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Autore: lmpaoli94    30/08/2020    1 recensioni
Anni ’70.
In un piccolo orfanotrofio di una piccola città toscana, s’intrecciano le vite Lamberto, un maestro di 31 anni, e di alcuni bambini che hanno il bisogno di riscoprir la voglia di vivere dopo che sono stati abbandonati a causa della morte dei loro genitori.
Diverse storia ma con un obiettivo comune: ritrovare il sorriso in un piccolo edificio dove la tristezza ricopre un’esistenza troppo breve per essere sprecata in un modo ignobile e rancoroso.
Toccherà al giovane maestro riportare un sorriso a questi bambini dove hanno perso la speranza di vivere una vita che all’apparenza gli ha tolto tutto, ma non i sogni.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entrando nella classe dei bambini, Lamberto sentiva dentro di sé tutta la paura e la serietà che albergava in quei bambini.
Fissando il loro sguardo privo di emozioni, i bambini non riuscivano a capire perché quell’uomo si potesse comportare in quel modo.
< Signor Rodari? Va tutto bene? > gli domandò la Signora Guarini riportandolo alla realtà.
< Sì… credo di sì. >
Lamberto, dal canto suo, non riusciva a sopportare quella tristezza così reale e così insistente.
Sembrava che la voglia di vita di questi bambini fosse scomparsa per sempre e le loro più profonde emozioni come la felicità e la spensieratezza non potessero esistere.
< Signor Rodari, prima le vorrei presentare la Signorina Vicini, docente di matematica del nostro istituto. >
< Molto piacere > disse subito la donna < Lei è nuovo di qui, giusto? >
< Sì, esatto. Sono il nuovo insegnante di italiano: Lamberto Rodari. >
< Rodari mi fa’ venire il mente il poeta Gianni Rodari. Per caso siete parenti? >
< Che io sappia no > rispose l’uomo divertito senza dimenticare le preoccupazioni di poco fa’ < Magari siamo due fratelli separati dalla nascita. Chi lo sa. >
< Avrete modo di conoscervi meglio nella ricreazione > li interruppe la rettrice Guarini con tono fermo < L’ora si sta quasi concludendo, Signorina Vicini. Che ne dice di lasciare questi ultimi minuti al Signor Rodari per conoscere meglio questi bambini di belle speranze? >
Nel sentire quella domanda, Lamberto non riusciva a credere che la rettrice potesse fare finta di niente.
Quei bambini erano tremendamente infelici e nessuno faceva niente per risollevargli il morale.
Lamberto non riusciva a sopportare quegli sguardi persi nel vuoto, volendo sapere perché quelle innocenti creature erano così tristi.
Davvero era legato tutto alla perdita dei loro cari? O c’era qualcos’altro che il giovane maestro non sapeva.
< Prima di incominciare la mia lezione, vorrei scambiare qualche parola con la docente Vicini. >
La Signora Guarini, non capendo dove il docente di italiano volesse andare a parare, gli comuncicò che poteva parlare con la docente di matematica più tardi.
< E’ molto urgente, rettrice Guarini. Non ci metterò molto. >
Uscendo dall’aula con la Signorina Vicini, lo sguardo di Lamberto divenne improvvisamente scuro e serio.
< Signor Rodari, va tutto bene? >
< Mi parli brevemente di questa classe. Sono sempre così tristi i bambini? >
< Ecco, diciamo che sono molto attenti alla lezione. >
< Quante ore rimane insieme a loro nel corso della settimana. >
< Circa dieci ore. >
< E sono sempre di questo umore? >
La maestra, fissando lo sguardo indagatore dell’uomo, tagliò corto la conversazione dicendogli che era contenta di avere degli studenti modelli.
< Non chiedo di meglio a questa classe. Sono i migliori alunni che una docente come me può avere. >
< Sembrano soldatini in attesa di entrare in guerra. Non c’è entusiasmo nei loro occhi. >
< Signor Rodari, ma lei vuole fare l’insegnante o il pagliaccio? >
Quella domanda così rude e spinosa mise a tacere il giovane Lamberto per evitare spiacevoli discussioni già il primo giorno.
< Questa classe ha bisogno di ritrovare spensieratezza e serenità. E le giuro, signorina Vicini, che farò di tutto per cambiare i loro sguardi e le loro menti. >
< Signor Rodari, non faccia mosse azzardate. C’è voluto tempo per insegnargli la disciplina. Lei non può venire qui e pensare di cambiare tutto… >
< Non sopporto di vedere i bambini così afflitti. È più forte di me… Grazie per le sue parole, Signora Vicini. >
< Signorina, prego. >
< Per me fa’ lo stesso > ribatté divertito e allo stesso tempo riluttante il giovane insegnante prima di tornare dalla rettrice.
< Signor Rodari, tutto bene? >
< Credo di sì. Le farò sapere più avanti… Adesso, se non le dispiace, vorrei rimanere da solo con la mia classe. >
< Certo. Faccia pure. Ha tutto il tempo per conoscere i bambini. >
< E non vedo l’ora. >
 
 
Ma una volta che Lamberto si ritrovò da solo in mezzo a quei pochi bambini, sentì il suo cuore stringersi in un dolore che non aveva mai visto prima.
Non riusciva a intravedere quel sorriso che contraddistingueva quelle povere creature innocenti e non riusciva a trovare qualcosa che poteva farli sentire felici.
Avanzando verso uno di lo9ro, Lamberto decise di conoscere bene un bambino timido e introverso che si nascondeva in fondo alla classe dietro alcuni suoi compagni.
< Ehi, ciao. >
Il primo approccio di Lamberto fu un totale fallimento visto che il bambino non riusciva nemmeno a guardarlo.
< Che succede? Hai forse paura di me? >
Scuotendo la testa con un no, era come se il piccolo bambino si stesse apprestando a piangere.
< Intanto perché non mi dici come ti chiami? Io sono Lamberto e fino alla fine dell’anno sarò il vostro insegnante di italiano. Spero che riusciremo ad andare d’accordo, anche se vedo che hai deciso bene di non parlarmi. Se posso davvero aiutarti… >
< Nessuno può farlo > lo interruppe il bambino con voce decisa.
Lamberto, scosso da tale rivelazione, voleva arrivare in fondo a quella storia così snervante quanto misteriosa.
< Perché dici così? Che succede qua dentro? >
< Noi bambini non possiamo essere felici. Perché non abbiamo nessuno che possa insegnarci questo sentimento. >
< La felicità sta dentro ognuno di noi. Basta ricercarlo. >
Si guardi intorno > rispose un altro bambino < Lei crede che essere felici possa appartener ead ognuno di noi? >
< Certo che sì. E lo sapete perchè? Ogni bambino merita di essere felice. E lo sarete anche voi. >
Non volendo rispondere alla speranza del maestro, i bambini presero il loro libro di italiano leggendolo in silenzio.
< Che cosa state facendo? >
< Vorremmo fare lezione. È questo che si faceva prima di lei, maestro. >
< Il mio predecessore era un uomo severo che vi rendeva la vita impossibile? >
< DI questo non possiamo parlare > rispose il bambino in fondo al banco < La rettrice ci punirebbe. >
< Cosa? ma questo è assurdo. >
< Nessuno di noi vuole assaggiare le punizioni della rettrice Guarini. Lei non sopporta i bambini e rende la vita possibile ad ognuno di noi, facendoci sentire sempre più soli. Sempre più dimenticati. >
Lamberto, che non riusciva a credere dove potesse essere finito, capiva molto velocemente che l’orfanotrofio dove aveva accettato di lavorare era come una prigione, dove la felicità e la libertà sono stati preclusi a questi poveri bambini.
< Parlerò io con la rettrice. La deve smettere di tormentarvi. >
< Ci hanno già provati altri maestri prima di lei… Ma tutti hanno fallito. >
< Bambino, posso sapere il tuo nome? >
< Lucio. Lucio Giannini. >
< Ebbene Lucio, prometto a te e alla classe che molto presto le cose cambieranno. Non è possibile che voi trascorriate la vostra infanzia come se foste stati puniti per reati che non vi appartengono. In fondo che cosa potreste fare voi di male? >
< Esistere, maestro. Questa è la nostra condanna. >
< Lucio, non puoi dire così… >
< Le cose non cambieranno mai, maestro. Mettiamo subito le cose in chiaro… Adesso, se non le dispiace, vorrei fare lezione di italiano. Abbiamo bisogno di imparare qualcosa per evitare che un domani… >
< Imparerete qualcosa. Ma le mie lezioni vere e proprie cominceranno domani. Ma prima… >
Nel mentre Lamberto si apprestava a fare un discorsetto alla classe, la campanella dell’istituto iniziò a suonare mentre tutti i bambini si riversavano nel corridoio per fare la ricreazione.
Il giovane maestro, che non riusciva a credere alla tirannia della rettrice, avrebbe fatto di tutto per proteggere i suoi nuovi alunni.
“Non si meritano una vita del genere” pensò il giovane uomo “Hanno perso tutto. Non possono perdere anche i loro sogni. Combatterò per loro… Fosse l’ultima cosa che faccio.”
Una promessa molto difficile e ardua da mantenere, soprattutto quando le sensazioni oscure che prevalgono nell’istituto sono più reali e indistruttibili di quello che poteva credere.
   
 
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