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Autore: manpolisc_    22/08/2020    1 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 29

Non appena scendiamo in salotto mi guardo intorno, incredula: la festa sta continuando come se non fosse accaduto nulla. Chi balla immerso nella musica ancora alta, altri che bevono, fumano, chiacchierano, s’intrattengono in giochi come quello della bottiglia o fanno gare di shottini. C'è perfino una ragazza che sta vomitando fuori dalla finestra, ma, oltre a questo, non c'è niente di davvero strano. Sembra tutto fin troppo normale in questo trambusto, ma così deve essere: quello che è accaduto al piano superiore è ormai finito, e rimarrà un segreto. Mi chiedo che fine abbiano fatto i folletti. Non vedo Albert in giro, ma probabilmente li starà ancora inseguendo. Spero che non abbia dovuto ucciderli: sono solo burloni alla fine. Io, invece, non so se essere sollevata o preoccupata. June non è più un problema ormai, è destinata a passare la sua vita in una gabbia a casa di zia Tess, ma allora perché sono ancora agitata? La testa sembra potermi esplodere da un momento all'altro e ho un senso di nausea assurdo. Sto ripensando ancora alle parole di June e a ciò che ha causato per un uomo, alle azioni di mia zia e al fatto che lei sia una strega. Non riesco a crederci, ma adesso mi è chiaro perché non si sia mai fatta problemi a non darmi della pazza quando le raccontavo cosa sognavo, vedevo o percepivo. Solo dopo l'incidente con l'Adaro, nei bagni della scuola, la sua reazione cambiò: cercò di convincermi che la mia versione dei fatti fosse sbagliata perché sapeva che mi stavo avvicinando sempre di più a quello stile di vita che lei non voleva per me. Era anche palese che sapesse degli Elementali, e che tentasse di tenermi lontana da loro e da questo mondo, eppure mi mancava il motivo per il quale quasi mi scacciò da casa sua quando chiesi di loro. Sono stata sciocca a pensare che lei fosse come me, ma come potevo immaginare che in realtà è una strega? Sapeva tutto e non mi ha mai detto nulla. Tuttavia, credo anche che lei voleva che scoprissi la verità, altrimenti non mi spiego perché non mi abbia detto da subito che ero una povera illusa che vedeva cose inesistenti. O magari lo faceva solo per non farmi sentire più male di quanto non stessi già, ma poi le cose le sono sfuggite di mano e non ha potuto evitare tutto questo. Ma andiamo, è una strega! Avrebbe potuto benissimo, se solo avesse voluto. Mi sento così ingenua. La causa dei litigi fra lei e mia madre è sicuramente la sua natura. Quest'ultima voleva tenermi lontana da un mio parente per questo e so anche che, quando parlottavano in segreto, era per accettarsi che non sapessi cosa è mia zia. Però, quando beccai mia madre in quella conversazione con lei al telefono, al ritorno dalla mia uscita con Jackson, mia zia le aveva riferito che ero al corrente di tutto. Io non sapevo che lei fosse una strega, però. L'unica cosa che avevo scoperto era il mio essere Elementale, ma, seppur zia Tess riesca a percepire il mio odore, essendo una strega, mia madre non dovrebbe sapere queste cose. Non poteva riferirsi a quello. Eppure, sto cominciando a credere il contrario. È sempre stata protettiva, in una maniera quasi morbosa a volte. Se ciò che sto prendendo in considerazione fosse vero, davvero non saprei più come comportarmi con lei, e la parte peggiore è che non sarei neanche sorpresa di questo, solo furiosa. Mi ha già turbato abbastanza mia zia questa sera; non riuscirei sul serio a reggere altro. Mi viene anche da rimettere ora. Forse è solo l'ansia accumulata che si sta facendo sentire. Ho voglia di piangere e non so perché. Ho notato dall'espressione di Harry che ciò che è successo stasera è stato duro perfino per lui, come posso resistere io che in confronto sembro fatta di cartone, allora? Come se non bastasse, la giornata non è ancora finita: mi aspetta l'interrogatorio di mia zia. Non dovrei lamentarmi, dato che per Jackson sarà ancora più dura una volta che avrà ripreso coscienza, ma sul serio sto per crollare.
- Sharon! - Urlacchia Delice, preoccupata, mentre si fa largo tra la gente per raggiungermi. - Dove eri finita? - Mi chiede, ma le sue parole arrivano come un suono distorto alle mie orecchie. Harry, fortunatamente, si accorge del fatto che non sia così lucida e guarda la bionda.
- Ha bevuto un po'. Ora la porto a casa. - Mente, provocando un'espressione meravigliata sul volto della mia amica quando fissa il dampiro. L'alcol sarebbe stato un'ottima scusa, ma purtroppo Delice sa bene che non ho mai bevuto in vita mia. Tranne quella birra con Harry, ma due sorsi non cambiano nulla. Tuttavia, le mie condizioni la portano a credere alle parole del ragazzo. Lei non sa niente di cosa sia accaduto, quindi il bere è l'unica verità a cui può aggrapparsi. Il mio stomaco sembra una centrifuga ed è una fortuna che non stia vomitando anche l'anima. Un'altra orrenda fitta alla testa mi distrae dai miei pensieri e non so dire se stia per svenire o meno.
- Tu dove eri finita? - Chiedo prima che lei possa domandare altro. Sposta di nuovo lo sguardo sul mio viso, studiandolo attentamente.
- Ero in giro con delle mie compagne del corso d’inglese. Stavo raggiungendo Albert, ma l'ho visto andare via di fretta, come se stesse inseguendo qualcuno. - Mi risponde mentre poggia le mani sulle mie guance, avvicinando il mio viso al suo per potermi guardare meglio negli occhi. - Sharon, ti senti bene? - Anche se non ho bevuto, mi sento come se fossi ubriaca. Posso giurare che Delice si sia sdoppiata ai miei occhi. Non capisco cosa mi stia accadendo, ma non ho intenzione di dare spettacolo anche alla "festa dell'anno". Appena sento il vomito risalire, allontano Delice in modo abbastanza brusco e mi avvicino a una pianta, per poi rimettere. Harry non perde tempo ad aiutarmi e mi tiene i capelli, spostandomeli dal viso per impedire che si sporchino.
- Ti avevo avvisato di non bere tutta quella vodka, Steel. - Mi rimprovera con un tono credibile. Anche Delice mi affianca dopo aver afferrato un tovagliolo da un tavolino. Tossisco più volte mentre allontano la faccia dal vaso, passandomi il dorso della mano sulle labbra per pulirle. Afferro il pezzo di carta, che la bionda mi porge, e mi levo via i residui di vomito mentre Harry mi lascia andare i capelli e mi osserva disgustato.
- Vado a prenderti qualcosa da bere, ma non la vodka. - Dice la bionda, affrettandosi ad andare in cucina dopo che mi ha lanciato un'occhiataccia che aveva tutta l'aria di un rimprovero. Harry mi afferra il volto con una mano per alzarlo verso di lui, dopodiché mi controlla gli occhi. So già che saranno un po' rossi, dato il bruciore che mi sta uccidendo e che mi fa sbattere più volte le palpebre. Mi schiarisco la voce, sentendo ancora un saporaccio in bocca, ma almeno il senso di nausea è sparito per ora.
- Tranquilla. È normale. - Mi rassicura con un sorriso. - Sei la prima neo-Elementale che abbia resistito un mese prima di vomitare anche il tacchino del Ringraziamento dell'anno scorso. Hai battuto un record. -
- Yeah. - Esclamo con un filo di voce, per niente entusiasta. L'unica cosa che mi tranquillizza un po' è che questa specie di sbornia che mi sta massacrando è solo causata dall'ansia che ho avuto costantemente in questo periodo per tutti quei cambiamenti che non sono riuscita a realizzare ancora per bene. Con tutto quello che stava succedendo, non mi potevo permettere neanche un momento con me stessa a riflettere. Avrei potuto rimettere già quel giorno nel vicolo, dopo che Jackson decapitò quel vampiro, ma non l'ho fatto; oppure quando avevo un buco nella spalla o quando quel ragazzo è stato schiacciato dal ramo, eppure, anche in quelle occasioni, mi sono trattenuta. Avrei avuto milioni di motivi per vomitare e avrei potuto farlo tantissime volte, ma non l'ho permesso. Non so come abbia potuto resistere, ma credo che mia zia avesse ragione quando disse che sarei stata forte solo quando fosse stato necessario. Non credevo che l'avrei mai detto, ma non sono tanto debole come pensavo, in fin dei conti. Chi avrebbe ancora i nervi saldi dopo aver passato questo mese allo stesso modo? E non nascondo di aver pensato di scappare più di una volta. Non dalle persone che mi sono intorno, ma solo da me stessa. Ancora non mi piace ciò che sto diventando, ma è quello che sono e sto solo fingendo di accettarlo. Purtroppo non posso cambiare ma, se ne avessi l'occasione, lo farei sul serio. Invidio le persone che non devono preoccuparsi di controllare se ci sia qualche mostro sotto il letto prima di andare a dormire; coloro che non cominciano a sfogliare mentalmente la propria Enciclopedia dei Mostri se devono percorrere un tratto buio di strada, spaventati che un Hupia (uno spirito notturno) o un Pishacha (un demone che si nutre di carne) possano seguirli.
Delice ritorna subito dopo e mi porge un bicchiere d'acqua. Lo bevo velocemente, impaziente di levarmi quel saporaccio dalla bocca. Una volta che ho finito, lo poggio su un tavolino lì vicino.
- Torno con te, così mi assicuro che tu stia bene. -
- Ci penso io a lei. – S’intromette Harry in un modo abbastanza protettivo non appena l'altra termina la frase. In effetti, tra lei e lui preferisco quest'ultimo. È la mia migliore amica, ma lui sa bene con che cosa ha a che fare. Ho paura di sentirmi male di nuovo e che Delice non sia d'aiuto. Lei si gira verso di me per aspettare una conferma da parte mia, un tantino infastidita, quindi annuisco debolmente.
- Ti chiamo comunque dopo, non preoccuparti. - Lei annuisce, mi abbraccia un'ultima volta e poi si stacca, sorridendomi.
- Non farmi stare in pensiero. - Strofina la mano sulla mia spalla in modo affettuoso prima di allontanarsi per raggiungere le sue compagne, che ballano insieme. Harry mi poggia una mano sulla schiena per indirizzarmi verso l'uscita ed evitare di perdermi. Non faccio tanto caso alla gente fuori mentre ci dirigiamo alla macchina in silenzio: la situazione è uguale a quella dentro casa. Tra l'altro non m’interessa sul serio, avendo altro per la testa. Non mi reggo neanche più in piedi, ma so che devo fare un ultimo sforzo per affrontare mia zia. Neanche quel po' di venticello riesce a farmi sentire meglio. Solo quando arriviamo all'auto, e noto una testa bionda dai capelli leggermente scompigliati contro lo sportello, mi sento un po' sollevata. Almeno Jackson sta bene e al sicuro sui sedili posteriori della Rover. Ha le braccia incrociate al petto mentre questo si solleva e abbassa ritmicamente ogni volta che respira. Harry mi apre lo sportello anteriore e non perdo tempo a sedermi, rimanendo con le gambe fuori dalla macchina per fermarmi un attimo di muovermi, ma anche di pensare.
- Ti senti meglio? - Mi chiede dolcemente mentre alzo il volto per guardarlo negli occhi. Annuisco subito dopo, seppur stanca, e incurvo di poco l'angolo della bocca in un sorriso per tranquillizzarlo. Ha già fatto tanto per me, non solo stasera, e non voglio dargli altre preoccupazioni.
- Vomitare fa schifo. - Lui accenna un sorriso divertito mentre mi fa segno di mettere le gambe dentro.
- Però ti fa sentire bene. - Chiude lo sportello al posto mio e fa il giro della macchina per entrare, dopodiché mette in moto. Appoggio la testa contro il vetro del finestrino, chiudendo per un attimo gli occhi. Entrambi non apriamo bocca per non svegliare lo Gnomo quando invece vorrei urlare fino a rompermi le corde vocali. Non so per quanto riuscirò a tenermi tutto dentro. I mostri che esistono, gli Elementali che li cacciano, Jackson che è stato ammaliato da una strega, mia zia che è una di loro, June che era un Diwata-strega, ma ora un topo... non riesco a reggere tutto questo. C'è troppa confusione nella mia mente e nella mia vita. Vorrei tanto congelare ogni singolo pensiero, ma so che non è possibile. Non credo di riuscire a sopportare la chiacchierata con mia zia, neanche di riuscire a guardarla in faccia, in realtà. Non so come comportarmi con mia madre riguardo tutta la faccenda. Non so ancora se davvero sappia tutto e da chi, o cosa, mi stia proteggendo. Da Tess Perry? È mia zia, e mi ha salvato. Se avesse voluto farmi del male, l'avrebbe già fatto. L'unica cosa dalla quale mi potrebbe tenere al sicuro sono i mostri. Quindi mia madre sapeva tutto dall'inizio. Non credo di reggere anche la sua confessione sul fatto che potrebbe essere un Elementale, per essere al corrente di ciò, altrimenti non mi spiego come faccia a sapere di loro. Ho bisogno di risposte, nonostante stia male. Mi devo fare forza e sapere la verità una volta per tutte. Sono stanca di rimandare ancora e ancora: prima o poi salterà fuori, e preferirei saperla da lei che da qualcun'altro.
Appena sento la radio accendersi, nonostante il volume sia basso per non svegliare Jackson, i miei pensieri scappano via come degli uccelli al suono di uno sparo, portandomi a guardare il ragazzo accanto a me.
- Cosa c'è? - Mi chiede mentre mi osserva con la coda dell'occhio. - Gli Imagine Dragons sono bravi. - Scrolla le spalle, come a difendersi per il CD che ha inserito. Non ho la forza di ribattere, anche perché non voglio: sono d'accordo con lui per la scelta della canzone, per una volta. Quindi mi rilasso sul sedile, continuando a tenere lo sguardo fuori dal finestrino, ed ascolto "Smoke And Mirrors" in silenzio.
***
Harry parcheggia sul lato sinistro della strada, quello di Jackson. Quest'ultimo ancora dorme dietro, russando un po'. Apro lo sportello della macchina ed esco mentre il riccio mi segue a ruota e si avvicina a me.
- Grazie di tutto. - Lo guardo negli occhi e gli rivolgo un sorriso di gratitudine mentre lui si appoggia alla macchina e s’infila le mani in tasca.
- Non devi ringraziarmi. Fa parte del mio lavoro, e poi siamo amici ormai. - Dice mentre lancia un'occhiata alla mia casa. Mi chiedo dove abiti. Mi ha detto che ha cominciato a rubare e che si è spostato varie volte, ma non ha mai accennato a un posto suo. Questa è una cittadina in cui non è mai stato, quindi è ragionevole che abbia dormito da Jackson a volte, ma non so dove viva davvero.
- Tornerai a casa tua? - Chiedo mentre giro il volto verso di lui, che scuote la testa più di una volta.
- Non ho una casa. Bruciai quella dei miei. Tanto c'erano solo fantasmi lì dentro. Anch’io lo sono, alla fine. - Lo osservo con espressione dispiaciuta, ma anche confusa poiché non capisco se intenda spiriti veri o solo il ricordo di ciò che era la sua vita prima di quella sera, quando morì Daisy. - Intendo dire che la mia famiglia non era registrata al comune. Mia madre decise di togliere i nostri nomi dopo quell'accaduto. È come se non fossimo mai esistiti, e io non esistessi. - Dice mentre allontana la schiena dalla macchina, rimanendo però accanto a me.
- E quindi dove dormi? - Ormai non ho più il timore di essere invadente o di chiedergli qualcosa che non dovrei. È come se fossimo migliori amici, anche se non lo siamo davvero poiché è un mese che ci conosciamo, ma comunque gli voglio bene e non sopporterei l'idea di pensarlo solo, sperduto chissà dove.
- In macchina la maggior parte delle volte. È il luogo migliore. Diventerebbe difficile anche registrarsi in un Motel o in un Bed & Breakfast. Le altre volte a casa di Jackson, a Winchester. - Annuisco, sapendo che ha ragione. Sebbene riesca ad ammaliare le persone, sarebbe complicato gestire nomi falsi o persino il suo in quanto è come se non esistesse, ed è meglio che non incasini la sua vita più di quanto non lo sia già. Il nostro silenzio viene interrotto dalla suoneria del cellulare di Harry, che subito infila la mano nella tasca dei pantaloni e controlla lo schermo, poi risponde. - Hey Avery. - Rimango in silenzio mentre lui ascolta ciò che la ragazza ha da dirgli. - Ne sei sicura? - Corrugo la fronte quando il suo timbro di voce comincia a essere più preoccupato. - E mi cercano ora dopo mesi da questa storia? Va bene, ho capito. Torno il prima possibile. - Alzo lo sguardo su di lui mentre chiude la chiamata e infila il cellulare di nuovo in tasca.
- Era la tua ragazza? - Chiedo per prendere parola con un tono leggermente dispiaciuto, curiosa di sapere cosa sia successo di così urgente. Sento uno strano formicolio allo stomaco. Non sono gelosa di Avery, per niente, ma non voglio che Harry se ne vada. Potrei sembrare egoista, dato che sembra sia successo qualcosa di allarmante e per la quale potrebbe finire nei casini, conoscendolo, ma è difficile sopportare l'assenza di qualcuno con cui si è stati ogni giorno. Non sembrando propenso ad aggiungere altro, annuisce solamente e picchietta con una nocca sul finestrino dove Jackson dorme.
- Aurora, svegliati. - Apre lo sportello, facendo attenzione a non farlo cascare fuori dalla Rover, e gli dà qualche schiaffetto sulla guancia. Lo Gnomo mugola parole incomprensibili di disapprovazione a quei buffetti.
- Mi alzo tra un po'... non chiamare Skah, mamma. - Si lamenta mentre si gira dall'altro lato, con la faccia verso il sedile. Accenno una piccola risata mentre l'osservo, felice che sia tornato lo stesso di prima. Da quando June ha perso i poteri magici, non ha più il controllo sul cervello di Jackson e anche gli effetti dell'ammaliamento sembrano essere spariti.
- Che cosa è successo? - Incrocio le braccia al petto mentre lo guardo sbuffare, scocciato del fatto che il biondo ancora non abbia intenzione di svegliarsi. Scommetto tutto sul fatto che stia pensando di afferrarlo per il ciuffo e trascinarlo in giro finché non gli passi il sonno. Fortunatamente non lo fa, bensì si volta verso di me.
- Premetto che non ho i canini, lo sai che mangio cibo come te e non mi nutro di sangue, ma qualche mese fa, per liberarmi da una situazione scomoda, fui costretto a mordere uno e gli strappai un po' di pelle dalla gamba. A quanto pare, Avery ha scoperto che i suoi amici mi stanno cercando, e mi conviene nascondermi per un po'. - Schiudo di poco la bocca, sorpresa per ciò che mi sta dicendo. So bene che Harry non è un tipo poi così pacifico e che sicuramente non ha ucciso solo un essere vivente nella sua vita, ma non credevo davvero che arrivasse a strappare la carne a morsi alla gente.
- C'è un cocco... non mi piace il cocco, ma le Bahamas sì. Adoro questo posto. - Farfuglia Jackson nel sonno, girandosi per l'ennesima volta. Sia Harry che io ci voltiamo a guardarlo, poi mi avvicino al biondo e lo scuoto per svegliarlo. Qualche secondo dopo, apre finalmente gli occhi, mostrandomi quel blu particolare che li caratterizza. Però, il suo sguardo è del tutto smarrito e confuso. - Che ci faccio qui? - Chiede con voce roca prima di schiarirsi la gola subito dopo. - Non ero in giro con June? - Sicuramente, si riferisce all'ultima volta in cui era lucido, quando io e Delice l'abbiamo visto solo con il Diwata. Del resto non ricorda niente, e purtroppo mi dispiace sapere che, quando mi trattò male dopo l'allenamento, era ancora in sé.
- Oh, sì. Ti ha fatto fare un bel gran giro. Davvero indimenticabile. - Sbuffa Harry prima di afferrargli la maglietta e strattonarlo per farlo muovere. A sua volta, lo Gnomo lo guarda in maniera torva e lo allontana, nonostante sia ancora assonnato. - Non farmi perdere tempo. Devo andare da tua cugina. - Lo informa mentre l'amico si passa le mani sul volto per mettere a fuoco completamente ciò che lo circonda.
- Che cosa è successo? - Con calma, quando si è ripreso abbastanza, esce dalla macchina. Ha ancora i capelli scompigliati e, quando si mette in piedi, si porta le mani allo stomaco per un leggero dolore, sicuramente causato dal calcio che Harry gli ha dato prima, ma non credo che il dampiro lo menzionerà.
- Ti spiegherò tutto. -
- JACKSON IRVIN MITCHELL! - La voce infuriata di Lizzie interrompe Harry, che si volta nella direzione da cui proviene il timbro minaccioso della Salamandra. Lei apre il cancello in tutta fretta e ci raggiunge.
- Mi sa che l'ha scoperto. - Sospira il riccio mentre la guarda avvicinarsi.
- Che June ha ammaliato Jackson? - Mi chiedo come Lizzie, per tutto questo tempo, davvero possa non essersi accorta di nulla. Alla fine era chiaro che il figlio non stesse bene e che ci fosse qualcosa che non andava in lui, come può essere stata così cieca?
- Che cosa? - Il biondo sgrana gli occhi non appena ascolta le nostre parole, turbato e stordito allo stesso tempo.
- Avevo ammaliato Lizzie apposta, ma a quanto pare l'effetto è durato meno del dovuto. -
- Tu cosa?! - Esclama ancora più confuso Jackson quando comprende che Harry ha usato il soggiogamento su sua madre.
- Tu! - Lizzie punta il dito contro Harry. - Mi credi tanto stupida? Secondo te non me ne sarei accorta? Sono nata prima di te, caro mio. E tu! - Sposta l'indice verso l'altro. - Tu sei stato ancora più stupido di Harry per esserti fatto ammaliare da una strega! Tua nonna è come loro, non hai imparato a distinguerle ormai?! - Mentre la madre continua a urlare, Jackson si mette le mani sulle tempie. Come biasimarlo: anch'io al suo posto avrei un mal di testa terribile, non ci capirei più niente ed un rimprovero di certo non migliorerebbe la situazione.
- Lizzie, dai. Abbiamo ventun anni e diciassette ormai. Sappiamo cavarcela. - Si difende il dampiro mentre la donna incrocia le braccia al petto, ancora più arrabbiata di prima.
- Ho notato come sapete cavarvela. - Replica ironicamente mentre alterna lo sguardo tra l'uno e l'altro.
- Non fare l'isterica. Nessuno è morto. - Le risponde a tono Jackson, stanco delle urla della madre.
- Non osare rispondermi. -
- E tu non osare urlare come una pazza quando la mia testa sta per esplodere. - Questa volta, Lizzie non ribatte, bensì prende un respiro per mantenere la calma, dopodiché guarda il figlio.
- Sai che faccio ora? Chiamo tuo padre! E vediamo se mi rispondi ancora! - Lei fa dietrofront e si dirige a casa in tutta fretta, ribollendo dall'ira. A quelle parole, Jackson diventa ancora più pallido di quanto non lo sia già e rincorre la mamma mentre la supplica di non fare quella telefonata. Suo padre deve essere un uomo severo se Jackson sta avendo questa reazione. Harry scoppia a ridere a quella scena, e non posso far a meno di sorridere a mia volta mentre mi appoggio alla Range Rover e incrocio le braccia.
- Quindi te ne vai? - Gli chiedo mentre muovo lo sguardo su di lui, che annuisce.
- Devo. È una questione abbastanza personale. - Annuisco a mia volta, sapendo bene che, se è davvero urgente, non posso trattenerlo qui per il mio egoismo. Mi stacco dalla macchina e mi avvicino a lui per abbracciarlo. Mi stringe tra le sue braccia, ma adesso non voglio diventare nostalgica e pensare di non rivederlo più. È Harry Thompson alla fine. È il ragazzo più forte che abbia mai incontrato, e non solo fisicamente.
- Mi mancherai. - Mormoro con la guancia contro il suo petto. Lui mi accarezza la schiena prima di staccarsi.
- Anche tu, Steel. Tieni d'occhio quel coglione del tuo vicino per me, d'accordo? - Mi sorride. - Non vorrei che qualche altra strega lo ammaliasse di nuovo. -
- Tranquillo. Alla fine sappiamo entrambi che dobbiamo salvargli noi il culo. - Gli sorrido, cercando di non rendere tutto questo un vero addio, dato che non voglio.
- Linguaggio, Steel. - Accenna una risata mentre si avvicina al cancello di Jackson, poi lo apre. - Credo che quei due abbiano bisogno di una spiegazione per capire cosa sia successo. - Mi sorride di nuovo prima di voltarsi e camminare fino alla porta. Appena Lizzie apre, ancora rossa in volto dalla rabbia, si gira un'ultima volta e mi saluta con un cenno del mento, poi entra in casa e sparisce definitivamente dalla mia vista. A quel gesto lo saluto con la mano, sussurrando un "ciao" con un filo di malinconia. Vorrei con tutto il cuore che restasse, ma è meglio che risolva i suoi problemi e che io mi concentri sui miei. La serata non è finita: devo ancora discutere con mia madre e questa volta urlerò, se sarà necessario, finché non avrò delle risposte serie e soprattutto vere.
   
 
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