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Autore: Iaiasdream    30/08/2020    0 recensioni
[Can Yaman]
Tutti i diritti riservati agli autori (Bay Yanlis)
Ezgi è una ragazza delusa dall'amore. Determinata a lasciarsi le sue frequentazioni fallimentari alle spalle, accetta l'aiuto di Ozgur, un ricco barista, dalla vita frivola, nonché suo vicino di casa il quale la guiderà nell'intento di cercare l'uomo giusto con cui trascorrere il resto della vita.
Tra un consiglio e l'altro, Ozgur, che ha sempre messo da parte il forte sentimento, finisce per innamorsarsi di Ezgi, a quel punto dovrà decidere tra la ragione e il sentimento.
Cos'accadrà tra i due?
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TRA INTERVISTE E FALLIMENTI

 

 

Si guardarono per qualche istante; lui indifferente, lei con aria infastidita, cercando di scrutare i suoi occhi sotto le lenti scure.

«L'ho fermato per prima», fu Ezgi a rompere il silenzio.

«Per me non è un problema», rispose Ozgur.

«Non m'interessa! – ribatté la ragazza – potrebbe scendere, per favore?»

«È lei a sentirsi a disagio, quindi per quanto mi riguarda è lei a dover scendere.»

Quel battibecco attirò l'attenzione dell'autista che si volse verso di loro interdetto.

«Ed io le ripeto che sono stata la prima a fermarlo! Non è vero autista?» chiese a quel punto la ragazza intenta a non demordere, non aveva intenzione di sottomettersi alla pioggia. Non poteva presentarsi a lavoro in quelle condizioni.

L'uomo, sconcertato per essere stato tirato in ballo, fece spallucce rispondendo che non sapeva cosa dire, giacché li aveva visti entrare insieme. «Penso che farete meglio a parlarne tra di voi – aggiunse alzando le mani in segno di resa.

Ezgi scrollò le spalle, sconfitta, mentre Ozgur accennò un lieve sorriso, tornando a guardare davanti a sé.

«Dove siete diretti?» chiese il tassista a quel punto.

E all'unisono i due esclamarono: "Nasantasi".

Tornarono a guardarsi: lui fece un gesto con i pollici e i mignoli come per dirle "perfetto", lei gli indirizzò una smorfia, per poi mettersi comoda.

Che potesse sembrare un'assurda coincidenza al tassista non importò, ingranò la prima e ripartì inoltrandosi nella fitta pioggia e poiché il tragitto non era breve, Ozgur decise di sgranocchiare delle noccioline che aveva amichevolmente sottratto ad Haydar. Ne offrì alla ragazza che gli allontanò il braccio con riluttanza, e di certo lui non se la prese.

A tenere a bada il silenzio, che sarebbe sceso comunque, fu la radio, dalla quale una voce maschile squillò con: "Buongiorno, buongiorno, buongiorno! Aspettavamo una giornata di sole. Siamo difronte alla pioggia, improvvisa, sorprendente, inaspettata come l'amore! Proprio così. Come avrete ben capito l'argomento di oggi è l'amore..."

Ezgi ascoltò quelle parole perdendosi nei ricordi e subito la malinconia l'assalì, ma durò il tempo di un battito di ciglia, poiché l'uomo fastidioso che aveva al suo fianco la riportò alla realtà affermando che la voce alla radio diceva le stesse cose che lui stesso aveva sempre affermato e cioè che l'amore non è altro che l'aumento di ormoni nel corpo umano.

La ragazza alzò gli occhi al cielo voltandosi verso il finestrino alla sua sinistra.

Interessato a quel ragionamento, invece, parve il tassista che, abbassando lo specchietto retrovisore per rivolgersi al giovane sedutogli alle spalle, chiese: «Sembra proprio che lei sia esperto in certe questioni! Io a cinquant'anni non ho ancora capito come le donne si sentano felici nell'usarci. Paga il conto, paga le bollette, prendimi un regalo, comprami dei fiori, sposami»

«Devi sentirti pieno, amico.» mormorò Ozgur.

«Chi usa chi?» intervenne Ezgi ormai all'apice della sopportazione, attirando lo sguardo curioso dello sconosciuto che continuava a masticare con nonchalance. «Non siete in grado di togliervi i calzini dai piedi – continuò la giovane volgendogli un'occhiataccia – metterli nel cestino degl'indumenti sporchi, o di abbassare il coperchio del water. Ci trattate come schiave. Non siamo ai vostri servizi. Per non parlare della pulizia domestica: cucinare, lavare, stirare. E se c'è un bambino? Non sapete cosa sia portare avanti una gravidanze e partorire.»

Mentre lei continuava a sbraitare, Ozgur si tolse gli occhiali da sole e si pulì le lenti con un lembo della maglietta. Aveva inteso con che tipo di persona aveva a che fare. Quel suo parlare a vanvera lo aveva seccato, ma decise di stare in silenzio ad ascoltarla, e lei non si fece pregare. Lo prese come bersaglio, continuando a gettare a raffica le sue frecce.

«Se vi tagliate la punta del dito, piangete! – diceva indispettita – se gli uomini partorissero al posto delle donne, le persone di estinguerebbero!»

«È sposata?» chiese Ozgur approfittando di quel soffio di pausa.

«No!» rispose lei, acida.

Atasoy annuì intuitivo, «Non mi meraviglio che lei sia single»

«Come?»

«Mi lasci indovinare, è nervosa perché il suo ex non ha voluto sposarla, vero?»

Ezgi era irritata. Quell'uomo fastidioso aveva centrato in pieno, ma non poteva e soprattutto non doveva darglielo a intendere.

«Il mio consiglio è quello di adottare un gatto o un qualsiasi animale domestico per eliminare quel senso di solitudine. Aiuta a distendere i nervi.»

«Certo, certo!» lo zittì a quelle parole, decisa a voler scendere. Non le importava doversi fare gli ultimi metri sotto la pioggia, sarebbe stato meglio che ascoltare lezioni di vita da uno sconosciuto privo di tatto.

Si affrettò a pagare il tassista, scaturendo il disappunto del giovane che aveva intenzione di dare la sua metà del viaggio, ma lei non volle sentire altre ragioni e fermato il mezzo scese mandando al diavolo i due uomini.

Ozgur dal canto suo, dovette ammettere che quel pezzo di nervo di ragazza, non gli era stata indifferente e rimase a guardarla fino a che l'auto non ripartì e il velo di pioggia non inghiottì la sua silhouette.

 

***

 

L'agenzia di matrimoni Happy Moments si trovava proprio di fianco al famoso negozio Sephora. Ezgi lavorava in quel posto da più di sette anni, e aveva raggiunto una notevole carriera nell'organizzare eventi.

Aggiustandosi alla bell'e meglio i lunghi capelli inumiditi dalla pioggia passata, rimase ferma per qualche istante a fissare l'insegna rosa. Tirò un profondo respiro, cercando di distendere i nervi, poi sospirò ripetendosi che l'unica cosa importante per lei, da quel momento in poi doveva essere il lavoro, giacché non valeva la pena innervosirsi per qualcuno che, probabilmente, non avrebbe più rivisto.

«Non ha senso», sorrise guardandosi allo specchio dell'ascensore.

L'ottimismo aveva di nuovo fatto capolino nella sua mente.

Quando arrivò in ufficio, delle risate e dei vocii attirarono la sua attenzione. Si accorse che nella sala d'attesa, un gruppo di suoi colleghi stavano festeggiando qualcosa. Vi entrò curiosa, mentre un ragazzo alto reggeva una torta al cioccolato con sopra tre candeline e la new entry, una smorfiosa tutta tacchi e niente cervello, le spegneva in un sol soffio.

«Che sta succedendo qui?» chiese interrompendo l'atmosfera.

Quella che doveva essere la festeggiata, le mandò un'occhiata di soddisfazione, di chi ha l'ardire di giudicarti dall'alto, incrociò le braccia al petto, e pavoneggiandosi rispose: «Sono stata promossa a coordinatrice.»

Ezgi si sentì una scudisciata percorrerle violentemente la schiena, «Come? – balbettò reggendo un finto sorriso – Bebnem, hai appena iniziato a lavorare. Neanche sei mesi.»

La rivale si prese una ciocca fra le dita sorridendole beffarda.

Ezgi non sopportò oltre quella situazione e, senza aggiungere altro, si recò nello studio del suo capo. Vi entrò spedita, senza bussare.

«Cosa significa questo, signor Fahri? Il coordinamento era un mio diritto!» esordì furibonda.

L'uomo, che era occupato a guardare il suo smartphone, colto alla sprovvista lo lasciò sulla scrivania, volgendo la sua attenzione sulla ragazza. «Ezgi, hai perso due clienti, la scorsa settimana» rispose senza tanti preamboli.

«Sa che sto attraversando un brutto periodo, signor Fahri, gliel'ho spiegato!»

«Ok. Hai avuto un incidente con l'auto dell'azienda, oggi. Il nostro lavoro richiede attenzione e cura!»

«Signor Fahri. Faccio questo lavoro da sette anni, non c'è bisogno che me lo dica. Le ho portato tonnellate di soldi e clienti, quindi non può mettere al pari questi ultimi tre mesi! Ritorni sui suoi passi, altrimenti lascerò il lavoro!»

Ed Ezgi si ritrovò sulla soglia del portone con un pacco contenente tutti i suoi effetti.

No. La giornata non era incominciata bene e nemmeno era intenzionata a proseguire in meglio.

 

***

 

Gizem, l'avvenente coordinatrice de La Gabbia, si sentiva gli ormoni alle stelle. Il suo capo Ozgur Atasoy le aveva fatto un complimento, e per lei valeva molto, dato che a causa della sua posizione lavorativa ricevere attenzioni da parte dell'ambito play boy era impossibile, ciò bastò comunque a darle quella spinta in più per atteggiarsi a padrona del locale e a sciorinare il suo subdolo potere sui suoi sottoposti, il suo preferito era Emre, il barista strano e misterioso, sul quale sembrava possedere un potere di persuasione, infatti l'uomo era l'unico a conoscere il vero volto che Gizem celava dietro una maschera ben costruita dalle sembianze di ragazza gentile e amorevole.

Ad Ozgur sembrava sfuggire tutto questo, o tutt'al più non gl'importavano tali questioni. Entrò nella cucina, dirigendosi a passo spedito verso Ozan, lo chef suo migliore amico. Lo abbracciò congratulandosi per l'ottimo lavoro svolto la sera precedente, per poi fiondarsi sui piatti appena preparati, e assaggiarne il contenuto.

«Buon appetito!» rispose il cuoco, intento a mescolare le uova in una planetaria.

«Meraviglioso. Cos'è questo?» chiese il capo masticando con piacere.

«È una prova. Crema di gamberi.»

«Se l'aggiungerai al menù, sarà fantastico.» aggiunse Atasoy leccandosi le dita, «Ti do un consiglio: aggiungici un po' di noce moscata. Vedrai che sarà ancora più favolosa!»

Ozan non se lo fece ripetere due volte, grattugiò l'ingrediente indicatogli e lo assaggiò.

«Com'è?» chiese Ozgur.

«Ottimo!» rispose lo chef ritornando poi al suo lavoro.

Il capo andò ad appoggiarsi a un davanzale, dopo essersi vantato, ed estrasse lo smartphone dalla tasca dei jeans nell'averlo sentito vibrare. Lesse il messaggio di una certa Yesim: "Sto arrivando" diceva ed Ozugur si diede qualche colpetto sulla fronte intento a ricordarsi chi fosse e cosa volesse, poi ebbe l'illuminazione. «Era oggi?» esclamò seccato.

Ozan si volse a guardarlo, chiedendogli di cosa stesse parlando, prima di dare una spadellata ai peperoni.

«Ho promesso un'intervista per il giornale Magazine. Mi sono completamente dimenticato. Detto tra noi, il proprietario della rivista è una bella donna, quindi avrò sicuramente un buon punteggio. Le ho detto che possiamo farlo qui.»

Quelle parole, non passarono inosservate all'attenzione di Gizem, che discretamente fissò il suo capo, contrariata.

«Magnifico! – intervenne Ozan – già m'immagino il titolo: Ozgur Atasoy, il famoso single preferito dalle donne, ma dal cuore inespugnabile, alla fine risponde ai curiosi.» e nell'aria delineava una fascia immaginaria.

«Non dirò tutto, ovviamente. Sono bagnato per la pioggia, vado a cambiarmi.» e detto questo, uscì dalla cucina.

All'ora prestabilita, si presentò nel ristorante l'affascinante giornalista dagli occhi di ghiaccio, penetranti. Ad accoglierla fu una finta gentile Gizem, che l'accompagnò nella parte esterna del locale. Ozgur l'attendeva a un tavolo ascoltando musica dal computer. Non appena si accorse di lei, si sfilò le cuffie, si alzò, le strinse la mano e la invitò a sedersi difronte a lui.

Gizem, col suo falso sorriso disegnato sulle labbra si congedò.

«Possiamo iniziare?» chiese la giornalista estraendo i suoi strumenti del mestiere. Accese il registratore sul telefono, prese la penna, sfogliò il taccuino alla pagina bianca ed esordì chiedendo: «In primo luogo, come hai deciso di entrare in questo settore?»

«Adoro la vita notturna, e mi son detto perché non trasformare i miei piaceri in un lavoro? Mentre studiavo ho lavorato come cameriere, poi sono diventato coordinatore del luogo in cui lavoravo, l'ho lasciato e ne ho aperto uno nuovo.»

Nel mentre che parlava, una cameriera porse una tazza di caffè alla giornalista, che la ringraziò e riprese le sue domande, «Hai detto che mentre studiavi hai lavorato...»

«Non volevo essere un peso per i miei genitori. Mio padre era un uomo d'affari molto laborioso e produttivo, e mi ha sempre detto: non fermarti mai, perché la vita è una grande gara. Se ti fermi perderai. Quindi, seguo il suo consiglio. Lavoro, produco, lavoro anche divertendomi.»

«E la vita privata? – chiese Yesim sorridendo – non dirmi che non hai tempo per la privacy»

«Non credo di dire di no» la imitò Ozgur sfoggiando il suo sorriso attraente.

La donna si fece seria, i suoi occhi ora erano più penetranti, e la domanda che porse poco dopo servì come a volersi accertare del passo che stava per compiere. «Hai una fidanzata?», lo voleva e per averlo doveva assicurarsi di non trovarsi degli ostacoli di mezzo.

Tutto dipendeva dalla risposta di Ozgur e dal... dopo.

Atasoy scosse la testa, come a voler far intendere che aveva capito quel gioco di sguardi: «Non esiste una persona speciale.» rispose con voce profonda.

L'avvenente giornalista poteva dirsi soddisfatta, ma mantenne la sua professionalità e riprese con le domande, «Qual è la tua opinione sul matrimonio?»

Ozgur ripensò alla mattina passata al telefono con sua madre e gli venne spontaneo sorridere, «I miei genitori hanno avuto un matrimonio molto felice, sono cresciuto in una casa felice, quindi il mio rispetto è infinito, ma per ora, lungi da me questa decisione.»

«Bene, facciamo una pausa. Che ne dici di fare degli scatti?»

«Sei la padrona»

Durante il servizio fotografico, Yesim ne approfittò per eliminare i pochi passi che la distanziavano dal padrone del locale. Non perdeva occasione per avvicinarsi a lui e sfiorarlo con la scusa di aggiustargli i capelli per le foto, e Ozgur parve apprezzare quel contatto, facendo intendere alla donna che la via era libera, che anche lui ci stava, or sorridendole malizioso, poi sfiorandole i capelli e infine regalandole sguardi accattivanti.

Al termine dell'intervista, Yesim lo ringraziò per il tempo concessole, e soprattutto per aver risposto alle sue domande con sincerità e prima di andarsene, gli regalò l'ultimo definitivo gesto per fargli intendere il suo secondo fine: gli accarezzò il braccio.

Ozgur apprezzò mordendosi il labbro inferiore.

 

***

 

Ad ogni passo che faceva, quel pacco le sembrò più pesante, ma più pesante era quel macigno che sentiva sul cuore, con sopra scolpita la parola fallimento.

Altro che fortuna, altro che ottimismo! Ezgi si sentiva una fallita, e dopo quella disastrosa mattinata aveva inteso che non lo era solo in campo amoroso.

L'ultimo dei suoi sogni era andato in fumo. Se solo avesse tenuto la bocca chiusa, ma non poteva sopportare il pavoneggiarsi di quella mocciosa novellina.

Sette anni di duro lavoro, gettati all'aria.

Mentre rimuginava afflitta, squillò il cellulare. Lo prese dalla scatola e si fermò esterrefatta leggendo il nome di Soner sullo schermo.

La sua espressione cambiò repentinamente, lasciando il posto a una risata soddisfatta.

«Ti ho dato non più di tre mesi! – sbraitò contro il cellulare squillante. – Che ti è successo, non puoi fare a meno di me? Adesso vedrai come Ezgi ti farà strisciare! O mio Dio, quanto sei grande! Mi rendi triste da una parte, ma felice dall'altra!»

Perdendosi nei suoi deliri, il suo ex ragazzo si arrese all'attesa e la ragazza ci rimase male, ma si riprese subito dicendosi che lo avrebbe fatto aspettare. Purtroppo le decisioni che prendeva Ezgi Inal non duravano mai non più di dieci secondi, che subito cambiava idea, e in quello stesso istante iniziò a porsi domande, curiosa di sapere che cosa volesse quel traditore.

«Se non chiami, non lo saprai mai, Ezgi», a quel punto riafferrò il telefono e compose il numero di Soner il quale rispose poco dopo chiedendole se fosse libera.

«Devo controllare – rispose inacidita – inoltre, se avessi del tempo libero non lo sfrutterei per te! Non posso perdonarti dopo tutte le cose che sono successe fra di noi.»

«Quando ti ho chiesto se sei disponibile, non era per incontrarci, ma per parlare al telefono.»

«Ti ascolto...» riprese Ezgi dopo qualche istante di esitazione.

«Non sono riuscito a trovare casa, Se ricordi, il contratto dell'appartamento in cui vivevamo è intestato a me, quindi, legalmente la casa è mia»

«Aspetta. Stai cercando di dirmi che devo lasciare la casa?»

«Sì, e al più presto.»

Ezgi stava per perdere la pazienza, «Ascolta, Soner! Il contratto di casa è tuo, ma tutte le spese, finanche il deposito, ho pagato tutto io!»

«Non voglio discutere con te, Ezgi.» sospirò seccato il traditore. «Te lo chiedo per favore: lascia l'appartamento al più presto.»

«Ma non ti vergogni? Come puoi farmi una cosa del genere?»

Soner aveva riattaccato, e lei non se n'era nemmeno accorta. Non lo fece nemmeno quando si apprestò ad attraversare senza fare attenzione alle auto in corsa e continuando a parlare al telefono, si sentì spinta alle gambe, si ritrovò di testa sull'asfalto e l'unica cosa che vide prima di perdere i sensi fu la figura di un uomo che con voce ovattata le chiedeva se stesse bene.


 

   
 
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