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Autore: manpolisc_    29/08/2020    1 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 30

Sbatto la porta alle mie spalle dopo essere entrata in casa. Sia la luce in salotto sia quella in cucina sono accese, quindi mia madre deve essere ancora sveglia. Strano, dato che la mezzanotte è ormai passata e la sua sveglia è alle sei domattina; sicuramente mi sta aspettando prima di andare a letto. Lancio uno sguardo fugace al salotto per controllare se sia lì, ma è vuoto. Solo le voci di due donne, provenienti dalla televisione, riempiono il silenzio che c'è. Stanno discutendo riguardo quale abito da sposa comprare e, neanche un attimo dopo, una delle due scoppia a piangere. Mia madre, avendo sentito il rumore della porta, si affaccia dalla cucina per controllare che sia tornata. In mano ha una tazza fumante di tè alla vaniglia, il cui profumo si espande per tutto l'ingresso.
- Lo sai che quella porta è vecchia e si potrebbe rompere. - Mi rimprovera con sguardo serio per averla chiusa con forza. - Com'è andata la serata? - Mi chiede tranquillamente mentre ritorna in cucina. Non le rispondo, bensì la seguo, cercando di calmarmi. Se prima mi sentivo priva di forze, ora sto tremando dalla rabbia e potrei perdere il controllo da un momento all'altro. Se veramente sa cosa sono, e me l'ha tenuto nascosto, non so davvero come potrei reagire. È come se fosse stata colei che ha costruito questa bugia nella quale mi ha fatto vivere per diciassette anni. Mi ha mentito e lasciato in agonia per pensare a quanto fossi sbagliata, quando invece sono solo diversa.
Lei si appoggia con la schiena al bancone e prende un sorso di tè, ancora in attesa di una risposta che non le darò. Rimanendo sulla soglia della cucina, stendo un braccio verso il rubinetto e mi concentro sull'acqua. Questo comincia a tremare, ma mia madre sembra non accorgersene. Si acciglia solamente per il mio gesto, che so essere insensato ai suoi occhi. Se sapessi maneggiarla meglio, mi sarebbe bastato uno sguardo per il mio scopo. – Che cosa stai facendo? - Quando percepisco un formicolio sulle dita, segno di avere il controllo totale sull'acqua, faccio aprire di botto il rubinetto per la forte pressione e muovo la mano verso mia madre con l'intenzione di bagnarla. Nello stesso momento l'acqua segue la direzione che le do, facendo strillare la rossa.
- Sharon! - Mi urla contro mentre le rivolgo un ghigno amaro e pieno di rabbia. Quindi avevo ragione. Si preoccupa di più del fatto che si sia bagnata invece di come sua figlia sia riuscita a far ciò.
- Sapevi tutto, vero? - La guardo con disprezzo mentre lei poggia la tazza sul bancone per prendere un tovagliolo con cui asciugarsi. Incrocia il mio sguardo e, in quei pochi secondi, intravedo la preoccupazione nei suoi occhi verdi. Sento il sangue ribollirmi dall'ira. Non appena apro il palmo della mano, una piccola fiammella prende vita. Voglio mostrarle ciò di cui lei mi ha sempre privato. - Lo sapevi, non è vero mamma?! - Alzo un po' il tono di voce, muovendo la mano verso di lei come per mostrarle il mio segreto, ma lei sospira e guarda la fiamma ardere.
- Non cominciare a urlare. - Mi ammonisce con tono severo. - E spegni quella cosa. - Estinguo il fuoco, poi fendo e sposto l'aria con la mano per farle cadere la tazza a terra, scompigliandole i capelli che le ricadono sciolti sulle spalle. Questa s’infrange in mille pezzi sul pavimento mentre quel che ne resta del tè schizza contro il bancone e sporca a terra. Una lacrima riga il mio viso, cosa che non volevo accadesse, almeno non davanti a lei. Sono così arrabbiata che non so cosa dirle. Avevo una montagna d’insulti, così tanti discorsi che avrei potuto farle, ma adesso sembra che la mia bocca si rifiuti di funzionare. Quindi decido di aspettare che lei dica qualcosa, ma non lo fa. Mi lancia un'occhiata e poi s’inginocchia a terra, cominciando a raccogliere ciò che rimane della sua tazza in silenzio. Con un altro gesto della mano muovo nuovamente l'aria, impiegandoci più forza per allontanare i pezzi da lei. Questi scivolano via insieme a alcune gocce di tè.
- Parlami! - Sbraito mentre mi asciugo le lacrime. Lei scatta in piedi, infastidita dal mio comportamento. Devo cercare di non perdere sul serio il controllo, perché ho paura davvero di ucciderla stasera, e non sto scherzando. Non so cosa mi stia prendendo, ma sento questa forza dentro di me che non sono sicura di riuscire a trattenere.
- Che cosa avrei dovuto dirti?! - Le sue urla si sovrappongono alle mie e stringe i pugni. Sta cercando di rimanere calma e di non mollarmi una sberla. Mi chiedo se non abbia veramente paura di toccarmi, sapendo cosa sono. Forse per questo non ha mai alzato le mani su di me. Non ce n'è mai stato motivo, in realtà, ma quando poteva farlo ha sempre evitato. Non posso spaventarla sul serio. Però, ora che ci penso, Delice non ha voluto toccarmi per un po' quando ha scoperto il mio segreto. Perché non devo mai avere qualcosa di chiaro nella mia mente, ma mille ipotesi? - Che sei un Elementale, una Salamandra, e che un giorno morirai?! - Le sue urla mi distraggono dai miei dubbi. Sposta con rabbia una delle sedie del tavolo per sedersi, producendo un rumore irritante.
- Per questo zia Tess mi trattò male quando le chiesi degli Elementali. - Che lei sapesse di loro l'ho sempre sospettato, sinceramente, ma non del fatto che fosse una strega. Era ovvio che sapesse tutto.
- Tua zia, poi! - Fa un verso di scherno, simile a uno sbuffo. - Quella vecchia strega. Aveva un solo compito, uno. Cosa le costava negarti tutto?! - Ed ecco qui la prima verità. Ecco perché mia madre non sopportava la strega: non voleva che mi avvicinassi a questo mondo e, tenendola fuori dalla famiglia, voleva in qualche modo evitare che scoprissi tutto.
- Avresti dovuto dirmelo! Tu non sai quello che ho passato! - Alza la testa per guardarmi con disprezzo, forse ferita dalle parole che ho detto o che potrei dire. Non può capire cosa ho provato per tutto questo tempo, davvero non può. Mi hanno insultato, mi hanno allontanato. Per tutta la mia vita mi sono sentita esclusa e non riuscivo a fare pace con me stessa. Ho persino creduto di essere pazza e lei sapeva come la pensassi riguardo questo. Mi continuava a invogliare a farmi amicizie quando sapeva che non avrei potuto per ciò che sono. Non posso mettere in pericolo le persone che amo, e lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro. So già quello che mi dirà ora, che non me l’ha detto perché voleva proteggermi, perché non ero matura abbastanza da affrontarlo, è un mondo pericoloso e non è adatto a me, ma oltre a questo, avrebbe anche dovuto sapere che prima o poi l'avrei scoperto. Non poteva davvero credere di tenermelo nascosto per sempre.
- Quello che hai passato tu? - Si alza piano dalla sedia facendo leva con le braccia sul tavolo. Sputa quella domanda con disprezzo, poi scuote la testa in segno di disapprovazione. - Quello che hai passato tu non è niente in confronto a quello che ho e sto ancora sopportando io, Sharon! - Stavolta è lei a sbraitare. - Tu non sai... -
- No, infatti. Non so. - La interrompo bruscamente. - E quello che so, avrei voluto saperlo dall'unica persona di cui mi fidi veramente. Eppure questo... - Apro nuovamente la mano per accendere una piccola fiamma. - ... l'ho scoperto da sola. - Meglio omettere la parte in cui anche Jackson è un Elementale. Non la scioccherebbe, ma non voglio che le colpe ricadano su di lui. Non è giusto. L'unica colpevole in tutto questo è mia madre. Avrebbe potuto evitare un sacco di cose, ad esempio il dolore e i momenti di agonia; invece no, ha lasciato che mi squarciassero poco a poco.
- Cazzate! - Esclama furiosa, facendomi sussultare e spegnere istintivamente il fuoco. - Se non fosse stato per quel Mitchell, tutto ciò non sarebbe successo! - Una precedente litigata con lei, sempre riguardo a lui, riaffiora nella mia mente: già in quell’occasione mi aveva intimato di stargli alla larga, di non fare quello che faceva lui poiché mi avrebbe fatto male. Da ciò, deduco che si fosse resa conto che anche lui è diverso, come me, ma lei non lo conosce, non ci ha mai parlato, e non può commentare. Se non fosse stato per lo Gnomo, sarei morta da tempo. Dovrebbe ringraziarlo invece che prendersela con lui per avermi aperto gli occhi su ciò che lei non ha mai avuto il coraggio di spiegare.
- Non incolpare lui per cose che avresti dovuto fare tu! -
- Io non sono un Elementale! Non avrei neanche dovuto fartela io, questa chiacchierata! Ma quando Harvey è morto... – S’interrompe quando nomina mio padre, ma io continuo a tenere lo sguardo su di lei. Dalla sua espressione, sembra che stia decidendo se dirmi qualcosa o meno. Mentre la sua mente è annebbiata, un pensiero folle si fa largo nella mia. Nell'Enciclopedia dei Mostri c'è scritto che non è una cosa ereditaria l'essere Elementale, ma se anche lui fosse stato un Cacciatore?
- Taylor, cara. - La voce di mia zia alle mie spalle fa trasalire entrambe e scattare me di lato per la paura, presa alla sprovvista. - È inutile continuare a trovare scuse o incolpare gli altri per il suo destino. Entrambe abbiamo sempre saputo che un giorno avremmo dovuto affrontare quest’argomento. - Schiocca le dita mentre si avvicina al tavolo e una sedia si trascina da sola verso di lei per farla sedere.
- Niente magie in casa mia, Tess. - La rimprovera mia madre. Si accomoda di nuovo e si regge la testa tra le mani, poggiando i gomiti sul tavolo. Non importa quanto questo momento sia difficile da affrontare per lei: ogni giorno è stato una sfida per me. Non riesco neanche a provare pena nei suoi confronti, forse a causa della rabbia. Tuttavia, anche quando questa si attenuerà, sono certa che continuerò a non averne. Lei non ne ha mai avuta per me, perché dovrei averne io? Harry, per il poco tempo che è stato qui, mi ha fatto capire più cose di quanto me ne abbia fatte capire mia madre in tutti questi anni. Se non fosse stato per lui, non avrei davvero realizzato di essere diversa rispetto a tutti gli altri; non mi sarei resa conto che ci sono problemi più grandi rispetto a stupide gare per avere un follow da una persona famosa o possedere le ultime novità uscite; non avrei imparato così bene ad avere un controllo sugli elementi e sulle mie emozioni e, cosa più importante, a rialzarmi dopo una sconfitta perché lui ne è l'esempio perfetto. Grazie a Harry, non ho mai rinunciato, anche se avrei voluto sul serio scappare via.
- Vi prego. Posso sapere la verità una volta per tutte? Smettetela di trattarmi con una bambina. - Dico con voce spezzata. Sono stanca, vorrei andarmene a letto. Lascerei sul serio questa stanza, ma so già che non riuscirò a prendere sonno senza sapere cosa mi nascondono. Non sono sicura neanche di riuscire ad addormentarmi davvero. Ho nuovamente i crampi allo stomaco.
- Taylor. - La incita mia zia mentre nota la tazza rotta a terra e sulla quale non fa domande. La rossa annuisce debolmente e prende un bel respiro, rinunciando al fatto che tutta la "realtà" che aveva costruito è stata distrutta da un ragazzino.
- Harvey era una Silfide. Il suo spirito era legato all'aria, cosa anche rara, dato che di solito le Silfidi sono donne. - Mia zia fa comparire in silenzio una scopa tra le mani per ripulire quel disastro a terra, noncurante della regola "niente magie in questa casa".
- Ma lui era donna dentro. - Commenta la strega per sdrammatizzare la situazione mentre comincia a spazzare via i pezzi della tazza. Mia madre fa finta di non averla sentita, chiude un occhio anche per la scopa apparsa dal nulla e riprende il suo discorso, più importante in questo momento.
- Prima di morire, ucciso da un mostro per proteggerci, mi pregò di tenerti al sicuro e così ho fatto. È ovvio che l'avrei fatto, sei mia figlia. Quando quel ragazzo nuovo è arrivato, però, tua zia non ha perso tempo ad avvisarmi per pensare a come agire. - Ora capisco come mia madre potesse essere sicura del fatto che Jackson fosse un Elementale: una strega ne percepisce l'odore, e mia zia gliel'ha riferito. - Ma, in qualche modo, lui riusciva sempre a trascinarti in quell'altra realtà. Ho provato in ogni modo a fartene uscire, ma da quando sei nata sapevo benissimo che questa sarebbe stata una parte di te che purtroppo avrei dovuto accettare un giorno, ma... -
- ... ma meglio tardi che mai, anche se avresti preferito il mai. - Concludo. Lei, dopo aver rielaborato le mie parole, annuisce. Prendo un bel respiro e alzo il volto per impedire alle lacrime di scorrermi sul viso. Ciò che è successo a mio padre dovrebbe toccarmi, visto che ha sacrificato la sua vita per salvarmi, ma non ce la faccio a piangere per qualcuno che non ho mai conosciuto. È più forte di me. L'unica ragione per cui sto per farlo è per il fatto che lei abbia aspettato tutto questo tempo per dirmelo.
- Mi dispiace così tanto, Sharon. - Mormora mentre mia zia, dietro le sue spalle, fa scomparire la scopa. - Devi capirmi, però. Non potevo perdere anche te e sono andata nel panico quando ti ho visto bruciare quel divano con un solo tocco dopo che avevi rotto il tuo giocattolo preferito. Sapevo che lo saresti diventata, ma non immaginavo tanto presto. Avevi solo tre anni la prima volta. - Cerca di difendersi mentre riporto lo sguardo su di lei, sbigottita per le sue parole. Non posso davvero aver quasi appiccato un incendio per un semplice giocattolo. Avevo ragione a dire che avrei dovuto imparare a controllare la mia rabbia perché a volte è esagerata, ma quello che ho fatto è assurdo.
- Alcune decisioni che abbiamo preso sono state necessarie. – S’intromette zia Tess, poggiando una mano sulla spalla di mia madre per darle un po' di supporto. - Vivo da così tanto tempo eppure non mi sono mai trovata in una situazione del genere, e tua madre ha fatto le scelte giuste. - Forse loro, essendo adulte, vedono la cosa in modo diverso, ma non sono per nulla d'accordo con ciò che stanno dicendo. Rimango dell'idea che avrei dovuto sapere tutto, a maggior ragione se sono stata capace di usare il fuoco già da piccola. Sono pericolosa, e di questo ne sono cosciente anche senza il loro aiuto, ma non mi possono dire di aver fatto le scelte giuste.
- Avreste comunque dovuto dirmelo. -
- Ho passato anni a mettere il sale su ogni uscio e su ogni davanzale affinché qualche fantasma o demone non sentisse il tuo odore e ti raggiungesse. Mi assicuravo che fossi al sicuro quando eri a casa da sola e tutto ciò che fai è arrabbiarti. Io ti ho protetto! -
- Sono capace di difendermi da sola, e comunque mi hanno trovato! - Esplodo essendo arrivata al limite della sopportazione. So benissimo che non dovrei dirglielo, ma prima o poi lo scoprirà, e non voglio avere ulteriori segreti, a differenza sua. Mi levo la giacca di pelle e le mostro la spalla dove il mese scorso c'era un buco causato dell'artiglio di quella Ek Ek, ma ora solo una cicatrice. - Ho ucciso un Adaro, ho accoltellato una Ek Ek e sono stata capace di allontanare uno spirito, da sola, a casa di Delice e... - Mia zia scuote la testa prima che possa continuare a parlare, prevenendo di farmi menzionare cosa sia successo alla festa. Forse ha ragione: è meglio non citare anche la faccenda della strega. Non per ora, almeno. Mia madre sbianca di colpo solo a sentire nominare quei mostri, e non posso far a meno di arrabbiarmi di più, capendo che li conosce.
- Un Adaro? - Scuote la testa, incredula. - È impossibile. Vive solo nelle trombe marine. Dove l'hai incontrato? - Corrugo la fronte alle sue parole. Se è vero quello che sta dicendo, qualcuno deve averlo messo nelle tubature della scuola. Non so come ci sia arrivato, altrimenti. Però è morto, e non voglio addossarmi altri problemi inutilmente. Fa parte del passato ormai.
- Ti spiego tutto io. - Mia zia si affretta a risponderle prima che possa parlare. - È meglio che tu vada a riposarti, Sharon. Hai avuto una serata difficile. - Annuisco, sebbene voglia altre risposte, anche se non so a quali domande. Ho la sensazione che mi stia nascondendo altro, nonostante mi abbia detto quello che ha evitato di farmi sapere da una vita. È sicuramente la stanchezza che adesso mi sta mandando in paranoia, unita al fatto che forse non mi fido più completamente di lei. Troppe cose tutte insieme. Non ce la faccio più. Mi alzo e mi dirigo fuori dalla cucina, ma prima mi giro nuovamente verso mia madre.
- Se questo... - Dico portandomi una mano sul petto, riferendomi all'essere un Elementale. - ... non è ereditario, come facevi a sapere che lo sarei diventata, anche prima di quell'incidente? -
- Certe cose le senti. - Mi guarda negli occhi con sguardo sincero. - Non sei l'unica ad avere brutti presentimenti. In questa vita è difficile essere ottimisti. - Ricambio il suo sguardo e sento già che tutta l'ira sta man mano scivolando via. Non riesco a essere arrabbiata con lei per troppo tempo, e questa cosa mi fa innervosire. So di aver ragione, eppure devo lasciar stare tutto così velocemente, come se non avesse importanza, e non ne ho intenzione.
Salgo di corsa in camera e mi chiudo la porta alle spalle. Mi sento persa, e con lo stesso vuoto dentro come l'avevo all'inizio. Sembra sempre che mi manchi qualcosa, qualcuno, anche se non so cosa. È una mia fissa di certo, lo so bene, ma in questo momento non posso far a meno di averne. Voglio solo piangere, spegnere la luce e mettermi in un angolino. Ho persino paura di farlo: non voglio che mi sentano. Non voglio farmi vedere debole, ma sono stanca della gente che sceglie al posto mio, pretendendo di aver ragione; stanca anche di essere forte per tutti, di trovare ogni volta il buono nelle decisioni altrui. Non posso sempre scusarli. Sono umana anch’io, cazzo. Crollo, mi alzo e ricrollo, ed è un miracolo se mi tiro su perché sono troppo arrogante per lasciar perdere tutto. Mi sento come una vecchia maglietta: strappata e buttata in un angolo perché tanto nessuno la usa più.
Mi siedo a terra con le spalle al muro, porto le gambe al petto e, senza rendermene conto, i miei occhi sono diventati lucidi. Il suono della finestra che si apre da sola mi distrae e non ho il tempo di prepararmi a difendermi, pensando a una probabile creatura, che il ciuffo biondo di Jackson spunta dal davanzale e sospiro di sollievo. Non ho neanche la forza di pensare a come abbia fatto a raggiungerla. Ciò che m’importa è asciugarmi le lacrime per ora.
- Hey Steel. Ho bisogno di parlarti. - Dice, entrando come se fosse casa sua. - Per fortuna non hai l'abitudine di salire sui tetti come Harry, altrimenti sarebbe stato difficile raggiungerti lì. - Ridacchia mentre mi asciugo quei dannati occhi prima che possa vedermi e gli sorrido gentilmente, cercando di nascondere questo lato di me. Non voglio che mia madre, mia zia o Delice lo vedano, figuriamoci lui. Non sono stata veloce e si rende conto della mia situazione, ma non dice niente. In silenzio si siede accanto a me, assume la mia stessa posizione e poggia la testa contro il muro, dopodiché la gira verso di me. Mi guarda con occhi a cui è difficile resistere, che sembrano sapere tutto, capire la mia sofferenza. Stremata da tutto, faccio l'ultima cosa che avrei mai immaginato: lo abbraccio, mettendo la testa tra la sua spalla e il collo e comincio a piangere. Lui non dice niente e, seppur stupito per il mio gesto, mi stringe a sé. - Se pensi che sia tutto sbagliato, non è vero. Andrà tutto bene. - Mi sussurra all'orecchio. - Ci sono io ora, e non me ne andrò. - Detto ciò, non parla più, ma continua a stringermi mentre i miei singhiozzi riempiono quel maledetto silenzio della stanza.
   
 
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