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Autore: sallythecountess    20/08/2020    0 recensioni
Sequel della tormentata storia d’amore presente in Mìmi : https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3896857&i=1
Jane e Chris sono due ragazzini al primo amore, che la vita pone davanti ad una grossa sfida.
Mina e Juan sono una coppia da tanto ormai, ma non hanno ancora imparato a gestire la loro gelosia e l'intensità dei loro sentimenti, e quando lo storico ex di lei riappare nella sua vita, forse l'amore non basterà da solo a tenerli insieme.
E poi c'è John, che a quindici anni pensa di essere felice con la sua ragazza, ma poi riceve un bacio dal suo migliore amico e scopre che forse non è l'uomo che pensa di essere.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mìmi'
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Capitolo : dimostrazioni d’affetto.
“…sai cosa stavamo facendo tanti anni fa a quest’ora?” sussurrò piano Mina, mentre lui baciava la sua pancia e Juan ridacchiando rispose “stavo invadendo casa tua per sedurti?” facendola ridere.
“Stavamo facendo l’amore come fidanzati per la prima volta, già…diciannove anni domani notte…”sussurrò Mina pianissimo, e lui si chiese come diavolo avesse fatto a dimenticarlo, ma non disse nulla, puntualizzò soltanto che non era la prima volta, ma la terza.
“L’anno prossimo sono venti. Vent’anni dalla prima volta in cui mi hai avuta…” sussurrò Mina piano e lui le disse solo che avrebbe fatto cose folli per festeggiare in modo speciale, ma poi un’idea lo colpì e sorrise.
Si svegliò prestissimo quel giorno, e corse in cucina a cucinare per tutti. Era felice vergognosamente e voleva davvero farle una sorpresa enorme, ma aveva bisogno di tempo. Scrisse solo a John “…ragazzo, devo parlarti. In cucina…” e poi tornò ai dolci.
“Cosa avevi di così importante da dirmi all’alba?” rispose il figlio con un sorriso bellissimo e Juan chiese serio “non hai fatto sesso, vero?” facendolo ridere.
“No, abbiamo solo dormito vicini ed è stato stupendo. Ho passato tutta la notte a stringerlo, accarezzarlo e a togliermi i suoi riccioli dal naso, ma avevo il terrore di svegliarlo russando quindi praticamente non ho chiuso occhio…” sussurrò con occhi sognanti e Juan gli scombinò i capelli e rispose “sì, so come ci si sente. Non dormivo mai i primi tempi con lei, passavo la notte a guardarla e a disegnarla, cercando di capire come diavolo ci fosse finita con me…”
“Esattamente quello che provo io! Ma scommetto che non glielo hai mai detto, vero?” rispose sorridendo e lui scosse solo la testa. C’erano tante cose  che non le aveva mai detto, ma per questo aveva chiesto l’aiuto di suo figlio.
“Tu e Ethan siete artisti, ci sapete fare con le parole e io per niente, quindi volevo il vostro aiuto…” gli disse serio, ma col sorriso e John ascoltò il piano e si entusiasmò parecchio.
Quando Mina si svegliò lo trovò in cucina, in jeans attillato a cucinare pancake confabulando con John ed Ethan, e si sorprese molto del fatto che loro si bloccarono nel vederla, ma non disse nulla, perché erano troppo belli quei due. Mina avrebbe voluto passare la giornata con tutti loro, ma sembrava che avessero tutti molto da fare, così rimase sola a casa per tutto il giorno.
“Posso dormire con te domani notte, mia amata moglie?”le sussurrò Juan al telefono, e lei non capì. Il giorno prima era impazzito per poter passare qualche ora con lei, ed ora la stava praticamente scaricando. Voleva offendersi, ma tutto quello che era successo le aveva insegnato a dargli il beneficio del dubbio, così rispose solo “ok” e lui capì che era confusa, ma decise di non darle troppi indizi.
Mina rimase a cena con Liam e Johanna, ma non c’era traccia dei suoi figli e pensò che fosse particolarmente strano, ma non disse nulla. Li aspettò per un po’, poi però si addormentò, così i tre Jimenez si ritrovarono all’alba al capezzale della madre addormentata sul divano. Fu John ad avere l’ingrato compito di svegliare la madre. Juan voleva che il tutto accadesse alle prime luci dell’alba, un po’ per motivi legali un po’ perché era più bello in quell’atmosfera, e così i nostri ragazzi si erano alzati in piena notte, avevano preso il loro soprabito e quello della madre e le avevano picchiettato sulla spalla. Mina aveva il sonno leggero e quando sentì John che la chiamava balzò immediatamente in piedi chiedendo “cosa c’è?”
Lui se lo aspettava, conosceva bene la mamma, così le aveva detto immediatamente “niente, niente siamo tutti qui e stiamo bene, ma vorremmo farti vedere una cosa, puoi venire con noi, per favore?”Mina si stiracchiò rumorosamente e ribattè con voce impastata “ma che ore sono?”
“Non è importante…è importante solo che tu ci segua mamita…”le disse  con determinazione e Mina sbadigliando decise di acconsentire, ma non aveva ancora collegato i vari elementi e ci avrebbe messo un po’ per farlo.
I ragazzi entusiasti la scortarono fuori alla porta e si diressero verso l’ascensore, mentre lei borbottava che non poteva farsi vedere in giro in quel modo. Effettivamente la signora Jimenez non era mai stata così sciatta: in presenza di suo marito dormiva sempre in lingerie costosa, ma ora che era rimasta sola, aveva indossato una vecchia tuta da ginnastica larga. Quando c’era Juan dormiva sempre con il trucco e i capelli perfetti, ed ora era totalmente in disordine e struccata. Aveva persino le occhiaie! E delle inguardabili ciabatte.
Si era detta che i giornali avrebbero probabilmente pagato miliardi per una sua foto in quel modo, ma non aveva voluto dire nulla ai figli, che sembravano quasi sonnambuli.
“Il tetto?”Chiese Mina confusa, una volta entrata nell’ascensore, ma Jane ribattè laconica “…si vede meglio…”lasciandola a farsi migliaia di domande. Poi, una volta arrivati, John scrisse un rapido messaggio, sbadigliò rumorosamente e dopo essersi stiracchiato esclamò “allora questa è una storia un po’ particolare, la storia della famiglia Jimenez. A cura di Jane, John, Johanna e Juan Jimenez, con la partecipazione di Ethan Stuart.”
Mina non capì, pensò davvero che suo figlio stesse vaneggiando, ma poi lui le fece un cenno col capo e girandosi Mina vide una cosa impressionante: sul grattacielo di fronte al loro palazzo c’era un’enorme tela. Sembrava quasi uno striscione in bianco e nero, con un unico dettaglio colorato: una sciarpa verde. Il disegno ritraeva lei, bellissima e seminuda, che passa ignorando Juan, che invece resta intrappolato nella sua sciarpa verde, che si annoda intorno al collo del pittore. Ovviamente lui non era realmente disegnato: Juan non lo faceva mai per se stesso, semplicemente disegnava i lunghi capelli che coprivano il volto e svolazzavano in giro ed una sigaretta accesa tra le labbra.
E mentre Mina fissava quell’enorme disegno così bello Johanna cominciò a leggere la sua parte “…questa è la storia di due innamorati, due come tanti senza niente di speciale se non consideriamo il fatto che si amano vergognosamente. Inizia mille anni fa, o meglio per l’esattezza diciannove, esattamente in questa notte. Lei era bella, perfetta e stronza e lui, come in tutte le favole, non aveva un soldo, ma era molto diverso dal solito principe azzurro: il nostro protagonista era cinico, bastardo e antipatico, insomma uno senza qualità apparenti…”
In quel momento a Mina scappò una risatina, ma Joy continuò a leggere il foglietto che aveva estratto dalla tasca “…ma a modo suo perdutamente innamorato della meravigliosa ragazza dalla sciarpa verde.”
In quell’istante Johanna si interruppe e si spostò di qualche metro, per mostrare alla madre un altro palazzo e un altro disegno. Anche questo era in bianco e nero, ma senza un minimo di colore. Mina riconobbe subito l’immagine: era il ritratto della loro prima volta insieme a Los Angeles, quando Juan voleva rapirla e lei aveva capito di amarlo e probabilmente glielo aveva anche dimostrato.
“…passarono le settimane e i mesi, ma quei due strani tizi non riuscivano proprio a staccarsi. Litigavano, si facevano del male e si allontanavano, ma non la smettevano di amarsi. Lei riempiva ogni piccolo angolo dell’esistenza di lui, che ora doveva affaticarsi come un matto per continuare a fare il bastardo cinico, perché ormai non ne aveva più voglia. Più lei lo fissava dolcemente, più lui doveva forzarsi per trattenere uno sciocco sorriso da ebete innamorato.”
“…che dolce…”sussurrò Mina molto commossa e i ragazzi si strinsero ancora di più. Fu Jane a mostrarle il terzo disegno, quello che riproduceva loro due stesi in un letto, con le dita intrecciate: Mina era stesa sul suo petto con gli occhi chiusi e un bellissimo sorriso. Era coperta solo da un lenzuolo, ma era evidente che avesse una enorme pancia e lui semplicemente sorrideva sotto ai suoi lunghi capelli, accarezzandole il pancione.
“…e poi giunsero i giorni felici, forse quelli più incasinati. Arrivarono i ragazzini, e con loro le liti, le notti insonni, le preoccupazioni e le lacrime, ma anche i momenti più belli. I nostri due protagonisti erano spesso costretti ad amarsi di nascosto, ritagliandosi piccoli spazi per loro, ma erano straordinariamente felici di…oh…questo è troppo tenero…” sussurrò Jane commuovendosi e fece leggere a Mina la frase “…erano straordinariamente felici di fare la famiglia, addormentandosi tutti insieme in quel loro piccolo letto, prendendo migliaia di calci e pugni, ma anche coccolandosi e raccontandosi le storie”.
A quel punto Mina si asciugò le lacrime, e mentre John prendeva la parola fissò il quarto disegno, e il cuore le tremò. Ritraeva lei in lacrime e lui che cerca di avvicinarla ma non può, perché lei è troppo distante.
“…e poi giunsero le nuvole, e come tutte le coppie al mondo, i nostri due tizi furono costretti a separarsi. Lei aveva capito, finalmente, che lui non era un uomo speciale e non poteva renderla felice e così aveva deciso di lasciarlo, ma lui non riusciva a sopportare il dolore provocato dalla sua assenza. E così aveva provato in tutti i modi a dimenticarla, ma inutilmente, perchè lei ormai lo possedeva e governava completamente, e lui si sentiva vuoto e inutile senza di lei.”
“Oh…”sussurrò Mina, col cuore a pezzi e gli enormi occhioni blu pieni di lacrime. Non era facile trovarsi in quella situazione senza piangere, ma trattenne le lacrime e anche il fiato quando Johanna commossa disse “…questo è il penultimo.”
Questo disegno era a colori, e di una bellezza impressionante. Mina era semplicemente se stessa, non una fata, non un elfo. Era semplicemente Mina, senza trucco e con i capelli al vento. Indossava una larga camicia bianca da cui faceva capolino il suo pancione e…c’era lui, di spalle, con il viso sulla sua pancia, esattamente come la notte precedente. I capelli di Juan la coprivano e la avvolgevano come una specie di seconda pelle e sembravano quasi essere un unico corpo, indissolubile.
“…e poi, malgrado tutto, lei si era trovata ad un bivio: crescere i suoi bambini col cinico bastardo che la adora, trascorrere tutta la sua vita a litigare con lui e poi morire insieme, oppure andare avanti con la sua vita, dimenticando lui e tutto il tempo passato insieme, sforzandosi di trovare un nuovo tizio, magari meno cinico e bastardo. Che cosa scelse la nostra protagonista, ad oggi non possiamo saperlo, ma questo è quello che lui vorrebbe…”
L’ultimo dipinto era di una dolcezza senza pari: c’erano due persone anziane che giocavano a carte mano nella mano. Non era niente di speciale, non era neanche accompagnato dal commento, ma Mina non potè trattenersi oltre e scoppiò in un mare di lacrime.
“Questo è privato mamma…”sussurrò John, porgendole una piccola bustina con il suo nome sopra e lei tremò. Asciugandosi le lacrime raccolse la busta e la aprì col cuore a mille, ma dentro c’erano solo tantissime foto. Foto di loro due da fidanzati, foto di Mina con i bambini e foto di loro da adulti. Mina non capì, non subito almeno, poi una foto le cadde e lei si accorse che dietro c’era scritto qualcosa. Ogni foto era numerata dietro e c’erano scritte varie cose, così Mina si decise a cercare la numero uno e lesse:
La psicologa da cui ho iniziato ad andare di nascosto (quella con cui vorrei che facessimo terapia) dice che devo dirti tutto quello che per paura o per debolezza non ti ho mai detto, e ho deciso di farlo. Forse molte cose non ti piaceranno, ma Mì, io voglio dimostrarti che posso cambiare. O forse, ad essere sinceri, non credo di poter cambiare, ma quanto meno di potermi comportare meglio per la mia piccola anima dagli occhi blu. Goditi la lista…è bella lunga.
-Ti amo disperatamente.
- Detesto quando flirti con il barista della palestra, mi manda letteralmente ai matti. E non mi importa cosa pensi: se sorridi e chiacchieri con un altro, io sono geloso.
- Non me ne importa nulla delle piante. Le odio, e spesso quando non ci sei mi dimentico di innaffiarle. Ho ucciso io il ficus, involontariamente. In pratica: ho dimenticato di dargli l’acqua per giorni e poi ho cercato di rimediare, ma l’ho annegato.
- Adoro quei piccoli momenti in cui ci guardiamo e sappiamo di esserci detti tutto. Non capitano spesso, ma quando succede una parte di me pensa “è lei la mia anima gemella…”
- Hai presente l’abito rosso? Quello che hai comprato la scorsa estate, di seta? Non ti fa il culo grosso, anzi mi fa impazzire.
- Qualche volta in questi anni ho finto di ascoltarti, mentre in realtà pensavo agli affari miei. Non è capitato spesso, e quasi sempre mentre eravamo al telefono, ma in mia discolpa: ti ho sempre detto di odiare il telefono, no?
- Ricordi due anni fa, quando abbiamo avuto quella tremenda lite e ti ho detto che volevo andarmene, lasciarti e non tornare mai più? Quando me ne sono andato di casa per 23 minuti e 13 secondi? Beh non sono arrivato neanche alla fine delle scale. Ho cominciato immediatamente a sentirmi in colpa, e un coglione, così sono rimasto nelle scale per qualche minuto per tenere il punto, e poi sono rientrato pregando che tu volessi riaccogliermi in casa.
- Quando Jane aveva quattro anni le ho dato i biscotti scaduti. Non è stata colpa mia, ero stanco e non ho letto la scadenza. Fortunatamente, però, mi sono accorto subito che avevano qualcosa di strano e…in quell’occasione le ho anche insegnato a vomitare a comando. So che questa mi costerà molto cara.
- Quando vai via, di tanto in tanto, mi ritrovo ad accarezzare le tue cose, a sfiorarle con uno stupido sorriso da cretino.
-Ti prego non farmi mai più i piatti arabi. I falafel sono disgustosi e mi riempiono lo stomaco d’aglio.
- Ti trovo perfetta, quindi non tagliarti mai più i capelli. Il corto non ti dona, hai un viso tondo e bello e i tuoi capelli sono perfetti come sono. Ah, e non cotonarli per favore, mi fa venire in mente mia madre.
-L’idea di perderti mi terrorizza più di qualsiasi altra cosa.
La lista era lunghissima e conteneva tutti elementi più o meno bizzarri che fecero sorridere Mina. Finalmente aveva capito perché John fosse claustrofobico (…le ragazze lo hanno chiuso dentro lo stanzino e ci ho messo una vita per ritrovarlo, ma lui neanche urlava!), che fine avessero fatto svariati suoi capi d’abbigliamento, vittime dei più svariati incidenti domestici e persino un paio di vasi preziosi (…involontariamente frantumati da Joy e le sue amiche…). E alla fine aveva sorriso leggendo “…e non credere che mi sia piaciuto scrivere questa lista, ma per te farei ogni cosa…” e si era convinta a scoprire anche lei le sue carte, così corse di sotto per scrivergli una lunga lettera d’amore, ma si trovò lui in salotto e non riuscì a resistere: gli saltò al collo e iniziò a baciarlo con tutta la dolcezza che aveva.
“Diciannove anni mi sembrano troppi per lasciarli andare via senza una sorpresa speciale. Ed io volevo solo dirti che ti amo moltissimo…” le sussurrò stringendola, ma Mina decise di non parlare e fissandolo intensamente negli occhi disse ai ragazzi “…andate pure al cinema, se volete…” trascinandolo verso la camera da letto.
 “E quindi signora Jimenez?”
Le chiese con fare sensuale e lei gli saltò soltanto al collo sussurrando piano “quindi ti amo Juan Jimenez…”
Si lasciarono andare e ritrovarsi fu la sensazione migliore che avessero mai provato. Juan era proprio certo di averla persa, ed invece Mina desiderava soltanto lui e non faceva che stringerlo forte e fissarlo negli occhi. Non era da lei comportarsi in quel modo, era sempre lui a fare l'amore, ma quella mattina fu lei a sorprenderlo.
“Tornerai ad essere mia moglie, dunque?”le chiese, dopo, mentre si rivestiva, ma lei non rispose subito. Dopo qualche istante sussurrò “ci sono delle condizioni”.
Così mentre Juan annegava tra i suoi sospiri, Mina aggiunse “io non ho mai smesso di essere tua moglie, ma pretendo che tu mi ascolti questa volta, anche mentre litighiamo, perché questa cosa che ti chiudi e non mi parli e non ascolti non va bene.  E che non metti in pericolo te stesso e i ragazzi…”
“Te lo giuro…” sussurrò lui pianissimo e lei sorridendo rispose “…e facciamo terapia di coppia…”
“Tutto quello che vuoi…” rispose baciandola, ma Mina aveva un’altra condizione da proporre, così scostandosi aggiunse “…e mi risposi l’anno prossimo”
“Lo que quieres mi amor…” rispose lui radioso, e così quel giorno Juan e Mina finalmente tornarono insieme, ed entrambi lo trovarono incredibilmente romantico. Rimasero a casa con i ragazzi per tutto il giorno, e poi fecero l’amore per una notte intera, senza dire una singola parola e poi all’alba si addormentarono accanto, come avevano sempre fatto in quegli anni. Solo molto tempo dopo furono costretti a separarsi, perché qualcuno bussò alla loro porta. Come sempre fu Juan ad aprire: Mina era completamente nuda, e dunque si era nascosta sotto le coperte.
“…abbiamo portato la colazione.”sussurrò Johanna dolcemente, ma quando il padre gli fece cenno di entrare, lei ribattè “no, no non vogliamo disturbare. Insomma…meglio se state un po’ da soli, no?”
“Ma non dire sciocchezze!” Gridò la mamma da lontano e tutti, furono ammessi nel grande letto dei loro genitori a chiacchierare.
“E quindi ora che si fa?”Chiese Joy tranquilla e Mina scosse le spalle e sorseggiando il caffè sussurrò  “Chris ti aiuterà a studiare per l’ammissione alla Juillard, John troverà una scuola abbastanza vicina a quella di Ethan, Chris e Jane aspetteranno Joey ed io…beh aspetto che arrivi Jemie…”
“Ed io?” sussurrò Juan sorridendo. Lui si era tenuto in disparte, a scattare foto a quella sua bellissima famiglia ricomposta, ma Mina stringendo le spalle sussurrò “tu continuerai a borbottare e…mi auguro che aspetterai Jemie con me, no?”
E così fecero: Joy fu ammessa alla scuola pochi mesi dopo, Chris e Jane ebbero un favoloso bambino di nome Joey Stanley, che però era identico in tutto e per tutto agli Jimenez. John continuò per un po’ a stare con Ethan di nascosto, fino all’elezione di suo padre come vicepresidente. Lui era proprio nel salotto di casa Jimenez quando lo raggiunse la notizia, e scoppiò in un lungo pianto disperato, perché sapeva bene cosa avrebbe comportato quell’annuncio, e non voleva davvero diventare un pupazzo di quella grande mascherata mediatica che è la politica, ma Juan reagì molto peggio. Chiese sconvolto “tuo padre è Steven Stuart? Il vice del presidente Ronson?” e lui annuì soltanto asciugandosi le lacrime, mentre Mina ridendo a crepapelle  commentava “due su due: Jane sta con il figlio di Joey e John sta con il figlio del vice di Myles…”
“Adesso inizio ad aver paura per Johanna…” ringhiò Juan scocciato.
 E poi qualche mese dopo, in una notte di pioggia arrivò anche Jemie Jimenez. Castano, con gli occhi azzurri e bellissimo esattamente come suo fratello John, ma dolce come la sua mamma.
Juan, come sempre, non lasciò il fianco della moglie neanche per un secondo, e lei rimase a stringergli forte la mano. Di nuvole, nel loro cielo, non c’era più neanche l’ombra.
Capitolo 70: Joey e Jemie.

“…insomma degli italiani neanche l’ombra…ma dove saranno finiti?”
Disse Joey ad alta voce, senza rendersi conto di peggiorare la situazione. Jane, infatti era furiosa. Non vedeva sua madre e suo padre da una vita, e ci mancava solo che fossero in ritardo proprio in quel giorno.  Eh sì, quello era un giorno speciale: il piccolo Joey finalmente veniva battezzato.
C’erano state forti liti tra mamma (semi cattolica) e papà (completamente ateo) ma alla fine, come sempre Jane l’aveva spuntata e così si erano decisi a far battezzare il piccolo per rendere felice tutta la famiglia Jimenez, anche se la nonna Felipa aveva da ridire, perché ormai il piccolo aveva un anno e mezzo. Il padrino di Joey, era ovviamente suo nonno Juan, ma di lui non c’era e questo aveva spazientito immensamente la figlia.
Dopo la mostra al Metropolitan a Juan era stata offerta l’opportunità di lavorare per un po’ in Europa, e i coniugi Jimenez avevano deciso di accettarla, anche per dar modo ai due figli minori di studiare all’estero. Così dopo nascita di Jemie, Mina aveva deciso di accompagnare Juan in Germania, Spagna e Italia, per la sua prima mostra europea. Certo le era costato molto separarsi da Jane, soprattutto perché la figlia glielo faceva pesare costantemente, ma doveva seguire il suo cuore.
Aveva completamente abbandonato le scene per fare la mamma, e questo aveva veramente dato dei risultati: il suo rapporto con Johanna era diventato molto intimo e con John era sempre tutto perfetto. Jemie era ancora piccolo, ma trascorreva tutta la giornata con lei e con suo padre, quindi non poteva amarli di più.
E Juan? Oh lui non poteva essere più felice e produttivo. Jemie non dormiva mai di notte, e così lui e la mamma passavano il tempo nello studio del padre, che adorava lavorare con  quel piccolo che trotterellava in giro. Nel suo studio Jemie aveva iniziato a camminare, e lì aveva detto le sue prime paroline.
Erano due strani vampiri, svegli di notte e addormentati di giorno, e litigavano come sempre, ma molto meno. Juan voleva tenerla accanto, perciò avevano cominciato una fittissima terapia di coppia subito dopo essere tornati insieme, e ad oggi continuavano a farla a distanza. La loro terapista era una donna molto simile alla madre di Mina, che era diventata preziosissima per il loro rapporto, dato che spiegava a Mina cosa ferisse o facesse arrabbiare Juan, e a lui cosa sbagliava con Mina. Finalmente erano riusciti ad aprirsi totalmente l’uno con l’altro, e lui era davvero cresciuto molto.  Non era tutto rose e fiori, ma erano una bella famiglia, che se la cava tranquillamente. Avevano solo una grande preoccupazione in quei giorni: Jane.
La primogenita degli Jimenez, infatti, sola e senza aiuto di nessuno stava diventando quasi matta.  Chris aveva letteralmente sfondato come musicista all’improvviso e quasi per caso. Aveva scritto un cd per lei e Joey, un cd su quello che gli stava capitando, sulle emozioni che provava nel diventare padre e ad amare la sua Jane, ed era capitato tra le grinfie di sua madre, che lo aveva prodotto immediatamente. Ora era in tour e Jane era rimasta completamente sola. Non voleva che nonno Joey l’aiutasse, voleva sua madre, e Mina faceva il possibile per accontentarla, ma era molto complicato considerato che aveva anche lei un figlio di quell’età che spesso attraversava mezzo mondo per andare dal nipote. Jane voleva riprendere con l’accademia di danza, e prendere finalmente il diploma, ma allo stesso tempo non voleva che suo figlio crescesse con degli estranei, voleva l’aiuto di sua madre, e non sapeva come fare.
Aveva insistito tanto per battezzare Joey perché voleva rivedere la sua famiglia, ma quelli non si erano ancora presentati e stavano facendo tardi. Per volere della famiglia Jimenez, la cerimonia si sarebbe svolta nel giardino della villa di Carlos Jimenez, a Chino, dove c’era persino una fontana che assomigliava in tutto e per tutto ad una fonte battesimale.
Erano tutti riuniti in giardino, vestiti in modo elegante, pettinati e bellissimi, ma mancava la famiglia della mamma e questo la stava rendendo ancor più furiosa. Vedete, per spezzare una lancia in favore di Jane: erano quasi due anni che non dormiva per più di tre ore a notte, si sentiva grassa e molto sola. Chris era in tour, e quando tornava voleva dedicarsi anima e corpo al bambino prima e a lei poi, ma Jane approfittava del suo aiuto per riposarsi un po’, e così Chris finiva col coccolarla mentre dormiva. I nostri due ragazzini erano un po’ in crisi, ma ad onor del vero, Chris faceva ogni cosa per risollevare il morale di Jane, e spesso chiamava la babysitter e la portava fuori a cena. Qualche volta erano stati fuori anche per un intero weekend, ma era comunque poco per una mamma ventenne esausta.
Jane tamburellava nervosa sul tavolo, e neanche rispondeva alle cortesi domande di tutti, quando improvvisamente apparvero i due che stava aspettando e lei li fissò arrabbiata, ma dentro di lei molto sollevata: erano arrivati finalmente.
Juan e Mina non erano mai tornati a casa di Juan da quella famosa lite tra Juan e Felipa. Lui non aveva voluto far vedere Jemie a sua madre, e non le aveva neanche detto che era nato. Non ci aveva mai parlato, e mamma Felipa non aveva mai provato a fare la prima mossa. Il battesimo di Joey doveva servire anche a questo: a riconciliare la famiglia. Carlos sperava con tutto il cuore che potesse tornare tutto normale, ma non era molto semplice.
Mina e Juan erano entrambi vestiti di nero, come sempre, ma sembravano veramente stupendi, anche se un po’ stanchi. John e Joanna si stavano ancora vestendo e la mamma portava in braccio un piccolo ometto che si era aggrappato alla sua spalla.
“Oh ma è stupendo!”
Sussurrò Carlos vedendo il suo nipotino e Mina sorrise soltanto. Juan, invece abbracciò forte il piccolo Joey col ciuccio e provò a fare lo stesso con sua figlia, ma questa gli ringhiò allontanandolo “siete in ritardo da morire. Sei pronto?”
Juan le sorrise con fare colpevole, era stata colpa di Mina ovviamente, ma non disse nulla perché la psicologa diceva sempre “mai recriminare”.
“Colpa mia tesoro, scusaci.” Cinguettò la mamma con un sorriso tenero, ma Jane neanche le rispose, prese il braccio del padre e lo trascinò via.
Per tutta la cerimonia qualcuno rimase a fissare la famiglia Jimenez, e soprattutto l’ultimo arrivato che, tormentava i capelli della mamma e la riempiva di baci, emettendo strani versetti con una vocina dolcissima. Nonna Felipa non aveva il coraggio di dirlo a parole, ma moriva dalla voglia di riabbracciare suo figlio e quel piccolo nuovo. Quando poi Juan, per dare un attimo di tregua a Mina, le tolse di dosso Jemie, Felipa morì. Suo figlio era incredibilmente dolce con quel piccolo e non faceva che accarezzarlo e fargli il solletico e neanche si arrabbiava quando alzava troppo la voce. Semplicemente lo zittiva, sorridendogli nel modo più dolce esistente e come avrebbe potuto fare altro? Jemie era un cucciolo adorabile, un piccolo dalla pelle leggermente più chiara di quella del padre, con occhioni di un blu intenso e splendidi capelli color caramello, liscissimi come quelli di Juan. Era identico a suo padre e a suo fratello da piccoli. Era un cuccioletto buffo e simpatico, con guance molto paffute, per questo la mamma lo chiamava “pancake”.
A vederli insieme Joey e Jemie sembravano veramente fratelli, e questo fece sorridere entrambi i nonni. Joey era in tutto e per tutto uguale al suo piccolo zio, ma semplicemente era più alto e meno paffuto. La pelle del piccolo Stanley era esattamente come quella di Jane, e dunque più scura di quella di Jemie, ma sembravano veramente piccoli gemelli. Juan provò a tenerli insieme, a farli giocare sulle sue ginocchia e questo fece sorridere dolcemente sia Mina che Felipa.
“Insomma Juan ci fai vedere questo ragazzo?” ringhiò improvvisamente Carlos, stanco di vedere gli sguardi tristi di sua madre, ma fu Mina a prendere per mano Jemie per portarlo dallo zio e dalla nonna con un sorriso. Cosa che confuse un po’ tutti, tranne suo marito che le sorrise scuotendo la testa. Lei sapeva che Juan non avrebbe mai perdonato sua madre, se non era lei a perdonarla, e così aveva deciso di farlo. Voleva porre fine a quella guerra, restituire ai suoi figli la loro famiglia, e così buttando giù il rospo, si era decisa a fare pace con tutti.
Non era semplice dimenticare le accuse tremende di quella donna, ma Mina lo fece, perché era la nonna dei suoi ragazzi e a loro mancava il Natale a Chino. In realtà il primo ad abbracciare Jemie fu zio Carlos, che gli fece una domanda molto semplice, ma lui gli voltò le spalle e corse ad abbracciare la gamba della madre.
“Ah è proprio tua figlio, non puoi sperare di avere una risposta da lui…”
 Gracchiò Carlos a suo fratello, e Juan rise soltanto, ma un po’ infastidito. Certo suo fratello aveva usato un modo di dire, non voleva mettere davvero in discussione la sua paternità, ma con tutto quello che era successo Juan trovò quel commento fuori luogo, e mise un braccio attorno alla vita di sua moglie, stringendola con forza. Non voleva che qualcuno osasse dire qualcosa su di lei o sui suoi figli, ma nessuno voleva farlo.
“Perché si chiama Jemie?”
Chiese improvvisamente la nonna con un filo di fiato. Juan non disse nulla, ma Mina col sorriso ribattè che lo avevano scelto i ragazzi, perché ci tenevano alle iniziali JJ.
“E’ molto bello. Identico a John, un principe dagli occhi blu…”sussurrò la nonna, fissandolo da lontano con un sorriso e Mina chiese al figlio di regalare la margherita che aveva appena raccolto alla nonna, che si commosse. E così Felipa abbracciò per la prima volta il suo nipotino, mentre Juan stringeva forte la mano di sua moglie. Non le disse nulla, ma lei scosse solo la testa come per dire “prego”.
Nel frattempo però qualcuno aveva una piccola crisi di gelosia. Jane voleva parlare con sua madre, ne aveva bisogno, ma questa non faceva che cinguettare in giro.
“Insomma ti ricordi vero che hai anche un’altra figlia?”Le ringhiò arrabbiata e Mina facendole l’occhiolino sussurrò “no, lo avevo dimenticato. Ti conosco?”
Jane le mise il muso, ma la madre prendendole il braccio sussurrò “camminiamo?”E questa annuì.
“Allora, come stai? Quanto sei stanca da uno a mille?”
Le sussurrò dolcemente Mina e lei stringendo le spalle sussurrò “non so…un miliardo?”la madre annuì e sussurrò “ah non me ne parlare. Non dormono mai quei due!”
Jane le disse delle liti con Chris, dei problemi e dello stress, e così la mamma decise che c’era bisogno di aiuto.
“Tornerò a New York, va bene? Ci sarò io ad aiutarti e passerà…”sussurrò Mina, incapace di vedere Jane in lacrime, ma questa singhiozzando ribattè “e ci riesci? Con Jemie?” ma Mina ridendo rispose “…beh ci provo. Poi faremo tornare tuo padre, e glieli molleremo per andare dal parrucchiere…”
E mentre la mamma e la figlia parlavano di quanto fosse duro essere genitori, qualcuno avvicinandosi a Juan sussurrò “allora, ora che hai esattamente quello che volevi, sei felice?”
“Bah…”sussurrò Juan sovrappensiero “…direi che non potrei esserlo di più.”
“Anche se sembri uscito da un tornado?”ribattè Joey ridacchiando ma Juan stringendo le spalle annuì e chiese “e tu? Come va con la moglie? Hai altre ragazzine nascoste?”
“Eh no. Siamo sempre insieme, lavoriamo insieme. Ha smesso di fare il presidente e abbiamo aperto una piccola etichetta indipendente, e…va bene, anche se lei è onnipresente e fastidiosa, perché continua a comportarsi da super presidente. Sono loro che mi preoccupano…”sussurrò serio, fissando Chris che dava da mangiare a Joey.
Juan annuì e basta e rispose “Lo so. Anche Mina è preoccupata. Per questo mi molla a Berlino e torna a New York…”
“Davvero?” Chiese Joey ridendo, e poi aggiunse “…perché anche noi abbiamo preso casa a New York per dargli una mano. Saremo vicini di casa.”
E mentre Juan cercava di metabolizzare la notizia, giunse Mina sorridente a consegnare Jemie a suo padre.
“Insomma alla fine ce l’avete fatta a capirvi Lucy. Sembrava il telefono senza fili ad un certo punto…” le disse Joey ridendo e lei sorridendo rispose “…beh dopo due anni di terapia di coppia tre volte alla settimana anche due di pianeti diversi riuscirebbero a stare insieme…”
“Ci avete messo tanto impegno e vi fa onore, ma è evidente che c’è molto amore in tutto questo…” sentenziò facendole l’occhiolino e Mina sorridendo gli disse  “…neanche voi sembrate male. Insomma faremo i nonni insieme, sei pronto?”
“Come no. Io e te verso nuove avventure…” le disse ridendo e per un attimo nessuno dei due smise. Poi, però, furono interrotti da qualcuno e Mina si illuminò. John era stato in Europa con loro per un anno, e ovviamente non vedeva l’ora di andare dal suo Ethan. Era cresciuto tanto, ed era un uomo ormai, e assomigliava tantissimo a suo padre, ma aveva gli occhi dolcissimi di sua madre.
“E’ stato ammesso all’accademia del cinema di Berlino, lo sai?” spiegò Mina orgogliosissima a Joey che gli fece molti complimenti, ma lui sorrise e basta, con fare malinconico.
“…e non lasci niente in America? Parti a cuor leggero, senza legami?” gli chiese Joey, che ci aveva visto lungo e aveva intuito che quel giovane ispanico aveva il cuore spezzato.
John sorrise, esattamente con lo stesso sorriso malinconico di sua madre, e portandosi una sigaretta alle labbra rispose “…Non ho il cuore leggero, purtroppo, ma non posso farci nulla. Sono legato a doppio filo con una persona che non posso amare, quindi me ne vado…”
Mina gli sorrise soltanto e accarezzandogli un ciuffo ribelle, sussurrò piano “…prendi la macchina di papà e vai a Berkeley a salutarlo…”
John le mostrò le chiavi che il padre gli aveva appena dato, e la salutò baciandole la fronte. Gli faceva troppo male fare quel viaggio, perché sapeva che stava andando a dirgli addio per sempre, ma non era stato lui ad allontanarsi per primo.
Era iniziato tutto con il mandato del padre di Ethan: la famiglia aveva dovuto trasferirsi, ovviamente, e così erano andati via in piena notte, senza dare al figlio neanche la possibilità di salutarlo. Ethan aveva pianto disperato quella notte, convinto che fosse la fine, perché era senza cellulare e computer ancora, dunque non potettero neanche sentirsi per dirsi addio. Così gli scrisse una lunghissima lettera, convinto che fosse un addio, ma John fece lo stesso e in breve avevano finito con spendere grosse cifre in francobolli scrivendosi frasi bellissime e piene di sentimenti.
 Vissero di ricordi e parole per mesi, senza potersi neanche sentire o vedere, ma il loro amore resistette. Poi, però, le cose precipitarono: una lettera era stata intercettata e il padre di Ethan gli aveva detto chiaro e tondo che “non poteva permettersi imbarazzi” quindi loro potevano essere solo amici, senza scriversi cose compromettenti. E fu così che per mesi calò il silenzio tra i nostri due ragazzi e John accettò di andare in Europa con i suoi genitori. Una notte, però, si trovò una strana notifica sul cellulare e gli si spezzò il cuore quando capì che era lui, quell’amore che stava appena iniziando a dimenticare.
Ethan aveva iniziato il college, ed era fuggito in California nella speranza di liberarsi un po’ dal guinzaglio dei suoi genitori, che addirittura volevano impedirgli di studiare letteratura. Era scappato minacciandoli che avrebbe partecipato al Gay Pride e diffuso le foto se loro non lo avessero lasciato libero di essere quello che era, e così spaventati gli Stuart lo avevano assecondato. Ethan impazzì quando ebbe di nuovo un cellulare tra le mani, e in automatico le sue dita composero quel numero che si era sforzato di imparare a memoria, ma poi non aveva avuto subito il coraggio di scrivergli. Controllò i suoi social e vide un sacco di foto di lui felice e sorridente, con la famiglia, con il fratellino e soprattutto con nuovi amici. Era geloso, e aveva terribilmente paura che l’avesse dimenticato, perciò non gli scrisse subito, ma rimase a guardare quello che lui postava per giorni. Anche solo risentire la sua voce nei video gli faceva venire la pelle d’oca e sorrideva per ore pensando a quegli occhi. E poi una notte, quando John aveva postato una foto di quattro piedi che guardano Colazione da Tiffany, non aveva potuto resistere e gli aveva scritto. John non aveva visto subito il messaggio, ma era corso a svegliare i genitori per quel messaggio inaspettato.
Avevano ripreso a sentirsi in modo compulsivo, ma entrambi sapevano che non avrebbero mai potuto vedersi, perché erano in continenti totalmente diversi, ma se anche si fossero avvicinati il padre di Ethan avrebbe trovato il modo per tenerli lontani. Era un rapporto doloroso e tossico per entrambi, e John si era detto spesso che doveva tagliare,vivere altre storie, ma non era riuscito a smettere di sentirlo.
Stava andando a Berkeley per baciarlo un’ultima volta, e poi dirgli addio, perché non poteva tenerlo legato, non era giusto. Eppure quando lo rivide gli cadde persino la sigaretta dalle labbra: era lui, quel ragazzo così bello e dolce che gli aveva insegnato ad amare davvero, e sorrideva sereno parlando con delle persone. Per un attimo pensò di andarsene e smettere di rispondergli al telefono, perché sembrava così tranquillo e allegro senza di lui, ma poi lo vide estrarre il cellulare e scrivere un messaggio sorridendo in modo splendido e sentì il suo suonare. Ethan ci mise qualche secondo, ma riconobbe la suoneria e girandosi si trovò davanti l’amore della sua vita e non riuscì a resistere alle lacrime.
John gli mise una mano sulla testa con molta dolcezza e sussurrò “non piangere matto, che ti prende?” ma lui lo strinse con tutte le sue forze e sussurrò tra i singhiozzi “…non avrei mai pensato di rivederti…”
John lo strinse tanto da farsi male alle braccia, e fu costretto a reprimere in tutti i modi quelle lacrime che gli offuscavano la vista, ma Ethan decise di voler stare solo con lui, così senza parlare lo prese per mano e lo portò nella sua stanza. Entrambi avevano il cuore a mille, ma quando Ethan lo spinse contro il muro per baciarlo, un paio di lacrime rigarono le guance di John, che si accorse di amarlo ancora, per quanto folle potesse essere.
“Sei sempre tu, fai sempre lo stesso effetto. Mi basta sentire il tuo odore, per tornare a quando ti baciavo a San Valentino sotto la neve…”gli sussurrò John baciandolo e Ethan annuì e basta.
 E poi, proprio mentre il giovane Jimenez realizzava di essere ancora innamorato del suo primo amore, Ethan esitante e con mano tremante gli sfilò la giacca e iniziò ad aprirgli la camicia, fissandolo profondamente negli occhi.
“che diavolo ti prende?” sussurrò John con un filo di fiato ed Ethan rispose pianissimo “…vorrei fare l’amore con il primo e unico uomo che abbia mai amato…”facendolo tremare.
“…forse non è giusto, perché io e te non abbiamo nessun futuro, e forse non dovrei rubarti la tua prima volta, quindi se non vuoi, dimmelo. Io, però, mi sono sempre pentito di non averti detto di sì quando potevo, perché sei l’unico al mondo che abbia mai voluto…”
“E chi lo dice a Bradley Cooper?” sussurrò John ridacchiando e piangendo contemporaneamente, strappando un sorriso anche a lui, prima di sbatterlo al muro e ricominciare a baciarlo come faceva sempre in palestra. Non avevano mai avuto nessun tipo di intimità, e malgrado fossero entrambi quasi diciottenni, erano spaventati a morte da quel momento, ma sapevano di volersi concedere l’uno all’altro perché solo così sarebbe stato un momento davvero speciale.
“Ti amo anche io, comunque…” gli bisbigliò pianissimo all’orecchio John mentre baciava il suo collo e la sua schiena, ed Ethan dovette asciugarsi un paio di lacrime dalla guancia. Si amarono tutto il giorno e tutta la notte, chiacchierando e baciandosi di continuo e solo all’alba venne fuori il discorso spinoso sul loro futuro.
“…ma se io rinunciassi a Berlino? Se tornassi e mi cercassi un lavoro qualsiasi, tu staresti con me?” gli sussurrò John accarezzandogli i capelli e Ethan con il cuore a pezzi annuì soltanto.
“Se potessi scegliere io, sì certo, ma la vita non è una mia storia, e non potremmo stare insieme, perciò non sarebbe giusto. Berlino, la scuola di cinema, è tutto quello che hai sempre sognato ed io sono orgoglioso di te, che sei riuscito ad ottenerlo…” aggiunse in lacrime e John nascose il viso contro la sua schiena, per non fargli vedere le sue lacrime.
“Ci ameremo a distanza Johnny, ed io…”non riuscì a continuare, perché i singhiozzi gli ruppero la voce e per un attimo pianse disperato sul suo petto, mentre John gli baciava la fronte.
“…io sarò felice di saperti felice, anche se accanto ad un’altra persona…”concluse singhiozzando, e John lo strinse soltanto. Era terribilmente doloroso doversi dire addio, e per due giorni decisero di comportarsi come se non esistesse un futuro, non esistesse niente oltre al loro amore.
Giunse però il momento dell’addio e John gli disse solo “…mi mancherai…” ma Ethan baciandolo sussurrò “…non ti dimenticherò mai John Jimenez, pazzo, dolcissimo dio greco con il sorriso illegale e gli occhi più belli del mondo…”
“Neanche io…”sussurrò pianissimo, ma era proprio arrivato il momento di andare, così gli disse addio per un’ultima volta e decise di non voltarsi più, ma si sentì chiamare e si paralizzò nel sentire “…e non innamorarti di un tedesco, per favore. Sono rozzi e hanno un caratteraccio…”
Epilogo:
E mentre John ed Ethan si dicevano addio, apparentemente per sempre, qualcuno invece giocava a fare i nonni-genitori.
 I coniugi Stanley, giunti alla loro nuova dimora a New York, avevano deciso di regalare a Chris e Jane un po’ di pace e di tempo da soli, perciò tenevano il piccolo Joey che era iperattivo esattamente come loro. Erano molto carini, a letto tutti insieme come una grande famiglia, e Joey baciando la spalla nuda di sua moglie sussurrò piano “non penso di averti amato mai così tanto” facendola sorridere. Sarah, in realtà, aveva una cosa da dire a suo marito, ma non sapeva come farlo. Aveva ricevuto un’offerta enorme dalla più famosa casa discografica d’Europa, che voleva assolutamente averla, ma sapeva che Joey non avrebbe mai accettato che lei tornasse a fare il suo lavoro. Quello che non sapeva, però, era se fosse giusto o meno accettare e ci pensò a lungo quella notte, senza giungere ad una conclusione.
Qualcun altro quella notte parlava del suo futuro, per la prima volta in un anno. Jane e Chris non si erano sposati, ma avevano comunque deciso di provare a stare insieme. Jane, però, nelle settimane precedenti lo aveva minacciato spesso di lasciarlo, perché era esausta e voleva maggiori attenzioni e aiuto da parte sua. Chris era rientrato dal Sud America per il battesimo di Joey, e le aveva ufficialmente chiesto di seguirlo in tour con il bambino, ma Jane voleva finire la scuola e gli disse solo “dopo il diploma”. I ragazzini erano in crisi, ma dopo aver dormito per nove ore, si svegliarono in piena notte, fecero l’amore e poi si riaddormentarono felici, uno accanto all’altro. Alle otto Chris si svegliò rilassato e riposato e scappò a prendere Joey, che aveva tenuto svegli i nonni per tutta la notte. Quella mattina, per la prima volta in tanto tempo, Chris e Jane rimasero a letto a coccolarsi insieme al bambino, e lei sussurrò dolcemente “ce la possiamo fare…forse.”
“Che vuoi dire? Perchè forse?” ribattè lui allarmato e Jane gli spiegò tutte le sue perplessità, senza poter nascondere qualche lacrima. Chris ci rimase male, e soffrì anche un po’, ma alla fine sussurrò “hey Jane, non esiste nessun forse. Tu ed io ci amiamo e certo che ce la faremo. Non basta un momento no a separarci, hai capito?” Lo strinse forte allora e lui sussurrò preoccupato “Non faremo la fine dei miei genitori, che hanno divorziato per colpa mia. Troveremo una soluzione…”
La soluzione gli si offrì spontaneamente:  Joey e Mina avevano deciso di aiutarli a crescere il piccolo Joey, e nei mesi successivi diventarono nonni babysitter fantastici. Sarah ovviamente si mostrò incredibilmente gelosa di quell’accoppiata, ma Juan da Berlino sorrideva a sua moglie mamma e nonna insieme.
 E mentre Jane e Chris si confrontavano e Sarah pensava a cosa fare con il suo futuro, Juan Jimenez dormiva. Aveva dipinto molto, per tutta la notte, ed era letteralmente in pace con il mondo, ma voleva la sua compagna, così allungò il braccio ma non trovò nessuno. Chiamò il suo nome con il viso ancora affondato nel cuscino, ma non ebbe risposta, così decise di andare a cercarla. E la trovò che preparava i bagagli di John insieme a Jemie, con le guance rigate dalle lacrime.
Juan la raggiunse, allora, per parlarle ma rimase senza fiato. Mina era in sottoveste e aveva Jemie in braccio che continuava a baciarla. Non era sexy, non fu quello l’effetto che fece a Juan, malgrado fosse quasi nuda. Era una mamma, bellissima e dolce.
Non si accorse di lui, aveva il cuore a pezzi e teneva gli occhi fissi sul figlio e baciandolo tutto gli disse “Ti prego, pancake, dimmi che non mi lascerai, mai. Che mi amerai sempre…”
“Anche tu…”sussurrò Juan senza fiato, e Mina allora fissandolo ribattè “è necessario che glielo dica, signor Jimenez? Lei non lo sa?”
“Dimmelo.” Sussurrò lui serio e Mina dolcemente ribattè “non ho smesso di amarti mai, marito. Ti ho anche risposato…”
“L’altra cosa, Mì. Quello non te l’ho mai sentito dire.”
 Ribattè lui, avvicinandosi a lei per stringerla e Mina sussurrò “Non ti lascerò mai, anche se stai per andare a vivere dall’altra parte del mondo per quasi un anno, stronzo…”
“Neanche io ti lascerò mai, amore. Non ho mai voluto lasciarti andare, non credo di poterlo fare senza morire…” sussurrò un attimo prima di baciarla e lei scosse solo la testa e si spostò facendo la finta offesa.
“…mi stai lasciando, veramente…”gli fece notare fingendosi offesa, mentre Juan sbaciucchiava Jemie che ridacchiava.
 “Sono solo pochi mesi, amore. Finirò la mostra, darò un occhio a Johnny e ti farò sentire un po’ la mia mancanza, così magari mi desidererai di più…”
“Come no. Fa’ il bravo, hai capito?”ringhiò serissima, ma lui sorridendo l’afferrò con il braccio che aveva libero e le sussurrò “siempre, mi amor” baciandola davanti a Jemie che non sapendo cosa fare si accoccolò sulla sua spalla con languidissimi occhi blu.
E così finisce, per ora, la storia delle nostre quattro coppie incasinate. John tornò a casa e pianse per ore sulla spalla dei genitori, facendo ovviamente commuovere anche sua madre, che era già in crisi al pensiero di doversi separare da lui. Nei mesi successivi gli Jimenez e gli Stanley divennero una specie di unica, grande, famiglia incasinata, e per quanto nessuno lo avrebbe mai ammesso, furono tutti più contenti, perché potevano contare sull’appoggio degli altri, per quanto logorroici, muti, stronzi e acidi potessero essere.
Nota:
Ciao a tutti, e grazie per essere arrivati fino a qui. Vi è piaciuta questa storia? E il finale? Avete versato qualche lacrimuccia? Io confesso di aver pianto disperatamente per John ed Ethan. Ho una mezza idea di continuare, scrivendo anche una terza storia, ma devo ultimare prima quelle che ho aperte. Quindi se vi siete affezionati a questi personaggi, fatemi sapere e vi aggiornerò se inizierò la storia nuova. Che dire? Grazie per essere stati con noi e spero di avervi regalato qualche sorriso e qualche lacrimuccia. 
   
 
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