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Autore: sunonthesea    17/08/2020    0 recensioni
una raccolta di songfics dove si uniscono due delle mie cose preferite: la musica italiana e Good Omens.
Non è detto che le tematiche delle canzoni vadano a pari passo con quelle della one shot, ma posso assicurare che ci sarà tanta tristezza.
Scusate in anticipo.
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dimmi cosa sei venuta a fare
Se vuoi restare oppure andare via
Ma quanto pesa la malinconia
Ma quanto costa dire una bugia

 

Appena varcata la soglia dell’appartamento di Crowley, l’angelo sentì una stretta allo stomaco.

Si sentiva nel posto sbagliato al momento sbagliato, e quella sensazione aveva iniziato a sentirla da quando erano scesi dal bus. Precisamente, da quando il demone aveva avuto la brillante idea di abbandonare le sue dita, slacciare il nodo perfetto che si era creato.

Evidentemente era quello che aveva scatenato tutto. Ma andava benissimo così, non voleva rendersi asfissiante e fargli domande assurde tipo “ehi, posso stringerti la mano?”.

Era inappropriato fare quelle domande. Era inappropriato e stupido. Poteva benissimo vivere con quel peso, come aveva sempre fatto in situazioni del genere.

-Allora- Crowley, nel voltarsi, gli parve esausto. I capelli rossi avevano perso il loro ordine naturale, il disordine che si era impossessato di loro. Dietro gli occhiali da sole gli occhi ambrati erano stanchi, Aziraphale poteva vederli anche attraverso il vetro scuro, e il sorriso pareva più una smorfia da maschera tragica che un’effettiva dimostrazione di un qualsivoglia sentimento.

Aveva imparato ad osservare il suo corpo per comprenderlo, e sapeva che quello non era un buon segnale. Era stanco. Stanco di ogni cosa. E lui rispettava le sue sensazioni. Rispettava ogni cosa di lui.

Era il minimo.

-Vuoi entrare oppure stare qui come un allocco fino a domani?-.

-Potresti riformulare la domanda in modo più gentile?-

il sorriso divenne notevolmente più piccolo, quando il demone entrò a passo svelto in casa sua seguito dall’altro. -Non ho molto da offrirti- borbottò, avviandosi verso il luogo dove teneva gli alcolici.

Né l’uno né l’altro sapevano bene cosa sarebbe successo il giorno dopo. Forse sarebbero morti. Era l’opzione più probabile, era quello che succedeva ai traditori. Avevano tradito le rispettive parti, avevano incasinato il piano per la fine del mondo. Avevano fatto tutto quello, ed ora era il momento di saldare i conti.

Il pensiero della morte era nello sfondo del suo cervello, sicuramente non nel posto principale. Era lì, certo, ma quando c’era Crowley attorno a lui, la sua mente era perennemente concentrata su di lui. Sul suo viso, sui suoi capelli, sulla sua voce.

C’era solo Crowley. Nessun altro.

Esattamente come quella volta, nella chiesa. Temeva di discorporarsi, ma appena il demone era entrato nell’edificio per salvarlo si era sentito leggero, come una piuma. La paura era scomparsa. C’erano solo quelle iridi dorate a fare da scudo contro i suoi timori.

-Non c’è problema- mormorò il biondo, scrollando le spalle e aggiustandosi l’impermeabile. -Mi basta restare qui-.

 

Anche se adesso fuori è buio un giorno smetterà
Con te diventava sole anche una lucciola

 

Si sedettero sul divano, osservandosi dritti negli occhi. Non era una cosa che facevano molto spesso, Crowley e i suoi occhiali erano praticamente una cosa sola, però in quel secondo non c’erano barriere, non c’erano ostacoli.

C’era solo l’azzurro che si fondeva con l’oro, due figure a pochissimi centimetri l’uno dall’altro in un totale silenzio, come se qualcosa si fosse impossessato dell’aria attutendo ogni altro suono.

Aziraphale non era un fan dell’appartamento di Crowley, nel suo insieme. Era troppo ordinato, era troppo spoglio. Gli ricordava il paradiso, nel suo ordine così macchinoso e poco...umano.

Sì, nell’appartamento di Crowley mancava l’umanità. O forse c’era, ma era un lato di essa che lui (fortunatamente) non aveva avuto modo di incontrare.

Quindi, lui cercava di non guardarsi attorno, concentrandosi solo sulle iridi dell’altro.

Erano così belle.

Speciali.

Era un peccato che se le coprisse sempre con gli occhiali da sole. Nonostante fossero simili a quelle di un serpente, avevano lo stesso colore del sole.

Quello che probabilmente non avrebbe più visto, dopo quella notte. Ma a lui cosa importava? Aveva un sole proprio davanti ai suoi occhi, un sole che si era girato a materializzare una bottiglia di vino e due bicchieri solo per dargli qualcosa.

Solo per accoglierlo.

-Non...- fece per gesticolare il rosso, le mani scheletriche che per un soffio non persero la presa sul vetro umido, quando venne fermato da un cenno dell’altro.

-Va bene così, Crowley- mormorò il biondo in un sorriso comprensivo, ricordandosi per un attimo perché era stato creato. Era un angelo, era il suo dovere far stare bene le persone. O i demoni. O chiunque. -Sei stato molto gentile a farmi stare qui- non aveva altro posto dove andare, la sua libreria, la sua casa, era andata distrutta, ma ora era lì. Crowley si era offerto per fargli da casa, per quella notte.

E non era nemmeno la prima volta, dannazione.

L’altro era palesemente a disagio. Lo si poteva notare dalle labbra increspate, dal ticchettio delle dita sui pantaloni stretti come le spire di un serpente. Non era mai pronto a quei contatti così vicini, soprattutto in momenti come quelli.

-Cos’altro avrei dovuto fare, angioletto? Lasciarti sul ciglio della strada come un cagnolino abbandonato? Sotto la pioggia?- l’espressione perplessa dell’altro era tutto un programma.

-Non abbiamo bisogno di mangiare o dormire, avrei trovato comunque un modo per passare la serata-

-Oh, riesci sempre a rovinare tutto!- il demone fece un movimento annoiato con la mano, come a scacciare una mosca particolarmente molesta, per poi passargli il bicchiere –volevo farti un piacere e non volevo peggiorarti l’umore facendoti restare al freddo tutta la notte- terminò con un borbottio.

-Be’, grazie- il freddo del bicchiere pieno di quel liquido del colore dei raggi del sole si scontrava con il caldo che l’angelo stava provando nelle ossa. -Molto gentile-.

-Quando vuoi-.

 

Se vuoi da bere,ti offro un drink
Rompi un bicchiere, sembrava un film
Tu vino bianco ,io niente alcool
Cambi discorso, parliamo d'altro

 

-Perché non bevi?- nel vedere le mani vuote di Crowley mentre la bottiglia si smaterializzava, Aziraphale inarcò il sopracciglio, dubbioso. Crowley beveva sempre, ogni volta che si incontravano. Era strano non vederlo direttamente tracannarsi la bottiglia.

Era molto strano.

L’altro rispose con un’espressione accigliata, come se gli avesse appena fatto una domanda assurda, passandosi la mano tra i capelli. -Voglio restare sobrio, almeno questa sera- rispose, il tono che rasentava il sussurro. Si vedeva che non stava bene, che non era per niente sereno. Era l’effetto dell’avere la morte sulle spalle, il pensiero sempre vorticante nella testa.

Il demone era sempre stato uno che tendeva a pensare troppo.

-Immagino-

-Non voglio sprecare la serata a dire cose stupide-

-Onesto come piano-

- No, seriamente. Domani succederà qualcosa, e non voglio…-

-Crowley. Caro- l’angelo non poteva mostrarsi spazientito, non se la sentiva di rovinare l’atmosfera con uno dei suoi commentini acidi, però non poté fare a meno di contrarre le labbra in un sorriso divertito –va tutto così. Davvero-. Sentiva il sangue pulsare nel suo corpo mentre gli passava una mano sul dorso scarno, ricevendo in risposta solo uno sguardo ancora più pensoso.

Crowley, come già detto, pensava troppo. Cercava di nasconderlo, certo. Ma spesso non ci riusciva. Faceva commenti su ogni cosa, almeno nella sua testa, e i suoi pensieri più cupi erano rivolti verso gli umili, i bambini, gli indifesi.

Ponderava sempre le azioni degli altri usando l’impatto di quelle azioni sulle già citate categorie come peso per misurare la malvagità di un’azione, come quella volta in Mesopotamia.

Ci teneva agli altri. Teneva al suo destino.

Era un demone dal cuore d’oro, per farla breve. Uno dei pochi, uno dei difettosi.

Talmente ribelle da aver tradito l’Inferno stesso con tutti i diavoli.

Fece un grande sospiro, appoggiando la schiena al divano con un tonfo sordo. -Sono contento di essere assieme a te, angelo-.

-Anche io-

-Bene-.

Crowley iniziò a guardare il soffitto, il piede che ritmicamente batteva sul pavimento. -Dove vanno i demoni quando muoiono, secondo te?-. Disse quelle parole con il tono di un bimbo incuriosito davanti alla vetrina di un museo, ricordiamo che proprio a causa di domande scomode si era fatto sbattere fuori dal cancelli di perla, ma alle orecchie dell’angelo quella domanda risuonò come universale, qualcosa che aveva senso anche per lui.

Dove vanno gli angeli quando muoiono? Assieme ai demoni? Non sapeva rispondere, ma non voleva lasciarlo così, a bocca asciutta.

Sospirò pure lui, sedendosi vicino alla figura del demone sul divano di pelle.

-Non ne ho la minima idea- rispose con sincerità, grattandosi la nuca –ma suppongo che domani lo scopriremo-

-Già-

-E non hai paura?-

-“Per una mente ben allenata, la morte è solo una nuova, grande avventura”- citò a memoria con un sorrisetto, creando cerchi nell’aria con l’indice –l’ho sentita in un film, una volta-.

Aziraphale rimase sorpreso dal sentire Crowley citare Harry Potter, allargando il sorriso per non trasmettere l’angoscia che gli stava lentamente divorando quel che rimaneva della sua anima.

-E la tua mente è allenata?- chiese ancora il biondo, avvicinando la mano tremolante a quella dell’altro, solo per scacciare i brutti pensieri che circolavano nella sua testa. Era la sa ultima notte, la loro ultima notte, non voleva morire con dei rimpianti.

La sensazione delle dita che andavano di nuovo a legarsi gli fece per un secondo dimenticare quello che stavano passando, quello che stavano per passare.

-Penso di sì- ottenne in risposta uno sbuffo. -E la tua?-

-Penso anche io di sì- era stanco di fare quei discorsi, voleva parlare d’altro.

Ma le parole gli mancavano.

 

Dimmi che ore sono dai,dimmi che ora siamo noi
Siamo un'ora indietro sai, il resto lo vedremo poi
Siamo un sentimento ,o un presentimento
Che passato esiste,ma il futuro è incerto

 

-Ci sei mai stato ad un matrimonio?- Crowley decise di prendere le redini della conversazione, tornando a fissare l’angelo con i suoi grandi occhi. Aziraphale le aveva notate subito, le piccole lentiggini che gli coprivano il naso, e non poteva non fare una smorfia dolce nel vederle. Erano rimasugli di polvere di stelle rimasta dal suo lavoro, all’alba dei tempi.

Era così bello.

Così...speciale.

Era proprio un peccato averlo visto così tardi, aver così poco tempo davanti.

Però dovette concentrarsi su quella strana domanda, cercando ancora una volta di dare una risposta. Cercò di ricordare tutti gli anni in cui era rimasto sulla Terra, per poi arrivare ad una bizzarra conclusione: non era mai andato ad un matrimonio.

-No. Non ci sono mai stato- rispose semplicemente, per poi chiedersi il perché della domanda. Crowley non era un tipo smielato, sicuramente non si trattava di un discorso strappalacrime sui sentimenti o roba del genere.

Anche se l’angelo forse sperava che lo fosse.

-Cosa?- sorpreso, il demone emise quella che sembrava una risata, ma poteva benissimo essere scambiata per un ringhio. -Un angelo che non è mai andato ad un matrimonio?-.

-Sono stato abbastanza occupato in questi secoli-

-A mangiare sushi?-

Aziraphale alzò gli occhi al soffitto, sospirando rumorosamente. -Dove vuoi arrivare?- sbottò impaziente, quando vide l’altro alzarsi in uno dei suoi movimenti fluidi, il vuoto tra le sue dita che era ritornato.

Era stupendo da guardare. Il corpo serpentino racchiuso in vesti così strette, le mani che ondeggiavano nell’aria. Gli occhi che ritornarono a puntarsi su di lui con uno scatto. - Nei matrimoni solitamente ci sono delle danze, o almeno...- si diresse verso il cellulare che aveva abbandonato sul tavolo, trafficando un secondo sotto lo sguardo confuso dell’angelo. Stava per succedere qualcosa di stupido, e lui era vagamente spaventato.

Erano secoli che non ballava.

Poi, con un’altra persona, non gli era mai capitato. Era tutto così strano! Ma non era male, come ultima serata.

Come ultima serata.

Ogni volta che ci pensava, un brivido gli scendeva sulla schiena.

Il giorno dopo, sarebbero morti entrambi.

Dopo interminabili secondi, dal cellulare del rosso partì una musica lenta, antica. Il tamburello che andava a ritmo con le parole, in quella che sembrava una ninna nanna straordinariamente rilassante.

Non era di certo nello stile di Crowley, e questo dava un risvolto ancora più strano alla vicenda.

-...alla fine delle danze sfrenate c’è sempre il ballo lento- nel terminare la frase, il demone porse la mano all’angelo, un sorriso straordinariamente casto ad incoronare il suo volto. -Ti andrebbe di provare?-.

Aziraphale accettò l’invito, alzandosi. Era agitato, lo si poteva notare dal sorrisetto ansioso sul suo volto, o dall’espressione che in qualche modo riusciva a comunicare sconforto.

Era pronto? Forse. Forse.

Si mise davanti all’altro, la differenza di altezza che non poteva non essere notata, aspettando con trepidazione. La musica continuava a gracchiare dal cellulare del rosso, che in quel momento sorrideva soddisfatto.

- Cosa...cosa dobbiamo fare adesso?-

-Io metto la mano qui- in un movimento rapido, Crowley appoggiò la mano sulla spalla del biondo. Inutile descrivere la scossa che lo stesso sentì attraverso le ossa.

-Ora- il demone sfiorò al mano dell’altro, portandola sul suo fianco. L’angelo era confuso. No, spaventato. Cosa stava per succedere? Non lo sapeva nemmeno lui.

Ma tutto ciò, in qualche modo, gli stava piacendo.

Si ritrovarono vicini, forse troppo vicini, l’espressione liquida di Aziraphale che era letteralmente tutto un programma. Crowley, dal suo canto, era rilassato, la musica che si stava decisamente allungando più del normale.

-Ora?- l’angelo non capiva perché si fosse interrotto, forse per godersi la musica.

-Ora mi segui- con quella frase così semplice, il demone iniziò a fare dei movimenti lenti al ritmo della musica, lasciando che l’angelo si abbandonasse alla corrente. Aziraphale si sentiva sollevato, nel seguire i movimenti esperti dell’altro. Si sentiva talmente sicuro da appoggiare la fronte sulla spalla dell’altro, inspirando il suo profumo. Non era zolfo, come aveva sempre immaginato. Piuttosto, Crowley profumava di fiori, di crema da sole. Crowley profumava d’estate.

Entrambi erano esausti, entrambi non ne potevano più. Avevano sventato l’apocalisse, stavano per morire.

Erano stanchi. Aziraphale era stanco, e nell’appoggiare la fronte sulla spalla del demone stava comunicando la sua resa.

Si era arreso.

Era meglio così, Crowley l’aveva capito. Aveva avvicinato i due corpi, rendendo la danza un abbraccio in movimento.

Era come se ogni cosa si fosse annullata, lasciando solo loro due ballare in quella stanza la notte prima della loro morte.

Ogni cosa sembrava non esistere. E forse era anche così.

 

Come un dipinto nella notte ti verrò a cercare
Per te giuro ho sceso forse un milione di scale
Afferrami la mano prima di cadere
Tutti i girasoli adesso son fiori del male

 

-Sai- Crowley non amava il silenzio, rendeva più rumorosi i pensieri. -Non pensavo che tu fossi così-

-Così come?-

-Così...- i ricordi della mancata apocalisse, l’orgoglio con cui teneva quella spada infuocata in mano. La sua forza. -Coraggioso-.

Aziraphale alzò le spalle, sentendo le sue interiora bollire. A volte era un vero orrore essere umani. -Oh, grazie- sorrise sulla sua spalla, quando un’idea gli attraversò la mente.

Erano gli anni quaranta, piena guerra. Crowley l’aveva salvato, ancora. Aveva sentito per la prima volta quel calore anomalo, quel pensiero di stargli sempre accanto. Di volerlo salvo. Lo voleva al sicuro, lo voleva vicino a lui.

Cos’era? Probabilmente amore, ma non ne era sicuro. Forse Crowley conosceva la risposta, bastava solo chiedere.

Tanto, nulla aveva più senso.

-Senti, Crowley...- iniziò, la voce che usciva a stento dalle labbra –c’è una cosa che devo dirti-

- Be’, anche io-

-Allora vai prima tu-

-Nah, vai prima tu-

Aziraphale si morse l’interno della guancia, cercando di creare un discorso sensato. -Ti ricordi quella volta, durante la Seconda?- iniziò, stringendo le dita alla giacca dell’altro. Le parole si stavano creando nel suo cervello, cercando di non spaventarlo.

-La storia della chiesa?-

-Esatto-.

Crowley si ricordava benissimo quella volta, oh sì. Ricordava l’odore del fumo dopo il bombardamento, la sua entrata speciale nell’edificio e le sue battute piccanti. Il bruciore sotto i suoi piedi che riempiva di lacrime i suoi occhi. L’espressione sorpresa di Aziraphale mentre gli passava la borsa con i suoi libri.

Ricordava anche loro due nella libreria del biondo, le sue mani che pazientemente applicavano cerotti sulle bruciature.

Ricordava ogni cosa di quel giorno, fortunatamente. Aveva un ruolo essenziale in quello che avrebbe detto dopo.

-Ecco, io...- stava per dire una cosa stupida. Stava per dire una cosa orribile e non voleva dirla. Ma sentiva le parole bloccate nel suo stomaco, che non potevano non uscire. Era obbligato. Non poteva più tirarsi indietro.

Stava per dirlo, le parole stavano per uscire.

-Io penso di amarti, Crowley- riuscì finalmente a mormorare.

L’aria si fermò, giusto in tempo per far sentire una risatina. Era il rosso, che con un movimento lento lo strinse a sé.

Il biondo si dimenticò di respirare per una buona decina di secondi, sgranando gli occhi. Non si erano mai abbracciati così. Non era mai successo. Non sapeva cosa fare.

-Anche io- nel sentire il mormorio dell’altro, una parte del suo cuore si sciolse. Cosa? Davvero? Era davvero così semplice? -Ma è un peccato, sai. Abbiamo solo più questa notte-. Il tono del demone era affranto. Era spezzato.

Probabilmente stava per mettersi a piangere.

Esattamente come l’angelo.

I due non mostravano molto le reciproche emozioni l’uno con l’altro. Forse perché entrambi avevano sempre avuto il timore di far cadere le loro maschere, di sembrare deboli.

Ma in quel momento, a differenza delle altre volte, nulla aveva più importanza.

Una lacrima solitaria abbandonò gli occhi del biondo, andando a sciogliersi sulla giacca dell’altro. -Sono stato uno sciocco ad averlo compreso così tardi- anche la voce dell’angelo si era ridotta ad un sussurro strozzato.

Era spaventato.

Era triste.

Era entrambe le cose.

Tremava come una foglia al vento, tenendosi stretto all’altro come se fosse sul punto di cadere in un burrone. E l’altro lo stringeva, lo proteggeva come uno scudo.

-Io ti amo, Crowley- iniziò a singhiozzare l’angelo, le labbra strette tra i denti per cercare ancora di darsi un freno che ormai aveva smesso di funzionare. -Quando...quando eravamo alla chiesa io...io non...-

-Va tutto bene, angelo- il demone guardava avanti, deciso su cosa fare. Voleva tenerlo così stretto, lasciare che si calmasse. Avevano sprecato troppo tempo a rincorrersi, e ora che si erano presi era finito il tempo per giocare.

Il mondo ha un’ironia così crudele.

 

Ci siamo persi per riprenderci
Ci siamo scelti per non sceglierci
Ma anche tra mille anni,io sarò ancora qui
Siamo eterni come il bacio di Klimt

 

-Non va tutto bene- l’angelo tirò su con il naso, cercando di riavere un aspetto presentabile. -Moriremo. Tra poche ore. Non abbiamo tempo per fare nulla, per distruggere quello che siamo qui. Non abbiamo tempo per-

Venne zittito da un bacio rapido e indolore, uno di quelli che si possono vedere nei film per adolescenti.

Era casto. Era puro. Angelico.

Aziraphale si sentì morire e rinascere in un mezzo secondo. Che piacevole sensazione.

-Mi hai baciato- l’angelo riuscì solo a sottolineare l’evidenza, sorpreso. L’aveva baciato. Si erano baciati. Ad un passo dalla fine del loro mondo.

-A quanto pare- Crowley sembrava più sorpreso di lui, un sorriso che si stava allargando sempre di più sul suo volto. -Cazzo...scusa?- si grattò la nuca, guardando negli occhi l’altro. Sembrava veramente confuso pure lui, come se avesse fatto tutto per impulso, senza ragionare.

E forse era esattamente così.

I due si scrutarono per minuti interminabili, dopodiché entrambi scoppiarono in una risata. Risate nervose, decisamente poco spensierate.

Ma almeno erano risate.

Di certo non sapevano cosa avrebbe riservato loro il futuro, ma una cosa era certa. Avrebbero affrontato ogni cosa nella stessa maniera come da seimila anni a quel momento: assieme.

Come un dipinto nella notte ti verrò a cercare
Per te giuro ho sceso forse un milione di scale
Afferrami la mano prima di cadere
Tutti i girasoli adesso son fiori del male

 

Erano nella camera da letto del demone, il letto a castello che si stagliava nella parete dipinta di nero. Crowley non aveva dato spiegazioni in merito alla presenza di un letto a castello, nonostante lui vivesse da solo. Era uno dei suoi tanti misteri.

Stava osservando l’angelo svestirsi, il suo pigiama materializzato sulla sedia vicino a lui. Avevano deciso che entrambi avrebbero dormito, almeno quella notte.

Era strano da dire, ma entrambi ne avevano bisogno.

-Fuoco infernale?- avevano iniziato un discorso poco prima, dopo che entrambi erano tornati un minimo lucidi.

Stavano parlando di cosa li avrebbe aspettati il giorno dopo.

-E acqua santa. Esattamente- Aziraphale affermò, mettendosi le mani in tasca. Era una cosa che faceva abbastanza spesso, in realtà. Aveva dei precedenti, con i contenuti delle tasche, e non voleva ripetere certe esperienze che forse racconteremo un’altra volta.

Avevano deciso che oramai era inutile piangere sul latte versato. Avevano fatto le reciproche confessioni. Si erano baciati.

Tutto bello, ma ora era il momento di dormire.

Mise le mani nel tessuto, aspettandosi come al solito nulla. Ma in quel caso, andò diversamente. Le sue mani si scontrarono con un foglio antico, ruvido sotto le mani.

Lo tirò fuori, non capendo.

- Cos’è?- borbottò il demone, già in canottiera e pronto a dormire, nell’individuare il foglio tra le mani dell’angelo.

- Non ne ho la minima idea- disse, già analizzando. La carta era antica, non qualcosa di recente, ed era stata strappata da un libro. Girò il foglio, leggendo solo una frase: “quando arriverà il momento, scegliete le vostre facce con saggezza”. La lesse ad alta voce, ricevendo un’occhiata stranita dall’altro.

-Cosa significa? È una profezia?-

-Probabile-

-Hai voglia di analizzarla?-

L’angelo scrollò le spalle, notando con piacere che il demone aveva fatto spazio per lui nel letto di sotto, in modo da dormire assieme anche in quello spazio così piccolo.

-Forse domani non saranno così precisi, è probabile che avremo tempo per controllarla e trarre conclusioni-.

- Mi piace il tuo modo di pensare- ritrovandosi entrambi a distanza ravvicinata sotto la stessa coperta, il demone aveva iniziato a stringerlo per tutte le volte che non aveva potuto, beandosi del suo calore. -A domani, angelo- sussurrò, sperando di essere sentito.

-A domani, Crowley-

   
 
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