ada, mostrami l’esterno della cabina di residenza della donna, la mia e il deposito dei moduli.
Centinaia di immagini si riversarono dinanzi ai suoi occhi, piccoli quadratini in tempo reale che mostravano pezzi della Nave. Poi, con estrema rapidità e in successione, molti di questi cominciarono ad oscurarsi e sparire. I rimanenti si fecero più grandi, per poi iniziare far tornare indietro velocemente le immagini ivi impresse.
-Eccola la… – mormorò non appena la vide – adesso Ada metti in play e fammi vedere tutte le scene.
Un rettangolo vicino all’altro, le immagini di qualche ora prima si riversarono sullo schermo: nel primo era mostrata la porta della cabina della donna, nel secondo quella di Kasumi e nel terzo l’hangar navette. In successione si vedeva la donna uscire col figlio dalla sua stanza, abbandonarlo vicino a quella dell’Ammiraglio e infine andarsene con una navetta.
-Ada, fammi un attimo capire… in tutto questo non hai fatto nulla?
-Stranamente i miei sensori non mi hanno avvertita di niente. 
Prima che la donna potesse dire altro, una spia si illuminò su uno dei braccioli della poltrona. Premuto un pulsante, l’immagine di un ragazzo assonnato si venne a creare sullo schermo coprendo parzialmente le tre registrazioni sotto che continuavano a replicare a rotazione gli avvenimenti di poco prima.
-Milady Kasumi, qua è Miki dall’armeria – esclamò l’altro mettendosi a fatica sull’attenti – come da lei sospettato, manca una pistola ad energia oscura dal magazzino. Mi dia ordini su cosa fare.
-Ada, com’è che questa registrazione non era nei tuoi file?
-Non posso darle una risposta.
-Mmm – mugugnò la donna. Si mise una mano sotto al mento e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi meglio su ciò che stava accadendo. Non era normale che Ada si facesse fregare... forse una volta era possibile, mettiamo anche due, ma ben quattro volte di seguito, assolutamente no.
La Sole Nero era come una fortezza semovente, niente di ciò che accadeva al suo interno o al suo esterno poteva sfuggire al suo equipaggio o al suo computer, né tanto meno al Capitano, eppure quella notte qualcosa era successo… sì, ma cosa?
-Secondo me è uno switch.
A quelle parole Kasumi voltò la testa, incrociando lo sguardo di Jii che la fissava a sua volta, aspettandosi una risposta.
-Da quando sei qua?
-Da ora, ma Ada mi ha avvertito di tutto mentre arrivavo. Allora, che ne dici?
-Uno switch, quindi… intendi non rilevato da Ada?
-È possibile – rispose la diretta interessata – gli switch possono bloccare il mio sistema.
[Dal database di ADHA-s] Come accennato in precedenza, ma troppo brevemente per farci attenzione, ho parlato degli switch, elaborati orologi da polso a energia quantistica creati dagli Antichi abitanti della Galassia.
Donati sia agli Ammirali dell’Alleanza degli Oort sia ai Generali dell’Impero, si collegavano con sofisticate interfacce digitali alla mente del possessore, ampliando così le sue capacità grazie anche a una connessione diretta con la rete internet galattica: abilità come quelle combattive, di calcolo, di conoscenza, di riflessi, tutte aumentate e potenziate per rendere il proprietario una perfetta macchina da usare per compiacere ora l’Imperatore ora il Gran Ammiraglio.
Ma non è un sistema esente da difetti.
La coscienza del possessore, se troppo utilizzato, viene sopraffatta dallo switch, frammentata e annientata poco alla volta, affinché questi non se ne renda conto e ne diventi sempre più dipendente, finché di lui rimarrà solo un vuoto guscio, una marionetta controllata dal sistema.
È più o meno quello che successe al Dr. Dendra Dark, il capo della Dodicesima Flotta: ossessionato dal potere, si era lasciato corrompere da quel dolce miele tentatore che era lo switch. Diceva che nei giorni in cui aveva cercato di liberarsene, ogni tanto sentiva la sua voce melliflua che gli sussurrava nella mente e lo invitava a prenderlo, a diventare più forte. 
Non vuoi superare i tuoi limiti, Dark? Non vuoi sapere cosa c’è dopo l’Universo? Non vuoi assaporare l’Eternità?”, parole vuote a cui egli alla fine aveva dato ascolto, illuso dall’avere finalmente nel palmo della mano tutta la Verità dell’Esistenza. Eppure anche lui, ben presto, aveva finito per corrompersi e non passava giorno in cui lentamente e inesorabilmente diventava sempre più folle e contorto, tanto da avere sviluppato per Kasumi una vera e propria ossessione.
Un giorno l’Ammiraglio ricevette ben duemila lettere d’amore da Dark. E quando lei non gli diede alcuna risposta, cominciò il suo personale incubo: un giorno le regalò un cadavere. Un altro ancora le mandò milioni di mail minatorie. Il giorno dopo le regalò metà della sua Flotta. A seguire la denunciò al Gran Ammiraglio e quasi lo convinse a condannarla a morte. Pentito, comprò un intero Pianeta e, dopo averlo riempito di piantagioni di fiori, glielo regalò per scusarsi.
Oramai sia Kasumi che il resto degli Ammiragli si erano abituati a Dark e la sua triste parabola veniva ricordata nei Pirati come un monito: mai usare lo switch più del dovuto.
Kasumi, da parte sua, non se n’era mai preoccupata più di tanto poiché lei non era mai arrivata a sfruttare appieno il suo potere.
Un giorno ce l’aveva al polso e il giorno dopo era scomparso, volatilizzato. Sulle prime se ne preoccupò, ma ben presto smise di dar peso alla vicenda e mi installò sulla Nave come rimpiazzo.
Ora, premesso tutto ciò, la domanda che ci si poneva a quel punto era una sola: come faceva uno switch ad essere finito nelle mani di una persona comune? [Fine informazioni]
-Poniamo il caso che lei abbia uno di quei orologi, com’è possibile? – chiese Kasumi rivolgendosi ai sui tre interlocutori.
-Furto, quasi sicuramente – rispose Miki con sicurezza. In effetti la gente farebbe anche carte false per impadronirsi di uno, compreso lui stesso.
-Eredità – disse Jii con una scrollata di spalle, per niente interessato a sapere o meno la verità sulla faccenda.
-L’avrà trovato, dopotutto la Galassia è piena di switch – aggiunse infine Ada.
-Ehi, la mia domanda era retorica, geni – rispose seccata Kasumi – chi se ne frega da dove l’ha ottenuto, l’importante è beccarla.
-A me però non sembrava retorica… commentò Miki. Non fece però in tempo a finire la frase, che un’occhiataccia dell’Ammiraglio lo raggelò.
-Scherzavo! Lo giuro, scherzavo! La prego, non mi ammazzi... iniziò a supplicare piagnucolando.
L’altra scosse la testa sconsolata.
-Lasciamo stare... avanti Ada, cerca di beccare quella navetta.
-Inizio una ricerca ad ampio spettro di eventuali turbamenti dello spazio attorno alla Nave. Se ci sono novità, la avverto subito.
-Ottimo. Miki, raggiungici in sala controllo, abbiamo bisogno anche di te.


 

Trovammo la ricercata dopo un paio d’ore. Era finita su un pianeta di lusso off-limits dedicato esclusivamente agli uomini più ricchi della Galassia: il Lux. Si trovava nel Sistema Solare vicino, un posto dove solo l’avvicinamento costava molte centinaia di astro-dollari.
[Dal database di ADHA-s] Ironicamente parlando, il mondo più povero era vicino al mondo più ricco che non lo aveva mai aiutato davvero, ignorando i suoi problemi e abbandonandolo a sé stesso per secoli. Ovviamente prima i residenti del Lux avevano preso molti degli abitanti del mondo senza nome per renderli perfetti servitori, un po’ come gli umani fecero con gli alieni, rendendoli prima schiavi e poi sterminando quelli che non riuscivano ad addomesticare.
E l’uomo, quando si rese conto di essere rimasto da solo, dall’alto della sua divinità cercò qualcuno da dominare, ripiegando sui suoi simili.
Questa era l’ironica parabola che avvolgeva due Sistemi, così lontani eppure così vicini. [fine informazioni]
Kasumi, dopo aver litigato un po’ con l’esercito privato del Lux, riuscì finalmente a far avvicinare la Sole Nero al pianeta.
-Capo – disse Miki – le sue capacità diplomatiche mi sorprendono sempre…
Kasumi non gli rispose, limitandosi a guardarlo male con la coda dell’occhio, non avendo alcuna intenzione di perdere ulteriormente tempo dietro a quell’idiota.
-Ah mi scusi! Mi scusi!! – iniziò quello sentendo un brivido freddo corrergli sulla schiena – La prego, non mi uccida! Non voglio morire! – e si accasciò al suolo prendendole con le mani una gamba e iniziando a piangere.
-Ma che schifo, levati! Mi stai tutta insozzando col tuo muco! – esclamò la donna cercando di spingerlo via – Jii, fa qualcosa! Cacciami di dosso il tuo amico.
-Non è mio amico – rispose l’altro perentorio non volendo alcuna giustificazione da loro, osservando quella patetica scena senza scomporsi troppo, impassibile. Ma dietro quello sguardo essi sapevano, silenziosamente, che li stava giudicando.
-Ti prego, Jii… – iniziò a piagnucolare questa volta Kasumi – non mi giudicare…
Ma questi scossa la testa, vergognandosi interiormente per entrambi.


 

(continua...)



*****
Tanto è passato dall'ultimo aggiornamento, ma soprattutto ho detto che questo capitolo avrebbe avuto tre parti, e invece ancora non l'ho finito... prossima parte (spero) sarà l'ultima!
Saluti, Flory^^

  
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