Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Shadow writer    20/08/2020    8 recensioni
In una metropoli urbana dominata da corruzione e giochi di potere, una giovane donna cerca di farsi spazio attraverso strade poco lecite.
Dopo gli ultimi eventi, la duchessa si trova alle strette e la posta in gioco si fa sempre più alta: il potere e le persone che ama.
Quello che non sa, è che qualcuno le sta alle calcagna, impaziente di vederla crollare. Ma come può combattere un nemico invisibile?
Dalla storia:
“Sentì un fermento nel suo stomaco e una sensazione di ebbrezza che le andò alla testa.
«Sei fortunata» replicò e si passò la lingua sulle labbra, come assaporando quel momento. «Si dà il caso che concedere favori sia la mia specialità».”
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La duchessa '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Mina vagante


 
 
 
Roman leggeva su una poltrona vicino alle vetrate che conducevano sulla terrazza, godendo della luce naturale che filtrava attraverso le tende chiare. Se ne stava con le gambe che pendevano da un bracciolo e la schiena appoggiata sull’altro, e si sorreggeva il mento con la mano.
Un rumore di passi decisi che picchiavano sul pavimento lo informò che Emily era entrata nella stanza. La vide piazzarsi davanti a lui. «Mi dispiace interrompere le tue attività intellettuali, ma non credi ci siano altre stanze in questa casa?»
Roman sollevò gli occhi dalla pagina e squadrò Emily come se fosse lei ad occupare la sua camera e non viceversa.
«Da tutte le altre riesco a vedere il tuo caro fidanzato che passeggia nel giardino» le disse con una smorfia.
Emily alzò gli occhi al cielo sbuffando. 
«È un male che dobbiamo sopportare, e lo sai anche tu.»
Roman chiuse il libro e, togliendo le gambe dal bracciolo, si raddrizzò. «La mia sopportazione ha raggiunto il limite. Quando potremo liberarci di lui?»
Emily si avvicinò alla vetrata e scostò leggermente la tenda per dare un’occhiata al giardino al piano inferiore.
«Resisti ancora un poco, caro. Quello stronzo egocentrico è una gallina dalle uova d’oro e finché ce l’ho tra le mani ho intenzione di spremerlo fino in fondo.»
Roman sbuffò e tornò ad accasciarsi sulla poltrona, solo la piega delle sue labbra lasciava intuire quando fosse contrariato.
Facendo frusciare il suo abito, Emily si voltò di scatto e uscì dalla stanza. Percorse in fretta il corridoio delle camere e scese da una scala secondaria fino al giardino sul retro della villa.
Dopo una prima distesa di erba smeraldina, alcune siepi ben potate creavano simmetrie nel resto del parco. Roman le aveva proposto di realizzare un labirinto in stile rococò, per farlo ammirare agli ospiti dalle terrazze della villa, ma Emily aveva preferito una disposizione più semplice ed elegante.
Gabriel se ne stava davanti ad un piedistallo e guardava due uomini che, sudando sotto il tiepido sole, erano impegnati a sollevare la statua candida di una donna.
Emily lo raggiunse e affiancò, seguendo la direzione del suo sguardo.
«Un lavoro sublime» commentò Gabriel, mentre la donna veniva raddrizzata sul piedistallo. Si voltò verso Emily e da quella distanza lei riuscì a vedere le lentiggini leggere sulla sua pelle chiara.
«C’è ancora un posto libero laggiù – il giovane indicò un piedistallo vacante poco lontano – che ne dici di una statua per celebrare la nostra unione, tesoro
Emily fece una risata secca e gli si avvicinò, guardandolo negli occhi color ghiaccio. Erano così vicini da sentire il respiro dell’altro sul volto e lei gli posò il palmo aperto sul petto.
«Scordatelo» sibilò e fece per allontanarsi, ma Gabriel la prese per il polso e la tirò nuovamente verso di sé.
«Siamo fidanzati da un anno, non sarà il caso di dare segni della nostra unione?»
Emily si liberò dalla sua stretta, ma non si allontanò e lo guardò fisso negli occhi.
«Le regole del nostro patto erano chiare fin dall’inizio. Non spenderò con te più tempo di quanto mi sia richiesto e sicuramente non spenderò soldi per una statua la cui vista mi sarebbe odiosa.»
Gabriel si portò una mano al cuore con fare melodrammatico, come se le sue parole lo ferissero profondamente.
Emily si alzò in punta di piedi e si piegò verso il suo orecchio, per bisbigliargli: «Ricordati che tutto quello che vedi qui mi appartiene, te incluso.»
Gli lanciò un ultimo sguardo eloquente e ritornò verso la villa, dove sapeva che Gabriel non avrebbe potuto seguirla. Era stata chiara nella divisione degli spazi. Lui avrebbe avuto la dépendance dall’altro lato del giardino e l’accesso nella villa gli era permesso solo quando c’erano ospiti.
Per quanto le scocciasse ammetterlo, Roman aveva ragione. Gabriel era una mina vagante e la sua presenza era un rischio, ma Emily non aveva ancora finito con lui.
 
 
 
***
 
 
Richard Leroy aveva una passione per gli scacchi. Ci giocava una volta a settimana in un vecchio club di cui faceva parte da anni. 
Si sistemava sempre allo stesso tavolo vicino alla finestra che affacciava sul campo da golf, su una poltrona di velluto marrone e la scacchiera sul tavolo in legno scuro.
La sala era generalmente silenziosa, gli altri presenti leggevano giornali o fumavano sigari parlando sottovoce di affari e politica.
«Devo ammettere che sono rimasto sorpreso quando hai finalmente accettato il mio invito ad una partita» disse Richard, squadrando l’avversario del giorno. Suo figlio Gabriel indossava una camicia azzurrina e una giacca di una tonalità più scura, abbinata con i pantaloni eleganti.
«Non potevo rifiutare per sempre» rispose l’altro con un sorriso, «so quanto tieni agli scacchi.»
Prima che potessero continuare la loro conversazione, iniziarono a giocare.
Richard studiava la scacchiera con la tranquillità di chi compie un’azione ormai naturale. Dietro ai suoi occhi chiari, la mente ragionava in modo pacato e senza fretta sulla strategia migliore.
Anche Gabriel prendeva tempo per le proprie mosse, ma il leggero tremore della sua gamba destra rivelava un certo nervosismo.
«Giocare a scacchi ha numerosi vantaggi» gli disse il padre, mentre attendeva la sua decisione. «Oltre a migliorare le capacità strategiche, ti permette di liberare la mente nel tempo di una partita e dimenticare le preoccupazioni.»
«A quanto pare permette anche di impartire lezioni di vita» commentò ironico Gabriel e mosse il suo cavallo. Il padre lo eliminò rapidamente con un alfiere e risollevò gli occhi verso di lui.
«Che cosa ti preoccupa così tanto da non lasciarti concentrare?» gli domandò.
Il tremore della gamba di Gabriel aumentò ed entrambi lo notarono. Il giovane si posò una mano sulla coscia e cercò di assumere una posa rilassata, poggiando la schiena sulla poltrona.
«Mi chiedevo se quel fondo per il college… insomma, se io potessi avere ancora accesso a quel fondo».
Richard lo studiò per un istante, sondando il volto appuntito del figlio.
«Hai intenzione di riprendere gli studi?» 
Per quanto desiderasse una risposta affermativa, l’uomo non vi riponeva alcuna speranza. La condotta del giovane negli ultimi anni aveva dimostrato che considerasse un’istruzione meno rilevante di un orologio di lusso. 
Gabriel scosse il capo. «No, e mi dispiace darti questa risposta, ma dato che la mia vita sta prendendo una giusta piega, vorrei usare quei soldi per iniziare una carriera.»
Richard lo squadrò in silenzio per qualche istante, poi proruppe in una grassa risata che attirò non pochi sguardi verso di loro. Si scusò con un cenno e tornò a guardare divertito il figlio, che nel frattempo aveva assunto un colorito pallido.
«Non dire stronzate, Gabriel. Non sei fidanzato con una donna di buona famiglia e ben inserita nella società, ma con un enigma vivente che probabilmente nasconde più crimini che scheletri nel proprio armadio. Io non la chiamerei una “giusta piega”.»
Le labbra del giovane erano diventate una linea sottilissima. Era evidente che la conversazione non stesse andando dove voleva, ma suo padre non aveva finito. Dopo essersi fatto portare un bicchiere di whiskey, riprese, piegandosi in avanti e abbassando la voce: «Lasciami indovinare per cosa ti servono quei soldi. Festini? Droga? Donne? O, più probabilmente, per saldare i debiti derivanti da tutte le precedenti categorie?»
Gabriel serrò i denti e strinse i pugni, deciso a non mostrarsi sconfitto in un confronto che aveva perso fin dall’inizio.
«Perché non chiedi i soldi alla donna con cui vivi? Perché non chiedi alla duchessa?» riprese il padre in tono canzonatorio. 
Il giovane sbuffò, scuotendo il capo.
«E poi cosa? Farle vendere i miei organi al mercato nero?» replicò. «Mi tiene tra le sue mani come un burattino, non posso chiederle anche questo.»
Richard fissò per un momento quegli occhi azzurri così simili ai propri eppure così diversi.
«Sei mio figlio e io tengo a te, ma non ti aiuterò a portare avanti questo stile di vita autodistruttivo.»
Gabriel fece una risata di scherno, mentre il suo volto si arrossava. L’accaldarsi dei toni aveva di nuovo attirato le attenzioni dei presenti, che spostavano gli occhi dai propri giornali per lanciare uno sguardo fugace e scocciato a chi li disturbava.
Gabriel fece un cenno di saluto con un sorriso derisorio a uno dei presenti e Richard si voltò velocemente per scusarsi con chiunque suo figlio stesse schernendo. Robert Henderson distolse gli occhi dalla scena per tornare a conversare con gli altri due uomini intorno al suo tavolo.
«Mi disprezzi, eppure io sono qui, libero e immacolato, mentre il figlio di quell’uomo è in carcere da un anno» commentò Gabriel.
Richard lo schernì con una risata: «Non paragonarti ad Alexander Henderson. Lui ha lavorato duramente e se è finito in carcere è perché ha pestato i piedi alla persona sbagliata. È stato fregato, mentre tu, semplicemente non ti sei ancora fatto beccare.»
Il giovane cominciò ad agitarsi, muovendosi sulla poltrona come se scottasse.
«Stai dicendo che Henderson è più innocente di me?» sputò, con uno sguardo di fuoco.
«Non posso parlare per Alexander, ma conosco te».
Gabriel scattò in piedi e la poltrona su cui era seduto strisciò sul parquet con uno stridore fastidioso.
«È sempre un piacere giocare a scacchi insieme, padre» disse, a denti stretti, e si diresse a grandi passi verso l’uscita, senza voltarsi indietro.
 
 
Gabriel aveva perso il conto dei bicchieri che aveva scolato. Il suo corpo era abituato a quelle quantità e, purtroppo, era solo a metà strada verso l’annebbiamento totale. Si sentiva ancora troppo lucido per i suoi gusti.
Aveva trovato quel pub in una delle numerose fughe dal club che tanto piaceva a suo padre e da allora era il suo punto fisso per ubriacarsi dopo l’ennesima discussione con Richard. Anzi, l’ultima, si augurò mentre prendeva dal bancone il bicchiere che il barista aveva appena sostituito con il precedente vuoto.
«Il prossimo lo offro io».
Una voce bassa e maschile lo fece voltare alla sua sinistra, dove un uomo alto e ben piazzato aveva appena preso posto sullo sgabello al suo fianco. Aveva i capelli rasati e una folta barba scura copriva parte del suo volto, ma dove la pelle era libera si potevano scorgere alcune cicatrici biancastre.
Quando gli passò un nuovo bicchiere pieno, Gabriel vide che le sue mani erano ricoperte di tatuaggi.
Prese un respiro profondo e lanciò un’occhiata alle proprie spalle. Il pub era poco affollato, ma c’era comunque una decina di persone. Se era venuto per ammazzarlo, lì dentro era al sicuro.
«Senti, chi ti manda? Lawrance? Flores? Chiunque sia, avrò tutto il più presto possibile.»
L’uomo piegò le labbra in una smorfia e Gabriel intuì che quello era il suo modo di mostrare che era divertito.
«Seriamente, chi ti manda?» gli domandò ancora.
L’altro scosse il capo. «Non sono venuto a chiedere soldi, ma a fare un’offerta.»
Gabriel si raddrizzò e strinse gli occhi, per osservarlo meglio. 
«Di che tipo?»
«Mi servono informazioni. In cambio di contanti».
L’offerta suonò invitante alle orecchie del giovane e il suo sorrisetto non lo nascose, ma aveva imparato a diffidare da ciò che scintillava.
«Che tipo di informazioni?»
«Sulla duchessa».
Gabriel non si scompose. Poteva immaginarlo. Tanti gli avevano chiesto dettagli sulla sua misteriosa “fidanzata”, ma lui era sempre stato riservato. O almeno, prima di quel momento nessuno aveva offerto banconote in cambio.
«Oh, Cassandra!» esclamò. «L’amore della mia vita, il raggio di sole che ogni mattina mi fa alzare dal letto, il sorriso che scalda il mio cuore. Perché dovrei tradire la fiducia della mia donna?»
L’uomo non parve impressionato dalla sua recita.
«Siete fidanzati da un anno senza alcun accenno di matrimonio. Si può presuppore che si tratti di un’unione di facciata. E di interesse» gli disse infatti, imperturbabile.
«Il mio cuore brucia per lei e il mio amore non può essere sminuito ad una semplice formalità quale il matrimonio» replicò il giovane, imbronciando il viso.
L’altro parve scocciarsi per il prolungarsi della conversazione. 
«Anche l’amore ha un prezzo e sono certo che potremo stipulare un buon accordo. In caso contrario, ti posso lasciare a Lawrance, Flores e tutti gli altri.»
Sentire quei nomi fece rabbuiare Gabriel e gli fece tornare in mente che, in effetti, non aveva possibilità di scelta.
«Quali informazioni servono?» domandò, in tono più serio.
L’uomo parve soddisfatto dal nuovo tono della conversazione.
«Qualsiasi cosa possa farla affondare. Qualsiasi punto debole, qualsiasi breccia nel suo sistema inespugnabile, qualsiasi tassello senza il quale crollerà.»
Gabriel si prese il proprio tempo per pensarci, anche se la risposta era ormai chiara. Quando fece un cenno di assenso, l’uomo si frugò nelle tasche del cappotto ed estrasse un vecchio cellulare che gli passò.
«C’è un solo numero in rubrica, chiamami quando avrai delle informazioni e ci accorderemo su dove trovarci.»
Gabriel annuì e fece sparire il cellulare nella tasca interna della giacca.
L’uomo si alzò, ma il giovane lo bloccò: «Aspetta. Chi ti manda?»
L’altro fece di nuovo quella smorfia che doveva essere un sorriso. «Questo a te non importa, Leroy.»
 
 
 













 







 Ciao, sono anche su instagram!

 

 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Shadow writer