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Autore: Kaiyoko Hyorin    18/08/2020    4 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Until the night will fall,
don't leave me alone […].
So, now you can sleep and I must leave.”
[ Close to the End, Wind Rose ]




Le Montagne Nebbiose erano impervie e difficili da scalare, con sentieri che s’inerpicavano fra alte pareti a strapiombo e creste spoglie e ghiacciate. Le pendici verdeggianti lasciarono infatti il posto ad ammassi rocciosi che si levavano verso il cielo e le fonti d'acqua che incontrarono sul loro cammino divennero piccole sorgenti zampillanti fra le rocce, la cui posizione non era sempre facile da raggiungere per i componenti della Compagnia di Thorin Scudodiquercia.
Gandalf era rimasto indietro, cosa che aveva costretto i nani ad affidarsi alla guida di Thorin per percorrere l'antico sentiero tracciato dal loro popolo, ma tale compito iniziò ben presto a rivelarsi più arduo di quanto avrebbero mai supposto, giacché la via era antica e in disuso, confusa a tratti persino per un nano ed il figlio di Thrain, lo sappiamo tutti, non era rinomato per il suo senso dell’orientamento.
Due giorni trascorsero dunque fra quelle vette ed il temporale calò d'improvviso sui quindici viaggiatori come un vendicatore il terzo giorno, rendendo tetro il cielo ed oscurando la luce del sole, tanto che Kat finì per chiedersi se non fosse calata la notte mentre arrancava fra Fili e Bofur, cercando di tener quanto più chiusi i lembi del proprio mantello per ripararsi dalla pioggia.
Tuoni e fulmini rimbombavano sulle rocce, assordando la ragazza e facendola procedere quasi alla cieca, malgrado i lampi improvvisi, in quella tempesta d'alta quota; e gli altri suoi compagni non erano messi tanto meglio in verità, soprattutto Bilbo, un paio di nani più indietro, la cui figuretta rischiava di venir sbalzata nel vuoto del dirupo pregno di nuvole basse ad ogni violenta sferzata di vento.
– Dobbiamo trovare un riparo! – sentì urlare la voce di Fili.
– Se non saranno il vento e la pioggia a spazzarci via, ci penserà qualche gigante! – esclamò, più distante, la voce di Gloin.
Passandosi una mano a spazzare via l'acqua dagli occhi, Katla cercò di schiarirsi la vista e fu proprio quando finalmente riuscì a schiudere nuovamente le palpebre che un lampo illuminò il cielo ed un'ombra nera passò sopra le loro teste. Lo schianto che seguì era quello della roccia che si frantuma sotto un possente colpo e l'intera montagna tremò sotto gli stivali della ragazza.
La voce di Kili si levò in allarme ed il fratello maggiore, con uno scatto del braccio, la schiacciò contro la parete rocciosa un attimo prima che uno dei detriti della frana la colpisse e la trascinasse nella gola. Senza respiro, Katla si ritrovò a sbarrare gli occhi mentre una pioggia di rocce di varie dimensioni le passava a pochi palmi dal viso, precipitando nel vuoto.
– Che cos'è stato?
– Questo non è un temporale, è una battaglia fra tuoni! – esclamò la voce di Balin in risposta, indicando poi un punto dall'altra parte del dirupo – Guardate!
Fu allora, quando si voltò in quella direzione, che Kat lo vide: una grossa sagoma si staccò dalle pendici del versante opposto, un'ombra rilucente nella tetra penombra del temporale, dalle fattezze antropomorfe e la scabrosità della pietra.
– Che mi venga un colpo – questa volta fu Bofur, sporto un po' più avanti di poc'anzi accanto a lei per osservare la scena, a parlare e la sua voce tradiva tutto il suo sconcerto – le leggende sono vere. Giganti... Giganti di pietra!
Ed un nuovo masso fendette l'aria, passando sopra le loro teste.
– Riparati, stupido! – inveì Thorin, bruscamente.
Katla, con un certo spirito d’iniziativa, agguantò Bofur, riportandolo a ridosso della parete rocciosa appena in tempo per evitargli una nuova pioggia di detriti distaccatisi dalla montagna dopo che il masso era andato a colpire un secondo gigante, più indietro rispetto al punto in cui la Compagnia si era fermata.
Quindi il tremito della montagna si fece più violento e la giovane si aggrappò saldamente alla roccia con tutta la propria forza, mentre questa veniva scossa ed il sentiero si divideva in due, proprio accanto ai piedi di Fili.
– Fili! – urlò allarmato Kili, dall'altro lato della spaccatura che andava allargandosi.
Il terzo gigante, sulle cui gambe si erano ritrovati la ragazza e gli altri nani che la seguivano, si staccò dal versante della montagna per prendere parte a quella guerra fra titani, ma venne colpito e perse l'equilibrio, franando sul versante dal quale s'era staccato solo pochi secondi prima.
Il gruppo di Thorin fu il primo a saltare sulla sporgenza della montagna che costituiva il vero sentiero, mentre quello di Katla non vi arrivò abbastanza vicino e lei si ritrovò col cuore piantato in gola quando la parete rocciosa prese ad avvicinarsi con impressionante velocità verso di loro. Non riuscì nemmeno ad urlare e sarebbe scivolata a causa della vertigine se non fosse stato per il braccio di Fili che con forza le premeva sul ventre.
– Attenzione!
L'attimo dopo i nani, la ragazza e lo hobbit persero di vista il gruppo di Thorin e l'impatto li sbalzò avanti, stordendoli e riempiendo le loro orecchie di un fragore crepitante. Kat si ritrovò a rotolare sulla roccia, resa viscida dall'acqua, ed alla cieca si aggrappò al primo appiglio che riuscì a trovare un attimo prima di precipitare nel vuoto.
Sentì di nuovo la voce di Thorin che li chiamava e, per quanto la paura e la tensione fossero ormai un tutt'uno con lei, ella per un attimo credette di distinguere anche il proprio nome nel vento della tempesta.
Quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi il peggio pareva essere ormai passato ed i nani intorno a lei, seppur malconci ed ammaccati al suo stesso modo, si stavano già rialzando indenni. Kat ci impiegò un poco di più a realizzare di essere al sicuro ed incolume e quando finalmente iniziò a rimettersi in piedi, ignorando la pioggia che gelida continuava a riversarlesi addosso, la voce allarmata di Bofur infranse il momento.
– Dov'è Bilbo? 
Con una nuova angoscia, Kat spalancò gli occhi alla ricerca del loro scassinatore e un attimo dopo lo trovarono appeso per le sole mani al bordo del dirupo, le gambe penzoloni e lo sguardo sbarrato dal terrore.
– Resisti Bilbo! – vociò qualcun altro, mentre più mani si protendevano per tentare di aiutarlo.
Fu Thorin, con un balzo che lo portò a sporgersi al di sotto del sentiero, ad afferrarlo al volo ed a spingerlo su, e stava per tornare a issarsi sulla sporgenza rocciosa con l'aiuto di Dwalin quando la terra tremò di nuovo. E, stavolta, fu Kat a scivolare nel vuoto mentre la sporgenza rocciosa sulla quale aveva i piedi si frantumava sotto il suo peso. 
Il suo urletto di panico sovrastò a malapena il tuono che seguì e lei, per mero istinto di sopravvivenza, tentò in ogni modo di restare aggrappata alla roccia, ma la superficie resa scivolosa a causa della pioggia non le diede alcun appiglio.
Ancora una volta fu Thorin ad evitare il peggio, afferrandola al volo. L’agguantò per un braccio, ma questo gli costò il precario equilibrio col quale era in bilico sul fianco della parete a strapiombo. Il capo della Compagnia scivolò con lei, sfuggendo alla presa salda di Dwalin e di chi stava tentando di aiutarlo a tornare coi piedi per terra, frenando la propria e la sua caduta soltanto un paio di metri più in basso grazie ad un nuovo appiglio sporgente.
– Thorin! Katla!
Le voci allarmate ed angosciate dei nani sopra le loro teste sovrastarono il rumore della pioggia battente e del vento, che sbatté i due avventurieri contro la parete a strapiombo, facendo gemere la ragazza e digrignare i denti al nano.
Annaspando, Kat sollevò lo sguardo atterrito e l'espressione contratta sul volto di Thorin la aiutò a ritrovare un poco di lucidità. 
– Aggrappati a qualcosa! – le ordinò.
Col cuore ancora saldamente piantatole in gola, lei fece come le era stato detto e poco dopo riuscì a trovare un appoggio con la punta del piede sinistro ed un’insenatura con la mano destra, quella libera. Una volta che si sentì abbastanza sicura, tornò a cercare lo sguardo del nano sopra di lei e gli diede conferma, cosa che le procurò un cenno d'assenso di rimando.
Thorin stava per aprire di nuovo bocca e dirle qualcos'altro quando le voci dei nani tornarono a raggiungerli e questi volse la sua attenzione verso di loro.
– Siamo qui! – esclamò, prima di tornare a lei – Riesci a risalire?
Kat trattenne un singhiozzo mentre negava, cercando al contempo di tenere il panico sotto controllo.
L’erede di Durin tornò a sollevare lo sguardo verso l'alto, inquadrando i volti dei loro compagni che erano affacciati pochi metri più su.
– Ci serve una fune!
Alcune teste sparirono, altre si mossero ma restarono visibili e Kat sapeva che i nani sopra di loro erano indaffarati a recuperare dai loro equipaggiamenti ciò di cui avevano bisogno. Bastò quel pensiero a farla respirare di nuovo, ma fu soltanto un istante prima che il fiato le rimanesse nuovamente bloccato nel petto.
Fu Thorin stavolta a perdere la presa, tradito da quella stessa sporgeza a cui si era aggrappato, e la ragazza venne trascinata con lui, troppo pesante perché ella, dal suo precario appiglio, potesse fare qualcosa di concreto per evitarlo.
Caddero entrambi nel vuoto e l'urlo di lei si disperse nel vento, ghiacciando il cuore di ogni singolo membro della Compagnia che li osservò impotente precipitare nell'oscurità.


Dei tredici della Compagnia, nessuno sembrava intenzionato ad interrompere il pesante silenzio calato fra loro.
Avevano trovato riparo in una caverna all'interno della montagna, infilandovisi dentro senza star troppo a pensare alla necessità di perlustrarla sino in fondo e verificare che non vi fossero pericoli, giacché nessuno di loro era in animo di badare a certe cose. Avevano appena perso il loro capo e, con lui, la speranza di arrivare in fondo a quell'impresa, nonché un amico ed un familiare.
Persino Bilbo si sentiva male al pensiero, giacché riteneva di esser in parte la causa di quanto era accaduto, pur non avendo avuto alcun potere decisionale in merito.
Sedevano al buio ed al freddo mentre all'esterno seguitava a piovere, e nessuno di loro era riuscito ad accendere un fuoco né era stato esortato a farlo, perché si trovavano pur sempre in territorio ostile ed il loro istinto di sopravvivenza era ancora forte, malgrado il dolore.
Ad un certo punto, come non potendo più sopportare la mestizia e l’immobilità generale, il giovane Kili si alzò in piedi d'impulso, infrangendo l’apatia che era calata sul gruppo.
– Dobbiamo andare a cercarli!
Fili, guardando il fratello, annuì con un cenno del capo, ma Oin non era dello stesso avviso.
– Saranno morti di sicuro – lamentò il nano, cupamente, aggravando il peso sui cuori di tutti.
– Non è detto, – ribatté Kili, caparbio – c'è sempre una speranza. E Thorin non è Nano da morire per qualcosa di simile. Ha sconfitto Azog il Profanatore!
Fu Balin stavolta a sospirare.
– Anche se fosse, – esordì – ciò non vale per la giovane Katla.
– In pochi sopravvivrebbero ad una caduta del genere – confermò cupamente Dwalin, il più provato di tutti loro per quanto accaduto, giacché era stato lui il nano che non era riuscito a mantenere salda la presa sul figlio di Thrain – e, diciamoci la verità: la Piccola Furia non ha mai avuto molte possibilità sin dall'inizio. 
– Ciò che è accaduto a lei poteva accadere ad ognuno di noi – si infervorò Kili, serrando i pugni.
Ma Dwalin, che aveva tenuto il capo rasato chino sino a quel momento, nel sollevarlo gli puntò addosso uno sguardo talmente traboccante di rimpianto da smorzare l'irritazione del giovane discendente di Durin.
– Però così non è stato – sancì soltanto il fratello di Balin.
Nessun altro obiettò qualcosa, giacché non vi era nulla da dire in più di quanto non fosse già stato detto, ed il silenzio tornò a calare pesante sui membri della Compagnia. Nemmeno Bilbo ebbe il coraggio di aprire bocca, dovendo lottare contro sentimenti contrastanti nella quiete della notte calante. Se dava adito al suo lato razionale doveva ammettere che non vi erano possibilità per i loro compagni di essere sopravvissuti, ma se ascoltava il suo cuore poteva ancora scorgere una piccola luce, una speranza che gli diceva che non era finita, che erano vivi.
Quando il sonno lo colse, quella luce era ancora lì.


Quando rinvenne, Kat si accorse di essere distesa su qualcosa di tiepido e relativamente morbido.
Confusa su quanto accaduto schiuse le palpebre e le sbatté più volte per schiarirsi la vista, mentre la sua mente iniziava a rievocare il passato recente: il temporale, la battaglia fra tuoni, la caduta... Thorin!
Come il pensiero del nano la travolse, la giovane donna sollevò di scatto il capo e si rese finalmente conto di essere poggiata sul petto dell'erede di Durin, riverso di schiena ed incosciente. Allarmata, Kat fece per sollevarsi di scatto, ma un dolore improvviso alla spalla unito al fatto che la mano di lui era ancora stretta intorno al suo polso, le smorzarono il respiro, facendola crollare nuovamente distesa sull'ampio torace del nano. Ansimando e cercando di schiarirsi la vista allora, la giovane attese che i puntini luminosi comparsi dinanzi ai suoi occhi si spegnessero e fu in quel lasso di tempo che si rese conto di due cose: la prima era che Thorin doveva averla protetta in qualche modo durante la caduta e la seconda era che entrambi erano ancora vivi.
Stordita per quella doppia rivelazione, Katla si ritrovò a prestare attenzione, come ipnotizzata, al sollevarsi ed abbassarsi della cassa toracica del nano, ringraziando silenziosamente ogni divinità di quel mondo e del proprio per la loro fortuna. Questo finché la realtà circostante non tornò a rivendicare la sua attenzione: pioveva ancora, ma erano goccioline rade e delicate, e la luce del sole penetrava fra le spesse nubi con pochi, obliqui raggi aranciati.
Quanto tempo era passato da quando erano precipitati?
Non lo sapeva, sapeva solo che non potevano stare lì.
Inspirò a fondo, prima di tentare nuovamente di sollevarsi, e stavolta fece attenzione a non pesare sulla spalla dolente, cosa che le permise di mettersi finalmente seduta.
– Thorin..? – lo chiamò, sporgendosi un poco per stringergli un braccio. 
Il gesto fece increspare le sopracciglia del nano, ma non fu abbastanza e Kat venne assalita da una nuova ansia al pensiero di aver forse avuto troppa fretta nel pensare al miracolo. Serrando le labbra con aria tesa gli strisciò più vicina, abbastanza da arrivare a cingergli il volto con ambo le mani. Come le sue dita sfiorarono la pelle di lui, tremanti, la trovarono fredda ed umida di pioggia, ma appena fece aderire i palmi sulle gote parzialmente coperte dalla barba curata, il calore del sangue sotto di essa iniziò a trapelare sino a lei. Erano entrambi fradici di pioggia ed era freddo, si rese conto con una parte di sé, mentre cercava di esaminare lo stato del nano con lo sguardo.
– Thorin – riprovò, con maggior determinazione ed una nota morbida nella voce – Thorin, apri gli occhi.
Finalmente l’erede di Durin parve iniziare a tornare al mondo dei vivi, perché mosse il capo e volse il volto proprio verso di lei, contro i palmi delle sue mani. Quando le sue palpebre si schiusero per metà e le sue iridi color ghiaccio incrociarono quelle di lei, Kat avvertì un'ondata di sollievo sciogliere il gelo che aveva attanagliato il suo cuore e si ritrovò a sorridere.
Era così avvinta dalle proprie emozioni che tardò a ritrarsi e il figlio di Thrain, tentando di sollevarsi a sedere puntellando il suolo roccioso con un braccio, sollevò l’altra mano sino ad una di quelle di lei, stringendola delicatamente mentre la abbassava dalla sua mandibola al petto.
– Sei ferita? – le chiese, senza preamboli di sorta, scrutandola brevemente dalla testa ai piedi.
Nuovamente dritta con la schiena, Kat avvertì il cuore accelerarle in petto e si affrettò a negare con un cenno del capo. A quel movimento le ciocche dei suoi capelli ancora acconciati nello stile nanico ondeggiarono, spargendo gocce d'acqua ed aderendo alla sua pelle degli zigomi e del collo.
– No, non credo – affermò, prima di mordersi il labbro inferiore – ..tu?
– Sono ancora tutto intero, – asserì il nano, prima di sollevare lo sguardo verso l'alto – anche se mi chiedo come sia possibile.
Lei lo imitò e si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, cercando di indovinare l'altezza della sporgenza da cui dovevano essere caduti in principio. Parlò senza pensare, troppo presa dalle proprie riflessioni per evitarlo.
– ...c'è una piccola cengia a metà altezza: credo di averla afferrata al volo ed essere riuscita a frenare in qualche modo la nostra caduta, poi dobbiamo essere ruzzolati giù nell'ultimo tratto scosceso.
Quando tornò ad abbassare gli occhi grigio-verdi su Thorin, il suo sguardo era fisso ed attento su di lei e tradiva una nota di stupore che la ammutolì. Tanta intensità ebbe un effetto bivalente sulla ragazza perché, se da un lato la perplimeva, dall'altro la rendeva sempre più consapevole della sua presenza, tanto che l'arto che ancora era racchiuso nella calda mano dell'altro minacciò di tremarle.
– Ho.. ho detto qualcosa di strano? – domandò con voce sottile, più di quanto avrebbe intimamente desiderato.
Alle sue parole Thorin parve riscuotersi, giacché finalmente quell'immobilità in lui venne meno e finì persino per lasciarle la mano, prima di negare. Non espose tuttavia il suo reale pensiero, ma provò a mettersi finalmente in piedi e, una volta sollevatosi, la ghiaia ed il pietrisco scricchiolarono sotto i suoi pesanti stivali. Si scrollò i frammenti di roccia di dosso e quando fu sicuro di non avere nulla di rotto tornò a guardarla dall'alto.
– Riesci ad alzarti? – le domandò, tornato ormai serio e laconico come suo solito.
Kat meccanicamente annuì ma si bloccò un istante quando, nel suo campo visivo, entrò la mano del nano. Accettò quella tacita offerta d'aiuto dopo un momento di incertezza, troppo sorpresa per quel gesto tanto semplice eppure altrettanto prezioso per lei, e gli diede la mano sinistra senza pensare. Per questo, quando Thorin l'aiutò a tirarsi su, l'improvvisa fitta alla spalla la fece soffiare di dolore e barcollare in avanti, abbastanza da indurre il nano ad afferrarla per la vita con l'altro braccio.
– Attenta! – sbottò il nano, in un modo che non riuscì a celare del tutto una nota di preoccupazione – Cos'hai?
– La spalla... mi fa un male cane – gemette Kat, gli occhi ancora chiusi stretti nell'attesa che la fitta passasse. 
Quando ciò accadde, due minuti dopo, e lei fu di nuovo libera di respirare liberamente e di sostenersi da sé, Thorin la lasciò andare, ma solo per porsi di fronte a lei. Quando le intimò di fargli vedere l’arto lei con cautela andò a scostare il lembo del mantello dietro la schiena, esponendo più chiaramente la linea della spalla sinistra sotto la stoffa grigio-chiaro della camicia elfica. All'occhio esperto del nano bastò un rapido sguardo per intuire cosa non andasse e, quando la tastò delicatamente con le dita, Kat venne assalita da un nuovo brivido di dolore.
– È slogata – le annunciò laconico il principe di Erebor – devo rimettertela in sesto.
– Ora? 
– Sì, ora. Prima sarà e più rapidamente sparirà il dolore – ribadì lui, inflessibile.
Katla si morse il labbro inferiore, corrucciata in volto, prima di annuire. Allora, cercando di mantenere il sangue freddo, seguì le sue istruzioni ed arrotolò un lembo del proprio mantello per infilarselo fra i denti e stringere. Quando fu pronta, senza alcun preavviso, Thorin le rimise in assetto la spalla con uno strattone deciso che le provocò a malapena un gemito soffocato, mentre gli occhi le si velavano di uno spesso strato di lacrime. Riuscì comunque a non barcollare, né urlò, cosa che le richiese tutta la sua forza d'animo giacché la sensazione della rotula della spalla che torna al suo posto è qualcosa di scioccante per una ragazza la cui massima lesione sino a quel momento era stata qualche mera sbucciatura.
Quando Thorin fece un nuovo passo indietro, lasciandole spazio, Kat cercò di ritrovare la regolarità del proprio respiro e, quando il formicolio al braccio iniziò ad attenuarsi ad una sensazione più sopportabile, ella sputò la stoffa che aveva tenuto in bocca sino a quel momento. Quindi si asciugò gli occhi con il dorso della manica e, voltandosi verso il nano al suo fianco, gli rivolse uno sguardo colmo di determinazione.
Sguardo che parve suscitare l'approvazione altrui, giacché Thorin le donò un cenno d'assenso col capo corvino, prima di muoversi.
– Dobbiamo tornare dagli altri il più in fretta possibile, – le annunciò, superandola – ma prima sarà meglio trovare un luogo adatto per passare la notte: il sole è quasi tramontato e non è saggio muoversi al buio.
Katla annuì, quindi con passo misurato ma determinato, lo raggiunse e lo superò a propria volta, imboccando un passaggio fra le rocce.
– Andiamo allora, prima che anche l'ultima luce del giorno venga meno – affermò, vinta dal desiderio di muoversi e fare qualcosa, giacché la sua mente, ora che il peggio era passato, stava iniziando a realizzare le implicazioni di quanto accaduto. Tali pensieri, se vi si fosse attardata, sarebbero bastati per portarla sull'orlo di una crisi di panico, perché le cose avevano improvvisamente preso una piega diversa da quella che lei si era aspettata e l'imprevedibilità di quella nuova serie di eventi minacciava l'esito dell'impresa così come lei la conosceva. 
Per non parlare delle ripercussioni sugli eventi del loro futuro prossimo.
E l'incognita era ancor più pericolosa ai suoi occhi di qualsiasi minaccia conosciuta. 


Avevano trovato una grotta in cui potersi riparare per la notte appena in tempo e ne avevano perlustrato adeguatamente l'estensione verso l'interno della montagna, prima di decidere di fermarsi lì, assicuratisi che non vi fossero orsi o creature ben peggiori pronte ad agguantarli nel sonno.
Essa si era rivelata un cunicolo profondo ed oscuro, la cui estensione reale rimase loro ignota, giacché non vi si addentrarono per molto: Thorin non si fidava delle caverne che si diramavano verso il ventre di quelle montagne, giacché quello era territorio orchesco e molte erano state scavate proprio dai suoi più odiati nemici, così aveva decretato sarebbero rimasti in prossimità dell'ingresso, pronti a darsela a gambe al minimo segnale di pericolo.
Non che vi avessero trovato alcuna traccia del passaggio recente da parte di qualcosa di più grande di un topolino, comunque.
Non accesero nemmeno un fuocherello, non soltanto perché ogni arbusto nelle immediate vicinanze era completamente fradicio o perché il suo bagaglio e l'acciarino erano rimasti alla Compagnia, ma per evitare di attirare attenzioni indesiderate.
Il nano era ancora accanto al varco naturale, intento a scrutare con meditabonda attenzione le tenebre, quando Katla gli si avvicinò porgendogli un involto di foglie.
– Mangia – esordì, abbozzando un mezzo sorrisetto che doveva essere incoraggiante e facendogli in tal modo inarcare un sopracciglio – ..non è velenoso, è lembas: pan di via. Abbiamo entrambi bisogno di restare in forze se vogliamo raggiungere il resto della Compagnia in tempo.
Thorin non commentò al riguardo, osservando quella piccola donna di poco più bassa di lui che gli porgeva parte di quelle che con tutta probabilità erano le sue razioni d'emergenza. In realtà, la cosa che più lo sorprendeva era la rapidità di reazione che sembrava riuscire a tirare fuori nei momenti critici, una dote decisamente utile se miravi a sopravvivere a quel genere di avventure.
All'inizio l'aveva giudicata una ragazzina inesperta del mondo ma, dopo tante settimane e tanta strada percorsa, iniziava a notare i piccoli cambiamenti che stavano avvenendo in lei e come ella stesse inesorabilmente maturando, adattandosi e reagendo alle avversità. Persino in quel momento egli era certo che la spalla le facesse ancora male, ma per quanto si fosse aspettato il contrario, lei pareva del tutto intenzionata a non darlo a vedere.
Prese dunque ciò che gli veniva offerto e, quando aprì l'involto di foglie, osservò il pan di via al suo interno con un misto di insoddisfazione e diffidenza, giacché quello era pur sempre cibo elfico e lui non si fidava affatto degli Elfi, né lo avrebbe mai fatto e di ciò era assolutamente convinto.
– Non è ridotto benissimo – commentò, notando la piccola pagnottina ridotta in pezzi e scoccando un'occhiata in tralice alla ragazza al suo fianco.
Quella arrossì, distogliendo lo sguardo ed andando ad arricciare meccanicamente una ciocca castana intorno ad un dito.
– Devo esserci caduta sopra.. forse.. – bofonchiò, imbarazzata – ..quando sono scivolata.
Thorin, suo malgrado, si ritrovò a sopprimere un certo divertimento, non potendo impedirsi di trovarla carina mentre quella tentava di darsi un contegno, fra l’offesa e l’imbarazzata.
– E non credi che sia un po' poco, per tenere in forze qualcuno? – continuò a punzecchiarla.
– Oh, ma ad una persona normale ne basta poco per saziarsi – affermò d'impulso lei, tornando a guardarlo, prima di accorgersi del gesto ed abbozzare un nuovo sorrisetto imbarazzato – ..anche se, forse, non è la stessa cosa per un nano.
La pelle candida di lei era arrossata sulle gote e gli occhi le rilucevano della fioca luce della luna, cosa che non fece altro che acuire la consapevolezza della sua vicinanza nel Principe dei Nani. Serrando le labbra in una smorfia piatta in reazione a ciò che gli stava sfiorando l'animo, Thorin annuì con un cenno del capo ed un ringraziamento mormorato, prima di tornare a volgersi verso l'esterno e mangiare in silenzio. Fra la foschia e le basse nubi la luce argentata della luna riusciva ad arrivare sino a terra, rifratta dall’umidità dell’aria, delineando ombre volubili fra le rocce.
Kat tornò dentro e la sentì armeggiare con la sua modesta sacca da viaggio, unica fonte di equipaggiamento rimasta loro grazie al fatto che ella non se ne separava praticamente mai se non per dormire, tenendola a tracolla senza un lamento per tutto il tempo. Era questo il motivo per cui ora avevano qualcosa da mangiare ed una coperta per scacciare il freddo di quella notte d'alta quota, anche se questo voleva dire dividerla, cosa che lo metteva in una posizione scomoda.
Sì, perché il pensiero di stare tanto vicino a quella ragazza non riusciva a lasciarlo indifferente.
Anche in quel momento in cui la sua mente avrebbe dovuto concentrarsi sul loro intento di ritrovare i loro compagni, di risalire fino al sentiero da loro intrapreso e preoccuparsi di individuare la via più sicura per raggiungere lo scopo, non riusciva a non pensare a lei... a loro, al modo in cui erano precipitate le cose ed allo sconcertante fatto che si sentisse sollevato che lei, la ragazza che tanto gli dava da pensare, continuamente, non si fosse ferita gravemente durante la caduta.
Thorin, a giudicare dalle fitte ricorrenti al costato, doveva essersi incrinato qualche costola e mentre procedevano si era accorto di avere un taglio superficiale sull'avambraccio, ma anche lui era stato fortunato ad uscirne con simili danni di poco conto.
– Fammi vedere il braccio.
L'erede di Durin, preso alla sprovvista, si voltò di nuovo a guardare la ragazza che si era accostata un'altra volta a lui ed ora lo fissava in attesa che le obbedisse. Teneva fra le mani una piccola scatolina intagliata la cui misura era poco più piccola del suo palmo ed il nano inarcò un sopracciglio, alternando lo sguardo da quell'oggetto al volto di lei, ritrovandolo leggermente corrucciato.
– Un'altra diavoleria elfica, presumo... – commentò ironico, per nulla desideroso di sfruttare i doni che gli Elfi le avevano concesso.
Per contro Katla arricciò le labbra in una smorfia, guardandolo severamente.
– È solo un unguento per le ferite – gli rispose, secca – e sì, me lo hanno dato i figli di Re Elrond la notte prima della nostra partenza... e per quanto mi riguarda non intendo voltare le spalle a tale gentilezza per il futile orgoglio di qualcun altro. Ora, se il grande Thorin Scudodiquercia volesse mettere da parte i suoi rancori personali in favore di un po' di buon senso, gradirei che si lasciasse medicare a dovere, prima che il suo taglio faccia infezione e diventi un vero problema.
Thorin rimase basito a guardarla, pur mantenendo la sua aria seria e composta, per una manciata di secondi buoni, incredulo che quella piccola donna avesse osato parlargli in modo tanto diretto ed irriverente. Quando vide che il cruccio su quel visetto non accennava a scomparire ma, anzi, ella perseguiva a fissarlo con un cipiglio orgoglioso degno del più caparbio dei nani, il Principe erede al trono di Erebor si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito, prima di scuotere il capo con rassegnazione.
– Come vuoi... credo di poter indovinare come mai Dwalin e gli altri ti chiamano Piccola Furia. – affermò divertito, sollevandosi la manica ed esponendo l'avambraccio all'aria fredda.
Le sue parole sembrarono toccare un tasto particolare, perché Kat da parte sua si irrigidì e distolse lo sguardo, arrossendo nuovamente mentre armeggiava con il piccolo contenitore. Non gli rispose e quando iniziò a spalmargli con due dita l'unguento sul taglio, la sensazione che ne trasse il nano fu piacevole e fastidiosa al contempo, giacché il pizzicorio della mistura dal forte odore di erbe era mitigato soltanto dalla fresca sensazione di quella metodica carezza sulla pelle.
Poco dopo Katla ripose l'unguento e lui fu di nuovo libero di abbassare il braccio e la manica lungo il fianco, pur non riuscendo a scacciare subito il ricordo delle dita di lei sul proprio arto. Tornò a scrutare l'oscurità, giacché sino ad un attimo prima non era riuscito a distogliere gli occhi dalla chioma castana d'ella, mentre un disagio nuovo s'accompagnava ad una goffaggine che non gli apparteneva da più di un secolo, da quando era soltanto un ragazzo. Si sentiva... imbarazzato.
Attese in silenzio che il suo cuore tornasse a battere ad un ritmo più naturale e nella quiete che seguì non mancò di prestare orecchio ai movimenti di Katla, tornata appresso al suo bagaglio. Lo schiocco soffuso della coperta che veniva spiegata e scossa a mezz'aria gli comunicò che finalmente ella stava preparandosi per trascorrere la notte e questo gli avrebbe dato un po' della tregua che gli serviva per riflettere sul prossimo futuro.
O almeno così avrebbe voluto, perché finì per scoccare più occhiate a Katla che fuori dalla grotta, giacché gli era da sempre impossibile non preoccuparsi per lei. Una cosa del tutto inevitabile in realtà in quel momento, considerando che era l'unica rimastagli dell’intera Compagnia.
Fu solo per questo che notò il suo strano comportamento: si era rannicchiata appresso alla parete rocciosa ad un paio di passi da lui, nell'ombra, e si teneva rivolta verso la parte più profonda della caverna, come se si aspettasse di scorgervi qualcosa strisciare fuori da un momento all'altro. Persino il modo in cui stringeva a sé la coperta tradiva la reale tensione dei suoi muscoli e, poco dopo, gli parve persino di distinguere un lieve tremore pervaderla.
Tale comportamento fece inarcare al nano un sopracciglio, giacché l'impressione che gli diede era talmente discordante con l'idea che si era fatto nelle ultime settimane di lei, tanto da farlo quasi dubitare di sé stesso. Se non fosse stato sicuro del contrario, avrebbe creduto che fosse spaventata... eppure non l'aveva mai vista così, in passato, nemmeno quando si era frapposta fra Mastro Baggins e quei troll delle montagne.
Attese qualche minuto ma, alla fine, vedendo che la situazione non accennava a migliorare né lei rilassava un solo muscolo, Thorin si appoggiò alla parete accanto all'ingresso con la schiena, osservando le fitte tenebre della galleria che si apriva verso l'interno della montagna.
– Dovresti riposare quanto più possibile – le disse, laconico.
– ..anche tu – ribatté lei, senza guardarlo, e la sua voce gli giunse lievemente tremula alle orecchie.
Bastò quell'accenno di incertezza nel timbro limpido di lei a farlo voltare a guardarla e quando distinse sul suo profilo la medesima espressione tesa di poco prima, perfettamente vigile e per nulla intenzionata ad ascoltarlo, si corrucciò.
– Chi è che ha messo da parte il suo buon senso, adesso?
La frecciatina per nulla velata colpì nel segno e finalmente ella si voltò a guardarlo, ma ogni intento burrascoso del nano si placò appena si ritrovò a sprofondare in quei suoi occhi grigi e sinceri, riconoscendo in essi un sentimento molto simile all'angoscia. Ammutolito, Thorin la osservò stringersi maggiormente le gambe al petto, rinsaldando la presa sulla coperta in cui si era avvolta come se ciò potesse bastare a proteggerla da qualunque altra cosa ci fosse fuori da questa, prima che tornasse a rivolgere lo sguardo alle tenebre.
– Mi dispiace – soffiò finalmente la ragazza, infrangendo il pesante silenzio calato fra loro – ..è che non ci riesco. C'è... qualcosa che si aggira in profondità, dentro le grotte che si aprono nel ventre di queste montagne... qualcosa di completamente diverso dai comuni orchi.
Thorin inarcò un sopracciglio: non sapeva di cosa stava parlando, ma qualunque cosa fosse aveva tutta l'aria di essere una delle tipiche storie che si raccontano ai bambini per spaventarli ed indurli a dar retta ai genitori.
– Non credo a questo genere di storie – la interruppe atono.
– Non sono storie! – esclamò lei, scattando in un modo che ammutolì ed impietrì Thorin per lo stupore, prima che distogliesse lo sguardo.
Lui la osservò stringersi la stoffa addosso nel silenzio che seguì, il quale durò soltanto il tempo di un respiro, prima che la ragazza proseguisse con il tipico tono basso e teso di chi avverte i morsi della paura serrargli il ventre.
– Egli ha sempre fame... e ci vede e sente benissimo nel buio. Se dovesse accorgersi di noi... – e Kat si bloccò, rabbrividendo, prima di nascondere il volto fra le braccia incrociate – ...scusami, io... io non riesco a controllarla – gemette, la voce esile ed incrinata, tanto da penetrargli dritta nel petto – Lo so che sto facendo la figura della codarda, ma... davvero, non... non riesco a...
Thorin rimase colpito da quella confessione e dalla fragilità emotiva espressa da quella piccola donna, giacché sino a quel momento ella non aveva mai mostrato quel suo lato debole, tanto che il nano aveva finito per convincersi che non ne avesse uno. Eppure, proprio ora, eccolo lì, di fronte ai suoi occhi spalancati e fissi, che infrangeva l'idea irreale che egli si era fatto di lei per riplasmarla più vera e concreta di prima. Anche una ragazza come Katla, riconobbe, aveva le sue debolezze.
E bastò questa nuova consapevolezza ad infrangere l'ultima barriera che lo teneva lontano da lei.
Si accostò senza una parola alla giovane, liberando Orcrist dal fodero dietro la propria schiena prima di sederle accanto. Una volta poggiato alla parete polverosa alle loro spalle, il principe della stirpe di Durin poggiò l'arma accanto a sé, vicina abbastanza da poter tornare ad impugnarla in un solo istante, in caso di bisogno.
Le loro spalle si sfiorarono.
– Non preoccuparti – le disse con voce calma e profonda, cedendo all'impulso di rassicurarla – Niente striscerà fuori da quelle gallerie senza che io me ne accorga.
Kat sollevò il capo, tornando a riservargli uno sguardo lucido nella penombra, ma Thorin seguitò a donarle il profilo, giacché non intendeva venir meno al proprio proposito: non l'avrebbe abbandonata a sé stessa, men che meno ora che aveva finalmente dimostrato di aver bisogno di lui. L'avrebbe protetta, proprio come aveva fatto in passato e avrebbe fatto in futuro.
Perché lei era il suo mistero personale, con quel carattere dalle molteplici sfaccettature e l'animo forte e fragile quanto l'ossidiana; più cose su di lei imparava, più lati scopriva, e più voleva sapere. E questa sua brama lo lasciava in balia di un tumulto interiore che non gli era mai capitato di provare, prima d’allora.
D'altro canto, Thorin non era uno sciocco né uno sprovveduto, sapeva a cosa tali emozioni lo stavano conducendo ed era consapevole che prima o poi anche l'ultima sua resistenza sarebbe crollata sotto l'impeto dei suoi sentimenti, ma era anche consapevole di non poterselo permettere, giacché su di lui gravava da sempre l'ombra della Montagna Solitaria e, più il tempo passava, più avvertiva il peso dell'eredità lasciatagli da suo nonno aumentare.
– ...grazie, Thorin – mormorò ad un certo punto Katla, traendolo dal vortice di cupi pensieri cui era sul punto di soccombere.
Un istante dopo il nano l'avvertì appoggiarglisi esitante al braccio, cosa che lo spinse a tornare ad abbassare finalmente lo sguardo spalancato su di lei. Nella penombra della notte, ne distinse la sagoma rannicchiata su sé stessa e ne percepì il tremito attraverso gli spessi strati di stoffa dei loro abiti. Kat aveva il capo reclinato verso il basso ed il suo volto era celato ai suoi occhi, ma non aveva bisogno di vederlo per indovinarne l'espressione contratta.
E finalmente intuì la vera causa di quel suo tremito diffuso.
– Hai freddo.
La sua non fu una domanda, ma Kat non parve realizzarlo appieno.
– Un poco... – si sminuì, senza cambiare minimamente posizione – ...scusami, mi sposto fra un minuto.
Il tono mortificato di lei lo spinse a trattenere un istante il respiro nei polmoni e, nella breve stasi che seguì, anche il nano iniziò ad avvertire la morsa gelida del freddo attraverso gli indumenti ancora umidi di pioggia. Si sorprese della facilità con cui il tepore che ella gli trasmetteva vicino alla spalla avesse messo in evidenza il calo di temperatura ai suoi sensi e gli venne naturale desiderarne di più.
Così, cedendo all'impulso del momento, si staccò da lei il tempo necessario per farle passare il braccio sinistro dietro le spalle e tirarsela quanto più vicina possibile, permettendole di inserirsi sotto la pelliccia di lupo che gli avvolgeva le spalle ed aderire così al suo fianco.
Come il corpo di lei si insinuò sotto la sua “ala”, la sentì indugiare un solo istante prima che cedesse al bisogno di calore e si sistemasse a dovere. Kat spostò la coperta per coprire entrambi e si raggomitolò contro di lui, insinuando il capo nell'incavo del suo collo mentre gli cingeva il fianco col braccio opposto, ricambiando l'abbraccio.
La sensazione dei capelli umidi di lei sulla pelle della gola, sotto la corta barba, e di quel corpo minuto e morbido al contempo stretto al suo, contribuirono ad accelerargli il battito cardiaco a dismisura. Eppure, un secondo dopo, quando finalmente i muscoli di lei iniziarono a rilassarsi e dalle labbra la sentì emulare un sospiro, non riuscì proprio a pentirsi di quel gesto dettato dal momento.
– Grazie, Thorin.. – mormorò di nuovo Katla, la voce arrochita dalla stanchezza e dalla beatitudine in un modo che gliela rese fin troppo sensuale al suo orecchio.
– Ora cerca di dormire, – le disse lui semplicemente, tentando di tenere a bada la tempesta che gli si stava scatenando dentro – abbiamo molta strada da fare.
La sentì muovere il capo in un lievissimo cenno d'assenso e subito dopo ella sollevò il braccio con cui gli aveva cinto il fianco per affondare la mano al di sotto della sua pelliccia, alla ricerca di un appiglio ed un appoggio che le impedisse di ciondolare con la testa in avanti. La lasciò sistemarsi, attendendo teso come un giunco che trovasse la comodità adatta a riposare mentre il calore dei loro corpi e della coperta iniziava già a pervaderlo.
Fu quel calore, unito alla piacevole sensazione che gli dava la presenza di Kat stretta a lui, a farlo rilassare progressivamente, riportando la pace nel suo animo ed al contempo facendogli notare la profonda spossatezza che gli gravava sulle membra.
Stava già lasciando vagare la mente verso altri pensieri, senza che l'ansia precedente avesse la medesima presa sul suo animo, quando la voce di lei tornò ad infrangere il silenzio, soffusa e piacevolmente arrochita dalla stanchezza.
– Sai, quando ero piccola – esordì Kat – dormivo sempre nel letto dei miei genitori...
Thorin non intervenne, non desiderando interromperla, pur essendo sorpreso della confidenza di cui stava venendo fatto oggetto. Si limitò ad ascoltare, non essendo sicuro di volerlo davvero, ma allo stesso tempo sentendosi ansioso di farlo, e fu la ragazza a prendere quella decisione, proseguendo il discorso con quel tono assonnato.
– Non ho più dormito con nessuno da quando non ci sono più.
Thorin inarcò un sopracciglio, trattenendo meccanicamente il fiato mentre il significato di quelle parole gli diventava via via più chiaro, e si ritrovò a formulare la domanda ancor prima di rendersene conto.
– Come..?
– Un incidente – gli rispose lei senza nemmeno farlo finire, con quella stessa voce sommessa. 
Il nano reclinò leggermente il capo per scostare lo sguardo in un punto più vicino a lei, pur non abbassandolo a guardarla direttamente, rinsaldando meccanicamente la presa con cui la teneva vicino a sé. Sapeva com'era perdere parte della propria famiglia, sapeva cosa voleva dire doversi rimboccare le maniche per affrontare una vita dura ed ostile dopo essere rimasto solo.
– C'era una cosa che mi ripeteva sempre mia madre – riprese inaspettatamente a parlare Kat dopo un attimo e la sua voce era talmente flebile e velata di sonno che Thorin dovette trattenere il respiro per ascoltarla – "un giorno dovrai crescere anche tu, Kathrine"...
Perplesso, l'erede di Durin inarcò un sopracciglio prima di farsi sfuggire un sussurro: – ...Kathrine?
Restò quindi in attesa, non essendo nemmeno sicuro di aver capito le poche parole che la ragazza fra le sue braccia gli aveva rivolto in ultimo, ma l'unico suono che seguì fu il lieve respiro di lei farsi più profondo. Quando, poco dopo, comprese che ella s'era infine addormentata, il nano emulò uno stanco sospiro che lo rilassò e lo spinse ad accettare l'evidenza, giacché gli fu chiaro che i suoi fugaci dubbi non sarebbero più stati chiariti.
Così, mentre le palpebre gli si abbassavano, pesanti abbastanza da costringerlo a socchiuderle, riportò lo sguardo verso l'interno della montagna, proprio come le aveva promesso. Perché Thorin Scudodiquercia non è nano di poco onore e non si sarebbe rimangiato la propria parola: avrebbe pensato lui a tenerla al sicuro da qualunque pericolo, reale o leggendario che fosse.
E così sarebbe sempre stato, se questo implicava il poterla stringere a sé a quel modo anche soltanto una volta nella vita.


La prima percezione che l'accolse al suo risveglio fu il suo odore. Un odore di ferro caldo, di pioggia ed abeti d'alta montagna, che l'avvolse e la fece sorridere nel dormiveglia, spingendola a stringersi maggiormente alla fonte di quel profumo. 
Reclinando il capo verso l'alto, strusciò la punta del naso contro il collo del nano, inspirando a fondo e lasciando che l'odore di lui la pervadesse mentre, al contempo, la morsa delle forti braccia che l'avvolgevano si stringeva, infondendole un senso di sicurezza ed appartenenza che le scaldò il cuore e la fece sospirare beata.
Non era più seduta accanto a lui, giacché quella posizione tesa e la durezza del pavimento dopo un'ora scarsa già l'avevano strappata al suo dormiveglia con un indolenzimento diffuso a gambe e fianco. Per questo si era mossa e, nemmeno sapendo bene come, era finita per accoccolarglisi in grembo e, ancora una volta, sorprendentemente, le braccia di Thorin l'avevano avvolta mentre egli poggiava il mento barbuto sul suo capo.
Ed ogni suo timore più recondito, ogni sua paura dell'ignoto che si prospettava sul loro cammino, era infine sfumata dal cuore d'ella, perché la semplice vicinanza del Principe di Erebor bastava al suo animo per quietarsi. Perché lei, in fondo, si fidava ciecamente di Thorin Scudodiquercia.
Desiderò che quella notte non finisse mai, che quel momento non passasse e non giungesse più il giorno, giacché le prime luci avrebbero portato con loro il tempo in cui avrebbe dovuto rinunciare a tutto quello per far finta che non avesse significato nulla. E, a discapito di ogni sua più recondita speranza, quel tempo arrivò ancor prima dell'alba, perché d'improvviso un rumore giunse dall'esterno del loro riparo, mettendo sull'avviso sia lei che il nano. 
Senza una parola Kat lasciò scivolare le braccia giù dalle spalle di Thorin e questi allentò la stretta dietro la sua schiena, spostando la mano destra per andare a stringere l'impugnatura della Fendiorchi, rimasta tutto il tempo accanto a lui.
Quando quel suono si ripeté, rimbalzando sulle pareti rocciose appresso all'ingresso sottoforma d'un cigolio di pietrisco e polvere, Katla e Thorin scivolarono silenziosamente in piedi con un debole fruscio di stoffa e la ragazza, gli occhi sbarrati e fissi, mise mano alla propria lama mentre il nano si accostava al varco, premendo la schiena contro la roccia.
Si scambiarono soltanto un'occhiata veloce mentre il rumore di passi s’andava avvicinando e Kat strinse le labbra in una smorfia tesa, serrando la presa sulla propria piccola spada elfica e preparandosi mentalmente all'attacco. Quando, pochi secondi dopo, l'alta sagoma dal cappello a punta si delineò sotto l'arco di pietra illuminando il terreno con la luce bianca del suo bastone, ella strabuzzò gli occhi.
– Gandalf! – esclamò, non riuscendo a trattenersi, mentre il sollievo dava forma ad un ampio sorriso sul suo volto e Thorin frenava sul nascere il suo assalto.
L'Istar fece un passo all'interno della galleria, sollevando la punta luminosa di quello che era il suo catalizzatore per puntarle addosso il fascio di luce e, anche se mezza accecata, Kat riuscì a distinguere l'espressione rugosa del mago distendersi di stupore.
– Katla.. – esordì, prima di voltare lo sguardo ed includere anche il nano con lei nel proprio campo visivo – ..Thorin. Cosa fate qui? – domandò, ispezionando l'ambiente – E dov'è il resto della Compagnia?
Il principe nanico, riponendo con un secco gesto Orcrist nel fodero che teneva allacciato dietro la schiena, fece un paio di passi per fronteggiare lo stregone grigio e la sua espressione si mostrò cupa e tesa, greve mentre ne sosteneva lo sguardo.
– Non qui – ribatté, seccamente, prima di spiegare – Siamo stati separati a causa delle insidie di queste montagne.
– Be', mio caro Thorin, allora è proprio come temevo – esordì l'alto stregone, tradendo la sua profonda preoccupazione – Non ti farà piacere sapere che, dopo questa separazione, i vostri compagni sono stati catturati dagli Orchi.
Kat trattenne il respiro e scoccò meccanicamente un'occhiata al Principe di Erebor, il quale la ricambiò brevemente, prima di tornare a puntare quei suoi occhi di diamante sullo stregone.
– Non c'è un secondo da perdere allora – affermò, riscontrando l'assenso dell'altro.
– No, infatti – confermò Gandalf, prima che il suo sguardo azzurro si volgesse verso Kat e la sua espressione si ammorbidisse – ma almeno una cosa positiva in tutto questo c'è, ed è che due di voi sono scampati al pericolo. Mi servirà il vostro aiuto.
Katla annuì di rimando, iniziando a sospettare che lo stregone avesse ragione: seppure il succedersi degli eventi si fosse ormai discostato dalla trama che lei conosceva, riusciva ancora a riconoscere una certa linearità in ciò che stava accadendo e, per quanto assurdo, la cosa contribuì a rassicurarla. Inoltre, il fatto di trovarsi assieme a Thorin e Gandalf la faceva sentire meno insicura sulle loro possibilità di vittoria, giacché le spade di entrambi erano lame potenti e letali. Avrebbe fatto del suo meglio per essere all'altezza della situazione: era infine giunto il momento di mettere in pratica tutto il suo addestramento.
Sfoggiò un piccolo sorriso, colmata da una nuova ondata di fiducioso ottimismo.
– Fai strada, Gandalf. Noi ti seguiremo.
E quando anche Thorin annuì con un cenno del capo, confermando quanto da lei detto, lo stregone grigio li superò, non senza prima aver rivolto loro un pacato: – Bene – velato di soddisfazione.
Quindi, senza ulteriori indugi, dopo aver recuperato il proprio bagaglio Kat si affrettò dietro ai suoi due compagni, spada in pugno, inoltrandosi all'interno delle gallerie che procedevano per kilometri sotto le Montagne Nebbiose, in quello che era da tempo il dominio degli Orchi.



continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).

   
 
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