In questo capitolo
abbiamo tre POV: Shibisu, Bam e finalmente un piccolo scorcio di quello che sta
accadendo nella testa di Khun. Spero di essere riuscita a trasmettere in
maniera chiara i pensieri di ciascuno di loro. Mi risulta molto difficile cercare
di mantenere il carattere dei personaggi, soprattutto perché sono situazioni in
cui non è facile immaginare come potrebbero comportarsi. Se risultassero troppo
OC, spero non vi dia fastidio.
Buona lettura!
Capitolo 6: Control
Shibisu trovò insolitamente piacevole
trascorrere il tempo in quella vallata. Le giornate erano lunghe e tranquille e
dover finalmente passare un po’ di tempo lontano dai test, dalle battaglie e
dalla continua ansia di dover raggiungere il piano successivo o di escogitare
una nuova strategia era così strano, seppur familiare. Era così la vita prima
di entrare nella Torre.
Aveva dimenticato quanto poteva essere piacevole la normalità.
Ogni tanto, quando la monotonia cominciava a
farsi sentire, lui e Hatz uscivano dalla piccola valle a esplorare le colline
circostanti, il clima lì fuori era estivo e le giornate sempre luminose e
limpide. In particolare, amavano sostare qualche ora sulle sponde di un
lago nel versante opposto alla vallata e facilmente raggiungibile seguendo il
corso di un piccolo torrente che l’attraversava, ma che, grazie al loro amico,
era in parte congelato.
Khun invece non lasciava mai la radura, ogni
tanto spariva a girovagare per la valle, ma la maggior parte del tempo la
trascorreva a lavorare alla sua lighthouse portando avanti i suoi incarichi di
informatore. Dormiva pochissimo, cinque, massimo sette, ore alla volta, e
poteva restarne sveglio anche per più di venti prima che il firefish venisse sopraffatto dallo shinsu di ghiaccio del ragazzo. Quando
accadeva, il lightbearer si ritirava a
dormire nella camera dell’ex-fienile, la neve cessava di cadere e il sole
estivo tornava a riscaldare la vallata. Cominciarono a trovare conforto in quei
momenti, non tanto per il clima decisamente più mite, ma in quanto significava
che il loro amico aveva finalmente trovato un po’ di riposo. Una volta, Hatz
gli confidò di aver scorto la figura fiammeggiante di un pesce attraverso la
porta dischiusa della camera, ma che in seguito, quando era entrato a
controllare, aveva solo trovato Khun profondamente addormentato e avvolto nelle
coperte.
Shibisu non aveva ancora capito come il loro
ex-stratega riuscisse a svegliarsi sempre prima che il firefish potesse tornare a causare problemi. Quando glielo aveva
chiesto, l’altro si era limitato a rispondere che era “una sorta di tregua”, ma ciò non fu sufficiente a dissipare le sue
preoccupazioni.
Un giorno lui e Hatz si erano recati all'inizio
della vallata per raccogliere la consegna mensile dei viveri ed Elly, la figlia
del droghiere, – a quanto pare nuovamente incastrata nel turno di consegna dal fratello
fanfarone – li aveva accolti piacevolmente sorpresa: finalmente il suo cliente
sembrava essere uscito dalla sua fase di isolamento.
“Solitamente i suoi pacchi
scompaiono misteriosamente” disse lei utilizzando il termine in codice che
lei e Khun avevano concordato per informarlo di possibili intrusi.
Quell'affermazione fece anche capire a Shibisu
che non erano stati i primi a trovare il lightbearer
e che probabilmente quest'ultimo se ne fosse sbarazzato in qualche modo.
Il loro arrivo aveva comunque spezzato la
routine di Khun che trascorreva volentieri qualche ora in loro compagnia. Le
prime volte aveva persino aiutato Hatz ad allenarsi con la spada, creando
barriere di ghiaccio sempre più spesse che venivano puntualmente tagliuzzate
dal moretto. Era divertente vederli nuovamente bisticciare e punzecchiarsi a
vicenda, ma dopo qualche giorno dovettero smettere perché Khun finiva con lo
stancarsi troppo.
In compenso consumavano i pasti sempre insieme,
come i vecchi tempi alla mensa: il lightbearer
mangiava parecchio e per più volte al giorno, eppure ogni sua energia
veniva letteralmente divorata dal suo costante controllo sul firefish.
Alla sera avevano preso
l’abitudine di accomodarsi nella veranda sul retro a bere, osservando placidamente
il sole che tramontava dietro le colline mentre rivangavano i tempi ormai
passati o gli eventi che li avevano tenuti occupati in quegli anni di distanza.
Come informatore, Khun li aveva sempre tenuti d'occhio e sapeva quasi tutto
delle loro ultime imprese; erano infatti i dettagli, gli eventi della loro
quotidianità che si era perso, ciò di cui era più avido di sapere: come quando
erano riusciti casualmente a trascorrere una giornata al mare, aggirando le
truppe di Zahad, o di quando Anaak aveva riempito il phon di Endorsi con
la farina scatenando la furia della vanitosa principessa. A Shibisu
si scaldò il cuore quando lo vide ridere di gusto al pensiero di Endorsi
imbiancata dalla testa ai piedi.
Parlare di Bam era però sempre difficile. Khun non lo aveva espressamente detto, ma era chiaro che
preferiva evitare di soffermarsi troppo su di lui. L'idea che si era fatto
Shibisu era che Khun si sentisse profondamente colpevole e stesse ancora
cercando di perdonarsi per quanto aveva fatto al suo migliore amico. Prima o poi avrebbe trovato l'occasione per parlarne, pensò,
nel frattempo i due scout evitavano
di menzionare il wave controller a
meno che non fosse strettamente necessario.
Shibisu si meravigliò di quanto la vita potesse
essere tranquilla e piacevole, forse monotona a volte, ma comunque felice.
Tuttavia era chiaro quanto quella apparente quotidianità fosse solo
un’illusione destinata a non durare ancora per molto.
Con il tempo Khun sfioriva sempre di più e la
neve si ripresentava sempre più spesso e sempre più fitta. Shibisu si era
accorto dei tremori che ogni tanto gli scuotevano le mani, dei lunghi sospiri e
dei sussulti trattenuti. Quando pensava di non essere visto, lo scout lo aveva notato mentre, con
espressione alterata, parlava a denti stretti, apparentemente da solo, ma
rivolgendosi in realtà alla creatura che ospitava. Shibisu avrebbe tanto voluto
sapere quali fossero gli argomenti di quelle discussioni, ma non aveva mai
avuto la volontà di avvicinarsi troppo per origliare o il coraggio per
chiederlo.
Pochi giorni prima avevano avuto la prova
definitiva che ormai non restava molto tempo. Lui e Hatz erano in cucina a
giocare a carte, quando i vetri delle finestre avevano cominciato a vibrare.
Una rapida occhiata fuori aveva fatto loro comprendere che all'esterno si stava
scatenando quella che sembrava una vera e propria bufera di neve.
Senza esitare, i due si erano precipitati fuori.
Khun era lì da qualche parte, ma non si riusciva a scorgere a un palmo dal
naso. Nel momento in cui Shibisu era tornato indietro a recuperare i cappotti,
Hatz era già scomparso in mezzo alla bufera.
Preso dal panico aveva cominciato a chiamare a
gran voce i suoi amici e fortunatamente, dopo una decina di minuti, aveva
scorto la sagoma di Hatz tra la neve. Avanzava sorreggendo Khun: un braccio che
gli cingeva il fianco e quello dell'amico intorno le proprie spalle.
Quella volta Khun aveva imposto loro di
allontanarsi, non accettando alcun compromesso e chiedendo categoricamente che
fosse lasciato solo nella villa.
“Ho bisogno
di scaricare un po’ di energia, senza dovermi preoccupare di ferire qualcuno.”
Aveva detto. ll tono era debole, ma i suoi occhi ardevano letteralmente di
risolutezza.
Non sapendo in che altro modo aiutare, presero
lo stretto necessario e fecero come era stato loro richiesto. Quando erano
ormai prossimi al limite della radura, presso il sentiero fra le colline, la
neve aveva già smesso di cadere da parecchio. Nessuno dei due si guardò alle
spalle.
Passarono la notte accampati fuori fra le
colline.
Quando tornarono il giorno dopo, il terreno a un
raggio di dieci metri intorno alla villa era ancora caldo e annerito, un
pungente odore di bruciato impestava l’aria, ma la temperatura era piacevole e
non nevicava, segno che Khun si fosse addormentato. Lo trovarono raggomitolato
sulla scomoda panchina in ghisa del soggiorno. Prima di entrare, attraverso le
finestre, Shibisu avrebbe giurato di aver intravisto una scia infuocata, simile
a un pesce, volteggiare nella stanza.
Hatz lo aveva portato nel letto nell’ex-fienile mentre
Khun non sembrò nemmeno accorgersene da tanto profondamente dormiva. Anche
quando si era risvegliato aveva passato la giornata disteso sulla panca sulla veranda
nel retro, senza nemmeno la forza per stare in piedi. Il giorno dopo sembrava aver
recuperato un poco le forze e aveva ripreso a comportarsi normalmente, ma il
suo volto era sempre più incavato e le sue occhiaie sempre più marcate.
Mai come prima d'ora, Shibisu aveva atteso con
così tanta ansia l'arrivo di qualcuno. Sperò solamente che, una volta arrivato,
Bam potesse veramente risolvere quella situazione come sembrava deciso a fare.
Mancavano ancora più di due settimane al suo
arrivo, almeno secondo i calcoli di Hatz.
…
Quando era molto piccolo qualcuno che ormai aveva
dimenticato gli aveva regalato delle biglie di vetro. Ripensandoci furono forse
quelle piccole sfere a stimolare la sua successiva passione per le gemme e gli
orecchini. In ogni caso, tra di esse Khun aveva ovviamente la sua preferita:
una semplice sfera blu zaffiro con inserti e screziature dorate. La portava
sempre con sé ed era quella con cui giocava più di frequente. Rotolando,
rimbalzano e strofinandosi sulle sue ancora piccole dita, si era effettivamente
consumata parecchio, ma lui restava ancora incantato dalla trama e dai colori
di quella sfera ogni qualvolta la luce la colpiva rifrangendosi tra i suoi
inclusi dorati.
Un giorno, come tutti i bambini della sua età, Khun fece i
capricci. Non si ricordava bene il motivo per cui quel giorno era scoppiato in
un pianto furioso, ricordava solo il profilo impassibile di sua madre che lo
ignorava volontariamente, senza proferire parola o assecondare la sua scenata
infantile. La reazione della donna lo fece diventare ancora più isterico, così,
piangendo e urlando infuriato, perse il controllo e, come se quel gesto avesse
potuto in qualche modo richiamare finalmente l’attenzione della madre, lanciò
con violenza le biglie con cui stava giocando poco prima. Tra di queste, la sua
preferita andò in frantumi scoppiando in una miriade di schegge blu e dorate a
contatto con il pavimento.
Quando si rese conto di quello che era appena accaduto, Khun
osservò quella distesa luccicante di schegge di vetro, con gli occhi sgranati e
arrossati dal pianto; trattenne per qualche secondo il respiro, mugolando
incredulo, e poi riprese a piangere a dirotto ancora più disperatamente. Il suo
petto si strinse in un dolore sordo che non aveva ancora conosciuto a
quell’epoca.
Solo allora sua madre gli si avvicinò e lo prese tra le
braccia sussurrandogli parole di conforto.
“Mio Aguero, non era la tua biglia preferita? Perché l’hai
lanciata in quel modo?” la voce melodiosa e pacata della madre suscitò nel
bambino profondi singhiozzi che scossero tutto il suo corpicino.
Khun provò a rispondere, ma tra le lacrime riuscì a pronunciare
solo poche parole sconnesse. La madre lo strinse forte a sé accarezzandogli i
capelli.
“Hai perso il controllo e hai distrutto una cosa a te cara.”
Discostandolo di poco, gli posò un bacio sulla guancia umida e lo guardò negli
occhi. “Non devi mai cedere alle tue emozioni, non otterrai nulla e finirai
solo con il fare cose di cui sicuramente ti pentirai.”
“Ma-madre…” piagnucolò sconsolato il bambino ancora scosso
dai singhiozzi. Scostandogli i capelli dalla fronte, la donna gli stampò un
secondo bacio. “Sei figlio di tuo padre, mio Aguero…” il suo tono si fece
improvvisamente severo “non voglio mai più vederti abbassare a un simile
livello.”
Detto questo, la donna lo strinse di nuovo al petto,
continuando ad accarezzarlo finché non si fu addormentato.
Affermare che da quel giorno Khun non aveva più perso il
controllo non era propriamente corretto, ma era diventato quasi infallibile
nell’evitarlo. Ogni volta gli tornavano alla mente le parole della madre e
quella biglia screziata d’oro, così si bloccava prima di commettere qualcosa di
cui poi “si sarebbe sicuramente
pentito”.
Tuttavia, cinque anni prima, Khun aveva di nuovo rotto
quella biglia e con suo immenso orrore, ne aveva tratto piacere. Almeno fino a
quando non aveva realizzato che quella non era un insignificante gioco per
bambini, ma colui che riteneva essere la persona a lui più cara.
L’aveva avvolta nelle fiamme accecato dalla furia e dal
senso di onnipotenza.
L’aveva fatto semplicemente perché ne era in grado…
… perché, di nuovo, aveva perso il controllo accecato dalle
sue emozioni.
Risvegliandosi, Khun si mise a sedere sul materasso. Ancora
intontito, posò i piedi nudi a terra. Com’era il pavimento? Era freddo? Caldo?
Non riusciva più a distinguerne la differenza.
“E’ freddo…” gli sussurrò una voce nella testa.
Pigramente, il lightbearer alzò gli occhi di fronte a
sé e nella penombra della camera non vide nulla se non i contorni indistinti
del suo armadio.
Quanto avrebbe voluto continuare a dormire, dimenticando per
qualche altra ora tutte le sue preoccupazioni.
Invece si alzò a fatica, indossando distrattamente la lunga
casacca azzurra sopra il corpo magro e pallido. Paradossalmente ogni risveglio
sembrava portare con sé sempre più stanchezza.
Meccanicamente prese la cintura dalla spalliera della sedia
e l’allacciò in vita.
Si affacciò alla finestra e, scostando la tenda scura, vide
la villa avvolta nelle tenebre; le luci erano spente, quindi suppose che Hatz e
Shibisu stessero dormendo.
Non sapeva nemmeno che ore fossero.
“Non manca molto all’alba.” Disse di nuovo la voce.
Si passò una mano tra i capelli sentendoli scompigliati.
Usando le dita sottili, sciolse alcuni nodi e raggruppò le ciocche più lunghe dietro
le orecchie.
Aveva fame e cominciava ad avvertire quel tipico mal di
testa che aveva imparato essere causato dalla carenza di zuccheri.
“Nella lighthouse ci sono ancora quelle barrette al
cioccolato che ti piacciono tanto”.
Con un breve comando fece apparire il cubo luminoso che
diffuse una luce fredda nella camera dell’ex-fienile. Le ombre degli angoli e
delle travi a vista del soffitto si fecero ancora più dense.
Senza rendersene conto in meno di un minuto aveva già
divorato un’intera tavolozza di cioccolato e ne stava già scartando una
seconda.
“Sarebbe il caso di uscire, così potrai rilassarti e
rilasciare un po’ di calore.”
Fuori la neve era soffice e bagnata sotto i suoi piedi, ma,
appena cominciò ad alleggerire la presa sul suo shinsu, iniziò
rapidamente a sciogliersi. Avvertì il terreno umido e i sassolini della ghiaia
punzecchiargli le piante dei piedi. Di nuovo, non riuscì a distinguere la
temperatura del suolo.
“E’ caldo.”
Finalmente Khun si accorse che quella voce non faceva parte
dei suoi pensieri.
“Falla finita!” Bisbigliò a denti stretti.
Nessun suono giunse in sua risposta. L’unica cosa che
riusciva a percepire era quella turbolenta e costante sensazione di oppressione
sempre viva dentro di lui. Combattere e sopprimere quell’energia era ormai la
sua personale battaglia: quella che gli permetteva di mantenere assopita la
fiamma primordiale del firefish. La stessa battaglia che lo stava
inevitabilmente consumando giorno dopo giorno.
La luce grigia dell’alba aveva ormai cominciato a
rischiarare la vallata circostante.
Bam sarebbe arrivato di lì a poco, realizzò. Non aveva idea
di come, ma lo sapeva.
Si portò una mano al petto e si sorprese di come il suo
cuore avesse iniziato a battere con prepotenza nel suo torace. Un brivido lo
percosse e comprese che non ci sarebbe riuscito.
Non era in grado di affrontarlo. Non dopo quello che gli
aveva fatto.
Il suo respiro si fece affannoso.
Perché sta venendo qui? Si chiese sorpreso: come se in quell’istante si fosse appena
risvegliato da un brutto sogno.
“Sei stato tu a chiamarlo.”
Sono stato io? Si
sorprese a domandarsi.
No.
Lui non voleva che lo raggiungesse. Si era nascosto per anni in quella vallata.
Aveva già deciso come sarebbe andata a finire. Non avrebbe più permesso che Bam
fosse esposto ad altri rischi.
Non gli avrebbe più
permesso di avvicinarsi a lui.
Non si sarebbe mai più
permesso di fargli del male.
Che sta succedendo?
Le mani cominciarono
leggermente a tremargli.
“Sei stato tu?” Disse
alla vallata ancora addormentata di fronte a lui.
“Sei stato tu.” Gli
fece eco la voce, risuonando vuota nella sua mente. “Non ricordi? Non
sopportavi di morire senza prima rivederlo…”
No. E’ stato solo un
momento di debolezza. Io non… poi, come piccoli
tasselli di un puzzle che si ricompongono in successione l’uno dopo l’altro,
ricordò di aver inviato un messaggio qualche mese prima.
I ricordi gli arrivavano
offuscati alla mente, come se li avesse vissuti da semplice spettatore.
Ricordò la conversazione
avuta con Shibisu.
Ricordò di avergli
chiaramente detto di chiamarlo. Era consapevole quando tutto ciò era accaduto:
le emozioni che aveva provato e le parole che aveva detto erano reali, erano
sue…
… ma rammentò anche
pensieri a lui estranei e una voce che non gli apparteneva sussurrargli nella
mente.
Le orecchie cominciarono
a fischiargli e le sue pupille si dilatarono.
Gli aveva permesso di
manovrarlo con una simile facilità.
Non è possibile…
Perché il firefish
voleva Bam lì?
Prima ancora che potesse
darsi una risposta sentì un tonfo non molto distante da lui e il suo cuore
perse un battito.
Una figura indistinta,
avvolta in due enormi ali color della notte, era atterrata a pochi passi da
lui. Gli dava le spalle, attratta dalla villa di fronte a loro, e sembrava non
averlo notato fra le ombre cupe dell’alba.
La sua mente si svuotò,
colta da quello che riconobbe come puro panico.
Un brivido lo percosse da
cima a fondo e lo paralizzò.
“Questo… è freddo”.
Sussurrò la voce nella sua testa.
…
Il sole aveva appena iniziato a risalire oltre i
colli circostanti quando Bam atterrò sulla neve con un tonfo sommesso, il suo
fiato pesante si condensò in piccole nuvolette lattiginose. Le ali, che nel
corso degli anni si erano evolute ampliandosi e assumendo il colore della
notte, erano spiegate contro il pallore della neve e la luce fredda dell’alba.
Ancora accaldato per lo sforzo del volo, accolse quasi con sollievo il gelo che
lo circondò, nonostante il brivido che gli percorse la schiena.
Di fronte a lui la villa appariva silenziosa e
in parte ancora offuscata dalle ombre notturne.
Per
quanto non voglia darlo a vedere, è lampante che aspetta con ansia il tuo
arrivo. Non farlo aspettare.
Le parole di Shibisu gli risuonarono nella
mente.
“Khun!” si ritrovò ad urlare, una nota di
emergenza nella voce tradì la sua trepidazione. Sgranò i grandi occhi color del
miele e senza attendere risposta, prese fiato e urlò con ancora più forza.
“Khun!”
Il nome si condensò nell’aria in una vaporosa
nuvoletta bianca.
Cominciò a muovere i primi passi verso
l'abilitazione quando avvertì un movimento dietro di lui.
Qualcuno trasse un profondo sospiro.
“Sono qui…” Rispose una voce pacata, ma flebile,
alle sue spalle.
Con un sussulto, il brunetto si voltò di scatto
e si perse in due profondi occhi color zaffiro. Lo spettro di quello sguardo
furente e fiammeggiante gli attraversò pericolosamente la mentre, ma poi vide
il volto di fronte a lui addolcirsi. Un timido sorriso infuse in quelle gemme
cobalto una luce che Bam aspettava di vedere da troppo tempo ormai.
Ora,
finché ha la guardia abbassata. Rilasciò il respiro che non si era accorto di trattenere e avanzò
con prepotenza pressando ad ogni passo la neve sotto i suoi scarponi. Si
costrinse a reprimere, o a ignorare, tutte quelle emozioni che lo assalirono
improvvisamente riempiendogli il cuore e facendolo battere all'impazzata.
Trattenne e accantonò quelle parole che da anni desiderava pronunciare. Si
obbligò a concentrarsi solo sulla sua prossima mossa.
Nel tempo che impiegò a percorrere quella decina
di passi che li separavano, la sua mente, ora svuotata, registrò alcuni
dettagli: una cintura di tessuto scuro che stringeva una vita eccessivamente
magra, dei piedi scalzi, un volto incavato ed emaciato, la luce grigia
dell’alba che si rifletteva in lunghe ciocche azzurro-argentee, una smunta mano
diafana che si contraeva tradendo un gesto d’inquietudine.
“Bam, non…”
Khun era in procinto di arretrare, disorientato
dall’irruenza del compagno, ma Bam lo sovrastò con le sue spalle ampie e la sua
statura di poco superiore; due forti braccia quasi arpionarono le spalle esili
del lightbearer in una morsa che non
gli diede modo di sfuggirgli.
"Che stai… aspetta!” Khun sobbalzò senza
riuscire a impedire che una nota d’urgenza confluisse nella sua voce.
Bam avvertì una resistenza sul suo petto e si
accorse che l’altro vi stava contrapponendo le mani nel tentativo di
allontanarlo. Attraverso i palmi un’ondata di calore oltrepassò la sua casacca
nera e gli investì prima il petto e in seguito si irradiò velocemente sulle
spalle e sui fianchi.
Sentì Khun imprecare sommessamente e
immediatamente soffici fiocchi di neve iniziarono a cadere sulle loro teste. Il
calore sul suo torace si affievolì fino a scomparire.
Il lightbearer aumentò allora la forza
esercitata su di lui per allontanarlo, ma il suo fisico debilitato non poteva
contrastare quello allenato di Bam.
“Bam, ascoltami, te ne devi andare…”
Ignorando quelle parole, il wave controller fece
scorrere le proprie mani dalle spalle di Khun fino alla sua schiena,
costringendolo a ripiegare le braccia esili sul suo petto e vincolandolo contro
volere nell’abbraccio.
Si sforzò di non soffermarsi sul senso di
fragilità che gli trasmise stringere a sé quel corpo sottile e leggero.
“No, no! Che diavolo fai… allontanati!” A quel
punto qualcosa scattò nel lightbearer. Bam lo sentì irrigidirsi contro
di lui e cercare poi di divincolarsi. Avvertì il suo respiro caldo divenire
affannoso contro la base del suo collo.
Fu in quel momento che Bam venne investito da
un'ondata d'aria bruciante, che dissolse in un attimo le sue ali ancora
spiegate. Grazie all'abitudine data dai suoi allenamenti si difese subito addensando
lo shinsu attorno a sé.
Prepotentemente riaffiorò ancora in lui il ricordo
di quei due furenti occhi blu fiammeggianti e per un terribile istante temette
di fallire di nuovo.
Resistette all'istintivo impulso di staccarsi e
correre via.
Ricordò il fuoco, il calore insopportabile, la
presa ferrea e rovente della mano di Khun sul proprio braccio che gli impediva
di sfuggire al fuoco che lo stava dilaniando. Si sentì vacillare investito dal
panico, ma una parte di lui realizzò che ora era diverso: Kuhn non lo stava
afferrando, era lui a stringerlo a sé.
Aveva una scelta: poteva scappare o restare e,
questa volta, aveva la forza e tutta la volontà necessarie per combattere. Si
aggrappò a quel pensiero stringendo ancora più a sé il corpo dell’amico.
Si concesse solo altri due secondi, prima di
riacquisire il controllo di sé.
Nel frattempo, la neve sotto e sopra di loro cominciò
a sciogliersi entro un raggio sempre più ampio. Ondate d'aria rovente lo
investivano a intervalli veloci e regolari. Percependo il corpo del compagno su
di sé, Bam comprese con meraviglia che quelle ondate seguivano il battere
ritmico e frenetico del cuore di Khun.
Avvertì anche il proprio pulsare con veemenza
nelle tempie.
Il calore era diventato insopportabile e
cominciò presto a sentire la propria pelle scottarsi nonostante la sua difesa.
Posso
resistere… valutò inconsciamente,
fiducioso degli allenamenti a cui si era sottoposto in quegli anni. Un rivolo di
sudore gli scese lungo la tempia.
Respirare gli risultava tuttavia difficile: ogni
boccata d’aria gli infiammava la gola e gli offuscava la vista, nonostante ciò
lui continuò a stringere a sé quel corpo esile, ma combattivo, insopportabilmente
caldo.
I loro volti si sfiorarono per un attimo, zigomo
contro guancia. Si ritrovò i capelli di Khun in faccia, ma non poté allontanarli
per non perdere la presa che aveva su di lui. Il lightbearer era rovente.
Tutto intorno a loro, l’aria e il suolo
cominciarono a sfrigolare.
“Bam!” Urlò Khun tentando di calciarlo via. Per
un fugace istante scorse i suoi occhi dilatati per il terrore e si sentì in
colpa per il trauma che gli stava facendo rivivere. A un certo punto, Bam
strinse i denti e si lasciò sfuggire un lamento ricevendo un colpo secco
proprio sotto la rotula, ma non cedette. "Lasciami andare!"
Ringhió l’altro accompagnando quelle parole con uno strattone.
Di tutta risposta il moretto gli premette la
mano dietro la nuca avvicinando il suo orecchio alle proprie labbra. Il lightbearer si lasciò sfuggire un verso
carico di frustrazione e sembrò cedere del tutto al panico.
“Non di nuovo…” lo sentì impercettibilmente
supplicare.
“Va tutto bene, Khun-ssi, cerca di stare calmo…”
sussurrò Bam, cercando di apparire rassicurante. La sua voce risuonò bassa e
roca per via della gola ormai riarsa. “Mi sono allenato finora solo per
questo.”
A quelle parole Khun rispose con un altro
scossone, ma poi cedette e appoggiò esasperato e sfinito la fronte calda contro
la sua clavicola. Le braccia rimasero tuttavia ancorate contro il suo petto
esercitando sempre un'ostinata pressione.
Bam gli accarezzò la nuca. "Non puoi più
farmi del male…"
Il lightbearer
trasse dei profondi respiri nel tentativo di calmarsi, ognuno di questi si
ripercuoteva nel suo corpo con un lieve tremore.
La neve attorno a loro si infittì e i fiocchi si
gonfiarono, ma le ondate di calore non cessavano, sembrarono anzi espandersi e
aumentare d’intensità ad ogni pulsazione.
"Fa silenzio…" Lo sentì mugugnare
quasi impercettibilmente e, adombrandosi, Bam non fece fatica a comprendere che
non si stesse riferendo a lui.
Il terreno sotto di loro cominciò a fumare e ad
annerirsi. “Non riesco…” Soffiò Khun tra i denti, arpionando frustrato la sua
casacca. “Non riesco a fermarlo! Perché hai...”
Bam però non lo ascoltava più: in quel momento
tutta la sua concentrazione era rivolta al controllo dello shinsu. Fece come Evankhell gli aveva insegnato in quegli anni. Non
isolò sé stesso dal calore, ma ne cercò i confini. Trovarne il limite
d’estensione non fu arduo: gli venne in aiuto la circonferenza di neve sciolta
che si era creata sotto i loro piedi. Cominciò quindi con prudenza a circondare
quel potere con il proprio. Una volta che riuscì a racchiuderlo nella sua
barriera iniziò la parte più difficile: con uno sforzo che fece vacillare per
un istante il suo intero essere, fece arretrare quell'energia verso la sua
fonte d’origine. Avvertì quella forza opporgli resistenza, ma con veemenza la
ricacciò indietro. Quella sorta di braccio di ferro continuò ancora per qualche
secondo, infine, un alone dorato – manifestazione dello shinsu controllato da Bam – cominciò lentamente ad avvolgere Khun
fino a rivestirlo completamente. Quest’ultimo trattenne il fiato avvertendo
l’aura del wave controller invaderlo
e rilassò inconsciamente la presa che stava esercitando su di lui.
Così come erano iniziate, le ondate di calore si
dileguarono e la neve smise di cadere.
Per una manciata di battiti nessuno dei due si
mosse o disse nulla.
Il moretto strinse il suo abbraccio sentendo
l'esile corpo di Khun abbandonarsi alla sua stretta e riprendere a respirare.
Sembra
così fragile...
Chiuse gli occhi emotivamente e fisicamente
esausto, affondando il viso nei soffici capelli del compagno.
Era davvero lì con lui o stava solo
sognando?
“Khun?” bisbigliò con la voce ancora arrochita,
respirando affannosamente. Si distaccò di poco per tentare di intercettare il
suo sguardo, ma in quel momento la testa del lightbearer ciondolò all’indietro, il suo corpo si rilassò e
cominciò ad accasciarsi verso il suolo. Il brunetto dovette sorreggerlo e si
inginocchiò per frenare la caduta del compagno. “Khun!” lo chiamò allarmato.
A qualche metro di distanza, due figure gli si avvicinarono
con un'andatura incerta.
“Non preoccuparti Bam…” il ragazzo guardò oltre
la propria spalla e vide Hatz e Shibisu in piedi ad osservarlo. A parlare era
stato quest’ultimo che gli rivolse un sorriso quasi commosso, carico di
gratitudine “… credo si sia semplicemente addormentato.”
Bam li guardò con uno sguardo trasognante. La
sua mente era ancora occupata a elaborare quanto era appena accaduto.
“Nel fienile c’è un letto…” esordì Hatz tentando
di non mostrarsi troppo scosso per ciò a cui aveva appena assistito “…fagli
fare una bella dormita.”
Perplesso, Bam rispose con un mugugno d’assenso,
annuendo con il capo. Esitò un solo istante, indeciso se dire qualcosa prima di
congedarsi, ma poi, senza aggiungere altro, si caricò parte del peso dell’amico
sulla spalla e si dileguò letteralmente in un battito d’ali.
I due scout
rimasero a osservarlo allontanarsi per qualche secondo, in silenzio.
“A cosa ho appena assistito…?” bisbigliò lo
spadaccino quando Bam scomparve alla vista, portandosi al contempo una mano sul
volto in un gesto d’incredulità.
"Anch'io voglio abbracciare Khun.”
Piagnucolò Shibisu in un impacciato tentativo di sdrammatizzare, ma senza
tuttavia riuscire a scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione di aver
illegittimamente assistito a un evento intimo e privato.
Una voce femminile esordì non molto lontana da
loro “Questo non è il modo in cui ci si saluta fra amici…” I due scout si voltarono in simultanea verso
la loro destra. Per un istante rimasero abbagliati dalla luce fredda del sole ormai
sorto, poi distinsero i contorni di due figure molto familiari.
“Endorsi! Rak!” Shibisu sorrise impacciato.
“Siete qui da molto?”
“Siamo corsi dietro a Bam subito dopo l’atterraggio
al villaggio… ho dovuto spingere Bong Bong al massimo per raggiungerlo.” lasciò
intendere che anche loro avevano avuto modo di assistere all’intenso
ricongiungimento tra Bam e Khun.
“Come l’aveva chiamata black turtle?” Disse Rak sovrappensiero. “Terapia d’urto? Funziona,
mi piace. Almeno blue turtle si è
preso un bello spavento...” il cacciatore lanciò un’occhiata indecifrabile
nella direzione in cui si trovava il fienile.
“Già…” sussurrò la principessa seguendo lo
sguardo del coccodrillo, adombrandosi impercettibilmente “… Bam si è rivelato
di nuovo un uomo di parola.”