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Autore: _ A r i a    25/08/2020    1 recensioni
{ Pirate!AU }
Per lunghi anni la Royal aveva imposto la sua egemonia su ciascuno dei sette mari. La nave pirata più temuta, più ammirata e, inevitabilmente, anche la più ricca. Nel corso delle loro innumerevoli scorribande avevano accumulato un bottino così considerevole che avrebbero potuto fermarsi su un’isola qualsiasi e vivere per sempre un’esistenza nello sfarzo e nel lusso più sfrenato.
Il capitano, tuttavia, probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Jude, questo il nome di quel giovane uomo che, appena ventenne, guidava il più noto equipaggio pirata della storia, non aveva mai preso in considerazione l’idea di abbandonare quella vita di scorribande e razzie. Toccare terra lo innervosiva, ed era solito farlo solo se costretto.
Voleva viaggiare. Voleva visitare ogni angolo esplorabile del mondo. Sentire il vento tra i capelli lo faceva sentire vivo, potente.
Ed era per lui l’unica cosa che contasse.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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pirates

I raggi chiari dell’alba gli avevano colpito il volto, costringendolo ad aprire gli occhi.
Sollevare appena le palpebre gli era costato uno sforzo immane. La luce sembrava volergli ferire gli occhi, e Jude s’era sentito costretto a riabbassarle subito.
Alcuni mugolii di disapprovazione erano scivolati fuori dalle sue labbra, mentre si tirava le lenzuola fin sopra il capo.
Il profumo del cotone fresco lo aveva avvolto, e Jude lo aveva trovato incredibilmente piacevole. Jude aveva provato a riaprire gli occhi, e questa volta era stato circondato dal bianco.
Era una percezione decisamente migliore, rispetto a quella di poco prima.
Già, a proposito di percezioni… Jude era consapevole di non essere stato in ottima forma, negli ultimi… oh, neppure lui sapeva quanti giorni avesse trascorso privo di coscienza.
Come se l’era cavata il suo equipaggio nel mentre? Si stavano avvicinando alla loro meta?
D’improvviso una scarica d’adrenalina lo aveva attraversato. Doveva correre ad accertarsi dello stato di navigazione.
Jude aveva mugolato nuovamente, cominciando a disfarsi delle lenzuola, ma sentendo di colpo una voce s’era arrestato di colpo.
«Jude? Sei sveglio…?»
Ray.
Jude aveva avvertito il cuore sobbalzargli in petto. Quanto tempo era passato dall’ultima volta in cui l’aveva visto? Oh, gli era mancato così tanto…
Il ragazzo aveva fatto capolino da sotto le lenzuola, i capelli così tremendamente arruffati a causa del lungo periodo trascorso tra le coperte e un lieve sorriso sul volto.
«C-Ciao, Ray…», lo aveva salutato, mordendosi un labbro.
Ray era seduto sull’unica, vecchia sedia presente nella stanza, vicino all’ampia vetrata. Non appena Jude aveva cercato di muoversi nuovamente, l’uomo era subito scattato in avanti.
«Ehi, piano…», aveva mormorato, una volta raggiunto il letto, tenendo fermo il ragazzo con una mano, così che rimanesse disteso. «Non puoi ancora muoverti, non sei abbastanza in forze…»
Jude non riusciva a dargli torto. Sentiva la pelle, all’altezza del fianco, tirare dolorosamente, e questo aveva subito fatto comparire una smorfia sul suo volto.
Ray gli aveva sorriso, una luce serena che aveva preso a danzare nei suoi piccoli occhi neri. «Sono così felice che tu ti sia svegliato…», gli aveva confessato. «La ferita era molto profonda, abbiamo tutti temuto il peggio…»
«Mh», aveva mugolato di nuovo Jude, il volto ancora contratto. «Sono rimasto a lungo privo di coscienza?»
«Circa cinque giorni», gli aveva comunicato Ray.
«C-Cinque giorni?», aveva ripetuto Jude, per poco non strozzandosi col proprio respiro. «Ma… è tantissimo! Devo subito andare a confrontare con David il piano di navigazione‒»
Jude s’era tirato a sedere sul letto, e Ray l’aveva subito fermato premendo una mano contro la sua spalla. Una fitta di dolore si era propagata a partire dal fianco lungo tutto il suo corpo, e Jude era stato costretto a stringere gli occhi, trattenendo tra i denti un’imprecazione.
«Tu non andrai da nessuna parte», aveva replicato Ray, intransigente. «Hai rischiato di morire, ti sei appena risvegliato dopo essere stato privo di coscienza per giorni, sei ancora dolorante e pensi che io possa lasciarti andare in giro per la nave come se niente fosse? Devi essere impazzito.»
Jude aveva sospirato pesantemente. «Oh, andiamo, Ray, dobbiamo arrivare su quell’isola prima che‒»
Il ragazzo s’era interrotto non appena Ray gli aveva preso il volto tra le mani. Era incredibile come ogni volta che ripeteva quel gesto sembrasse la prima, la sensazione di vertigini che Jude provava era sempre la stessa.
«Come pensi che mi sia sentito in questi giorni?», gli aveva domandato. C’era qualcosa di disperato nel suo sguardo. «Credi che non abbia capito che ti sia preso quella pugnalata per salvare me? Hai idea di come sarei potuto stare se tu non ti fossi ripreso? Mi hai salvato la vita, Jude, ora voglio solo tenerti al sicuro…»
Jude aveva premuto una guancia contro la sua mano. «Era la cosa giusta da fare, Ray. Avresti fatto anche tu lo stesso per me», gli aveva fatto notare. «E comunque è andato tutto per il meglio, non dovresti continuare a preoccuparti.»
«Non avresti dovuto correre un rischio del genere…»
«Sì, invece. E lo rifarei altre mille volte, se solo avessi la certezza di salvarti ancora…», aveva insistito il ragazzo.
Ray aveva appoggiato la fronte contro quella di Jude. I due erano rimasti a fissarsi, e Jude aveva sentito un sorriso formarsi sulle sue labbra.
Ray s’era chinato in avanti, lasciandogli un bacio leggero ma intenso.
Gli era mancato così tanto…
Quando le loro labbra si erano separate, erano rimasti con i volti vicinissimi, incapaci di restare ancora troppo lontani l’uno dall’altro.
«Accompagnami sul ponte. Ti prego…», lo aveva scongiurato Jude.
E Ray aveva saputo che non sarebbe stato in grado di dire no a quella richiesta.


Ray aveva insistito affinché Jude tenesse poggiata sulle spalle la sua giacca da capitano.
Di solito Jude non la indossava mai. La riteneva un orpello inutile, inoltre solo con la camicia si sentiva decisamente più agile nei movimenti.
«Non voglio che tu prenda freddo», aveva ribadito Ray.
Jude aveva mosso un altro passo lungo i corridoi della Royal, il braccio di Ray stretto attorno alla vita che lo sosteneva mentre l’uomo lo aiutava a camminare.
«Ray, fuori il sole è alto e questa ha tutta l’aria di essere una giornata calda», gli aveva ripetuto ancora una volta Jude.
L’ex capitano della Black Dust aveva agitato freneticamente una mano a mezz’aria. «D’accordo, ma non puoi mai saperlo per certo…», aveva replicato.
Ray aveva aperto in fretta la porta che dava sul ponte.
«Secondo me ti stai preoccupando troppo», aveva commentato Jude.
«Preoccupando troppo? Dopo quello che ti è successo la mia preoccupazione dovrebbe essere perfino maggiore…», l’aveva smentito.
Il loro battibecco aveva attirato subito l’attenzione di tutti i presenti. David, vedendoli, era corso loro incontro, scendendo giù dal cassero di poppa.
«Capitano!», l’aveva chiamato, la voce allegra e squillante. «Ma… che ci fai in piedi? Dovresti riposare!»
«Oh, non dirlo a me…», aveva bofonchiato Ray.
Jude aveva deciso di ignorarlo. «Non preoccuparti, David, sto meglio», aveva tagliato corto. «Piuttosto, a che punto siamo con la rotta?»
David si era morso un labbro. «Beh, in questi giorni mi sono consultato con il Comandante Dark e…»
«… abbiamo deciso di rallentare la velocità di navigazione», aveva concluso Ray, togliendo il vice della Royal dall’imbarazzo.
«Prego?», aveva sibilato Jude. «Forse non vi è chiaro, ma la Orpheus è diretta verso la nostra stessa meta, e se arrivassimo dopo di loro‒»
«Jude, non potevamo rischiare che la Royal si danneggiasse irreparabilmente», aveva constatato Ray.
Un pensiero improvviso aveva attraversato la mente di Jude, facendolo raggelare sul posto.
«La nave… l’attacco dell’altra notte l’ha compromessa in maniera grave?», aveva domandato. La Royal era una delle cose più preziose al mondo, per lui, non avrebbe sopportato di perderla a causa di quello sciocco assalto. Avrebbe dovuto essere il suo primo pensiero…
«Fortunatamente no, ma c’è mancato poco…», l’aveva rassicurato David.
Jude s’era lasciato sfuggire un lieve sospiro di sollievo. «E della Pearl, invece? Che mi dite?», aveva chiesto ancora.
Era vero. Dopo aver incontrato Paolo su quell’isola Jude s’era solo curato di ripartire il più in fretta possibile, quasi senza considerare che adesso, assieme alla Royal, viaggiava anche un’altra nave.
«Ci hanno raggiunti poco dopo l’assalto. Hanno visto anche loro la Orpheus, ma si è limitata a sfrecciargli accanto, considerando che il vero obiettivo eravamo noi», gli aveva spiegato il suo vice.
Jude aveva annuito, in segno di comprensione.
«Dobbiamo arrivare lì prima di loro», aveva sentenziato Jude. «Io e il loro capitano abbiamo un conto in sospeso…»
Ray lo aveva osservato senza parlare, in apprensione.
A volte temeva che Jude potesse lasciarsi sopraffare dalla ricerca del tesoro, o dal desiderio di vendetta nei confronti della Orpheus, e questo non doveva succedere.
Aveva bisogno che il suo ragazzo rimanesse vigile, se volevano davvero raggiungere i loro obiettivi.


La mattina aveva i toni grigi dell’inverno.
Nella parte del mondo in cui si trovavano, in realtà, il freddo non era che un lontano ricordo, ma la mente di Jude s’era persa comunque ad accarezzare quella possibilità.
Il sole non era ancora sorto e sul ponte gli uomini scarseggiavano. Era il limbo tra il giorno e la notte, un momento sospeso in cui il tempo sembrava aver smesso di scorrere. Il mare s’infrangeva con pacatezza contro lo scafo della nave. Non c’erano onde né vento che potesse sollevarle, e quello sciabordio pacato era quasi rilassante.
Jude era seduto sulla polena della Royal. Non avrebbe dovuto spingersi tanto all’esterno rispetto ai confini della nave, lo sapeva, eppure sentire la salsedine così vicina, che si scontrava contro il suo corpo, i vestiti e i capelli faceva correre nel suo corpo una sensazione adrenalinica, che gli permetteva di sentirsi vivo.
Di solito per lui quella percezione era motivo di gioia. Quel giorno, tuttavia, nessun sorriso era comparso sul suo volto.
Erano ormai in prossimità della loro meta, e quello voleva dire solo una cosa: guai.
Nei precedenti giorni di navigazione, non avevano trovato nessuna traccia della Orpheus neppure viaggiando più velocemente. Era come se la nave che li aveva attaccati pochi giorni prima si fosse volatilizzata nel nulla.
Jude non riusciva a trovare un senso in tutta quella faccenda. Se, come aveva detto Paolo, il loro intento era distruggerli, allora dove erano finiti?
L’unica spiegazione che Jude riusciva a darsi era che, ormai vicini all’isola, avessero deciso di dare la precedenza al tesoro. Peccato che, seppur procedendo lungo il percorso, non li avessero mai incrociati.
Jude voleva vendicarsi di quell’assalto tanto quanto desiderava trovare il tesoro. Forse avevano ragione i membri dell’equipaggio che avevano cominciato a lanciargli occhiate oblique, stava impazzendo. La verità era che Jude aveva intravisto una strategia precisa dietro l’attacco di quella notte e, se ci aveva visto giusto, questo bastava e avanzava a motivarlo ancora di più a cercare quella vendetta.
Una nebbia sottile saliva dall’oceano, mentre piccoli schizzi colpivano la Royal.
Si stavano avvicinando, Jude lo sentiva.


Avevano raggiunto l’isola col sole ormai alto all’orizzonte.
L’atmosfera era permeata da un caldo asfissiante, che l’umidità lasciava incollare ai vestiti.
La prua della Royal s’era arenata sulla piccola spiaggia che avevano trovato davanti a loro, seguita a poca distanza dalla Pearl. Non c’erano altre tracce di navi in vista.
Era strano. Sembrava veramente che la Orpheus fosse svanita nel nulla, ma Jude si rifiutava di credere a quell’ipotesi. Paolo non gli era sembrato il tipo da gettare tutto all’aria senza un valido motivo. Il suo sesto senso, inoltre, negli ultimi giorni non l’aveva mai lasciato in pace, e ora d’improvviso aveva cominciato a tormentarlo ancor di più.
Jude s’era ripetuto ancora una volta che quello non era il momento di pensarci. Avevano finalmente raggiunto l’isola su cui per anni avevano agognato di approdare, e forse tra poche ore il tesoro più ricco di tutti i tempi sarebbe stato nelle sue mani. Non poteva mostrarsi insicuro davanti ai suoi uomini adesso, se già nei giorni precedenti avevano cominciato a nutrire dei dubbi su di lui esitare avrebbe comportato, probabilmente, la perdita di appoggio da parte dell’equipaggio.
In una fase così delicata come quella in cui si trovavano adesso, era l’ultima cosa che Jude potesse permettersi.
Una volta scesi a terra, dunque, s’era occupato anzitutto di fornire disposizioni ai suoi uomini.
«Un piccolo contingente sarà in carico di addentrarsi nell’isola», li aveva informati. «Gli altri rimarranno qui a controllare che nessuno si avvicini.»
Gli equipaggi avevano accolto il piano con fiducia. Così, scelti gli uomini da portare con sé – solo coloro di cui si fidava maggiormente –, Jude s’era addentrato nella foresta dell’isola.
Vegetazione lussureggiante li circondava. Ovunque posassero lo sguardo non v’erano che palme altissime, liane e giungle di mangrovie. Fiori enormi, esotici e dai colori vistosi e variopinti sembravano volerli attrarre con la loro bellezza, e proprio per questo Jude aveva intimato ai suoi uomini di tenersi alla larga da questi ultimi. Tutto quel fascino tradiva una elevata dose di veleno mortale, senza ombra di dubbio.
In alcuni punti, Jude e il suo equipaggio erano stati costretti a farsi strada con l’utilizzo delle spade, talmente fitti erano i rami che ostruivano loro la strada.
Per tutto il tempo, Jude era rimasto a capo del contingente, che guidava con solerzia, lo sguardo puntato sulla mappa. Tutt’intorno a loro si alzava dal suolo e dagli alberi un brulichio di vita, segno che centinaia di specie animali li circondavano. Scimmie, serpenti, e chissà quali insetti… senza contare che, se come temeva qualcuno li aveva davvero preceduti, potevano aver piazzato delle trappole lungo tutto il percorso.
Stranamente, tuttavia, neppure sull’isola sembrava esserci traccia di Paolo, né del resto della Orpheus.
Ciò non faceva altro che mettere ancor più in allarme Jude. Era come se tutti i suoi sensi fossero tesi, in allerta, in attesa dell’ennesima imboscata.
Ray era alle sue spalle. L’uomo aveva aumentato un poco il passo, giusto quel che bastava per raggiungerlo.
«Jude», l’aveva richiamato. «Sembra che parlarti sia impossibile, oggi.»
«Perdonami, Ray, sono solo molto concentrato», aveva cercato di rassicurarlo, senza staccare gli occhi dalla mappa.
Ray aveva stretto le labbra, preoccupato. «E immagino che sia per concentrarti meglio se hai deciso di portare con te una pistola», aveva constatato.
Per un momento, Jude s’era fermato sul posto, sollevando lo sguardo per fulminare l’uomo. Era vero: prima di sbarcare dalla Royal, s’era preso una pistola. Jude non aveva mai apprezzato quell’arma, preferendo di gran lunga combattere con la spada, e questo di sicuro doveva aver messo in allarme Ray.
«Che diavolo‒», aveva farfugliato il ragazzo.
Ray aveva indicato la sua vita. «Se non volevi che si notasse avresti dovuto nasconderla meglio», aveva commentato.
Jude aveva abbassato lo sguardo. La giacca, camminando, si sollevava, lasciando visibile il proprio interno, dove, in una delle tasche, era stata sistemata l’arma.
Il ragazzo s’era stretto maggiormente la giacca al corpo, rabbia che scintillava nei suoi occhi. Avrebbe dovuto essere più cauto, tuttavia l’idea che qualcuno l’avesse scoperto lo faceva infuriare.
A maggior ragione se quel qualcuno era Ray.
«È solo una precauzione», aveva bofonchiato.
L’uomo aveva inarcato un sopracciglio. «Una precauzione contro quale evenienza, Jude?», aveva insistito.
Il capitano della Royal aveva roteato gli occhi, per poi rimettersi in cammino.
«Non lo so», aveva risposto, con tono evasivo. Adesso teneva lo sguardo fisso davanti a sé, evitando di incontrare gli occhi di Ray, mentre tagliava di netto una liana con la spada. «È solo il solito sesto senso…»
«Già, peccato che non fallisca mai», aveva commentato Ray. «In ogni caso, avresti dovuto avvertire gli altri…»
«Così da dare loro un motivo in più per dubitare di me? No, grazie», aveva tagliato corto Jude. «Tra noi due sei tu quello che non ha mai faticato a guadagnarsi il loro rispetto, Ray. E ci sta, è comprensibile: dopotutto sei stato il capitano di uno dei vascelli pirata più forti di sempre, e buona parte del mio equipaggio ha servito anche te, all’epoca, ha senso che ti siano ancora fedeli. Nell’ultimo periodo, però, io ho perso un po’ della mia credibilità: prima ho lasciato che la Zeus ci danneggiasse, poi non sono riuscito a respingere l’assalto della Orpheus e infine sono stato ferito. Se adesso lasciassi trapelare che temo un’imboscata, e che non so se riusciremmo a salvarci in quel caso, come pensi che la prenderebbero? Siamo nel bel mezzo di un’isola sconosciuta, non posso correre il rischio di ritrovarmi a dovermela cavare da solo.»
Ray s’era stretto nelle spalle. Comprendeva il ragionamento di Jude, e sapeva che il capitano di un vascello si sarebbe comportato esattamente in quel modo.
Non era riuscito a fare a meno di domandarsi, tuttavia, se anche lui al suo posto avrebbe agito concordemente.
«Forse dovresti imparare a fidarti di più dei tuoi uomini, Jude», l’aveva rimproverato.
Jude s’era voltato nella sua direzione, fulminandolo con lo sguardo. Senza aspettare che Ray potesse infierire ulteriormente, aveva ripreso a camminare in fretta, davanti a lui. Sotto strati di vestiti, sentiva ancora la ferita pulsare, protetta appena dalla fasciatura che David gli aveva avvolto attorno al petto.
Ray aveva continuato a seguirlo, in silenzio, senza riuscire ad aggiungere nient’altro.


Ore di cammino dopo, si erano ritrovati davanti a una fenditura nella roccia, esattamente la stessa che Jude aveva notato la prima volta che aveva osservato la mappa.
Una formazione rocciosa si ergeva nel bel mezzo dell’isola, se non fosse che quell’ingresso pareva simile all’entrata di un cunicolo, o di un tunnel.
Jude esitava. Entrare là dentro era la scelta giusta? Certo, se quel sentiero era l’ultimo tratto che lo separava dal tesoro. Eppure c’erano tante incognite da tenere in considerazione, prima fra tutte il fatto che non avessero la più pallida idea di dove conducesse quel percorso.
David s’era appoggiato alla parete esterna, sbirciando appena oltre l’ingresso: era buio pesto, non si vedeva a un palmo dal proprio naso e nessun rumore sembrava provenire da là dentro.
«Non so voi, ma tutta questa situazione mi mette i brividi…», aveva commentato.
Jude non riusciva a dargli torto. Ora che erano giunti lì quella sensazione di allerta che l’aveva accompagnato per tutto il tragitto s’era fatta ancora più intensa. Riusciva quasi a sentirla mormorare nella sua testa, implorarlo di darle ascolto, di fare attenzione.
Era troppo tardi, ormai.
«Dobbiamo procurarci qualcosa con cui farci luce», aveva affermato.
Caleb era sembrato il più propositivo, in quel caso. «Beh, siamo in una foresta», aveva commentato. «Basterà rimediare dei bastoni e accendere un fuoco da uno dei capi, no?»
Jude aveva annuito. Delle torce avrebbero fatto esattamente al caso loro. Così Caleb e Herman avevano cominciato a dare un’occhiata in giro nella piccola radura erbosa, tornando poco dopo tenendo tra le braccia un numero di rami sufficienti da essere sfruttati come torce da ciascuno di loro. Erano di legno piuttosto robusto, inoltre, il che avrebbe consentito loro di maneggiarli senza problemi e la fiamma sarebbe durata a lungo.
Una volta accese le torce, il piccolo gruppo s’era addentrato tra quei cunicoli oscuri.
La prima cosa che Jude aveva notato, camminando tra i corridoi scavati nella roccia, era il rigagnolo d’acqua che stagnava ai loro piedi. Sembrava provenire dalla direzione verso cui si stavano dirigendo, e doveva essere lì da molto tempo, considerando che il terreno sotto di loro appariva eroso proprio in corrispondenza di quel flusso. Questo comportava una leggera pendenza nel mezzo del percorso e, ovviamente, anche una superficie più viscida da calpestare.
Più proseguivano, più l’acqua aumentava. Jude s’era spostato di lato, accarezzando un fianco del tunnel, e le sue dita l’avevano trovato sorprendentemente umido.
L’eco dei loro passi nel corso d’acqua si rincorreva lungo le pareti di roccia e, assieme ai respiri affannati dei membri dell’equipaggio, era l’unico rumore che li accompagnasse in quella loro traversata.
Ray era sempre rimasto al suo fianco. Dopo l’incidente con la Orpheus, Jude cominciava a sospettare che temesse che potesse farsi male ancora una volta.
La preoccupazione di Jude, al contrario, era volta unicamente nei confronti di Ray.
Ricordava i discorsi a Black Dust, in cui entrambi s’erano detti incapaci di perdonarsi qualora fosse accaduto qualcosa all’altro, e Jude sapeva bene che, ora più che mai, quelle parole erano valide. Aveva permesso a Ray di seguirlo sulla Royal perché riteneva insopportabile l’idea di rimanergli lontano, ma egualmente non tollerava il pensiero che qualcosa di male potesse accadergli ora che aveva seguito lui. Ecco perché non riusciva a perdonarsi che quella notte fosse stato così vicino a perderlo, ecco perché aveva portato con sé quella pistola.
La voce di David l’aveva sottratto ai suoi pensieri.
«Capitano!», l’aveva richiamato infatti.
Non c’era stato bisogno di aggiungere altro. Jude aveva guardato fisso di fronte a sé, e tutto era stato chiaro.
In fondo al tunnel che stavano percorrendo, infatti, proveniva una luce.
Jude non riusciva a comprendere di che cosa si trattasse. Aveva fatto cenno ai suoi uomini di continuare ad avvicinarsi, ma sempre con cautela.
Il ragazzo aveva avvertito una mano stringersi attorno alla sua. Aveva ricambiato la presa, consapevole si trattasse di Ray, e gli era stato grato per quel contatto, poiché era stato in grado di placare almeno un poco l’angoscia che avvertiva al momento.
Il suo sesto senso, tuttavia, si rifiutava ancora di lasciarlo in pace.
Quando si furono avvicinati a quella fonte di luce, a Jude fu chiara la sua provenienza.
Quella che all’esterno sembrava una montagna, infatti, internamente si presentava in maniera ben diversa. Il centro della roccia era scavato, dal fondo fino alla cima, dove compariva un’apertura circolare, che permetteva alla luce del sole di penetrare lì dentro. L’acqua che li aveva accompagnati fin dal loro ingresso, inoltre, si presentava ora come un lago, dal fondo basso e pieno di ciottoli, o quantomeno un acquitrino che raccoglieva l’acqua piovana, che dal foro in alto giungeva fin lì.
Al centro del lago, inoltre, sorgeva uno sperone roccioso. E, sopra di esso…
«Il tesoro!», aveva esclamato Joe.
Jude aveva faticato a tenere sotto controllo il battito del proprio cuore. Ciò che si trovava ora sotto i suoi occhi sembrava un sogno.
Era un forziere enorme, di legno scuro e all’apparenza pesante. Il coperchio era sollevato, e oltre di esso si intravedeva ogni genere di ricchezze: oro, perle, pietre preziose…
Jude si sentiva così irrimediabilmente attratto da quel forziere. Lo avevano cercato per anni e, adesso, era finalmente davanti a loro.
Prima ancora di rendersene conto stava già correndo in direzione dello sperone. Non gli importava nemmeno più dell’acqua, i suoi stivali avevano cominciato a sguazzarci dentro.
«Jude!», l’aveva richiamato David, invano.
Ray lo aveva seguito. Gli era rimasto a pochi passi di distanza, e si muoveva più lentamente rispetto a lui, ma Jude sapeva bene che non aveva alcuna intenzione di perderlo di vista.
A Jude stava bene. In fin dei conti, anche Ray aveva inseguito per anni quel tesoro, per cui era giusto, dal punto di vista del ragazzo, che si trovasse al suo fianco in quel momento. Inoltre, era la persona che amava, per cui non sarebbe potuto essere più sensato di così.
Attorno allo sperone ruotava quella che pareva essere una spirale, dotata di piccoli gradini. Jude aveva preso ad arrampicarsi su di essi, seguito a breve distanza da Ray, finché entrambi non si erano ritrovati davanti al forziere.
L’oro rifulgeva d’una luce così brillante che, per un momento, Jude aveva temuto che potesse accecarlo. Il ragazzo aveva affondato le mani tra quei tesori, e un sorriso vittorioso si era dipinto sul suo volto.
Avevano vinto. Erano i pirati più potenti dei sette mari. Avevano trovato il forziere fantasma, erano ricchi…
In quel momento, tuttavia, i mormorii del suo sesto senso avevano raggiunto il culmine, tramutandosi in un sibilo.
E Jude aveva compreso appena in tempo che quest’ultimo non si trovasse nella sua mente.
«A terra!», aveva gridato.
Era riuscito ad afferrare Ray appena in tempo, prima che una daga saettasse sopra le loro teste.
Il pugnale era atterrato alle loro spalle, il clangore metallico che annunciava l’impatto contro i ciottoli a terra. Si erano chinati appena in tempo verso il basso, altrimenti sarebbero stati colpiti in pieno.
La grotta s’era riempita di grida, e Jude aveva compreso che altri li avevano raggiunti.
Subito l’equipaggio della Royal aveva sguainato le spade, preparandosi a difendere dall’assalto degli avversari, e il rumore delle lame che cozzavano l’una contro l’altra s’era diffuso ovunque intorno a loro, complice la roccia che ne amplificava il suono.
Jude s’era sporto appena col capo oltre lo sperone, che era ora diventato il nascondiglio che difendeva lui e Ray, e i suoi occhi s’erano riempiti d’odio non appena si erano posati sulla figura che era appena sbucata dal fondo del cunicolo.
Paolo Bianchi lo fissava col solito sorriso in volto, vittorioso, trionfante.
«Davvero pensavi che ti avrei lasciato vincere così facilmente, capitano?», l’aveva provocato.
Jude aveva ringhiato tra i denti, facendo per afferrare l’elsa della sua spada. Ray, tuttavia, lo aveva afferrato per un polso.
«Aspetta un momento!», aveva sussurrato.
«Non posso lasciare i miei uomini in mezzo a una carneficina, Ray!», aveva sbottato di rimando il ragazzo.
«Sì, ma non puoi nemmeno lanciarti là senza avere uno straccio di piano», gli aveva fatto notare l’uomo. «Oltretutto, sei ancora convalescente dopo l’ultimo attacco…»
Jude aveva tamburellato nervosamente le dita sul proprio ginocchio. «Che cosa proponi di fare, allora?», aveva domandato.
Sul volto di Ray era comparso un ghigno. «Ma è semplice, ragazzo mio», aveva replicato infatti. «La risolveremo come ai vecchi tempi.»
Sul volto di Jude s’era disegnata un’espressione confusa, ma s’era dissipata subito nel momento esatto in cui aveva compreso le parole di Ray. A quel punto, un sorriso scaltro l’aveva rimpiazzata.
«Insieme?», aveva domandato Ray.
«Insieme», aveva confermato Jude.
Era stata questione di secondi: s’erano rialzati in piedi e avevano estratto le spade dal fodero, sistemandosi schiena contro schiena. Subito gli uomini di Paolo erano corsi nella loro direzione, con l’intenzione di accerchiarli.
Jude s’era ritrovato almeno cinque pirati a fronteggiarlo, e probabilmente a Ray erano toccati altrettanti. Non aveva idea di come stesse andando la situazione per il resto del suo equipaggio, ma al momento non poteva curarsene. C’erano solo lui, e quegli uomini.
Battersi a duello con così tanti avversari contemporaneamente non era affatto una passeggiata, soprattutto se erano anche degli abili spadaccini come in quel caso. Per di più, Jude doveva tener conto anche della sua ferita al fianco, che era tutto fuorché guarita.
Inoltre, la Royal era in svantaggio numerico rispetto alla Orpheus. Aveva lasciato la maggior parte del suo equipaggio nei pressi del vascello poiché, non trovando nessun’altra nave in vista, aveva ipotizzato che i loro avversari non fossero ancora giunti. Data l’abbondanza di uomini, qualora la Orpheus fosse approdata dopo di loro aveva sperato così di metterli in difficoltà, o quantomeno di rallentarli.
Qualcosa, tuttavia, doveva essere andato storto. Ora, però, non aveva tempo per pensarci.
Gli uomini di Paolo si muovevano con grande agilità. Erano veloci, per di più, e Jude faticava a stare dietro a tutti i loro movimenti. Attaccandolo in contemporanea lo stavano mettendo in difficoltà, ma Jude stava provando comunque ad individuare il punto debole di ciascuno.
Quattro lo attaccavano lateralmente, due a destra e due a sinistra, infine uno lo fronteggiava faccia a faccia.
Jude aveva deciso di lasciarselo per ultimo.
Il ragazzo aveva sollevato la spada sopra il suo capo, e l’uomo che nella formazione si trovava al centro aveva fatto altrettanto, cercando di pararsi da un eventuale fendente. Jude, tuttavia, aveva spinto con tutto il suo peso corporeo in avanti. L’avversario, preso alla sprovvista, si era ritrovato a barcollare all’indietro, concedendo così un po’ di terreno a Jude.
Bene. Aveva guadagnato qualche secondo. Ora poteva occuparsi degli altri.
Era stato fortunato. Sotto di loro si trovava il bacino d’acqua pluviale, ottimo modo per liberarsi degli avversari.
Facendo attenzione a mantenere la guardia coperta, Jude aveva tentato un affondo in avanti. La punta della spada s’era infilzata all’altezza dello stomaco, e subito sul volto del suo avversario era comparsa un’espressione di dolore. S’era piegato su se stesso, rantolando per il dolore, tuttavia, ormai giunto sull’orlo dello sperone roccioso, aveva perso l’equilibrio, cadendo all’indietro nell’acquitrino.
Il secondo, compresa la sorte del proprio compagno, s’era lasciato prendere dalla rabbia. Si era lanciato in avanti, tenendo la spada tesa di fronte a sé. Jude aveva sferrato il colpo successivo facendo roteare la propria arma dal basso verso l’alto, colpendo così il piatto della lama dell’avversario. L’impatto era stato così violento che la spada era volata via dalle mani del suo avversario, cadendo da qualche parte, in lontananza, tra le pietre. Il volto del membro della Orpheus s’era subito contratto in un’espressione terrorizzata. Jude s’era limitato ad affondare in avanti, colpendolo al petto. Poco dopo, anche il suo secondo avversario era volato verso il basso, esanime.
Per occuparsi dei due uomini successivi, Jude aveva effettuato una piccola piroetta su se stesso. Quando s’era arrestato, la sua spada aveva cozzato contro quella del suo avversario successivo.
Era riuscito a fermare il colpo appena in tempo. Tenendo stretta l’elsa tra le mani, aveva respinto la lama avversaria, creando un momentaneo varco nella sua guardia. Jude l’aveva sfruttato senza esitazioni: aveva mirato alla carotide, tranciandola di netto. L’uomo s’era subito accasciato al suolo, rotolando giù dalla pietra.
Rimanevano solo due avversari. Cercavano di danzargli intorno in maniera ipnotica, ma Jude non sembrava particolarmente persuaso.
Il primo dei due si era lanciato in avanti, tenendo la spada sollevata sopra il capo e preparandosi a sferzare un fendente laterale. Jude, intuendo la traiettoria, aveva mirato nella direzione opposta, ferendolo ad una gamba. Il suo avversario aveva indugiato, inciampando nei propri passi, e Jude ne aveva subito approfittato per colpirlo: una stoccata dritta al fianco, per poi spingerlo nel bacino sottostante con un calcio in pieno petto.
Solo un uomo, il primo che s’era lanciato contro di lui, era rimasto in piedi. Ora che Jude s’era lasciato una scia di morte intorno, lo fissava con fare guardingo, indugiando nell’attaccarlo.
Il capitano della Royal, invece, non aveva alcuna inibizione. Combattere fianco a fianco con Ray l’aveva riportato indietro di anni, quando assieme navigavano attraverso i mari con la Black Dust. Allora nessun avversario era riuscito a sconfiggerli, e sapere che nonostante fosse passato del tempo la loro invincibilità era rimasta invariata aveva riempito Jude d’energia. Il ragazzo s’era scagliato contro il suo avversario prima che quest’ultimo potesse rendersene conto, la lama della spada che gli aveva trafitto la gola da parte a parte. L’uomo l’aveva fissato, esterrefatto, mentre la vita lo abbandonava. Continuando a tenerlo infilzato per la gola, Jude gli aveva sollevato il corpo, finché non s’era ritrovato sopra il bacino d’acqua. A quel punto, il capitano della Royal aveva inclinato appena la propria lama, lasciando che l’ultimo cadavere affondasse nell’acquitrino.
Liberatosi finalmente dei suoi assalitori, Jude s’era voltato: alle sue spalle, Ray era circondato dai corpi privi di vita degli uomini che lo avevano attaccato. Come aveva immaginato, l’ex capitano della Black Dust non aveva perso la sua destrezza nel duello.
«Ottimo lavoro», aveva commentato Ray, soddisfatto.
Jude aveva sorriso orgoglioso, le gote che s’erano imporporate appena. Si era poi voltato, osservando la situazione nel resto della grotta.
L’equipaggio della Royal, seppure in inferiorità numerica, se l’era cavata alla grande contro la Orpheus. La ciurma di Jude, infatti, era riuscita a respingere l’attacco senza alcuna difficoltà. L’unico a sembrare ferito era David, ma si trattava di un taglio al braccio per nulla profondo o grave, visto che il suo vice continuava a muoversi agilmente e privo d’affanno.
Dei nemici, l’unico ad essere ancora in piedi era Paolo. Guardava attorno la disfatta del suo equipaggio, senza riuscire a capacitarsene.
«Non è possibile!», aveva gridato, disperato.
Prima che Ray riuscisse a fermarlo, Jude era corso giù dallo sperone del tesoro, la spada sguainata.
Paolo aveva estratto la propria appena in tempo, quando ormai Jude gli era arrivato davanti. Le lame s’erano scontrate con violenza inaudita, lanciando scintille tutt’intorno.
«Non ho mai conosciuto qualcuno vigliacco quanto te», l’aveva deriso Jude. «Combatterai anche al fianco dei tuoi uomini, ma ti lanci contro qualcuno solo se sai di essere in superiorità numerica.»
Il ragazzo gli aveva rivolto una smorfia beffarda. «Non ci vedo nulla di male», aveva replicato. «Dopotutto, a chi non piace vincere?»
Jude aveva trattenuto un ringhio tra i denti. «Quando mi hai attratto nel vicolo devi aver capito che il mio punto debole era Ray», aveva continuato. «Non so come, ma ci sei arrivato. Così, pur di mettermi alle strette, hai cercato di ucciderlo, consapevole che avrei fatto di tutto pur di salvarlo, compreso prendermi il colpo al posto suo.»
Le lame s’erano separate, e i due capitani avevano cominciato a girarsi attorno, entrambi concentrati e famelici.
«Un modo valeva l’altro», aveva ribattuto Paolo ancora una volta. «Non ho mai voluto mettere in pericolo la vita di Dark, ma se questo significava arrivare a te non avevo alternative.»
«Una cosa però non mi è chiara», aveva ripreso Jude. «Quando siamo arrivati non abbiamo trovato traccia da nessuna parte della Orpheus. Perché?»
Paolo aveva sogghignato, scaltro. «Dopo essere approdati ho chiesto ai miei uomini di circumnavigare l’isola», aveva spiegato. «Sapevo che si trattava solo di una questione di tempo prima che ci raggiungeste. Non avremmo mai fatto in tempo a portare via il tesoro prima del vostro arrivo, così ci siamo nascosti, in agguato. Abbiamo atteso che arrivaste, dopodiché vi abbiamo seguiti fin qui, senza che ve ne accorgeste.»
Sul volto di Jude era comparsa un’espressione compiaciuta. «Un buon piano, te lo concedo», aveva ammesso. «Peccato che tu non abbia tenuto conto di una cosa.»
«Di cosa?», aveva domandato Paolo, inarcando un sopracciglio.
Prima che potesse rendersene conto, Jude era scattato fino a raggiungerlo, i volti che per poco non si sfioravano.
«Del mio risentimento.»
La spada di Jude aveva colpito la sua, sfruttando a proprio vantaggio l’improvviso abbassamento della guardia di Paolo, confuso dal movimento repentino, e questa era volata via, lontano.
Jude aveva sogghignato, vittorioso. Era la seconda volta che lo disarmava.
Il capitano della Orpheus era caduto in ginocchio, inerme.
Jude aveva estratto la pistola dal fodero della giacca, stringendola con forza tra le dita.
«N‒No! Aspetta, non farlo, posso ancora tornarvi utile come alleato!», l’aveva scongiurato Paolo.
Un sogghigno era comparso sul volto di Jude. «Ancora non l’hai capito?», aveva domandato, il volto che tornava mortalmente serio. «Io non me ne faccio niente di te.»
Uno sparo.
Poi, il silenzio.
Il corpo di Paolo Bianchi era caduto all’indietro, nell’acqua, mentre sangue copioso sgorgava dal suo cadavere.





▬ notes

Ah, sono stanca. Sono due giorni che giro come una trottolina e mi sto concedendo del tempo per editare soltanto adesso. Com'è che avevo detto? "Nono voglio più procrastinare"?
Comunque, ah. Questo capitolo mi dà soddisfazione. Non so bene perché, forse credo di aver reso bene la scena del combattimento. Giuro, è da tutta la vita che faccio pena nelle descrizioni con un po' più di "azione", eppure tra la storia dei maghi e questa ho avuto modo di scrivere spesso spezzoni del genere, di recente. E non so, forse sto migliorando nel fare qualcosa, potrei essere un pochino proud di me.
Questo era l'ultimo capitolo prima dell'epilogo, e anche qui di cose ne sono successe. Anzitutto ovviamente Jude si è salvato, non che ci fossero molti dubbi ma il nostro caro ragazzo è riuscito comunque a farci stare un poco in apprensione, dai, ammettiamolo.
Lui e Ray che bisticciano sul ponte della Royal come la old married couple quale sono, inoltre, mi fanno letteralmente schizzare cuoricini da tutti i pori (?)
Aehm. Serietà.
Finalmente i nostri eroi hanno trovato anche il tanto agognato tesoro, ma, nel momento esatto in cui sono finalmente sul punto di gioire per aver raggiunto la meta che per lunghi anni avevano cercato, la Orpheus li raggiunge. Sì, c'era da aspettarselo in effetti.
E vorrei dire di essere dispiaciuta per la fine di Paolo, ma sinceramente la cosa non mi ha toccata più di tanto. Anzi, vorrei quasi dire di essermi divertita a scrivere della sua morte visto che aveva causato guai ripetutamente ai miei bimbi, ma eviterò di farlo per non essere linciata.
Ad ogni modo, per questo capitolo credo di avervi detto tutto, per cui ci vediamo domenica con l'epilogo tranquilli, sarà decisamente più breve dei precedenti aggiornamenti. Sniff, ma ci rendiamo conto? Questa sarà la seconda storia che porto a termine nel 2020 in teoria ho finito prima diwk ma vbb #Ariaproud
See ya,
Aria
   
 
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