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Autore: _ A r i a    15/08/2020    1 recensioni
{ Pirate!AU }
Per lunghi anni la Royal aveva imposto la sua egemonia su ciascuno dei sette mari. La nave pirata più temuta, più ammirata e, inevitabilmente, anche la più ricca. Nel corso delle loro innumerevoli scorribande avevano accumulato un bottino così considerevole che avrebbero potuto fermarsi su un’isola qualsiasi e vivere per sempre un’esistenza nello sfarzo e nel lusso più sfrenato.
Il capitano, tuttavia, probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Jude, questo il nome di quel giovane uomo che, appena ventenne, guidava il più noto equipaggio pirata della storia, non aveva mai preso in considerazione l’idea di abbandonare quella vita di scorribande e razzie. Toccare terra lo innervosiva, ed era solito farlo solo se costretto.
Voleva viaggiare. Voleva visitare ogni angolo esplorabile del mondo. Sentire il vento tra i capelli lo faceva sentire vivo, potente.
Ed era per lui l’unica cosa che contasse.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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pirates

Avevano visto terra a prua dopo circa tre giorni di navigazione.
Forse la Royal sarebbe potuta filare ancor più rapidamente tra le onde, avendo vento in poppa, ma i danni allo scafo avevano comportato una maggiore prudenza e, pertanto, Jude aveva chiesto al timoniere di procedere con maggiore cautela.
Da un lato aveva sperato che questo potesse dargli più tempo per prepararsi a ciò che lo avrebbe atteso una volta arrivato, dall’altro tuttavia non aveva fatto altro che prolungare l’agonia.
David si era affacciato oltre il parapetto che circondava la prua, quasi a sfiorare la polena – una figura femminile dalle forme sinuose, Anfitrite, moglie di Poseidone, il dio del mare; da questa valenza regale nasceva il nome Royal –, osservando con espressione estatica le sabbie nere della spiaggia di Black Dust, che li attendevano ormai a pochi minuti di distanza. La schiuma biancastra del mare schizzava sul suo volto e sui vestiti, ma il ragazzo non sembrava curarsene più di tanto.
A volte Jude pensava che David fosse quello che aveva maggiormente sofferto la partenza da Black Dust. Lui, in fin dei conti, sull’isola aveva trovato tutto ciò che cercava: circondato dalle persone che amava – e da Joe – gli era sembrato che non gli mancasse niente. E allora perché era ripartito assieme a Jude? Semplice: per via dell’amicizia che li legava.
Quando a Jude era toccato scegliere il suo equipaggio, era stato chiaro: nessuno doveva sentirsi obbligato a partire. Lui aveva indicato coloro che, a suo giudizio, rappresentavano gli uomini più esperti e fedeli, quelli con cui aveva avuto modo di legare di più durante gli anni di viaggio con la Black Dust. Secondo lui, un buon equipaggio doveva essere composto da persone a cui avresti affidato la tua vita ciecamente, senza esitazione.
David aveva accettato di essere il suo vicecapitano senza battere ciglio, così come Joe, una volta saputo che David aveva deciso di far parte dell’equipaggio, si era unito a loro in un baleno. E Jude non era sorpreso che, nonostante tutto, quei due si fossero rivelati i suoi compagni più fedeli.
Jude sapeva di avere, in quel momento, gli occhi di Joe puntati addosso. Lui sapeva, tutti sapevano cosa simboleggiasse Black Dust per lui. Poteva continuare a negare fino alla morte, ma le voci avrebbero continuato a rincorrersi, di porto in porto.
La Royal aveva toccato la sponda dell’isola, e subito i suoi uomini avevano gettato l’ancora. In molti si erano affrettati a scendere dal vascello, stiracchiandosi visibilmente e toccando quasi con incredulità quella terra che tanto a lungo era mancata da sotto ai loro piedi. C’era una generale sensazione di gioia che serpeggiava tra i vari membri dell’equipaggio, e non era difficile intuirne il motivo.
A lungo andare, fermarsi in un porto può diventare una necessità. Jude aveva sempre faticato a sentirla, perché per lui ciò che contava veramente era viaggiare, esplorare, scoprire – e soprattutto tenere lontani i ricordi della terraferma –, tuttavia capiva chi si sentisse gratificato dal fermarsi, dal cambiare visuale per una volta e non essere circondati unicamente dal mare.
Forse un tempo era stato così anche per lui, solo che ormai faticava a ricordarlo – o forse preferiva non farlo.
Degli uomini erano accorsi dalle strade dell’isola, ricolme di abitazioni. Jude aveva immaginato che volessero aiutarli nell’approdo, tuttavia s’era dovuto ricredere in fretta quando si era ritrovato la punta di una sciabola premuta contro la gola.
«Chi siete voi?», gli aveva domandato rudemente un giovane, un ciuffo di capelli castani che gli pendeva sopra il capo.
Jude lo aveva fissato, non senza tradire la propria irritazione. Quella era anche casa sua, in fin dei conti.
L’equipaggio della Royal aveva preso a mormorare pericolosamente fra di loro, e Jude non dubitava che alcuni di loro fossero già pronti a mettere mano alle spade. Lui stesso aveva avvicinato il proprio palmo al fodero, pronto a contrattaccare all’istante, se ce ne fosse stato il bisogno. Era certo che non ci avrebbe messo più di qualche secondo a liberarsi di quel tipo.
Non ce ne fu bisogno.
«Ti sembra questo il modo di accogliere degli ospiti, Caleb?»
Il capo di tutti i presenti si era voltato verso il punto da cui era provenuta quella voce.
Era stato allora che Jude l’aveva visto.
Erano passati anni dall’ultima volta in cui si erano incontrati, tuttavia non gli sembrava essere cambiato di una virgola.
Il clima mite e soleggiato dell’isola rendeva la sua pelle ancor più bronzea, mentre vestiti scuri di seta pregiata fasciavano con eleganza il suo corpo. La vecchia spada affilata risiedeva ancora al solito posto, un fodero in cuoio che pendeva dal fianco sinistro.
Incontrandolo, gli occhi di Jude cedettero di aver avuto una visione.
«Comandante‒» Il ragazzo che l’aveva attaccato – Caleb, per quel che Jude aveva intuito – si era voltato con reverenza verso l’uomo che li aveva raggiunti. «Questi uomini sono approdati all’improvviso. Non eravamo stati avvisati di arrivi imminenti, per questo ho pensato che si trattasse di invasori‒»
«Hai pensato male», aveva tagliato corto l’altro uomo. Ora non aveva tempo di curarsi di quelle sciocchezze.
Jude sentiva due occhi piccoli e neri fissi sul suo corpo, ed era consapevole di essere a sua volta incapace di smettere di fissarlo.
«Jude…»
Il capitano della Black Dust si era ritrovato a sobbalzare sul posto. Era sempre così strano, il modo in cui riusciva a far rotolare ogni lettera del suo nome tra la lingua e il palato, come se ne stesse degustando ogni curva, ogni sapore, al pari di un vino pregiato.
«Ray», aveva replicato lui, seccamente.
Sia l’equipaggio della Royal sia gli uomini di Black Dust avevano preso a mormorare nuovamente tra loro. Da sempre, Jude era stato l’unico a cui fosse concesso chiamarlo per nome, e non era difficile immaginarne il motivo.
«È passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti…» gli aveva fatto notare Ray, e Jude non avrebbe saputo dire se quello fosse un rimprovero. «Ti chiedo di perdonare questa spiacevole accoglienza. Non attendevamo visite.»
«Beh, è stata una situazione un po’ improvvisa anche per noi.» Jude si era stretto nelle spalle.
«Ad ogni modo» Ray gli aveva sorriso calorosamente, «qual buon vento vi porta da queste parti?»
«Lo squarcio nello scafo, credo.»
Ray lo aveva fissato, confuso. Si era poi avviato lungo l’arena, seguito a pochi passi di distanza da Jude.
Il volto dell’uomo era apparso contratto come mai dall’inizio della loro conversazione non appena si era ritrovato davanti al danno subito dal vascello. Quella, per Jude, era stata la conferma che si trattava di un problema serio.
«Siamo stati attaccati», si era affrettato a chiarire.
«Attaccati?», aveva ripetuto Ray, incredulo. «Da chi?»
«Non ne ho idea», aveva ammesso Jude, con aria affranta.
Ray gli aveva rivolto un sorriso, cercando di consolarlo. Poco dopo, aveva avvolto un braccio attorno alla sua vita.
«Avremo tempo per parlarne, ragazzo mio», gli aveva assicurato. Mentre parlava, si era voltato, trascinando con gentilezza con sé anche Jude, per poi iniziare ad indirizzare entrambi verso il cuore dell’isola. «Ora vieni con me. Penseremo noi alla nave e a procurarvi tutto ciò di cui possiate aver bisogno, non temere.»


Black Dust aveva una struttura piramidale. In basso c’erano le abitazioni più umili, di chi nel corso degli anni s’era arricchito meno e, man mano che si saliva, si trovavano ambienti sempre più sfarzosi, le residenze dei pirati che avevano accumulato grandi ricchezze.
Tutte le case, però, erano sormontate da un palazzo imponente.
Ed era lì che si trovavano ora.
Erano passati mesi dall’ultima volta in cui gli occhi dell’equipaggio della Royal si erano posati su un pasto così ricco. Lunghe tavole imbandite erano state disposte per loro, e pietanze d’ogni tipo continuavano a circolare da un capo all’altro del grande salone in cui li stavano ospitando.
Gli occhi di David scintillavano davanti all’arrosto che era stato appena poggiato accanto a lui, e lo stesso entusiasmo sembrava aver contagiato anche Joe.
Mentre osservava i loro volti felici, un sorriso triste aveva fatto capolino sul volto di Jude.
Spesso pensava che non sarebbe mai stato in grado di offrire un pasto luculliano come quello ai suoi compagni. La cosa lo metteva a disagio, forse non era un capitano poi così capace come credeva di essere, per loro…
Ray aveva insistito che si accomodasse accanto a lui. Per loro era stato riservato un tavolo unico, posto sopra una pedana, che offriva una buona visuale su entrambi gli equipaggi, impegnati a nutrirsi in abbondanza.
Jude, al contrario, non aveva toccato cibo.
Aveva la mente ingombra di pensieri, che gli impedivano di godersi quella cena come avrebbe voluto. Teneva tra le dita un calice di vino, lasciandosi inebriare dal profumo della bevanda e sperando che, almeno questa, riuscisse per un poco ad ottenebrargli la mente.
Sfortunatamente, però, non stava funzionando.
La vicinanza a Ray lo mandava in confusione. Continuava a pensare a quei ricordi, che lo tormentavano da prima ancora di approdare, senza lasciargli scampo.
Jude aveva sospirato pesantemente, posando il calice sulla tavola. Non poteva continuare a crogiolarsi così, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.
Si era alzato dalla tavola, senza dire una parola. Era uscito dalla stanza, lasciandosi alle spalle il vociare allegro e confuso degli altri pirati.


L’aria fresca del balcone sembrò rigenerargli istantaneamente le membra.
Jude aveva chiuso gli occhi, sospirando di piacere nel sentire il vento notturno carezzargli la pelle. In lontananza gli sembrava di sentire il profumo di fiori deliziosi.
Non era mai stato facile, con Ray. Jude ricordava ancora quando lo aveva conosciuto, anni prima. Allora non era che un bambino che si divertiva a correre per le strade della sua isola, eppure già a quel tempo Ray aveva intravisto in lui del potenziale.
Gli isolani parlavano. Quando la Black Dust si fermava nel porto dell’isola era sempre un evento. Gli abitanti si erano sempre dimostrati ospitali, temendo altrimenti terribili ripercussioni, e per questo spesso il vascello si fermava lì per rifornirsi di viveri. Ogni volta che succedeva, diventava l’evento più importante della giornata: la notizia volava di bocca in bocca, e presto non v’era abitante che non fosse al corrente dell’arrivo della nave.
Jude era sempre stato affascinato da quegli uomini. Ricordava di come si nascondesse dietro al muro di qualche vecchia casa, giù al porto, e li osservasse a lungo, studiando ogni loro mossa.
Un giorno, però, Ray si era accorto di lui.
Lo aveva sorpreso alle spalle, prima che se ne potesse accorgere. Quando aveva sentito la sua voce, non aveva potuto fare a meno di trasalire.
«Trovi che la mia flotta sia così interessante?», si era sentito chiedere di colpo.
Jude s’era girato, esitante, immaginando di trovarsi di fronte quel capitano così minaccioso che aveva intravisto nei giorni precedenti.
Invece no. Lo sguardo che si era puntato su di lui sembrava essere divertito.
«Se vuoi diventare un pirata, prima dovresti imparare ad usare una spada», aveva commentato l’uomo, impassibile.
Pochi giorni dopo, si era ripresentato da lui con un manichino e una spada di legno. Jude aveva fatto pratica per anni, ed era certo che, se adesso era uno dei migliori spadaccini dei sette mari, lo doveva in gran parte a quegli anni di allenamento.
Quello era un ricordo che Jude richiamava sempre alla mente con un sorriso sulle labbra.
Quando era stato grande abbastanza, era salpato assieme alla Black Dust. Durante le innumerevoli scorribande del veliero aveva avuto modo di perfezionare sempre di più la sua abilità con la spada.
Se ripensava agli anni come vice, tuttavia, qualcosa in lui cominciava a vacillare.
Era sempre stato chiaro a tutti che Dark nutrisse per lui una particolare simpatia. Ray Dark era il pirata più temibile della storia, ed era così paradossale immaginarlo a crescere un ragazzino.
Jude sapeva che l’aveva fatto perché in tutta la sua vita non aveva mai trovato qualcuno che reputasse alla sua altezza. Eppure, col tempo, aveva scoperto che dietro a quelle attenzioni si celava anche dell’altro.
«La cena non era di tuo gradimento?»
Come nel loro primo incontro, Jude s’era ritrovato a sussultare. E, come allora, l’aveva nuovamente raggiunto alle spalle, di soppiatto.
Ray aveva la schiena premuta contro lo stipite di una grande finestra e le braccia incrociate al petto, mentre gli occhi non volevano saperne di staccarsi dalla figura del ragazzo.
Jude s’era voltato piano, cercando di riprendere fiato con circospezione, senza farsi notare. Doveva aspettarsi che sarebbe andato a cercarlo e forse, in fondo, non l’aveva mai del tutto escluso.
«No», aveva risposto, seccamente. «Lo sai che non è per quello che mi sono allontanato.»
Ray aveva sogghignato nella penombra, come se Jude fosse appena caduto in una delle sue invisibili trappole.
Per l’ennesima volta.
«E allora per cosa?», gli aveva domandato, cominciato ad avvicinarsi piano. «Perché a volte ho come l’impressione di non riuscire più a comprenderti, Jude. Credevo che ti trovassi bene qui, e invece mi hai chiesto di partire. Io te l’ho lasciato fare, perché altrimenti mi sarebbe sembrato di tarparti le ali, e adesso sei di nuovo qui.»
«Oh, andiamo, se non fosse stato per lo scafo…»
«Vuoi forse farmi credere che se non vi avessero attaccati non saresti tornato qui?» Ray si era fermato a pochi passi da lui. «Che non ti mancasse questo posto?»
Jude aveva sbuffato, trattenendo una risata nervosa tra i denti. «Vuoi dirmi che mi avresti visto bene a vivere qui tutti assieme, come una famiglia felice?»
Ray lo aveva ignorato. «Che non ti mancassi, Jude?», aveva domandato piano, avvicinandosi al suo collo.
L’aveva detto, finalmente. Jude aveva intuito quale sarebbe stato il punto di quella conversazione prima che cominciasse.
«Scommetto quello che vuoi che avrai provato in tutti i modi a trovare qualsiasi altro posto dove attraccare piuttosto che approdare su quest’isola.»
Colpito.
Ray aveva sogghignato, divertito dal suo silenzio. Sapeva di avere ragione, come sempre, e Jude si era maledetto, perché mai come allora aveva sentito di non essere cresciuto rispetto a quel bambino con la spada di legno.
«Ho ragione io» aveva sussurrato Ray, trionfante. «Chissà perché, poi… siamo sempre stati una bella squadra, io e te… e in questi anni non c’è stato un attimo in cui la tua mancanza non mi abbia tormentato…»
Jude non era riuscito a fare a meno di tremare.
«Per me non è stato così», aveva tentato di mentire.
Troppo facile. Per Ray non esistevano bugie semplici da stanare come quelle di Jude.
«Non ci credo.» Ray aveva leccato la pelle nuda e tremante del collo del ragazzo. «Vuoi che te lo dimostri?»


Gli aveva sfilato la camicia, lasciando che cadesse in un punto imprecisato della stanza, come un cirro leggero che viene mosso dal vento all’orizzonte.
Con una mano aveva operato una leggera pressione sul suo petto, spingendolo a distendersi all’indietro. Un secondo dopo, era di nuovo sopra di lui.
Jude gli aveva preso il volto tra le mani e lo aveva baciato con passione. Aveva perso il conto dell’ultima volta in cui era stato suo, e il fatto che fosse passato così tanto tempo rendeva entrambi ancor più affamati.
Ray gli aveva accarezzato tutto il petto, godendo di ogni sospiro, di ogni fremito. Aveva spinto con maggiore forza il corpo del ragazzo contro il materasso sotto di loro, tremando non appena i gemiti di Jude gli erano giunti alle orecchie.
«N-Non volevo… che andasse a finire così…», aveva obiettato il ragazzo.
Ray aveva roteato gli occhi. Pazientemente aveva calato i calzoni morbidi del giovane, avvicinando senza esitazioni la mano all’inguine già compromesso dall’eccitazione.
«Ti aspetti davvero che ci creda?», gli aveva domandato.
Jude aveva gemuto di nuovo, e Ray ne aveva approfittato per scendere a lasciare nuovi baci sul suo collo, perché voleva continuare a sentire la voce del ragazzo che lo pregava, lo supplicava.
Non vedeva l’ora di renderlo suo ancora una volta.


Non riusciva a dormire.
I raggi del sole dell’alba gli colpivano il volto, ma non era questo a tenerlo sveglio.
La felicità di cui i momenti trascorsi con Ray lo riempivano era effimera. Lo era sempre stata, anche quando avevano continuato a viaggiare nello stesso equipaggio.
Chiunque sulla Black Dust era a conoscenza della loro relazione, per quanto non ne avessero mai fatto mostra alla luce del sole. Tutti, però, avevano sentito Jude gemere, nelle stanze di Ray, ogni singola notte di navigazione. Non era difficile immaginare cosa succedesse tra le lenzuola di quel letto, considerando anche la complicità che da sempre correva tra quei due.
S’erano dati il primo bacio quasi per sbaglio. Jude era appena tornato da un assalto, entusiasta per il risultato positivo conseguito, ed era corso tra le braccia di Ray, premendo le labbra contro le sue senza pensarci.
Quando se n’era reso conto s’era allontanato in tutta fretta, certo che Ray non avrebbe più voluto saperne nulla di lui.
Il suo capitano, invece, l’aveva guardato con una luce scintillante negli occhi, come se gli fosse appena capitata la cosa più bella della sua vita.
Solo in seguito gli aveva rivelato che da anni ormai aveva cominciato a guardarlo con occhi diversi, e a nutrire per lui una passione sempre maggiore.
Da quel momento in poi erano stati risucchiati in una spirale torbida di passione, che li aveva trascinati sempre di più verso il fondo.
Era per questo che non riuscivano a starsi lontani. Era per questo che, ogni volta che s’incontravano, finivano per essere ancora una volta l’uno dell’altro.
Jude aveva sospirato piano. Non aveva mai voluto stringere con qualcuno un legame sentimentale così forte, perché fin dall’inizio aveva immaginato che sarebbe stato un deterrente che, in una situazione di pericolo, non gli avrebbe lasciato la lucidità necessaria per reagire.
Eppure appartenergli era così bello… come se solo in quel momento si sentisse davvero completo, come se l’oceano finalmente lo colmasse.
Jude era scivolato di lato, alzandosi in piedi e cominciando a recuperare i propri indumenti.
Doveva ritrovare la nave che li aveva attaccati. Dovevano pagare per quello che avevano fatto.
«Scappi via come un ladro?», aveva mormorato la voce di Ray, di colpo sveglio.
Jude s’era immobilizzato sul posto, mordendosi un labbro.
Il ragazzo aveva mosso il capo di lato, perché sapeva che non sarebbe riuscito a sostenere lo sguardo di Ray.
Perché scappava? Era una risposta complessa, la sua.
Iniziava a temere di avere paura della felicità, perlomeno se quest’ultima comprendeva anche Ray. Finché si limitava a viaggiare in mare aperto sentiva quasi di essere felice, ma la verità era che la Royal era un pretesto per non pensare alle questioni in sospeso che aveva lasciato.
E, guarda caso, queste ultime si trovavano tutte a Black Dust.
Accanto a Ray si sentiva finalmente vivo, poteva essere davvero se stesso. Ma quanto poteva durare? Si sarebbe stancato di nuovo della staticità della vita sull’isola, presto o tardi, e sarebbe stato di nuovo costretto a partire?
Era per questo che voleva andarsene. Prima o poi sarebbe dovuto succedere, per questo voleva di nuovo tagliare i ponti in fretta, perché più fosse rimasto più avrebbe fatto male.
Ray aveva ragione: stava scappando. E quella consapevolezza, forse, era perfino più dolorosa di tutta la loro situazione.
Jude si era ritrovato a fissare il panorama che la finestra della camera di Ray offriva: una vista ampia su Black Dust, la città che si preparava ad accogliere un nuovo giorno in un brulichio di vita, che serpeggiava tra i viottoli dell’isola.
Sarebbe stato bello se quello fosse stato anche il suo mondo.
«Devo trovare la nave che ci ha attaccati», aveva ammesso. «Non possono passarla liscia.»
«Uhm, a tal proposito…» Ray si era tirato meglio a sedere tra le coperte e, suo malgrado, Jude si era ritrovato a voltarsi a fissarlo. «Credo di sapere il nome del vascello che vi ha attaccati.»
Jude aveva inarcato un sopracciglio. «Che vuoi dire?», aveva domandato, confuso.
«La polena», era stata la replica di Ray. «Quando mi hai parlato di quello che eri riuscito a vedere del vascello prima che scomparisse, ieri, mi è tornata alla mente una cosa. Qualche mese fa si è fermata a Black Dust una ciurma di formazione piuttosto recente. Sono rimasti per qualche giorno per rifornirsi di provviste, e ricordo che la loro imbarcazione aveva come polena la figura di un uomo anziano, con una folta barba e una corona posata sul capo.»
Jude aveva incrociato le braccia al petto.
«All’inizio avevo pensato che si trattasse di Poseidone, per via della corona – sai, no, il re del mare…», aveva continuato Ray. «Ma mi ero sbagliato. Si trattava di un altro re, quello del cielo. Ne ho avuto la conferma quando ho saputo il nome del vascello: la Zeus.»
Eccola, l’informazione che cercava. Jude era riuscito a trattenersi a stento dal saltellare sul posto: finalmente aveva scoperto il nome della nave che li aveva attaccati.
«Non è tutto», aveva ripreso Ray. «Da quello che mi è parso di capire, il capitano, Byron, era intenzionato a dirigersi verso le Azzorre dopo la sosta qui a Black Dust…»
Gli occhi di Jude erano stati attraversati da una scintilla di eccitazione. Sì, finalmente sapeva quale direzione avrebbero dovuto prendere.
«Non c’è tempo da perdere, allora.» Jude aveva cominciato ad avviarsi in fretta verso la porta della stanza. «Devo subito avvisare la ciurma del nuovo piano di navigazione…»
«Jude, aspetta…» Ray si era alzato repentinamente dal letto, scattando verso il ragazzo e circondando piano il suo polso con le dita.
Jude si era voltato nella sua direzione, un’espressione interrogativa dipinta sul volto.
«Lasciami venire con te», aveva proposto Ray. «Siamo ancora un’ottima squadra, io e te, possiamo fare grandi cose insieme…»
Jude aveva scosso il capo lentamente. «Non se ne parla», aveva replicato. «Se ti succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai.»
«Beh, lo stesso vale anche per me!», aveva insistito Ray. «E poi lo vedi che non riusciamo a restarci distanti? Se ti seguissi saremmo sempre a contatto, niente più sacrifici per entrambi…»
La voce di Ray adesso era più bassa, suadente. Jude sapeva che stava cercando ancora una volta di soggiogarlo, ma al tempo stesso non riusciva a dargli torto. Se la staticità dell’isola lo tormentava, l’idea di provare sia la libertà che viaggiare in mare gli faceva provare sia il brivido e l’eccitazione di poter avere ancora una volta Ray al proprio fianco era impagabile.
Sarebbe stata la soluzione perfetta, lo sapevano entrambi. Eppure Jude tremava al pensiero di lasciarsi persuadere. Troppe volte aveva accarezzato quella felicità, salvo poi dovervi rinunciare.
«E Black Dust?», aveva domandato.
Ray gli aveva sorriso. Si era avvicinato lentamente, circondando il corpo del ragazzo con le braccia. Jude ci si era abbandonato contro, come per una vecchia abitudine, e Ray gli aveva accarezzato i capelli.
«Ho uomini fedeli che non esiterebbero un istante prima di accettare l’incarico di occuparsi di quest’isola», gli aveva confidato. «Ti prego, Jude, lasciati convincere… nulla per me vale tanto quanto te…»
Il ragazzo aveva sospirato. Aveva paura, paura che quella felicità meravigliosa potesse frantumarsi tra le sue mani da un momento all’altro, prima ancora che potesse rendersi conto che s’era incrinata.
Era però altrettanto ottenebrato dal desiderio di viverla, la felicità. La bramava più di ogni altra cosa al mondo, più di migliaia di forzieri pieni di preziosi, più della gloria. Avere Ray ancora una volta al suo fianco, navigare assieme attraverso acque cristalline… era una prospettiva troppo allettante per potervi dire no.
Jude aveva alzato lo sguardo e si era ritrovato con gli occhi di Ray nei suoi. L’uomo gli aveva sorriso, e le sue labbra si erano piegate come specchiandosi in quell’espressione.
«E va bene», aveva acconsentito.




▬ notes

Allora, anzitutto: buon ferragosto a tutti!
Sì, lo so, è abbastanza folle pubblicare oggi e forse sono l'unica a farlo, ma ci sono pur sempre le mie stupide scalette da rispettare, per cui eccomi qui, a lavorare anche quando gli altri non lo fanno, lol.
Passando alla cosa che invece personalmente mi "preme" del capitolo: sì, ho messo la mia otp anche qui. Mi dispiace, sono una brutta personcina, lo so
– ma guardate il lato positivo, almeno qui Jude ha circa vent'anni !!!
Non so esattamente cosa dovrei dire. Forse inizialmente la storia doveva fermarsi qui, perché il prompt che avevo messo su twitter [ qui ] in realtà si fermava a Jude che ripensava a ciò che aveva lasciato a Black Dust, cioè quello che più o meno ho spiegato in quest'ultimo capitolo. Poi okay, come mi pare di aver accennato in passato nel corso dell'ultimo anno l'idea ha preso forma nella mia testa con maggiore chiarezza, si sono aggiunte altre scene e quella che doveva essere una os si è tramutata ben presto in una long, ma okay, dettagli.
Per esempio, l'aneddoto di Jude bambino con la spada giocattolo in legno inizialmente non l'avevo minimamente immaginato, l'avevo scritto molto alla buona rielabolando le scene che avevo abbozzato su twitter
– potete trovarle sotto al tweet che vi ho linkato prima –, e forse per un po' ho pensato anche di toglierlo, però adesso rileggendo mi ha fatto tenerezza e quindi nulla, è rimasto lì dove sta ahahah. Forse può sembrare un po' strano che Kageyama vada in giro a regalare spade finte a bambini incontrati per strada, ma alla fine è Kags, forse da lui posso aspettarmi questo e altro.
Tornando a Ray switcho a caso tra i nomi originali e quelli dell'adattamento, sì, lo so, gomen in questa storia il suo personaggio sarà fondamentale, e non solo per la relazione con Jude. Per cui sono ancor più contenta che ci sia, yay ma d'altronde da me dovevate aspettarvi questo e altro
Non dovevo dire molto per questo capitolo ma sento di star dilungandomi inutilmente, per cui penso che la chiuderò qui. Spero che la storia vi piaccia ancora, e che deciderete di seguirla lo stesso, nonostante le ship.
A presto,
Aria
   
 
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