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Autore: Eevaa    30/08/2020    12 recensioni
A due anni dalla conclusione della Seconda Guerra Magica, Harry Potter decide di prendersi una pausa dalla vita frenetica dell'eroe. A sua insaputa troverà qualcuno che, come lui, sta fuggendo da un passato colmo di orrori.
Un viaggio. Una strada. Due persone che, per la prima volta nella loro vita, si ritrovano a camminare nella stessa direzione.
In un momento storico in cui viaggiare sembra solo un ricordo lontano, voglio portarvi in viaggio in una terra che tanto ho amato e che porto sempre nel cuore.
L'Irlanda.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro. 
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.


 

–THE WILD ROVER–


 
CAPITOLO 4
I took a stroll on the old long walk
 


 

Levare le tende dal paesino di Costelloe fu tanto veloce quanto necessario. Tra i camionisti che russavano come dei Troll di Montagna, le ragazze francesi che non avevano perso tempo a importunarli, e le urla dello stalliere del casolare vicino, Draco aveva asserito all'alba che non avrebbe voluto rimanere in quella gabbia di matti un minuto di più.
La levataccia delle sei e mezza del mattino fu sufficiente a Harry per renderlo rincoglionito per tutta la mattinata. Fortunatamente, intorno alle dieci, apparve un miraggio ai loro assonnati occhi: un paesino. Un posto carino in mezzo al verde, con tanto di pub, un minimarket, casette bianche e cordiali signore che li accolsero con grandi sorrisi e una brocca di caffè.
La vera Irlanda. Quella che profumava di erba, di umido e di fiori di nigella.
Dopo la giusta dose di caffeina e una buona colazione con uova e pancetta, la lunga via per Galway assunse un sapore del tutto nuovo.
Un breve acquazzone li colse all'altezza della ridente cittadina di Spiddal, intorno all'una del pomeriggio, e li costrinse a rifugiarsi in un locale gremito di pescatori. Pasteggiarono con una calda zuppa di pescato, accompagnati delle alte sonorità di un violino e una chitarra.
Dopo pranzo dovettero attendere più di mezz'ora sotto la tettoia che la pioggia scemasse. Lo scrociare delle onde nella baia ricordò loro che Galway distasse poco più di tre ore di cammino.
Draco era riuscito a telefonare e prendere accordi per un concerto in tarda serata in un locale chiamato Monroe's, e il suo umore altalenante sembrava aver trovato d'improvviso un caposaldo.
«Ti sembrerà assurdo, ma in più di due mesi non mi sono ancora stufato di tutto questo verde» commentò Harry dopo un'altra ora di cammino, inebriandosi dell'aria fresca di metà aprile.
«In nove mesi, neanche io. Credo che ci sia della vera magia in questo paese, qualche incantesimo confundus che ti porta all'assuefazione, cose del genere...» rispose Draco, con le scarpe inumidite dalle pozzanghere e lo sguardo perso tra la schiuma delle onde.
«In effetti l'Irlanda è rinomata - dai viaggiatori Babbani e non - per essere uno dei paesi che ti lascia nel cuore la voglia di tornarci in continuazione. Magari è una maledizione dei Lepricani». A quella constatazione, Harry ricevette di tutta rispsota un debole - ma non troppo - pugno sul bicipite.
«Shhht!» lo redarguì Draco, col dito indice poggiato tra labbra e naso. «Non dire la parola con la L! Loro sono ovunque!» continuò sospettoso, in un soffio.
Harry sgranò gli occhi e si scrutò intorno con una certa apprensione, fino a che Draco non iniziò a ridersela di gusto.
«Suscettibile, Potter!» lo prese in giro. A Harry sembrò per un attimo di essere tornati agli scherzi sui Dissennatori che Draco faceva lui al terzo anno. Solo... quella risata era meno spocchiosa. Più genuina, seriamente divertita.
Harry si ritrovò a pensare che un po' gli mancassero i rari momenti della scuola in cui il suo unico problema era scazzottarsi con Malfoy.

La strada per Galway fu lunga, dritta e costiera per tutto il resto del pomeriggio. L'oceano da una parte, i prati e le campagne dall'altra. E, come di consuetudine, un cielo danzante sopra la testa.
Giunsero alle porte della cittadina intorno alle diciassette e trenta. Il traffico, più denso di quello delle campagne, li accolse con qualche clacson e rombo di motore.
Leggere il cartello Welcome to Galway fu come varcare il nastro al traguardo di una maratona, ma fu l'arrivo al porto della città a sorprenderli e colpirli dritti al centro del petto.
Laddove l'estuario del Corrib giungeva alla baia, una schiera di deliziose casette si affacciavano al fiume, tutte con le facciate di colore diverso, tutte baciate dal timido sole calante. Le nuvole basse, di sfondo, completavano un quadro maestoso di sfumature pastello.
Sul prato dell'altra sponda, decine e decine di ragazzi giovani sedevano sull'erba, chi con un libro, chi con una chitarra, chi con qualche birra. Un ponticello in legno collegava il porto alle vie del centro già affollate di turisti e autoctoni. Musica, vociare e risate risuonarono dalla lontananza, insieme al grido confuso di qualche comizio di gabbiani.
Draco e Harry, affascinati, si diressero tra la folla nelle viuzze acciottolate che conducevano alla piazza centrale. Bandierine arancioni, bianche e verdi collegavano le palazzine, insieme a tante piccole luci. Le facciate in legno dei locali - tutte colorate e con insegne allegre - dipingevano le vie gremite di tavolini, artisti di strada, negozi e turisti.
Musica a destra, musica a sinistra, musica fuori e musica dentro i locali. La si poteva quasi respirare. Harry capì solo ascoltando con le proprie orecchie il perché Draco fremesse tanto per giungere in quel posto: non sarebbe mai stato disoccupato, lì.
Fu solo quando raggiunsero la grande piazza centrale che si resero conto di essere davvero arrivati. Lì, appena sotto il monumento di Eyre Square, si voltarono l'uno verso l'altro per guardarsi negli occhi. Avevano raggiunto la meta prefissata, dopo tre lunghe giornate di viaggio insieme.
Harry, inizialmente, non avrebbe giurato di poterci arrivare vivi entrambi - e con tutti gli arti. Eppure eccoli lì.
Entrambi silenziosi, che si scrutavano in cerca di parole adatte per poter scrivere la parola fine a quella pacifica condivisione.
«Bene, le nostre strade si dividono qui, Potter».
La voce di Draco - per quanto si fosse sforzato di farla risuonare fredda e composta - alle orecchie di Harry giunse con una lieve nota amara. Quest'ultimo, con entrambe le mani nelle tasche, si dondolò avanti e indietro sui piedi, accompagnato dalle note di una fisarmonica poco distante.
Le loro strade si erano già divise in molteplici occasioni. Si erano sempre incrociate, talvolta scontrate, poi allontanate, poi unite di nuovo. Ma avevano viaggiato insieme sulla stessa via solo lì, per la prima volta, nel cuore pulsante irlandese. Si erano osservati da vicino senza giudizi, senza nulla da perdere e tutto da guadagnare. Davvero era giunto il momento di prendere per sempre direzioni differenti?
Harry realizzò che quel pensiero gli stesse causando già una sorta di stretta allo stomaco. Malinconia? Possibile?
«Ma non è detto che non ci si incroci, qui a Galway» rispose, mordendosi poi il labbro inferiore.
Una scintilla brillò negli occhi argento di Malfoy, quasi come l'accendersi di una possibilità. «Sì. Nel caso così non fosse, beh, in bocca al lupo per il ritrovamento di te stesso» borbottò lui. Si portò una mano tra i capelli dal bagliore lunare e, naturalmente, trovò il modo di discostarsi dalla vergogna «...sia mai che trovi anche il modo di far stare a posto quei ridicoli capelli!»
Harry ridacchiò. Non seppe dire se fosse più divertito dalle gote imporporite dall'imbarazzo di Draco o dalla sua ben nota lingua biforcuta.
Poi, con un sorriso tirato, Harry cacciò fuori la mano dalla tasca del giacchetto e gliela porse solennemente. Draco la osservò come si osserva un Avvincino con indosso un cappello di Babbo Natale, ma infine la accettò.
Un gesto che, forse, sarebbe stato il caso di fare dieci anni prima.
«In bocca al lupo anche a te, Mamphies».


 


 

Dopo aver passato quasi due mesi a vagare ininterrottamente, Galway era il posto giusto per fermarsi a riposare un poco.
E, per l'occasione, Harry si concesse di prendere in affitto un piccolo monolocale di venticinque metri quadri in centro. Giusto per non dover condividere tutte le notti la stanza con altre persone e avere così un po' di privacy, specialmente in bagno. Da quanto tempo non si faceva una doccia che durasse più di cinque minuti? L'ultima volta che Harry era stato fermo più di una settimana era stato a Dublino.
L'appartamento, nonostante fosse in una vecchia palazzina, era stato ristrutturato da poco. Il legno di noce era stato ridipinto di bianco e i muri non erano tappezzati di qualche orribile carta da parati con i fiori. Erano bianchi, così come era color panna la cucina di una nota marca svedese. Il locale era piccolo ma tutto sommato accogliente e luminoso, con tre finestre a ribalta che davano su una via centrale. Si poteva sentire la musica ovattata del locale tre piani sotto, e un musicista di strada intento a cantare una canzone di Johnny Cash.
Stendersi su un letto matrimoniale fu come dormire su una nuvola gigante, in confronto ai materassi pulciosi a cui si era abituato negli ostelli o alloggi dei locali.
Si addormentò in pochi secondi e nemmeno se ne rese conto.

Quando si risvegliò - ancora avvolto dall'asciugamano - erano già quasi le dieci di sera, e il brontolio del suo stomaco gli rammentò che non si fosse degnato nemmeno di andare al market a prendersi dei viveri da tenere in frigorifero.
Appellò degli indumenti puliti dallo zaino, inforcò gli occhiali, si infilò il parka e rotolò fino in strada tra la folla e la musica.
Di sera quella città era ancor più magica che di giorno. Un po' come Dublino, ma con una vista diretta sul mare, l'odore della salsedine e l'atmosfera magica del porto.
Un piccolo truck azzurro vendeva ostriche fresche d'asporto e, sebbene a Harry piacessero da morire, il senso della fame non venne placato dopo una porzione da cinque. Non avendo voglia di ordinare ancora una volta cibo spazzatura al pub, ne prese altre cinque, gustandole con il limone e la salsa al tabasco. Non che fosse sazio, ma quella sera sarebbe andata bene così. L'indomani avrebbe fatto la spesa.
Indeciso sul da farsi, si fece guidare dall'istinto e da un gruppo di ragazzi sulla ventina che si infilarono in un locale nelle vicinanze del porto per potersi dissetare ma, al momento di entrare, tentennò nel guardare la locandina in ingresso. Non conosceva quei musicisti. Il pensiero volò altrove, in un locale ove sapeva di per certo che ci sarebbe stato qualcuno che valesse la pena ascoltare.
Ma sarebbe stato giusto?
«Ehi, tu. O entri o esci!» La voce di una ragazza lo colpì alla schiena, e Harry si rese conto di essersi fermato proprio in mezzo alle palle.
Dubbi amletici senza risposta. Entrare in quel locale o recarsi al Monroe's?


 



 

L'ultima sorsata della sua birra scura lo dissetò a tal punto di credere di averne abbastanza, per quella sera. La terminò con un sorriso e poggiò il vuoto sul bancone proprio sul concludersi dell'ultimo brano. Ne aveva già bevute due. La prima l'aveva seccata tutta d'un fiato, non appena gli occhi del giovane musicista si erano posati sui suoi, dalla lontananza.

Si era sentito gelare da quello sguardo. Forse Harry aveva fatto una cazzata a recarsi lì. Forse aveva esagerato. Si sentì come se fossero tornati a Clifden, quella prima notte. Possibile che cinque ore senza contatti avessero causato un grave reset?
Poi, però, il ragazzo alla chitarra aveva scosso la testa e si era messo a ridere durante un assolo, e la serata era passata veloce come un lampo tra gli applausi della gente e canzoni Babbane recenti.
Eppure, in quel momento che il giovane musicista gli si stava avvicinando con occhi stretti e un sorrisetto beffardo sulle labbra, Harry avvertì il chiaro e impellente bisogno di annegarsi in una terza pinta.
«Oh, Harry Potter a Galway? Che sorpresa!» sibilò Draco, sarcastico, poggiandosi alla colonna in legno con aria svogliata.
«Avevo sentito parlare di questo cantante molto bravo e, beh, son venuto a dare un ascolto» ribatté Harry. Sorrise sghembo e trattenne per sé l'imbarazzo e la paranoia di aver fatto la figura della groupie. O addirittura dello stalker.
Ma, Harry lo sapeva, Draco era una persona diretta. Se la cosa l'avesse infastidito, non avrebbe tardato a sputarglielo in faccia con tanto di veleno.
E invece... sembrava quasi compiaciuto.
«Ah, capisco. Era bravo per davvero, almeno, questo cantante?» domandò, con tono frivolo.
«Molto. Un po' smorfioso, ma molto bravo» rispose Harry, ammiccante, beccandosi un'ironica occhiata tagliente.
Poi Draco roteò gli occhi e fece cenno al barista di portargli due whiskey, e Harry sorrise sollevato. Nessun reset.

 

«Ti piace la città?» domandò Draco, dopo che ebbero passato qualche minuto a prendersi gioco l'uno dell'altro.
Harry bevve un sorso del suo whiskey e lo trovò squisitamente forte. O forse era forte perché aveva cenato solo con una dozzina di ostriche e due Guinness.
«Da matti. Dietro al mercato c'è la Comunità Magica, non hai idea di quante cose strane! E tu?» domandò Harry. In attesa che la proprietaria dell'appartamento giungesse a consegnare lui le chiavi, si era fatto un giro veloce al quartiere magico di Harplace.
Draco annuì, entusiasta.
«Ci farò un bello stipendio, qui. Ho già ingaggi per tre serate, e piovono mance se ti metti a suonare per strada».
Harry non fu neanche troppo sbalordito. Drew Mamphies era un nome che avrebbe fatto sicuramente carriera, in Irlanda. Aveva tutto ciò che da una serata live ci si aspettava: talento, versatilità, presenza scenica. Unico difetto per qualche avventore razzista: l'accento inglese.
«Sono felice per te!» disse Harry, in un sorriso sincero. Lo era per davvero, ma la cosa sembrò far titubare Draco non poco. Si accigliò a quelle parole, come se avesse detto una cretinata. E ne diceva tante, certo, ma quella era la realtà.
«Felice... per me? Sei ubriaco» lo accusò, indicandogli il whiskey.
«No che non lo sono! Non ancora, almeno». Harry si difese e prese tra le mani il bicchiere come se Malfoy stesse per rubarglielo. «Come ti ho già spiegato,» continuò poi, «sarei solo contento se tu riuscissi a rifarti una vita. Quello che mi chiedo... e che mi sto chiedendo da quando ti ho incontrato: perché proprio in Irlanda? Perché proprio il musicista?»
Non sapeva da dove avesse trovato il coraggio di porgli quelle domande dato che, l'ultima volta che aveva provato a immischiarsi in quella storia, Malfoy aveva dato di matto e aveva tentato di scappare di notte sotto la pioggia battente di Clifden. Ma, in quel momento - dopo due birre e mezzo whiskey a stomaco vuoto - Harry aveva sentito che se non l'avesse chiesto quella sera, non l'avrebbe fatto mai più.
Erano giunti alla loro meta, le loro strade si erano divise e poi di nuovo incontrate. Quello era nient'altro che un nuovo punto di partenza. Una partenza non dettata dal caso - come la prima volta - ma dalla necessità. La necessità per Harry di conoscere per davvero quel ragazzo che aveva ritrovato dopo due anni dalla Guerra, senza magia, con chissà quali segreti e trascorsi. Un ragazzo che aveva sempre creduto fosse un completo stronzo, poi un completo imbecille, poi semplicemente aveva capito fosse un adolescente davvero, davvero impaurito. E ora, invece, era tutt'altro ancora. Voleva conoscerlo. Doveva conoscerlo. Era un bisogno che avvertiva fin dentro le ossa.
E, a giudicare dal fatto che dopo tutti quei secondi Draco non l'avesse ancora abbandonato lì da solo, anche per lui era giunto il momento di aprirsi un poco di più. In quel nuovo punto di partenza.
«Proprio non ci arrivi, eh» borbottò.
«Scusami, non sono Corvonero!» replicò Harry, stringendosi nelle spalle con un sorrisino dispiaciuto. «Ma vorrei davvero capire».
«Non... aah, usciamo di qui» sbottò infine Draco e, dopo aver bevuto alla goccia gli ultimi rimasugli del suo whiskey, acchiappò il parka e uscì alla svelta dalla porta d'ingresso.

Harry lo seguì fino al canale piccolo, lì accanto. Si sedettero a cavalcioni sul muretto e osservarono l'acqua scorrere lenta sotto di loro. La temperatura era fresca ma piacevole, eppure le guance di Draco si erano tinte di un color cremisi che gli conferiva un aspetto fanciullesco. Harry rivide in lui il ragazzino che camminava accanto a lui nella foresta proibita, durante la punizione con Hagrid.
Non lo forzò a parlare, gli lasciò tempo e spazio, ma non ci volle molto prima che Draco prendesse un grosso respiro e, finalmente, lasciò che Harry leggesse le pagine degli ultimi due anni della sua vita.
«Come ben saprai mi è stato confiscato tutto, casa e bacchetta compresa. Dopo che mia madre fu portata in prigione e mio padre fu giustiziato, ho provato per un po' a vivere a Londra. Ho cercato lavoro nel Mondo Magico, semplicemente come commesso o barista. Ma nessuno era disposto ad assumere...» si interruppe per un secondo, deglutì un boccone fin troppo amaro, poi proseguì «... uno come me. Quindi ho provato con il mondo Babbano. Sono stato nei sobborghi, ho lavorato in un ristorante per sei mesi come cameriere, poi qualche settimana in un negozio di ortofrutta. Ma vivere lì non era facile: venivo riconosciuto per strada, la Londra Babbana è frequentata da maghi. Alcuni di loro mi picchiavano, altri mi lanciavano incantesimi urticanti. Tutti mi insultavano, mi dicevano che avrei dovuto fare la stessa fine di mio padre. Il mio capo mi trattava di merda, non avevo alcuna soddisfazione a fare quello che facevo. Ero... depresso?» si domandò Draco con un sorriso fin troppo amaro sulle labbra. «Sì, probabilmente lo ero per davvero.
Ho deciso quindi di andarmene da Londra, ho preso le poche cose che mi rimanevano e sono andato a Liverpool, e ho trovato lavoro in un negozio di pescatori. Lì gli affitti costavano di meno e, grazie a un annuncio, ho scoperto che degli universitari cercavano un nuovo coinquilino. Sono andato a vivere con loro in quella topaia, in una stanzetta di due metri per tre. Lì ho trovato la mia chitarra. Era appartenuta al vecchio inquilino, un ragazzo del Bangladesh a cui non è stato rinnovato il permesso di soggiorno e quindi era stato portato via. I miei coinquilini mi hanno detto di prenderla, che nessuno sapeva suonarla.
Una sera, in preda a un attacco di panico, sono corso in spiaggia e mi sono messo a suonare. Ricordavo una canzone Babbana che avevo sentito al ristorante, era triste, ma mi piaceva. Non mi ero accorto che vicino a dove mi trovato ci fosse un locale. Si sono fermate delle persone ad ascoltarmi e poi... mi hanno applaudito. Ero esterrefatto. Sai com'è, Potter... dopo che sei abituato a farti sputare in faccia dalla gente, o farti guardare con sufficienza... essere apprezzati ti sembra un'esperienza paranormale».
Harry, il quale aveva trattenuto il fiato per tutto quel discorso, si sentì sull'orlo di uno svenimento. Era senza fiato, senza aria.
Certo, non aveva alcun dubbio sul fatto che per Malfoy il dopoguerra fosse stato duro. Ma non così. Non così duro.
«Oh, Merlino...» soffiò, non sapendo che altro dire. Fortunatamente fu Draco a spezzare quel silenzio così denso.
«Il proprietario del localino sulla spiaggia mi ha chiesto di suonare la sera dopo, per lui. Ho imparato delle canzoni alla svelta, ne avevo sentite tante al ristorante a Londra e per me non è difficile improvvisare. La sera dopo ho suonato e di nuovo mi sorridevano, applaudivano.
Ti chiedi perché ho scelto di fare il musicista... beh, forse perché sono egocentrico, o forse perché questo è l'unico modo che ho di farmi apprezzare ancora da qualcuno. Di non essere maltrattato, guardato male e di fare invece... qualcosa di bello. Il mio sogno era fare il giocatore di Quidditch, una volta, ma questo lavoro non è così diverso. Solo che i miei spettatori sono Babbani ma, sai, non mi importa più poi così tanto. Ora sono molto più simile a loro che a voi, senza bacchetta».
Harry sentì la lingua secca contro il proprio palato. Come aveva potuto essere così cieco da non vedere? Tutto ciò che aveva cercato Draco, in quegli anni, era trovare il modo di riscattarsi. Di non essere disprezzato, di essere considerato di valore almeno da qualcuno.
Di non essere più visto come un miserabile ex Mangiamorte che, per altre cose, non era mai stato per davvero.
Difficile trattenere la commozione. Difficile ma avrebbe dovuto farlo, Harry. Sapeva che se si fosse lasciato prendere dall'emotività o da qualsiasi forma di compassione, Draco non gliel'avrebbe mai perdonata. Non dopo che aveva scelto di aprirsi in quel modo a lui.
I suoi occhi d'argento tagliarono la sua traiettoria, e Harry fece l'unica cosa che gli venne spontanea: sorridere. E buttare nel canale l'istinto di abbracciarlo.
Oh no, quello davvero non gliel'avrebbe mai concesso.
«Saresti stato un ottimo giocatore di Quidditch. Forse il migliore di tutti... dopo di me» si limitò a dire, per stemperare la tensione con una buona dose di vecchie prese per il culo che sapevano tanto di Potter e Malfoy dei tempi d'oro.
Draco rise, i suoi occhi si illuminarono di nuovo. «Cala, Potter! La tua è sempre stata fortuna!»
Harry riprese a respirare in modo regolare.
«Può anche essere. Ad ogni modo trovo davvero che il tuo lavoro sia bello, e che tu sia bravo. Ma penso che se le persone ti conoscessero meglio troverebbero tanti altri buoni motivi per apprezzarti» confessò Harry, sincero. Lui li stava scoprendo, i modi per apprezzare Draco Malfoy.
Era stato inaspettato, certo, ma terribilmente interessante.
«Forse qualcuno potrebbe... ma non i maghi» puntualizzò Draco.
«E io cosa sarei, scusa? Un Troll?» si indispettì Harry.
«Ogni tanto puzzi, come un Troll».
Gli tirò uno scappellotto e stranamente Draco non lo gettò dentro al fiume. Risero un poco, poi Harry si ricordò che non tutte le sue domande avessero trovato una risposta.
«E... perché proprio in Irlanda?»




 

~Dieci mesi prima~

 

«Ciao, blondie».
Draco sollevò il volto dal suo Gin Tonic; il terzo di quella lunga serata. Due grandi occhi scuri lo stavano osservando.
Un ragazzo alto e con la pelle nera se ne stava lì, in piedi accanto al suo tavolo, e sorrideva come se lo conoscesse da una vita. Draco, invece, era sicuro di non averlo mai visto da nessuna parte.
«... ciao?» rispose Draco, piatto, nascondendo la soggezione dietro alla sua consueta maschera impenetrabile.
«Ti ho sentito suonare. Sei bravo!» disse il ragazzo, sempre sorridente. Aveva i capelli legati in un codino di dreadlockes, un accenno di barba scura e una fila di denti bianchi e drittissimi.
Draco rispose al sorriso e si allentò un poco la cravatta nera. Quel locale era uno di quelli più alla moda di Liverpool, ed era stato costretto a tirare fuori dall'armadio i suoi vecchi vestiti da nobile per poter suonare. Non era più abituato a portarli.
«Non sei uno di molte parole, eh, blondie?» ridacchiò il ragazzo. Senza alcun invito prese uno sgabello e si sedette proprio di fronte a lui. Draco non ne fu poi così infastidito. Non tanto da andarsene, quantomeno.
«No, credo di no» ammise, sorseggiando il proprio cocktail dalla cannuccia.
«Eppure hai una bellissima voce. È il tuo lavoro?» Il ragazzo si slacciò il primo bottone della sua camicia con degli strani ghirigori arancioni che mettevano in risalto la pelle scurissima.
«No».
«Avrei detto che lo fosse. Dovresti provarci» suggerì il ragazzo, e Draco sollevò un sopracciglio.
Era sempre in imbarazzo a parlare con le persone che lo fermavano dopo i concerti per fargli i complimenti, ma lo nascondeva. Eppure nessuno gli aveva mai suggerito di fare della musica il proprio lavoro. Nelle ultime due settimane aveva suonato nei week end per arrotondare il proprio stipendio. Il part-time nel negozio degli articoli di pesca non gli consentiva di stare proprio tranquillo.
«Non saprei proprio da dove iniziare» ammise Draco in una scrollata di spalle. Non era nessuno, come diavolo avrebbe fatto a suonare tanto da potersi guadagnare uno stipendio?
«Oh, se fossi in te inizierei dall'Irlanda. È il regno della musica, si trova sempre da suonare. Se suoni ti danno vitto, alloggio e anche un piccolo stipendio e, beh, le mance non mancano!» spiegò il ragazzo con un certo entusiasmo, sorseggiando anch'egli il proprio drink. Probabilmente un Long Island, a giudicare dalla composizione.
La conversazione assunse d'improvviso una direzione interessante.
«Sei un musicista?» domandò Draco, un poco più incuriosito da ciò che il ragazzo avesse da dirgli.
«Sì. Avevo una band, ma ora ci siamo sciolti e ora ho altri progetti. Però avevamo fatto un tour in Irlanda e, te lo posso assicurare, faresti strada!»
Draco sorrise sghembo. Non era poi una prospettiva così orribile, rispetto a lavorare in un ristorante in cui veniva trattato come un cane e in un negozio dove veniva trattato come un asino.
Guardò il ragazzo negli occhi e cercò di ricordare se avesse visto quel volto da qualche parte, ma non gli venne in mente niente.
«Sei famoso?» domandò infine.
«No. Non ancora, perlomeno. Ma magari un giorno sentirai parlare di me, e io di te!» ridacchiò il ragazzo, elargendogli un largo sorriso dritto. Era bello. Davvero, davvero bello.
«Chissà» rispose Draco, un poco più entusiasta rispetto a prima.
«Come hai detto che ti chiami?»
«Dr-» fece per rispondere, ricordandosi poi però di tutte le volte che si era presentato ai Babbani con il proprio nome. L'avevano tutti guardato male o gli avevano chiesto da che paese dell'est provenisse per avere un nome così bizzarro. E, per bizzarro, intendevano probabilmente stupido. Quindi, chissà come, in quel momento realizzò che se davvero avrebbe voluto fare qualcosa con la musica - come gli stava suggerendo il ragazzo - avrebbe dovuto rendere il proprio nome più fruibile dalla comunità non magica. Non dovette rifletterci poi molto.
«Drew. Drew... Mamphies».
Il ragazzo sorrise ammiccante, poi gli tese la mano. Aveva anche delle belle mani. Era affascinante.
«Piacere, Drew... sono Kele. Ti andrebbe di bere qualcosa con me?»

 

Quando Draco si svegliò, ci impiegò più di un minuto per comprendere dove si trovasse e perché. E quando, voltandosi verso sinistra, trovò la schiena nuda di quel ragazzo dalla pelle scura, si diede mentalmente e più volte del cretino.
Si sentì le guance scottare dall'imbarazzo. Beh, era stata indubbiamente una bella serata, ma il programma non era quello di rimanere a dormire. Si era addormentato prima di potersi tirare insieme. Forse aveva bevuto un po' troppo.
Draco si alzò a sedere sul letto e si passò la mano tra i capelli. Li scoprì ancora umidi e pieni di sabbia. E anche i vestiti, buttati a casaccio sul parquet chiaro di quella casa, non sembravano essere ridotti in condizioni migliori.
Sì, era stato decisamente ubriaco. Draco Malfoy, da sobrio, non si sarebbe mai rotolato sul bagno-asciuga insieme a un ragazzo, non avrebbe mai fatto il bagno nudo alle due del mattino, e soprattutto non sarebbe mai andato a casa di quel ragazzo per fare il bis.
E, come già appurato, non si sarebbe mai fermato per dover sopportare un risveglio accanto alla sua magnifica avventura di una notte. Per quanto fosse stata piacevole.
Non che ne avesse avute molte altre, di nottate simili, anzi.
Facendo attenzione a non svegliarlo, Draco si alzò dal letto con estrema cura, rivestendosi con altrettanta lentezza.
Solo quando ebbe terminato il terribile processo di vestizione, si voltò un'ultima volta verso il letto per deliziarsi, quantomeno, del fisico statuario della sua conquista. Peccato che la conquista in questione fosse ben sveglio e avesse gli occhi scuri puntati verso di lui, con un'espressione beffarda e soddisfatta dipinta in volto.
«Buongiorno, blondie...» disse Kele, divertito.
Divertito, probabilmente, dalle variopinte sfumature di colore sulle guance di Draco.
«Uhm... ciao» disse, nel tentativo di recuperare il contegno e la consueta espressione da non-me-ne-frega-un-cazzo-di-nessuno.
«Stai già scappando?» ammiccò Kale, sdraiato sul fianco con la testa appoggiata a una mano.
Draco strinse le labbra.
«Sì... scusa» ammise quest'ultimo con un mezzo sorriso, cercando di trovare il modo di sopravvivere a quell'imbarazzante cliché.
Kele si buttò sul cuscino ed esplose in una risata di cuore.
«Sei un vero spasso, Drew» disse, sempre col sorriso sulle labbra, sollevando la cravatta nera di Draco finita tra le lenzuola sgualcite. «Questa me la tengo io, ok? Sia mai che diventi famoso e potrò rivenderla» ammiccò.
Draco ridacchiò, poi annuì. Tanto di quella cravatta non se ne sarebbe fatto più niente.
«È stato un piacere» concluse infine il ragazzo, una volta sistematosi più comodo sul letto.
«Sì, beh... anche per me, Kele» rispose Draco, sincero. Nottata travolgente a parte, era stata comunque una conoscenza interessante.
E, detto ciò, si voltò verso la porta di uscita dell'appartamento, pronto per affrontare la sua memorabile walk of shame verso casa.
«Blondie?» lo richiamò però Kele, prima che potesse chiudersi la porta alle spalle. Draco si voltò quel tanto che bastasse per scorgerlo. «Pensaci davvero all'Irlanda. C'è un traghetto che parte da qui ogni lunedì, per Belfast».
Draco sorrise. Forse quel ragazzo non aveva poi tutti i torti. E se il suo destino non fosse in Inghilterra?
«... sì».[1]


 

~⸙~

 

«Draco Malfoy, vecchio sporcaccione!» lo accusò Harry, con tanto d'occhi ed espressione da gossip in volto. Non sapeva che a Malfoy piacessero gli uomini, e quella era di gran lunga una scoperta interessante. Molto, molto interessante.
«E piantala!» lo spintonò Draco, facendolo quasi ruzzolare giù nel canale.
Harry rise delle guance imporporate di Draco ma, da qualche parte dentro di lui, ebbe come l'impressione che la confidenza e il ricordo di quella nottata insieme a quel Kele gli avesse smosso qualcosa dentro le viscere.
«Beh, alla fine quel tizio non aveva tutti i torti» asserì Harry, pronunciando la parola "tizio" in modo molto più aspro di quanto si aspettasse.
In fin dei conti, se non fosse stato per quel tizio, Draco non sarebbe mai andato in Irlanda e loro due non si sarebbero mai trovati a Clifden, e Harry non avrebbe mai scoperto che fosse una bella persona. E non sarebbero mai diventati... amici?
«No, infatti. Ho suonato per un paio di settimane, e poi finalmente sono riuscito ad acquistare un biglietto per il traghetto e dei documenti falsi con il nuovo nome. Sono partito da lì ma, beh, all'inizio non è stato semplice come diceva Kele. Lì, al nord in particolar modo, gli inglesi non sono ben visti a causa di una guerra Babbana[2]. Motivo per il quale evito di entrare in entroterra: più si va in centro, più sono conservatori. Ma rimanere sulla costa è ok, non ho mai avuto problemi nonostante l'accento inglese e tutto il resto».
Harry ascoltò il racconto con molto interesse. Sapeva tutto della storia d'Irlanda, sia Babbana che magica, Hermione gli aveva consigliato delle letture da sfogliarsi durante il viaggio.
«Beh, potresti sempre provare a fare l'accento Irlandese» propose Harry, con una nota di scherno.
«Oh, Christ on a bike! That bloody moron stole my bloody whiskey![3]» scimmiottò Draco, gesticolando e canzonando l'accento di un vecchio irlandese ubriaco.
Cosa che gli uscì in modo terribile, ma che fece ridere Harry in modo quasi convulso. Eppure lo sapeva già dai tempi della scuola che Draco avesse una certa passione per le pessime imitazioni, solo che... beh, le imitazioni a quel tempo erano volte a sfottere lui.
«No, direi di no. Sembravi un indiano con evidenti problemi di nevrosi».
Risero di nuovo e poi, come d'incanto, tornarono a fissarsi silenziosamente, con molta più consapevolezza.
«Bene. Ora che sai tutto, Potter... ti deciderai a lasciarmi stare?» domandò Draco, in una richiesta al limite dell'arrendevole.
Harry si accigliò. Forse avrebbe potuto anche avere ragione. Aveva capito cose, aveva ottenuto delle informazioni su di lui, si era finalmente dato una risposta a tutte quelle domande che lo tormentavano dalla notte di Clifden.
Ma come avrebbe potuto lasciarlo stare? Proprio in quel momento che aveva iniziato a conoscerlo per davvero! No, non era ancora il giorno per dividere le loro strade.
«Senza neanche il bicchiere della staffa?» domandò Harry, con espressione ammiccante.
Draco lo guardò sottecchi e poi, proprio com'era consueto fare quando desiderava qualcosa e non aveva assolutamente voglia di ammetterlo, alzò gli occhi al cielo.

 


 

Quando Harry si svegliò, ci impiegò più di un minuto per comprendere dove si trovasse e perché.
 




 
Continua...

[0] Il titolo del capitolo è un frammento del testo della canzone di Steve Earle, "Galway Girl", ed è uno dei brani moderni irlandesi più famosi. Ovunque entriate, in qualsiasi pub, state pur certi che un musicista prima o poi attaccherà con questa canzone, che è stata anche parte della colonna sonora del film "Ps.I love you". Ecco a voi il link: https://www.youtube.com/watch?v=PElGIPNVaNc . Secondo me è davvero bellissima, che ne dite? 
[1] Kele non è un personaggio di fantasia, ma si tratta di un cantante di una band famosa, i Bloc Party, originari di Liverpool. Qualcuno li conosce? Uno dei miei loro brani preferiti è “I still remember”, e parla di una storia tra il cantante ed un ragazzo a cui ha “rubato” la cravatta. Mi piace pensare che quella canzone fosse ispirata a quella notte tra lui e il nostro Draco. Piccolo Easter-egg funzionale per spiegare meglio la storia di come Draco è diventato Drew. Link alla canzone: https://www.youtube.com/watch?v=5R-9IgWD36A .
[2] Il conflitto nordirlandese, avvenuto tra gli anni sessanta e gli anni novanta.
[3] Tradotto: “oh, ma guarda un po'! Quel dannato cretino ha rubato il mio dannato whiskey.” Christ on a bike, che tradotto letteralmente significa “Cristo su una bicicletta”, è un'espressione tipica irlandese usata per esclamazione nei riguardi di un accadimento inaspettato.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno gente! Aaaah, sono tornata! Quanto tempo che non pubblico, mi era mancato un sacco.
Come sono andate le vostre vacanze? Per me benissimo, mi sono rilassata e ho utilizzato il tempo libero a casa per scrivere taaaante belle nuove storie.
Eccoci qui, finalmente con il nuovo capitolo di questo viaggio. I due ragazzi sono arrivati a Galway, ma la storia non finisce certo qui.
Dopo molti capitoli, finalmente Draco ha raccontato ad Harry la sua storia dopo la guerra, e ora sappiamo come si è ritrovato a fare il musicista in Irlanda. 
Il piccolo flashback è l'unica parte della storia narrata dal pov di Draco, e l'ho presa come palla al balzo per dedicargli un piccolo spazio, per far capire meglio i gusti del ragazzo, di come ha avuto la spinta per andare in Irlanda e di come si è creato il nuovo nome.
E questo Harry un poco geloso?! :D caro, lui. Chissà chissà come mai ha giudicato i gusti sessuali di Draco "interessanti". Ma chissà, proprio xD
Ma, sopratutto... questo finale del capitolo? Cosa sarà successo? Dove sarà finito Harry?
Questa volta non dovrete aspettare molto, con l'arrivo di settembre si ritorna alle consuete pubblicazioni settimanali di domenica! A presto,
Eevaa


 
Galway




  
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