Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Star_Rover    30/08/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
XXVII. Il volto del nemico


La stanza era ampia, fredda e buia. Il tenente Green si trovava in una cantina abbandonata, che per l’occasione era stata utilizzata come cella. In realtà quella sistemazione poteva essere considerata piuttosto confortevole, d’altra parte egli non era un prigioniero qualunque, si trattava pur sempre di un ufficiale. Per questo poteva permettersi un vecchio materasso come giaciglio e un rude arredamento composto da un tavolo improvvisato con assi sconnesse e un paio di casse vuote come sedie.
Richard non era riuscito a riconoscere la strada percorsa, era certo di esser stato portato nelle retrovie, in un villaggio occupato dal nemico. Era consapevole di non essere troppo distante dal fronte, poteva ancora avvertire gli echi delle esplosioni in lontananza.
I tedeschi l’avevano rinchiuso nel sotterraneo lasciandolo solo. In tutto quel tempo nessuno si era rapportato con lui, nemmeno le guardie che regolarmente si davano il cambio all’entrata del rifugio.  
Prima di raggiungere la sua cella Green aveva avuto solo una breve conversazione con il tenente Spengler, l’ufficiale l’aveva interrogato formalmente, mostrando sempre rispetto nei suoi confronti. Spengler aveva iniziato a comunicare con lui in francese, era rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che il suo interlocutore conosceva la lingua tedesca. Ovviamente Richard non aveva rivelato nulla, il suo avversario aveva compreso la sua decisione, non si aspettava una reazione differente.
Il tedesco aveva riconosciuto subito il carattere dell’inglese, in fondo si era sentito onorato di trovarsi davanti ad un degno avversario.
 
Il tenente Green si strinse nella coperta e si rannicchiò contro alla parete umida. L’ufficiale si interrogò sul destino dei suoi uomini e inevitabilmente si preoccupò per Finn.
Richard ripensò all’ultima notte che aveva trascorso insieme al suo amato, era trascorso ormai del tempo, ma conservava sempre il prezioso ricordo di quei momenti.
In quella gelida nottata di dicembre avevano trovato calore e conforto abbandonandosi alla passione del loro amore. Sotto alle coperte i loro corpi nudi erano rimasti avvinghiati in un abbraccio.
Finn si era accoccolato contro di lui, aveva ancora il volto arrossato e il respiro affannato. Richard l’aveva stretto a sé, avvertendo i battiti dei loro cuori unirsi e confondersi. Aveva accarezzato la sua nuca, passando la mano tra i suoi ricci biondi.
Finn aveva sfiorato delicatamente il suo petto, seguendo con le dita i profondi solchi delle sue cicatrici.
«Vorrei che questo momento potesse durare per sempre» aveva rivelato il ragazzo con un velo di tristezza.
Green aveva risposto con un lieve sussurro: «anche io»
«Quando sono con te mi sento sempre al sicuro. È come se non esistesse più nulla oltre a noi, la guerra è lontana, le paure svaniscono…desidero solo restare tra le tue braccia e amarti»
Il tenente aveva preso il suo volto tra le mani e l’aveva guardato negli occhi.
«Nemmeno io avevo mai provato nulla di simile prima d’ora. Dopo tutto quel che è accaduto non avrei mai sperato di trovare un dono prezioso quanto il tuo amore. Sei la mia unica certezza e la mia ultima salvezza»
Finn si era commosso nel sentire quelle parole.
Richard aveva avvicinato ancor più il giovane a sé, concludendo quella conversazione con un intenso bacio.
 
Il tenente si risvegliò da quei ricordi avvertendo il rumore di alcuni passi. Qualcuno entrò nel rifugio, un soldato poggiò sul tavolo una gavetta fumante. La recluta dai capelli rossi non disse nulla e non rispose a nessuna domanda. Dopo aver eseguito il suo compito se ne andò senza interagire in alcun modo con il prigioniero.
Richard osservò la cena, forse era per la fame o per il fatto che nelle linee inglesi non mangiavano carne da settimane, ma quel piatto gli parve davvero invitante. I nemici avevano deciso di offrirgli un’abbondante porzione di gulasch in scatola e patate lesse. Per un soldato di qualsiasi nazionalità un pasto caldo era un bene prezioso. Il tenente si domandò se fosse stato un gesto generoso, o se quella sarebbe stata la sua ultima cena. Richard sospirò, non aveva ragioni per diffidare di Spengler, fino a quel momento egli si era rivelato un uomo onesto e rispettabile.
 
Il tenente Green alzò lo sguardo, una finestra sbarrata con spesse grate di ferro era il suo unico collegamento con il mondo esterno. Avvertì delle voci, in strada alcuni soldati stavano cantando una triste melodia.
Richard ripensò ai suoi compagni, si ricordò di quando intorno al fuoco anche loro si intrattenevano con canzoni popolari. La preferita del suo plotone era It’s a long way to Tipperary. Dagli albori della guerra quel brano irlandese era diventato famoso tra le truppe britanniche. All’inizio la melodia aveva accompagnato allegramente le lunghe marce, ultimamente invece quando i suoi uomini cominciavano ad intonare quelle strofe si creava un’atmosfera intima e malinconica. Ognuno si abbandonava ai ricordi di un passato lontano.   
 
It's a long, long way to Tipperary,
But my heart's right there!
 
Il tenente sospirò, quelle parole rimasero impresse nella sua mente. Ogni soldato assegnava un significato diverso alla città di Tipperary, per qualcuno era davvero un luogo fisico, ma in generale Tipperary era tutto ciò che infondeva speranza nei loro animi.
Per Richard non esisteva più un luogo che considerava come casa, ma sapeva esattamente dove si trovava il suo cuore in quel momento.
 
***

Richard riprese a camminare avanti e indietro lungo il perimetro della sua cella, quell’attesa nell’incertezza e nella solitudine era sempre più estenuante.
Ad un tratto intravide un’ombra sulle scale, quando la figura fu abbastanza vicina alla torcia riconobbe il tenente Spengler.
Richard osservò con attenzione il suo volto, inevitabilmente il suo aspetto era stato segnato dalla guerra, ma dai suoi lineamenti si poteva intuire che egli fosse piuttosto giovane. I capelli neri erano ben ordinati sotto al berretto, mentre i suoi occhi chiari illuminavano il suo sguardo sempre vigile e attento.
L’ufficiale fu gentile e cordiale, si presentò al prigioniero con una bottiglia di vino francese e due bicchieri alquanto raffinati, probabilmente trovati nelle credenze di quella casa abbandonata.
«I miei uomini preferiscono l’acquavite, ma per noi ufficiali ritengo che il vino sia più adatto. D’altra parte siamo gentiluomini, è sempre conveniente mantenere una condotta dignitosa e rispettabile» disse Spengler prendendo posto al tavolo ed invitando il prigioniero a sedersi davanti a lui.
Green obbedì restando diffidente.
«Spero che i miei commilitoni non si siano comportati in modo sconveniente nei suoi confronti»
Richard negò: «non ho avuto alcun problema con i suoi soldati»
Spengler parve soddisfatto, era evidente che avesse a cura la disciplina dei suoi sottoposti.
«Lei e i suoi uomini vi siete difesi con onore» ammise l’ufficiale tedesco.
«Non ho avuto altra scelta, sono stato costretto alla resa per salvare le loro vite»
«È stata una decisione ragionevole» commentò Spengler.
«Dove sono i miei compagni?»
«I suoi commilitoni sono stati portati nelle retrovie. Non si preoccupi, noi trattiamo con rispetto e dignità i prigionieri di guerra»
Richard non si fidava ancora abbastanza per credere a quelle parole, ma il suo interlocutore sembrava sincero.
Spengler riempì i bicchieri di vino rosso.
«Voglio essere onesto con lei, non mi piacciono questi giochetti. Se è sua intenzione provare a comprare la mia fiducia non funzionerà. Non tradirò mai l’Esercito britannico!»
Il tedesco non si scompose: «questo lo so bene. Mi creda, non è mia intenzione corromperla o ingannarla. Anzi, a dire il vero mi sento offeso da questa sua insinuazione»
Richard si pentì per la sua irruenza. Spengler rassicurò il suo interlocutore, poi tornò con calma al suo discorso.
«La guerra è un’esperienza eccitante. Ha un suo fascino, non crede? Siamo stati tutti attratti dal desiderio di vivere questa grande avventura»
Green poté condividere la sue considerazioni. 
«Mi dica tenente, qual è stata la sua prima battaglia? Una vittoria o una sconfitta?»
«Una sconfitta, Ypres, 1915» rispose l’inglese freddamente.
«Dunque ha conosciuto fin da subito la cruda realtà della guerra…»
«Non mi sono illuso per molto tempo»
«Anche io fremevo dal desiderio di combattere per la mia Nazione, mi sono gettato nel vivo del conflitto fin dalla prima battaglia. Al tempo ero un ufficiale cadetto, ho avuto il mio battesimo del fuoco a Tannenberg, per più di due anni ho combattuto sul fronte orientale»
Il tenente Spengler raccontò con spontaneità la sua esperienza bellica. Richard l’ascoltò con attenzione, trovarsi a conversare con un ufficiale nemico nel mezzo di una battaglia era assurdo, eppure provò sincero interesse per quell’uomo, che in fondo non sembrava così diverso da lui.
 
***

Spengler si era arruolato nell’esercito con le aspettative e gli ideali di un giovane in cerca di grandi emozioni.  Voleva provare sulla sua pelle le esperienze della vita vera, e la guerra era apparsa come una scelta invitante ed eccitante per uno spirito avventuriero.
Così August aveva indossato la sua uniforme feldgrau, i suoi stivali neri e lucidi, e il suo elmetto appuntito.
Aveva anche rinunciato alla sua folta chioma corvina, poiché per ovvie questioni di igiene i soldati portavano i capelli cortissimi o rasati.
La prima volta Spengler aveva ammirato il suo riflesso con orgoglio, almeno nell’apparenza era diventato un vero soldato. Presto quel volto ignaro e sorridente sarebbe diventato scuro e inespressivo, mentre la sua uniforme immacolata sarebbe sbiadita nel fumo, nel fango e nel sangue…ma allora tutto questo non poteva ancora essere immaginato dalla mente di un giovane sognatore.
Marciando attraverso la Prussia orientale Spengler e i suoi compagni avevano trovato una calorosa accoglienza, nelle città folle di civili avevano incoraggiato i soldati tedeschi con festeggiamenti, canti e grida di approvazione. Tra parate e celebrazioni l’entrata in guerra della Germania era stata maestosa e trionfale.
 
I tedeschi avevano costruito linee di difesa e barricate lungo fiumi e strade per contrastare l’imminente avanzata russa.
Il fronte orientale era un labirinto di colline irregolari ricoperte da foreste selvagge. Il paesaggio era caratterizzato anche da un’intricata rete di paludi, laghi e boschi. L’area di combattimento comprendeva città trasformate in fortezze e fiumi ghiacciati dove i ponti erano stati utilizzati per rafforzare la difesa al confine. A nord e a sud erano presenti vaste pianure con fattorie e piccoli villaggi, in questi luoghi le foreste erano diventate un serio impedimento per lo spostamento delle forze armate. I sentieri si confondevano tra loro, molti di questi erano inagibili oppure si interrompevano improvvisamente e le truppe si ritrovavano sperdute senza più alcun punto di riferimento.
I boschi erano accerchiati da numerosi laghi poco profondi, i quali costituivano un ostacolo, rallentando l’avanzata e rendendo difficoltose le comunicazioni.
Anche i collegamenti ferroviari erano stati problematici, nonostante la nota efficienza tedesca i soldati al fronte si erano ritrovati privi di equipaggiamento e armamenti a causa di disordini e incomprensioni.
Nella maggior parte dei casi i treni erano stati sostituti da lunghi convogli di cavalli, autocarri e ambulanze.
Le particolari caratteristiche del terreno e le numerose difficoltà riscontrate nelle operazioni militari avevano provato duramente gli animi dei tedeschi, che avevano proseguito la marcia in uno stato di confusione ed esaurimento sia fisico che mentale.
 
Gli uomini avevano marciato a fatica sotto al peso dello zaino, trasportando munizioni, baionette e pale da trincea, tascapane e kit di pronto soccorso. Il tutto era sostenuto da un intricato sistema di imbracature, che appesantiva e sbilanciava i soldati in cammino, rallentando ogni movimento.
Nelle poche ore di riposo Spengler e i suoi compagni avevano trovato conforto grazie a pasti caldi, tabacco ed alcol. A volte qualche soldato spinto dalla fame aveva attinto di nascosto alle razioni di emergenza contenenti carne secca, verdure in scatola, biscotti e caffè. Per gli uomini stremati dalle lunghe marce spesso era una sofferenza sapere di avere a disposizione tutto quel ben di Dio, ma con la consapevolezza di non poter toccare nulla senza il permesso di un ufficiale.
 
Per molti la guerra era principalmente composta da due elementi: fango e nebbia. Anche sul fronte orientale la situazione non era diversa.
Durante la battaglia di Tannenberg, combattuta in un’afosa estate, i tedeschi avevano sofferto di disidratazione, tanto che volti e arti erano diventati grigi come le loro uniformi.
Nell’inverno seguente invece il freddo e il gelo erano stati micidiali. Le trincee ricoperte di neve si erano tramutate in un inferno ghiacciato per i soldati.
Una notte, durante il turno di guardia, Spengler si era rannicchiato in una buca nella neve, avvolto nel suo pastrano troppo leggero per proteggerlo dal freddo. Al termine della veglia era stato portato in infermeria in grave stato di ipotermia. Il medico era stato costretto ad amputargli due dita al piede destro, per poco non aveva perso l’intero arto. Un suo compagno invece non era stato altrettanto fortunato, a causa del freddo il suo viso si era congelato. Gli avevano asportato le labbra, dopo l’operazione era rimasto con un inquietante ghigno sul volto deforme.
 
Al fronte Spengler  aveva visto per la prima volta la Feldflieger Abteilung (ovvero la futura Luftstreitkräfte) in azione, si trattava dei primi monoplani, tra i quali il più noto era il famoso Tauben, il cui nome derivava dalla forma delle ali. A quel tempo un volo di tre ore alla velocità da cinquanta a ottanta miglia orarie con il vento di coda favorevole era considerato come un’ottima performance per il nuovo mezzo tecnologico.
Nelle prime fasi della guerra i piloti avevano soprattutto il ruolo di osservatori, raramente utilizzavano bombe leggere e granate contro il nemico. Le informazioni erano ritenute molto più preziose.
I primi coraggiosi aviatori approfittavano del bel tempo per attraversare il confine e scattare preziose fotografie oltre alle linee nemiche. Spengler aveva osservato con meraviglia e stupore il cielo sopra Varsavia attraversato da monoplani e Zeppelin
 
Inoltrandosi nei territori dell’est i tedeschi avevano avuto più occasioni per confrontarsi con il nemico, ma a causa delle enormi distanze questi incontri potevano avvenire dopo giorni o addirittura settimane di marcia nelle desolate steppe innevate.
In queste situazioni bisognava sempre valutare il rischio di perdersi. Una volta in simili condizioni Spengler era stato incaricato di scalare un’altura per notare possibili punti di riferimento. Con la sua pistola stretta tra le dita aveva raggiunto la cima di una collina, seguendo il sentiero si era trovato improvvisamente faccia a faccia con un esploratore russo, il quale era apparso ugualmente sconvolto e sorpreso.
Per un breve istante i loro sguardi si erano incrociati, entrambi erano giovani e spaventati. August aveva sparato un colpo di avvertimento, il russo si era voltato e rapidamente era corso giù dalla scarpata.
Spengler era tornato indietro altrettanto velocemente riportando al suo comandante l’accaduto.
Inizialmente il plotone tedesco aveva attraversato la vallata con trepidazione, in attesa di un’imboscata, ma lungo la strada i soldati non avevano trovato né cecchini né mitragliatrici nella neve. I russi dovevano essersi ritarati.
Era stato alle porte del villaggio che avevano cominciato ad avvertire i primi spari. In breve era scoppiata una battaglia tra fumo ed esplosioni.
Spengler si era calato in una trincea nemica, nella nebbia aveva intravisto un tenente combattere contro un ufficiale russo a colpi di spada, come in un duello ottocentesco.  Proseguendo era incappato in altri due corpi inermi, un russo e un tedesco distesi uno di fianco all’altro. In quella posizione gli erano sembrati due vecchi amici che si erano addormentati dopo una nottata di baldoria.
Ben presto Spengler e i suoi commilitoni si erano trovati nel mezzo di un intenso scontro a fuoco, sfidando una mitragliatrice russa. Lo scontro era stato arduo, ma alla fine i tedeschi erano riusciti a colpire il loro obiettivo, liberando il passaggio per permettere alla Batteria di attraversare la terra di nessuno e farsi strada verso il paese in fiamme.
 
In quelle prime battaglie Spengler aveva provato un’intensa euforia, come i suoi compagni nuovi alla guerra aveva sperimentato sulla sua pelle quella sensazione di invulnerabilità che si impadroniva dell’animo dei soldati dopo esser sopravvissuti alle violente tempeste di fuoco.
In poco tempo August aveva compreso che quella eccitazione era solamente un’illusione, ed era stato costretto a valutare la realtà. Al termine di uno scontro bisognava fare i conti con le conseguenze, i compagni caduti, i nemici uccisi…non era più possibile ignorare quell’orrore. Dopo ogni battaglia era necessario rimettere insieme i frammenti della propria anima, farsi coraggio, e prepararsi al prossimo combattimento.
I momenti di pace erano rari e pericolosi, perché quando non si pensava a sopravvivere la mente portava gli uomini a riflettere, tra malinconici ricordi e dolorosi rimpianti, che molti avevano imparato a sopprimere nell’alcol.
 
Nel corso del tempo i soldati si erano arresi alla rigida vita del fronte, sogni e speranze erano svaniti, lasciando spazio solamente alla paura e alla disperazione. L’attesa era estenuante, ma quando giungeva nuovamente l’azione l’ardore bellico tornava ad impadronirsi dei loro animi.
Durante una terribile battaglia il plotone di Spengler era rimasto bloccato sul versante di una collina. L’artiglieria tedesca non era stata sufficiente a fermare l’avanzata nemica. August si era reso conto di non poter far altro che continuare a combattere, doveva mantenere la sua posizione ad ogni costo.
Al tramonto Spengler aveva realizzato che i rinforzi non sarebbero mai arrivati, le unità che avrebbero dovuto occupare le sponde del fiume non avevano ancora raggiunto la loro postazione.
La situazione era diventata disperata, le munizioni erano ormai esaurite. La linea tedesca era disordinata e frammentata, i russi erano ormai certi della vittoria.
Quando era giunto il comando di ritirarsi il capitano si era stoicamente rifiutato di eseguire gli ordini.
«I miei uomini abbandoneranno il campo di battaglia solamente quando i russi saranno sconfitti!» aveva affermato con estrema determinazione.
I nemici avevano continuato ad attaccare imperterriti, nel tentativo di creare un varco nella difesa.
August era certo che ormai fosse giunta la sua fine, era convinto di esser pronto a morire combattendo per la Patria. Prima o poi ogni soldato doveva considerare l’eventualità di perire in battaglia, e Spengler aveva sempre avuto le idee chiare a riguardo. Desiderava una morte dignitosa, come un vero guerriero.
In quelle condizioni, di fronte ad un’inevitabile sconfitta, Spengler aveva provato una profonda sensazione di rabbia. Così aveva impugnato il fucile, mosso da una furia cieca e preso dall’ardore del combattimento aveva saltato oltre alla barricata. Un buon tiratore avrebbe potuto facilmente individuarlo e abbatterlo, ma il suo gesto era stato così inaspettato che il nemico non era riuscito a reagire. August aveva continuato a premere il grilletto fino all’ultimo proiettile. Il coinvolgimento in quella azione l’aveva spinto ad ignorare i due proiettili che l’avevano ferito alla spalla e al braccio destro.
A quel punto un suo compagno l’aveva afferrato per il cappotto, strattonandolo sul fondo della buca.
«Che diamine ti è preso? Sei impazzito?»
Spengler era rimasto immobile ad osservare la manica insanguinata, con quella manifestazione di esaltazione e follia aveva dimostrato di essere pronto a morire, e per qualche assurda ragione non si era mai sentito così vivo.
Al tramonto i rinforzi tedeschi erano riusciti miracolosamente a salvare i loro compagni. I russi erano stati circondati, bersagliati da entrambi i fronti. Al termine di un’intensa giornata di ardui scontri a fuoco erano stati costretti ad una disperata ritirata. Sul campo di battaglia erano rimasti solamente prigionieri, morti e feriti.
Ciò era stato considerato come un grande successo per l’Esercito tedesco, una miserabile sconfitta si era tramutata in una gloriosa vittoria.
 
In un’altra occasione Spengler e i suoi compagni avevano scoperto di essersi persi nella campagna dopo esser caduti in un’imboscata. I soldati avevano scavato una trincea improvvisata, ma per quella notte non avevano trovato un riparo. Nelle poche ore precedenti al tramonto August e i suoi commilitoni erano scesi lungo il terreno scosceso in cerca di cibo e legna per il fuoco. Nelle fattorie però avevano trovato solamente contadini burberi e scontrosi, che non erano disposti ad aiutare in alcun modo le truppe tedesche. I soldati non avevano ottenuto nemmeno della paglia secca per rendere più confortevole il loro giaciglio. Così quella notte erano stati costretti a patire il freddo e la fame. I più fortunati si erano rannicchiati nelle buche lasciate dalle vecchie esplosioni per ripararsi dal vento, molti soldati si erano accampati lungo la strada o nei campi ghacciati. August si era guardato intorno con sconforto, quella moltitudine di uomini stremati e abbandonati a se stessi non sembrava avere più nulla in comune con le truppe fiere e orgogliose che avevano marciato nei territori della Prussia orientale solamente pochi mesi prima.
Spengler aveva trascorso una notte infernale, tremando e tossendo a causa del freddo insopportabile. Il mattino seguente le sue condizioni erano peggiorate, tanto che i suoi compagni l’avevano trascinato dal medico con urgenza. Dopo una rapida visita il dottore aveva esposto la sua diagnosi senza alcun dubbio, si trattava di polmonite.
August non aveva intenzione di abbandonare i suoi commilitoni, non voleva lasciare il fronte proprio nel vivo di quella guerra.
Inizialmente il medico non era stato ottimista poiché lo stato del suo paziente era piuttosto grave, ma quando era tornato a visitarlo dopo qualche giorno era stato costretto ricredersi. Il dottore era rimasto particolarmente colpito dalla forza di volontà di quel soldato, in poco tempo i suoi miglioramenti erano stati sorprendenti. Il medico aveva considerato ciò quasi come un miracolo.
 
Spengler era tornato in prima linea trovando un clima di apatia e terrore. I soldati vivevano come topi nelle buche e nelle trincee. Per muoversi era necessario strisciare nelle gallerie, chi alzava troppo la testa diventava subito un facile bersaglio per le sentinelle nemiche. Anche gli ufficiali più altezzosi correvano a nascondersi nel fango quando avvertivano i primi tiri provenire dalla linea russa.
La situazione era diventata frustrante, gli uomini avevano sempre i nervi tesi, consapevoli che tra la neve e la nebbia si nascondeva un nemico invisibile.
In diverse occasioni i fucilieri tedeschi non avevano esitato a vendicarsi per i commilitoni feriti o uccisi dalle pallottole russe. Una volta Spengler aveva assistito ad una vera e propria esecuzione. Alcuni russi si erano arresi, ma i tedeschi che li avevano catturati non avevano intenzione di fare prigionieri. Avevano ordinato loro di voltarsi contro la parete di fango, e puntando i fucili avevano iniziato a sparare a bruciapelo alla nuca dei condannati.
August, al tempo sottufficiale, era stato costretto ad intervenire con irruenza per fermare quel massacro. Spengler era rimasto profondamente deluso e turbato dal comportamento di quei soldati, per la prima volta si era rapportato con quel lato oscuro del conflitto. Più volte si era domandato se in quell’occasione avesse agito in modo corretto, forse era stato troppo idealista e sensibile, eppure aveva preferito credere nell’umanità e nella giustizia.
Ognuno aveva reagito in modo diverso davanti agli orrori della guerra, alcuni avevano familiarizzato con il sangue e la violenza, altri invece, sopraffatti dalla paura, avevano cercato una via di fuga.
Spengler aveva visto con i suoi occhi un tenente che senza esitazione aveva preso il fucile per sparare contro a un gruppo di disertori. Alcuni avvertendo gli spari si erano fermati ed erano tornati indietro, altri invece avevano proseguito la loro disperata corsa.
August non aveva accusato né lo spietato ufficiale né i soldati codardi, in un certo senso aveva potuto comprendere le ragioni di entrambe le parti.
 
Dopo lunghi mesi di immobilità era finalmente giunto il momento di affrontare il nemico in campo aperto.
Seppur in una posizione sfavorevole i comandanti avevano deciso di attaccare, prendendosi le responsabilità di ogni rischio.
Per raggiungere la sua postazione il plotone di Spengler aveva dovuto attraversare il versante di una collina completamente allo scoperto. I soldati erano usciti uno ad uno dalla trincea, correndo nella terra di nessuno ed esponendosi al pericolo. Quell’azione avrebbe potuto tramutarsi in una missione suicida, ma contro ogni aspettativa i russi non avevano aperto il fuoco. August non era stato in grado di capire se questa decisione fosse stata presa per indifferenza o umanità, oppure perché semplicemente i nemici attendevano il momento giusto per agire.
Poco dopo il terreno aveva iniziato a tremare, l’artiglieria nemica aveva annunciato la sua entrata in battaglia. Spengler aveva continuato imperterrito ad avanzare, mentre i suoi superiori spronavano le truppe incoraggiando i soldati.
Un ufficiale particolarmente esaltato dal furore dello scontro aveva guidato i suoi uomini all’attacco stringendo saldamente una bandiera tra le mani. Un altro invece si era calato in un fosso minacciando i suoi sottoposti con la baionetta per obbligare quegli uomini stremati e spaventati ad uscire all’attacco.
Spengler aveva proseguito a fianco del maggiore Breyer, si era sempre fidato di quell’uomo, anche in un momento così drammatico era certo di poter affidare la propria vita nelle sue mani.
Per ripararsi dalle schegge di un’esplosione entrambi si erano gettati in una trincea abbandonata. Erano rimasti a lungo soli in quella buca, schiena contro schiena, potendo fidarsi solamente l’uno dell’altro.
Poi all’improvviso una pallottola aveva colpito il maggiore Breyer, l’uomo era caduto con il volto nel fango. August si era chinato sul corpo inerme del suo compagno, pur sapendo che ormai era troppo tardi aveva rivoltato il suo viso, notando il sangue che continuava a fuoriuscire dal foro sulla sua tempia.
Spengler si era accasciato accanto al cadavere, in quel momento si era sentito veramente solo e abbandonato senza più il supporto del suo superiore. Aveva temuto di perdere il controllo, il dolore l’aveva reso fragile e vulnerabile. Alla fine però erano state la rabbia e la disperazione a prevalere. Spinto dal desiderio di vendetta August si era appostato al parapetto e aveva puntato il suo fucile contro la linea nemica.
Aveva continuato a combattere aspramente finché non era rimasto privo di munizioni. I suoi compagni l’avevano soccorso trovandolo gravemente ferito e ormai incosciente.
Così era terminata la grande avventura del sottotenente Spengler sul fronte orientale.
 
***

Dopo aver concluso il suo racconto Spengler rimase qualche istante in silenzio, il suo sguardo era perso nel vuoto, mentre nella sua mente comparivano ancora scene di battaglie passate e volti di compagni uccisi.  
L’ufficiale tedesco si riprese da quei ricordi, con calma accese la pipa e tornò a rivolgersi al suo avversario.
«Lei sa per quale ragione stiamo combattendo questa guerra?» domandò osservando l’inglese negli occhi.
Il tenente Green rimase in silenzio, conosceva diverse ragioni politiche e militari alla base di quel conflitto, ma era certo che nessuna di quelle motivazioni fosse la risposta esatta. 
«È vero, alcuni di noi credono nella propaganda, nell’ideale per cui lo spirito tedesco potrà rigenerare il mondo. Ma per molti è diverso, c’è molto di più in tutto questo. Il popolo tedesco è forte e unito, e desidera una possibilità»
«Non potrete ottenere ciò a cui aspirate con questa guerra»
«Ci accusate di essere barbari invasori, ma il vostro Impero ha governato il mondo: Rule Britannia» commentò August con un amaro sorriso.
Richard non rispose a quella provocazione.
«Tutto ciò è alquanto ipocrita da parte vostra, non crede?» continuò Spengler.
Green rimase impassibile: «io sono un ufficiale dell’Esercito britannico, ho fiducia nei leader della mia Nazione ed è mio dovere servire la mia Patria»
«Certamente, non ho dubbi a riguardo, so che è un uomo onesto e leale. Per questo ho voluto discutere civilmente con lei»
Richard apprezzò la sincerità e il rispetto dimostrato.
Spengler alzò il bicchiere di vino: «dunque, a cosa vorrebbe brindare tenente?»
Green sospirò: «ai nostri valorosi compagni, che hanno sacrificato la loro vita nella speranza di un futuro migliore»
August annuì: «ai caduti»
I due ufficiali sigillarono così quella precaria alleanza, erano ben consapevoli di trovarsi in una situazione delicata e pericolosa, eppure non provavano né odio né rancore.
Entrambi erano disposti a rispettarsi a vicenda, senza però trascurare il contesto del loro incontro e i rispettivi ruoli in quella guerra.
 
 

 
Nota dell’autrice
Ringrazio di cuore tutti coloro che stanno continuando a seguire questo racconto.
Un ringraziamento speciale ai cari recensori per il prezioso supporto^^
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Star_Rover