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Autore: BabaYagaIsBack    28/08/2020    0 recensioni
● Book II ●
In una notte Aralyn ha compiuto nuovamente l'impossibile, mettendo in ginocchio l'intero clan Menalcan. Ha visto ogni cosa intorno a sé macchiarsi del colore del sangue e andare distrutto - forse per sempre. Così, in fuga dai sensi di colpa e dal dolore che le schiaccia il petto, si ritrova a essere ancora una volta l'eroina del suo branco e il mastino al servizio del Duca, ma anche il nemico più odiato dai lupi del vecchio Douglas e l'oggetto di maggior interesse per il Concilio che, conscio di quale pericolo possano ora rappresentare i seguaci di Arwen, è intenzionato a fargliela pagare.
Ma qualcuno, tra i Purosangue, è disposto a tutto pur d'impedire che la giovane Aralyn Calhum venga punita; anche mettere a punto un "Colpo di Stato".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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13. Part of Us

Alzò la mano per l'ennesima volta, poi l'abbassò ancora. Nemmeno riusciva a ricordare quanti tentativi avesse fatto fino a quel momento, forse un paio, forse una decina, eppure il risultato non cambiava mai - il coraggio scivolava via appena le nocche si preparavano a colpire la porta. E lui restava lì, immobile di fronte a un'anta anonima oltre cui non proveniva era alcun suono.
Possibile che un lupo del suo calibro, che si era scontrato con nemici di ogni fama e taglia, non riuscisse ad affrontare quella cosetta che era sua sorella? Possibile che non avesse saputo gestire né lei, con quel suo dolore lacerante, né la situazione, permettendole così di rovinare il lavoro a cui Killian si era dedicato in quegli ultimi giorni?
Arwen non seppe che rispondersi.

Più se ne stava in mezzo a quel corridoio, più faticava a dare un senso a tutto ciò che lo aveva condotto sin lì - l'unica certezza che aveva, era la consapevolezza di volerle restare accanto, di non aumentare il vuoto tra di loro. Erano dovuti arrivare a un passo dalla morte per riuscire a sfiorarsi, non poteva rischiare di rovinare ciò che aveva ottenuto con tanta fatica e sacrifici.

Abbandonando la testa all'indietro si concesse un lungo e profondo sospiro, cercando di scrollarsi di dosso la tensione che sentiva contrargli i muscoli da fin troppe ore.

Se la morte di Fernando le aveva fatto perdere il controllo a quel modo, annebbiandole il raziocinio con tanta facilità, si domandò a cosa sarebbe andato incontro se, al posto di graziare Joseph Menalcan con la sua clemenza, fosse andato fino in fondo, azzannandogli la giugulare nell'esatto momento in cui i suoi sensi erano venuti meno.

Sarebbe stata capace di aggredirlo come aveva fatto con il povero Hugo? Avrebbe potuto spingersi così in là da massacrare il sangue del suo sangue?

Un tempo avrebbe risposto di no, avrebbe avuto la certezza che Aralyn non avrebbe mai osato far del male a nessuna delle persone a lei care, soprattutto a lui, ma adesso, dopo tutto ciò che era accaduto, non avrebbe potuto esserne altrettanto sicuro. In lei qualcosa si era rotto rovinosamente dopo il ritorno da Villa Menalcan, forse persino prima - e lui, ottenebrato dai propri desideri, non si era accorto di nulla.

Mordendosi la lingua, l'uomo cercò di convincersi a fare ancora un ultimo tentativo - dopotutto, di quel passo, i suoi sottoposti avrebbero iniziato a chiedersi la ragione per cui, il loro Alpha, se ne stava imbambolato di fronte a una porta chiusa. E più gente passava alle sue spalle, più la certezza che qualcuno avrebbe pensato che fosse un ebete si faceva seria.

Così alzò nuovamente il braccio e, finalmente, riuscì a bussare. 
Le sue nocche colpirono piano il legno, sembrando quasi intimidite dalla prospettiva di richiamare le attenzioni della ragazza oltre l'anta - e forse, lei nemmeno avrebbe sentito quel rumore. Magari stava dormendo, oppure le cuffiette le impedivano di udire qualsiasi suono non fosse musica; forse era distratta, anche se con probabilità maggiore non aveva voglia di vedere nessuno, men che meno lui.
E come biasimarla? Dopotutto l'albino era stato a conoscenza di quel lutto sin dal principio. Aveva saputo della morte di Fernando prima ancora d'incontrarne il corpo tra i corridoi della Villa. Era bastato che Gabriel tornasse nello studio, ricoperto di sangue, per fargli capire l'esito del loro scontro. Scoprire il cadavere dell'amico accasciato contro un muro, con lo sterno aperto in più punti, aveva solo confermato la tragica ovvietà. Eppure, pur sapendolo, aveva deciso di tenere sua sorella all'oscuro della faccenda - in parte perché sapeva ne avrebbe sofferto, in parte per evitare di sentirsi lui stesso colpevole di quella perdita. Già, perchè Fernando aveva scelto di sostituire Garrel al fianco dell'Alpha, si era imposto su tutti per arrivare sino al cospetto di Douglas e poter vendicare Layla, i confratelli persi e, soprattutto, l'onore dei Calhum. Non aveva sentito ragioni. Persino di fronte alle rimostranze di Arwen e le lacrime di Marion aveva resistito, affermando di non poter sopportare l'idea di lasciare quel verme vivo - e lui glielo aveva concesso.

Mordendosi il labbro, l'uomo fece scivolare le dita sino alla maniglia in ferro.

Aralyn non lo avrebbe perdonato: non facilmente, quantomeno.

«Ehi...» con un movimento lieve del polso aprì la porta, pregando Arihanrod di non venir fermato in alcun modo, soprattutto violento - anche se dubitava che, vedendolo, sua sorella se ne sarebbe stata tranquilla in un angolo. Così avanzò oltre la soglia aizzando i sensi, sperando in quel modo di evitarsi sgradevoli sorprese; nulla impediva alla ragazza di scagliargli contro oggetti contundenti o, nel peggiore dei casi, usare il suo stesso corpo come arma contro di lui.

Ciò a cui Arwen andò incontro fu, però, ben diverso.

Una volta varcata la porta, l'Alpha rimase confuso di fronte al nulla più assoluto. La finestra a due battenti era chiusa, le tendine bianche tirate in modo da far entrare solo in parte la luce del sole; la cassapanca sotto a essa, così come il pavimento, era completamente libera da cianfrusaglie o vestiti appallottolati e nessun suono riempiva lo spazio intorno a lui. Aralyn sembrava scomparsa, eppure era certo fosse lì: dove sarebbe potuta fuggire altrimenti? Non conosceva quel posto, men che meno i suoi possibili abitanti. Non aveva un rifugio sicuro in cui nascondersi e, soprattutto, alle sue calcagna potevano esserci più lupi di quanto avrebbero mai potuto credere - per questo si convinse a voltare il capo altrove, riprendendo la ricerca.

Gli ci vollero alcuni istanti, ma alla fine, con sollievo, ne individuò la presenza.
Rannicchiata sotto alle spesse coperte di flanella, la sagoma di lei se ne stava immobile, respirando così piano da passare quasi per morta - la stoffa però si alzava e abbassava con regolarità, tradendo il suo tentativo di camuffarsi con il resto dell'arredo.

«Sei sveglia?»

In risposta arrivò solo silenzio: forse stava realmente dormendo.

Arrancando appena a causa della gamba ancora provata dal viaggio, l'albino si fece vicino. Un rumore lieve prese ad accompagnarlo lungo i pochi metri che lo separavano dal materasso e, quando finalmente fu a un passo da sua sorella, sentì il suo respiro fermarsi come quello di una preda in trappola.

Era sveglia, sì.

«Posso mettermi vicino a te?» le domandò in un sussurro a metà tra dolcezza e malizia, spostando solo in parte un lembo della trapunta. Da quando erano arrivati non aveva fatto altro che bramare la sua presenza accanto a sé, sia per egoismo, sia per tornare a essere l'ancòra che la teneva ferma nel maremoto delle loro vite.

Un ringhio gutturale si fece strada fino alle sue orecchie minacciandolo pericolosamente, eppure Arwen non si fece intimidire e, con cautela, la raggiunse nel suo nascondiglio.
Era la prima volta che si azzardava a compiere un simile gesto tra le mura di un qualche luogo destinato al Clan, anzi, a parte per il soggiorno da Killian e qualche rara occasione ai tempi della loro permanenza dal Duca si poteva dire che non fosse mai accaduto. Nonostante i rischi però, l'abbracciò per la vita, premendo il proprio petto contro la sua schiena ricurva.
Aralyn era calda, bollente, eppure in qualche strano modo fredda. Chissà cosa stava pensando, se quel contatto riusciva in qualche modo a darle conforto - l'Alpha avrebbe voluto saperlo, peccato che da lei non ebbe alcuna reazione. Così, mosso dallo snervante desiderio di lei, prese a passare la punta del naso dapprima sui suoi capelli dorati, poi lungo il collo nudo: «Lo so che fa male, Ara» le sussurrò quando con le labbra si fece vicino all'orecchio: «Ma è morto senza rimpianti». Le dita presero a giocare con la maglia di lei, arrovellando l'orlo tra pollice e medio. Quanto aveva desistito, negli anni, dal compiere simili gesti? Quanto aveva dovuto sforzarsi, per evitare di stringersi a lei in quel modo? Negli otto anni in cui aveva sviluppato per Aralyn quel tipo di sentimento, troppo - ma ora eccoli lì, insieme; e seppur fosse conscio del fatto che quell'amore fosse ora univoco ne trasse piacere, soprattutto ricordando i baci che si erano scambiati tra le mura di Mont Saint Michel. 

Socchiudendo gli occhi si riempì i polmoni del profumo di lei, godendosi quell'istante con estrema soddisfazione. Restò immobile per qualche momento, pensando a cosa fosse giusto e meglio fare, poi riprendendo a sfiorarle l'elice le chiese: «Ti ricordi quando stavamo da Carlyle, ai funerali di Freya?»

Lei annuì, ma nonostante ciò Arwen ricordò a voce alta, per entrambi, quel giorno.

«Il Duca aveva acceso un falò in mezzo al piazzale, quasi a ricordare un pira funebre in miniatura. Non c'era alcun corpo da bruciare, eppure lui volle dimostrare sia al fantasma di lei, ad Arawn e Garrel quanto avesse apprezzato la sua lealtà, così ci fece preparare tutto. Raccogliemmo ceppi di ogni tipo, tu quasi ti rompesti una gamba tentando di spezzare "il ramo perfetto"!» Dalle labbra gli sfuggì una risata leggera, intenerita dall'immagine che aveva nella mente - un ricordo così lontano che gli strizzò il cuore: «Li impilammo con cura, poi a sera, con la mezzaluna alta nel cielo, ci riunimmo intorno alla catasta». La mano dell'Alpha abbandonò l'orlo con cui aveva giocato fino a quel momento e, impavida, si poggiò sul ventre della sorella. Accarezzò piano le increspature delle ferite che solo quella pomeriggio si erano riaperte, suscitando in lui un'eccessiva amarezza, così si spostò lungo i bordi dell'ombelico, solleticandole la pelle: «Garrel era distrutto, così ci avvicinammo a lui. Volevamo essergli vicini, eppure non avevamo idea di cosa fare: io troppo orgoglioso, tu bambina. Così restammo lì, con gli occhi rossi e il cuore rotto, poi, dal nulla, Carlyle buttò un pezzo di carta infuocata sui rami e prese a cantare».

Arwen fece una pausa. Si bagnò le labbra secche quasi portandosi via il sapore di quel ricordo: «Era la prima volta che udivamo qualcosa di simile, fino a quel momento eravamo stati più umani che lupi, eppure sono certo che quel canto ti si ancorò dentro come a me... potremmo farlo ancora, Ara, questa volta in onore di Fernando».

E scoppiando in un pianto silenzioso, tanto da scuoterla, Aralyn annuì ancora.


 
   
 
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