Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: summers001    25/08/2020    1 recensioni
Al piano di sopra Tyrion esordì preoccupato: "Ancora nulla?"
Jaime non riusciva a staccare gli occhi dalla porta e dal corridoio, dal vuoto che Brienne aveva lasciato, da uno strano vuoto da cui si sentiva irrimediabilmente attratto. Non riusciva a staccare gli occhi da quel punto nel vuoto. Si sentiva turbato. [...] "Qualcosa." rispose Jaime vago. Qualcosa lo ricordava, qualcosa provava, era qualcosa a livello viscerale, un istinto, una forza che lo spingeva a proteggerla da sé stesso. Poi però c'era lei, c'era Cercei. Cercei occupava i suoi sogni, i suoi desideri, il suo cuore. Sapeva che avrebbe fatto di tutto pur di ritrovarla, qualunque cosa lei gli avesse chiesto.
"Ti ama." spiegò Tyrion "Più di quello che meriteresti." aggiunse.
Era di Brienne che stava parlando e Jaime si concentrò per ricordarlo. "Lo so." rispose colto in fallo.

AU moderna in cui Jaime ha un incidente e perde la memoria, dimenticandosi di Brienne. E' banale, ma la sua semplicità mi pareva ideale per questo periodo.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Tyrion Lannister
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
 
 
C'era stata quella volta, quando si era presentato alla sua porta e le aveva chiesto di entrare, subito dopo aver litigato. In quel periodo Jaime cercava di nominare Cercei sempre meno, si infastidiva quando qualcun altro accennava anche solo a voler parlare di lei. Cercei era sempre stata l'argomento dominante delle loro conversazioni. Quella sera Jaime aveva chiesto a Brienne di guardare un film e non aveva detto più niente. Continuava a guardare verso il televisore e spingersela sempre più vicino e quel silenzio e quei gesti morbidi l'avevano letteralmente cullata, ai tempi in cui Brienne avrebbe preso tutto quello che Jaime decideva di darle.
Si era ritrovata distesa sul fianco, faccia a faccia, premuta a lui. Tutto attorno era buio, solo quello stupido film proiettava una luce blu su di loro, quasi fossero su un palcoscenico.
Jaime le aveva preso una mano, un gesto quasi casuale all'inizio, come se l'avesse sfiorata per errore. Piano piano l'aveva portata in alto, in mezzo ai loro corpi. L'aveva lasciata e, prima che Brienne potesse allontanarsi, aveva allungato le dita contro le sue, fino ad incrociarle e stringere.
Brienne aveva guardato quella scena ipnotizzata col cuore che batteva nel petto, mentre la sua mano stava inerme in quella di lui. Non sapeva cosa significasse, perché lo stesse facendo, anche se non le importava fino in fondo. Alzò gli occhi e cercò il suo viso. Gli occhi di Jaime erano fissi sulle loro mani. Le guardava agitato, irrequieto, leccandosi le labbra e poi stringendo i denti, agitandosi con le gambe sul divano. Stupidamente e teneramente agitato. Lo amava con ogni fibra del suo essere. Con le lacrime agli occhi Brienne gli strinse la mano ed allora lo vide risvegliarsi e sorridere con tutto il volto che si illuminava. Jaime era arrogante, pieno di sé, ma spontaneo come un bambino che non sapeva trattenere un'emozione. Sapeva amare al cento per cento anche a costo di bruciare.
Quella volta Jaime le strinse così forte quelle dita che le fece quasi male ed allora sorrise di nuovo, mollò la presa e la baciò. E quella fu la prima volta. Il primo bacio che le avesse mai dato. Durò un'eternità. Per la verità furono un milione di lunghi baci posati su ogni centimetro di pelle che il maglione ed i vestiti non nascondevano.
Era quella spontaneità libera da ogni calcolo e precisione che Brienne amava più di tutto. A volte era così spontaneo da essere ridicolo, così ridicolo da farle pensare che sarebbe stato un ottimo padre per i suoi figli, se solo Cercei avesse mai detto loro la verità.
Quella sera Brienne aveva chiuso gli occhi ed aveva fatto finta di dormire, mentre nel buio del presente cercava di ricordare ogni piccolo dettaglio: c’era Jaime che si sistemava sempre un po’ più in alto di lei per poterla accogliere tra le braccia; la punta dei piedi di lui che giocava coi suoi. Brienne si portò le ginocchia al petto e stupidamente si toccò in quel punto. Quella volta Jaime aveva sorriso in quel magico mondo del dormiveglia. Le accarezzava continuamente una tempia pettinandole con tre dita la stessa ciocca di capelli.
"Lo so che sei sveglia." le aveva bisbigliato. Poi si era abbassato e le aveva posato un bacio sulla guancia, vicino alle labbra. "Buona notte." Aveva aggiunto ed allora Brienne si era addormentata per davvero.
Sembrava tutto così lontano, un mondo quasi dei sogni.
 
***
 
"Ehi."
"Ehi." gli rispose Brienne stringendo una tazza calda tra le mani. Accennò ad un sorriso prima di ricordarsi tutto quanto. Era solo che a volte tutto sembrava così uguale. "Ti ho preparato la colazione." gli disse.
Jaime guardò sul tavolo e trovò una tazza di caffè, due toast quasi bruciacchiati ed imburrati su un lato, con la marmellata accanto in un vasetto. Si sedette a tavola e sperava di provare tristezza o malinconia per quella quotidianità che non ricordava. “È zuccherato?" chiese poi.
"No, io non so mai mettercene la quantità giusta." rispose lei, poi si girò e gli allungò lo zucchero ed un cucchiaino. Brienne aveva avuto l’accortezza di sistemare tutto quello che sapeva che gli sarebbe servito sul bancone, così da evitargli imbarazzi nel cercare qualcosa di cui lui non ricordava la collocazione.
Quando Jaime lo prese, gli sembrò che lei gli avesse sfiorato la mano con le dita prima di ritirarsi quasi impaurita nel suo nido di maglie e coperte. "Mi dispiace." disse rapidamente lui, neanche sapeva di cosa. Di non essere la persona che lei conosceva, forse.
"Non fa niente, non fa niente." cominciò a ripetere lei. "Non l'ho fatto apposta, non fa niente." È solo l'abitudine, avrebbe voluto spiegare, piuttosto che continuare a balbettare "non fa niente".
"E tu? Cosa bevi?" la trasse in salvo lui. Come sempre. Se c’era una cosa che a Jaime non mancava era la capacità di intavolare una conversazione con chiunque avesse davanti. Una volta era riuscito ad intrattenere l’anziano contadino che abitava nella casupola di fronte, parlando di rape, patate, pomodori e concimi. Il più delle volte non sapeva cosa dire e finiva col blaterale, ma lo faceva con una tale convinzione e coinvolgimento che era impossibile non fermarsi ad ascoltarlo.
"Oh, è cioccolata." rispose immediatamente lei guardandosi nella tazza con fare imbarazzato "Sai, ci vogliono..."
"Energie per cominciare la giornata?"
Brienne fece sì col capo ripetutamente.
Jaime alzò gli occhi giusto il tempo necessario per vedere quel briciolo di speranza nascere nei suoi occhi, speranza di poter ritrovare presto la persona che stava con lei prima dell'incidente.
"Sai, a volte ho questi flash." cominciò lui "Ricordo delle cose. Per esempio, siamo mai andati al mare?" chiese ricordando le giornate calde ed afose trascorse al sud. C'era stata una volta per esempio, in cui (ne era sicuro) era con Brienne. Lei stava guardando il mare con aria truce, triste e per un attimo Jaime si era immedesimato, aveva pensato a Cercei (ancora ed ancora, in ogni ricordo c'era lei) e poi aveva deciso di tirarla su. Le aveva dato un buffetto, si era immediatamente scostato per non farsi raggiungere da lei e si era lanciato con tutti i vestiti in acqua.
"M-mh" mormorò Brienne figurandosi bene la giornata. Gli si era appiccicata la sabbia tutta addosso, se l'era ritrovata persino nelle tasche dei pantaloni e qualche giorno dopo lui le aveva confidato di riuscire a trovarla ancora nel suo ombelico. Quella volta era scoppiata in una risata contenuta, con le dita a bloccare la bocca per trattenere quell'eccesso di saliva e denti.
“Vorrei poterti dire di riuscire a mettere insieme i pezzi o di avere tutti i pezzi, tanto per cominciare…” partì a spiegare lui, immaginando la sua mente come un puzzle da dover risolvere, i suoi ricordi come tessere da incastrare per far quadrare con la ragione quella figura più grande che era la sua vita. Come se questa si potesse limitare ad una serie di sterili ricordi. Sapeva che c’era molto di più oltre vecchi accaduti.
“Non devi.” Rispose ferma Brienne, scrutando il suo sguardo, cercando di cogliere il minimo segno di un mal di testa imminente. Nel frattempo cercò di ripensare ai fogli delle dimissioni, ai consigli medici ed a tutti quei “cosa fare se…” che vi erano riportati. “Verranno.” Gli disse alla fine lei, ottenendo la sua attenzione. “Devi solo aspettare.” Concluse con fare rassicurante.
“Intanto io sono qua.”
“Intanto tu sei qua.”
Jaime sorrise. Brienne lo stava guardando, neanche poi tanto intensamente, quasi di sfuggita, eppure non riusciva a reggere quello sguardo. Abbassò gli occhi e bevve un sorso di caffè, convinto che il suo fosse senso di colpa per non essersi dimostrato quel Jaime che lei voleva. Guardò fuori ed ammirò la natura immobile. Bianca ed immacolata. “Quando Tyrion mi ha parlato di questa casa, di…” cominciò a dire ed indicò prima il suo petto poi quello di lei “Avevo pensato di aver battuto la testa molto prima dell’incidente.” Scherzò, rise e poi bevve di nuovo. Brienne non stava ridendo. Si schiarì la voce e continuò. “Poi però ho visto la neve fuori dalla finestra dell’ospedale e… Wow.” Disse con lo sguardo pieno di meraviglia “Non so spiegarti quello che ho provato.”
“Lo so io.” Rispose lei. Chiuse gli occhi e cercò di ricordare parola per parola quello che le disse lui una volta. Era stato qualche tempo dopo quel bacio, alle porte di qualche inverno fa, quando l’erba era appena coperta. “È candida, brilla. La neve copre tutto, per far rinascere la natura. La mette in pausa e nel frattempo la fa risplendere. La fa sembrare candida, innocente. Uno spettacolo. È un’opportunità.” Concluse. Quella volta, quando le disse quelle frasi, Jaime aveva il viso perso in tutto quel bianco. Era la prima neve e stava cercando di dirle che ci doveva essere una ragione se si sentiva un uomo migliore quando c’era lei. Riusciva a fargli temporaneamente dimenticare i suoi errori ed a farlo brillare.
Jaime ascoltava rapito ogni parola ed intanto guardava lei, che ad occhi chiusi sembrava afferrare un ricordo. Doveva avergliele dette lui stesso quelle parole. Poetico. Innamorato. Sì, forse era esattamente quello che aveva provato. Aveva pensato alla magia dell’inverno e poi della primavera, al fatto che per sia tutto candido ed innocente sopra alla neve, ma morto sotto. Aveva pensato che presto però sarebbe rinato tutto e l’inverno gli sarebbe parso necessario per concedere alla terra di restituirgli il verde ed i colori.
“Voglio fare qualcosa oggi.” Disse poi all’improvviso, dopo un momento di lunga contemplazione agitato solo dal suono delle loro bocche bere dalle rispettive tazze.
“Tipo?”
“Tipo i miei esercizi?” rispose, avviandosi verso l’altra stanza. Vide con la coda dell’occhio un sorriso affiorarle sul viso quasi compiaciuto, orgogliosa della sua scelta, del suo uomo, di quanto diligente dopo un incidente fosse diventato. “Scherzo.” La prese in giro poi, sottraendosi ai suoi doveri, come era solito fare persino a scuola. O perlomeno questo era quello che si ricordava. Assurdo come riusciva a ricordare bene quelle cose e non tutto il resto. “Che ne dici di una partita a palle di neve?”
“Palle di neve?” ripeté lei scettica, sperando davvero di aver sentito male “Sei serio?”
“Certo.”
In poco tempo fu fuori a correre e nascondersi come un bambino. Non sapeva da dove ne usciva, dovevano essere tutti quei farmaci a fare il loro effetto. Era sicuro che una di quelle medicine servisse per tirarlo su di morale. Rimase in attesa, nascosto dietro il tronco di un albero ad aspettare che Brienne arrivasse, che lo rincorresse come il boss cattivo di un qualche video gioco.
Quando fu precisamente a portata di tiro, le lanciò una palla e quando quella le cadde sulla testa fu lui a ricordare qualcosa.
 
***
 
Stavano ristrutturando la casa. Stavano verniciando. Brienne si era distratta e per richiamarla all’attenzione, Jaime aveva immerso la mano nella vernice bianca e gliel’aveva all’improvviso passata in faccia, tra i capelli, persino in bocca e sulla lingua. Lei aveva urlato, arrabbiata, ma neanche per davvero. Teneva gli occhi chiusi per paura che quella le bruciasse le congiuntive. Si era agitata e per contenerla l’aveva afferrata ed erano caduti a terra l’uno sopra all’altro. Aveva cominciato a baciarla e si era sporcato di vernice bianca anche lui. Con la mano pulita le aveva liberato le palpebre e poi aveva continuato a baciarla.
Non se n’era reso conto allora, ma aveva lasciato l’impronta della sua mano, esattamente sopra l’interruttore della luce. Ricordò anche che ogni volta che ci passava di fianco provava a riempire quella forma a stampo. Sorrise, si distrasse, poi qualcosa gli arrivò in faccia e cadde a terra. Si bagnò e scivolò. Batté la coscia e la gamba contro, boh, qualcosa. La neve era soffice, ma sentì comunque un dolore elettrico irradiarsi dietro la schiena fino al collo.
Si ripromise di controllare, di cercare quell’interruttore e provare ancora a far entrare la mano in quel segno. Tornò alla realtà con l’urlo di Brienne che lo raggiunse di corsa, scivolando o cadendo sulla neve anche lei stessa.
 
***
 
“Oh dio.” Fece Brienne, preoccupata fino all’invero simile delle sue condizioni. “No, no, no, no…” ripeteva e sembrava che stesse rivivendo una scena che le era fin troppo familiare. Sul viso le si era stampata una maschera di disperazione. Iperventilava e per poco non piangeva. Agitava le mani, non sapendo dove metterle, cosa cercare, come aiutarlo. Fregandosene delle buone maniere cominciò allora a toccargli le braccia cercando ossa rotte o chissà cosa.
Jaime si sentiva un po’ come un bambino e per qualche secondo fu persino piacevole. “Calmati, calmati.” La pregò poi “Guardami, è solo un livido. Vieni, ti faccio vedere.” Disse facendo per abbassarsi i pantaloni. Non ci pensò due volte, ma non l’avrebbe fatto con uno sconosciuto, né con un amico. Qualcosa di lei era rimasto nella sua testa, qualcosa che manovrava i suoi automatismi motori, quel gesto con la mano quando lei muoveva le dita in una certa maniera, il sorriso che sapeva che le piaceva per calmarla, il modo di consolarla che trovava sempre davanti al suo viso corrucciato, abbassarsi i pantaloni in sua presenza.
“No!” lo bloccò con voce ferma lei, adesso arrossita. Ritirò le mani e si chiuse a riccio, facendo attenzione a non sfiorarlo neanche con la punta delle dita. Jaime pareva addirittura divertito da quella reazione. “Niente che non abbia già visto,” disse ripetendo le stesse parole che aveva usato in ospedale, cercando di spiegarsi e di giustificare quell’eccesso di vergogna che le era venuto all’improvviso. “ma così sembra sbagliato.” Concluse. Evitò di dirgli che le pareva che quello che aveva davanti, sebbene gli somigliasse maledettamente, sebbene a volte sembrasse comportarsi come lui e dire le stesse cose, non era il suo Jaime e non era giusto guardare un altro uomo che non fosse lui.
Jaime sorrise, ignaro di tutto il suo processo mentale. Non aveva mai conosciuto una persona più onesta. “Okay.” Rispose sorridendo ancora e massaggiandosi la coscia. “All’aperto i tuoi occhi sembrano trasparenti. Brillano.” Notò all’improvviso, spontaneamente, prima di rimettersi in piedi ed avviarsi verso casa.
Quante altre volte l’aveva sentito Brienne? Al mare coi vestiti in acqua, in montagna coi piedi sulla neve, in città a fare la spesa. Si sentì immediatamente in colpa per aver pensato quelle cose, che non fosse lui, che il suo corpo lo stesse abitando un altro, ma che importava? Brienne sorrise, perché forse si stava ricordando. Si era innamorato di lei una volta. C’era, quel sentimento c’era. Era ancora là sotto la neve.
 
***
 
Lo guardò spogliarsi dei panni bagnati. Era in bagno e non aveva ancora chiuso la porta, privo di ogni pudore. Jaime si toglieva sempre prima i pantaloni, poi la maglietta. L’aveva fatto anche allora. Brienne non poté fare altro che notare ancora una volta quanto l’uomo fosse dimagrito, fermo in quel letto d’ospedale. Le braccia erano sottili, le gambe neanche a parlarne. Manteneva però una buona proporzione, come se le sue forme fossero state scolpito dalla natura e le conservasse sempre, qualunque fosse il numero che indicava una bilancia.
Jaime si voltò e la sorprese a guardarlo. Brienne si rigirò allora di scattò, arrossì e prese nota mentale di chiedergli scusa subito dopo e di promettere di non farlo mai più. Così sembra sbagliato, si ripeté lei. Non poté vedere il suo di sorriso invece.
Se fosse stato un altro, o se fosse stato lo stesso di quel giorno a mare, Jaime si sarebbe messo in mostra ancor di più. Arrogante e sicuro di sé. Avrebbe accolto il suo sguardo malizioso, per giovarne, tirarsi su e poi mollarla lì con un pugno di mosche. Negli occhi di lei però non c’era malizia. C’era una strana forma di ammirazione, qualcosa che gli faceva venire il batticuore. Non era il suo corpo sciupato che stava guardando. Non quelle braccia molli o quelle gambe inferme. Lei vedeva il vero Jaime Lannister e questa cosa gli dava ai nervi, lo terrorizzava ed eccitava insieme. Non sapeva neanche chi fosse quest’uomo. Se doveva essere sincero ne era quasi spaventato, eppure voleva ritrovarlo.
Aprì l’acqua del lavandino, si lavò le mani e per qualche assurda associazione mentale gli tornò in mente Cercei. Quella donna che l’aveva salvato venendogli in sogno. Bella, bellissima, dagli occhi chiari e la voce celestiale. Aveva la pelle diafana ed i capelli chiari di un angelo.
Non era più nitida come lo era nei suoi sogni. Jaime si sentì frustrato per aver perso il ricordo preciso persino di lei. Chiuse la porta del bagno ed accese la luce. Eccola la sua mano sul muro. Ci passò sopra i polpastrelli e poi strinse il pugno.
Doveva ricordare.
Cercei, Cercei, Cercei.
 
***
 
Là fuori Brienne era rimasta sconvolta. Come era potuto succedere? Non era da lei.
Già, assurdo, guardare il proprio uomo spogliarsi.
No, non era lui, doveva dargli tempo e lo sapeva.
Le mancava. Le mancava lui come l’aria. Le mancavano i suoi abbracci, la voce sussurrata, quei piccoli gesti con cui si capivano senza dire niente, l’assurdo modo in cui le leggeva la mente e sapeva fare esattamente quello di cui lei aveva bisogno. Le mancavano i suoi demoni ed il modo premuroso con cui lei ci si approcciava per farli stare in silenzio durante la notte. Le mancava fare l’amore con lui. Dei, come le mancava.
Fare l’amore era sempre speciale. Non c’era niente di più magico. La faceva perdere in quel turbine di sensazioni magnifiche ed elettrizzanti. Jaime la faceva sentire sempre su di giri, la baciava ovunque e le faceva dimenticare tutto quello che non fosse quel momento. Ci si dedicava sempre molto, non era mai frettoloso e gli piaceva prendersi i suoi tempi per accarezzarla e baciarla come meglio credeva in quel determinato momento. Era anche dolce e fantasioso. Jaime era una di quelle persone nate per amare, che aspettavano solo l’altra metà.
Ci fu solo un’unica volta, in cui Brienne prese in mano le redini e lui si lasciò guidare incuriosito, finendo troppo presto per darle piacere e troppo tardi per tirarsi fuori preventivamente. Brienne era sopra di lui e stava ascoltando i suoi sospiri, incantata come al solito. Poi un gemito, dei movimenti frenetici ed aveva capito. L’intontimento del momento l’aveva resa stupida e si era fermata anche lei frastornata. Poi lo sentì sorridere soddisfatto, chiamarla tamburellandole le dita sul petto mentre l’abbracciava e se ne ricordò. “Jaime!” lo sgridò, tirandosi su all’istante, allontanandosi e mettendosi a sedere dall’altro capo del letto.
“Hai ragione, scusa.” Le disse e le si avvicinò di nuovo. Per un attimo lei credette, dando per scontato, che lui avesse capito “Speravo di farmi perdonare con un bacio.” Aggiunse, portandosi con le labbra sul suo collo e con le mani tra le sue cosce.
“Cosa?” fece lei confusa. “No. Intendevo,” cercava di farsi capire, mentre gli sforzi di lui un po’ la scioglievano “è così che metti incinta una donna.” Spiegò, riferendosi a tutte quelle volte in passato in cui da amico si era giustificato con Brienne per esserci cascato con Cercei, usando un “non so come sia successo” parlando di Geoffrey, Myrcella e Tommen. “Domani dovrò prendere la pillola.” Protestò ancora lei.
“Sarebbe così tremendo?” chiese Jaime, quasi per gioco, senza smettere di baciarla. Era tutto un gioco per lui.
“Cosa?” chiese lei, ma lui non smetteva di baciarle il collo, leccarle dietro l’orecchio, toccarla ovunque. “Cosa hai detto?” ribadì, cercando di allontanarlo con le braccia, usando sapientemente i gomiti per farsi leva. Era improvvisamente allarmata, la testa confusa, non capiva più nulla. In testa solo scariche elettriche come o peggio di un orgasmo.
Jaime si arrese, si asciugò le labbra e cercò di ricomporsi. “Sarebbe così tremendo se adesso tu fossi rimasta incinta?”
Brienne non riusciva a capire. Si sentiva quasi offesa, tradita. Per niente intenerita o innamorata. “Io non sono la tua occasione per rimediare.” Gli disse solo.
“Non è quello che voglio. Cioè, sì, ma non così.” Si corresse e divenne serio. Si mise a sedere ed a guardare il vuoto, forse pensando ai figli che aveva avuto e mai cresciuto, a quello che si era perso. Oppure forse… “Volevo un figlio nostro.” Ammise. Chiuse gli occhi e sorrise. Brienne capì dall’espressione estasiata che aveva sul viso a cosa stava pensando in quel momento. Se lo stava immaginando, come aveva appena cominciato a farlo anche lei. I suoi capelli biondo dorato, gli occhi azzurro chiari, la forma delicata del suo viso, le sue espressioni furbe. Alto, davvero tanto. Brienne sorrise immaginandoselo ed allora si sentì emozionata ed innamorata. Voleva questo Jaime? Aveva visto questo nel vuoto? Sarebbe stato davvero così tremendo?
Non si era resa conto di aver chiuso gli occhi fin quando non sentì il bacio di lui a fior di labbra.
Brienne non aveva più preso la pillola. Aveva aspettato venti giorni, aveva fatto un test, ma le mestruazioni alla fine erano arrivate. Un po’ ci aveva sperato. Non sapeva come avrebbe gestito tutto, le faceva persino paura il pensiero, ma ci aveva sperato. Non ne parlarono più. C’è tempo, continuava a ripetersi.


 


Angolo dell'autrice
Mi sono resa conto di non essere molto seguita, quindi non mi dilungherò molto. 
Credo che questa sia la storia più adulta che abbia mai scritto. Mi sembra di aver trattato gli ultimi temi con la stessa naturalezza e timore del mondo degli adulti, quindi penso che mi toccherà alzare un po' il raiting ad arancione. Non penso di andare oltre.
Per il resto non credo ci sia molto da dire. Io sono innamorata di quello che ne sta uscendo, ci sto mettendo passione come non mi veniva fuori da un po' di tempo e ne sono particolarmente contenta, nonostante la scarsa attenzione che riesco ad attirare. Mi fa piacere se c'è anche una sola persona a cui questa storia sta piacendo :)
Ora come promesso vi lascio, un bacio :*
  
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