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Autore: audry_ enne    02/09/2020    0 recensioni
In questi giorni di clausura forzata è difficile concentrarsi realmente su qualcosa. E’ difficile persino prevedere come sarà, quando sarà, la normalità. Se mai ce ne sarà una. Se questa è una guerra, ci aspetta un lungo e pericoloso dopoguerra, dove il pericolo maggiore è perdere la nostra umanità. Ci servirà una dose di coraggio da veri Grifoni! E le Serpi, come faranno mai? Nessuno si salva da solo. Bisognerà che anche loro imparino a portrarne il peso.
Buona lettura
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo IV
 
L’alba, con le sue dita rosate, colorava appena i contorni delle colline intorno al castello. Tra i rami degli alberi e dei cespugli le prime allodole salutavano il lento risvegliarsi del giorno e della primavera. Un profumo di erba, terra e rugiada si alzava fin alle finestre dell’infermeria che erano state scostate solo un po’, quel tanto che bastava a un ricambio d’aria senza che il freschetto ancora pungente della notte appena trascorsa svegliasse i pochi ragazzi che riposavano nei letti candidi e ordinati.
Madama Chips si muoveva silenziosa mentre preparava le pozioni e gli unguenti che le sarebbero serviti più tardi: c’era ancora tempo ma lo spettacolo dell’alba riusciva sempre a tirarla giù dal letto così presto che poteva preparar tutto prima di fare colazione. Da qualche giorno, poi, si era aggiunto un nuovo piacere: quello della condivisione. Infatti, pensava, l’alba è un momento magico ma se lo si può condividere con qualcuno che lo sappia apprezzare come fai tu, allora diventa ancora più potente!
Hermione guardava fuori dai vetri dell’infermeria con lo sguardo perso nell’orizzonte. Mentre la mano accarezzava distrattamente il capo di Grattastinchi, il suo pensiero correva oltre lo spazio per recuperare e rivivere stralci di tempo e di suoni da rimettere insieme.
Ron … Harry … Draco …
Ecco! Erano tre giorni che non vedeva Draco! Esattamente da quando Harry e Ron erano stati da lei.  Sapeva che era stato gentilmente invitato (sgrunt!) a far compagnia a Blaise Zabini per le vie del villaggio quel giorno: che li avesse visti? Che fosse successo qualcosa?
Aveva continuato a mandarle gli appunti delle lezioni, ma col suo gufo reale e non portandoglieli di persona come faceva prima. Era scomparso di nuovo! Hermione odiava questo suo rintanarsi…di cosa aveva paura, ora, quella Serpe fifona? E cosa doveva aspettarsi ancora?
Il suo labbro si arricciò impercettibilmente ma la sua mano dovette risultare più pesante perché il micione non gradì affatto l’ultima carezza e miagolò indispettito mentre si liberava dalle sue braccia per sparire tra le lenzuola del letto.
Hermione sospirò… ormai stava bene: quanto ancora doveva restare confinata nell’infermeria?
Quasi le avesse letto nel pensiero, Madama Chips le si avvicinò piano
- Signorina Granger… Hermione, se vuoi stamattina potresti andare a fare colazione in sala grande con i tuoi compagni. Vuoi che faccia venire qualcuno per aiutarti a rientrare nella tua torre?
- Davvero? Sarebbe fantastico! E no, non occorre chiami nessuno, posso farcela da sola. Solo, posso andare anche ora? A quest’ora i corridoi sono vuoti e anche la sala comune, eviterei ulteriori … fastidi … capisce?
- Certo, mia cara. Avviso la preside e potrai uscire. Prepara le tue cose.
I corridoio erano freddi; i primi pallidi raggi di sole entravano dai vetri delle finestre trapassando lo strato di polvere che si era andato accumulando durante l’inverno e il leggero velo di umidità che si era accumulato all’esterno.
Hermione camminava veloce verso la Torre, preceduta dal passo felpato di Grattastinchi che sembrava gradire poco il gelo e dirigersi come un fulmine verso il calduccio della sua stanza. Perché la stanza della caposcuola Granger era anche e, soprattutto, la SUA stanza, in cui l’umana dalla folta criniera era ben accetta per via dell’affetto e delle cure che gli portava oltre che, forse, da una certa familiarità testimoniata appunto dalla folta criniera (magari in una vita passata era stata una leonessa, chi lo sa?). E poi condividevano una passione speciale per i rettili: a Grattastinchi piaceva dar la caccia alle lucertole, alla ragazza piaceva stare alle calcagna della serpe bionda, anche se il gatto non aveva ancora ben chiaro la sua modalità di caccia e il fine ultimo. Forse gli sarebbe stato di consolazione sapere che neppure la sua padroncina aveva ben chiaro ancora che cosa la spingeva a cercare costantemente Draco, la serpe che portava il nome di un rettile ancora più grande…
Per entrare nella sala comune dovettero svegliare la signora grassa, che dormiva alla grande russando a ritmo regolarmente superiore. Quando vide Hermione di ritorno dall’infermeria fu veramente contenta, talmente contenta che avrebbe lanciato un canto di gioia se la ragazza non l’avesse pregata di evitare, per non svegliare gli altri ragazzi e, soprattutto, per non rischiare di sforzare le sue delicate corde vocali ancora “addormentate”! Quale dolcezza infinita! La signora la fece entrare accompagnandola con uno sguardo deliziato ed Hermione, nella sua mente, ringraziò Merlino di essere riuscita ad evitare una sveglia anticipata per tutto il castello.
Sempre grazie a Merlino, la sala comune era vuota, nel camino resistevano poche braci di quello che doveva esser stato un bel focherello la sera prima e tutt’intorno c’erano ancora i segni degli altri studenti. Grattastinchi si avviò senza tanti complimenti verso la stanza, miagolando con insistenza, ed Hermione resistette alla tentazione di attizzare il fuoco e stendersi sul divano invece di salire in camera e darsi una sistemata prima di colazione.
La stanza era come l’aveva lasciata quel pomeriggio prima di uscire per andare da Neville, alla serra. Sul letto era buttata alla rinfusa la divisa, il baule ancora aperto per recuperare qualcosa da indossare senza la paura di rovinarlo (mania babbana, la sua), i libri accatastati sulla scrivania…ehi? Lì non era tutto come lo aveva lasciato! C’era un libro in più, un libro che lei non aveva mai visto: era antico, raro, di accurata fattura e aveva un biglietto nella copertina.
“Bentornata a casa, Hermione. D.L.M.”
Un sorriso si allargò sul suo viso. La giornata iniziava decisamente bene!
 
- Draco, aspettami! Non potrai evitarmi per sempre!
- E se lo facessi? La tua molestia, Zabini, a volte è esasperante.
- Si, si… raccontatela! Hai avuto notizie?
- No.
- Hai fatto tutto?
- Si.
- Mi fai copiare la ricerca di pozioni?
- Impiccati!
- Bentornato amico! Facciamo colazione? Ho una fame…
Il nutrito gruppo di studenti verde e argento entrò con un leggero brusio nella sala grande. Draco, nelle ultime file con Zabini, lanciò un’occhiata al tavolo dei Grifondoro ma sapeva che era inutile: se fosse uscita Madama Chips glielo avrebbe fatto sapere. O almeno così credeva. Del resto il suo solito posto era vuoto. Solo un capannello rumorosissimo di Grifoni chiacchierava animatamente preso da chissà quale novità. Girandosi si trovò di fronte Blaise con la faccia di chi non potesse più tenere a lungo un segreto e implorava che gli fosse chiesto: vuoi vedere che lui sapeva che cosa stava agitando quel manipolo di boriosi scavezzacollo? Più che certo! Ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirselo chiedere: tanto tra poco glielo avrebbe detto comunque! Così si avviò verso il suo solito posto e iniziò a far colazione. Intanto, al suo fianco, uno Zabini sempre più impaziente faticava a star fermo sulla panca (ma solo Draco si accorgeva della frenesia delle sue dita tamburellanti sul tavolo) finché non scoppiò.
- Chiedimelo!
- Cosa?
- Chiedimi cosa hanno stamattina i Grifoni?
- Non mi interessa!
- Ma io voglio, io devo dirlo…
- Se proprio non puoi farne a meno…
- Oggi trasferiscono McLaggen al San Mungo! Viene Potter a prenderlo!
Un sopracciglio alzato fu tutto quello che il moro ottenne.
Almeno finché un improvviso silenzio non scese nella sala grande, un silenzio in cui echeggiava il tacchettio preciso e cadenzato della Granger. Un tacchettio che si andava sempre più avvicinando al tavolo delle Serpi.
- Buongiorno Draco! – e volgendo il capo con un cenno – Zabini. Posso?
E si accomodò senza aspettare. “Se si deve fare, che si faccia per bene e senza aspettare tempo” si era detta lei. “E’ folle per davvero!!” si stava dicendo lui, mentre rischiava di farsi andar di traverso il boccone. Blaise, invece, pensò che sarebbe stato educato salutare e andare. Ma… quando gli ricapitava più un’occasione del genere?
- Buongiorno Granger! Hai sbagliato tavolo.
- Hermione, Draco. E no. Non ho sbagliato tavolo. Volevo ringraziarti.
- Di nulla.
Ma non hanno altro da fare qua dentro!
- E volevo dirti che gli Auror vogliono parlarti, prima di portare Cormac al San Mungo.
Noooo. Pure gli auror…uff!
- Per quanto mi riguarda possono benissimo…- Un fulmine lo lasciò secco sulla panca. Lo sguardo di Hermione, infuriata. Salazar! – Ehm, …dicevo: prima delle lezioni o dopo. Non ho intenzione di perdere ancora tempo con questa questione.
Un colpo di tosse: era Blaise che si riprendeva dal the che gli era andato di traverso!
- Naturalmente. Anche io ho perso fin troppo tempo, anche se mi hai tenuta ben aggiornata. E anche di questo ti ringrazio!
Ecco! Adesso sbandiera pure che giochiamo ad auror vs Mundungus con Gazza per i corridoi del castello e la mia reputazione è finita!
- Nient’altro, HERMIONE?
Adesso si altera! Sia mai si scopra che ha un cuore…serpe del cavolo!
- Si! Spicciati o facciamo tardi a lezione.
Blaise li guardò: erano uno spasso! Avrebbe guadagnato un sacco di galeoni con quei due! Scommettiamo!?
 
Gli studenti erano tutti assiepati lungo i muretti del cortile o affacciati dalle finestre dei piani superiori e guardavano con curiosità l’insolita attività che si andava svolgendo davanti ai loro occhi e che vedeva auror e specialisti del San Mungo impegnati nei preparativi per il trasferimento d Cormac McLaggen.
Hermione, triste e furiosa, era andata a protestare vivamente con la preside e gli organizzatori: non dovevano mica trasferire Voldemort! Si sarebbe potuto scegliere un modo più discreto e meno poliziesco!!!
Draco, invece, si era diretto verso lo studio in cui lo aspettavano per la deposizione, con il suo solito passo strascicato e l’espressione altera di chi non ha nulla a che fare con tutto ciò che lo circonda, il broncio di chi sta perdendo tempo in futilità e la disposizione d’animo di un condannato a morte…
In realtà stava cercando di concentrarsi per non far trasparire la paura che aveva provato in quei momenti e che ancora oggi gli faceva tremare le mani al solo pensiero. Non poteva e non voleva apparire debole, l’apparenza di una millantata superiorità di classe era l’unica cosa rimastagli della sua “eredità” di Malfoy, o almeno l’unica a cui concedesse ancora un minimo di valore: ormai sapeva bene che la vera forza risiedeva altrove e che c’era un prezzo da pagare per vivere pienamente sogni e desideri. Un’altra cosa che doveva nascondere, poi, era la rabbia, e non solo quella nei confronti di McLaggen. Anzi, quella andava ormai sbollendo, anche quel ragazzo era stato a suo modo vittima della stessa guerra. Quella che gli faceva bollire il sangue era la rabbia verso gli altri, quelli che ora lo guardavano o come un eroe (ha salvato Hermione!) o con ancor maggior sospetto (cosa pensa di guadagnarci?). Del resto c’era ancora in giro qualcuno che lo voleva morto.
Ad aspettarlo c’era niente di meno che il Capo Auror. La cosa non sarebbe stata nemmeno troppo “indecente”, a suo modo di vedere, se fosse stato da solo ma, naturalmente, si era portato dietro Potter! Sempre tra i piedi…
Parlare di Hermione con i suoi occhi puntati addosso e le orecchie pronte a cogliere anche il non detto non era affatto “accomodante”! Si sentiva il suo sguardo addosso, lo guardava dritto in volto come a volergli scavare dentro, cavare una verità che forse neppure Draco stesso sapeva di avere.Gli fecero le solite domande, diede le solite risposte (Non dire nulla del galeone!! Gli aveva intimato Hermione, lasciando l’aula), voleva che quella storia finisse in fretta. E in fretta finì. Poi il capo auror lo fece accompagnare fuori dal suo attendente. Presto o tardi…
Camminavano silenziosi per il corridoio, uno fianco all’altro ma leggermente distanti, imbarazzati, non sapevano da dove iniziare.
- Malfoy…
- Non è necessario mi accompagni, Potter! E neppure che mi ringrazi. Se cerchi la tua amica, dovrebbe essere dalla vecchiaccia: era abbastanza urtata da tutto questo teatrino! A mai più, spero.
- Non tutta questa fretta, Malfoy! Se dici che non è necessario, non ti ringrazierò anche se hai evitato che mi portassero via la sola persona che posso considerare mia sorella. Non ti dirò grazie, se non vuoi, ma sappi che avrai la mia gratitudine in eterno e se mai potrò ricambiare, lo farò. Ma dubito di poterti rendere mai un servigio altrettanto grande – sospirò - E sono due che te ne devo!
Con Hermione ho già parlato e, no, non mi ha detto nulla di “compromettente” ma di lei mi fido e se lei si fida di te…cercherò di farlo pure io. Perciò ti lascio il galeone di Ron!
- Weasley? Vuoi dirmi che questo è il …coso di Weasley??Argh!!
- Preferivi il mio, Malfoy?
- No, grazie!
Le labbra di entrambi si stirarono in un mezzo sorriso. Potevano concedersi una tregua.
- Allora, Malfoy, come ci si sente ad essere considerato un eroe?
- Ti stai confondendo, Potter! Quello sei tu. Io sono solo la solita serpe, Malfoy, quella che ancora ha i sensi di colpa per non esser arrivato prima a tante cose…
- Eh no! Quello con i sensi di colpa sono io! Quante persone sono morte per me e per le mie scelte?
- Pensa quante ne sarebbero morte e come se non le avessi fatte?
- E tu pensa a come starebbe Hermione se tu non fossi arrivato…
Chi avesse potuto scorgerli in quel momento forse non avrebbe capito. Due ragazzi, ormai giovani uomini, guardavano fuori dai vetri di una finestra, perdendosi tra i rami di un albero. Due sguardi diversissimi ma carichi di un sentimento simile, un misto di dolore, rimpianto, nostalgia, rimorso, fatica, solitudine e paura. Eppure, avanti. Draco ed Harry guardavano avanti, oltre. Erano stati vivi e avevano fatto scorrere la loro vita su binari azzardati e pericolosi. Avevano guardato in faccia la morte, temuto per sé stessi e per i loro affetti più cari. Avevano scelto, sbagliato. Ed erano sopravvissuti, loro. Ed ora volevano tornare vivi, vivi come l’acqua dei ruscelli, come il vento leggero, il fuoco dei camini e la terra fertile. Ma il loro cuore, nudo ormai, non se ne sentiva il diritto, solo il dovere. Avevano paura, entrambi.
- Ascolta bene, Malfoy. Non ho molto tempo, il capo starà iniziando a chiedersi che fine ho fatto. Lei si fida di te. Stalle vicino, non lasciarla sola. Sembra tanto forte ma non lo è. E io non sono qui a prendermi cura di lei.
- Me lo stai chiedendo davvero?
- Certo. Ci vediamo presto.
Si strinsero la mano. Da qualche parte, in un angolo delle loro teste, saettò il pensiero che se lo avessero fatto prima si sarebbero risparmiati un sacco di grane. Ma tant’è…col senno di poi sono tutti bravi a ragionare.
E il giovane auror tornò indietro e sparì lungo i corridoi del castello, lasciando Draco stupito e perplesso. Forse da solo non sarebbe riuscito a dare nuovamente un senso alla sua esistenza. Forse Potter gli aveva appena dato un motivo e solo Salazar sapeva quanto ne avesse bisogno e quanto doveva a quella ragazza che lo aveva riportato indietro dal baratro. Con Hermione, forse, anche la sua anima nera ce l’avrebbe fatta.
Intanto, nel cortile della scuola, nascosta nell’ombra del colonnato, una Hermione furiosa, stanca e sconfitta assisteva con lo sguardo velato dalle lacrime al triste e spietato teatrino che vi si stava svolgendo. Aveva chiesto, pregato, gridato; aveva sconvolto la sua cara vecchia preside e minacciato di rivolgersi al ministro in persona; aveva perfino proposto soluzioni alternative. Niente: McLaggen sarebbe stato portato al San Mungo in quel giorno e in quel modo, “per la totale sicurezza del corpo studentesco”. Furiosa e sconfitta, se ne era andata sbattendo le porte e facendo esplodere diversi vetri dietro di lei. La sola cosa che aveva ottenuto era che sarebbe stato sedato e incosciente: almeno non si sarebbe accorto di nulla, sul momento. Ma era una cosa che era già stata decisa.
Ora, con i pugni stretti abbandonati lungo il corpo e le labbra stritolate dai denti, osservava e meditava, chiedendosi dove avesse sbagliato: non era quello il mondo magico più giusto per il quale aveva combattuto! E per il quale aveva combattuto anche Cormac McLaggen, perdendo amici e affetti. Non se lo meritava. Evidentemente avevano ragione i vecchi quando dicevano che gli unici veri eroi di una guerra sono i morti: ai sopravvissuti non si perdona e presto tardi, per invidia o per ignoranza, gli uomini trovano qualche colpa o infamia da collegare. Forse perché le ragioni della pace sono diverse da quelle della guerra o forse perché, più semplicemente, alla fine di una guerra gli uomini (e anche i maghi) non migliorano. Semplicemente dimenticano, ansiosi di tornare a “come era prima”.
Paradossalmente sembrava che solo Hermione, la vittima, avesse voluto spezzare una lancia nei confronti del suo “aguzzino”. E ora era stanca. Si sentiva maledettamente sola e fuori posto. Non credeva certo che dopo la guerra sarebbero fiorite le rose e il mondo sarebbe diventato un Eden, ma non si aspettava neppure quello: che ne sapevano quei ragazzini di quello che loro avevano passato? Dove erano quando Cormac difendeva la sua (la loro) scuola lanciando incantesimi contro mangiamorte più grossi di lui, rischiando la propria vita e vedendo i suoi amici cadere al suo fianco? Quando nessuno di loro avrebbe scommesso sul fatto che avrebbero rivisto l’alba del giorno successivo e, molto probabilmente, neppure il tramonto di quello stesso giorno? E ora si sentivano pure il diritto di giudicarlo, di umiliarlo… Hermione li avrebbe affatturati tutti!
E forse l’avrebbe fatto se due mani sottili non si fossero posate leggere e decise sulle sue spalle, spingendola lungo un corridoio secondario che andava verso le serre e il lago:non c’era niente da guardare lì!
Non lo aveva sentito arrivare, ma lo aveva riconosciuto subito. E si era lasciata guidare fin sulla riva del lago, a quel tronco abbandonato dove tante volte si erano seduti e appoggiati a guardare l’orizzonte.
Solo lì, si concesse il lusso di piangere davvero.
Bagnando di lacrime amare la sua candida camicia, Hermione capì che non poteva pretendere ciò per cui aveva lottato, che tutto il coraggio e la dedizione spese nella sua lotta non bastavano a fare il nuovo mondo così come lo aveva sognato nelle lunghe notti di veglia all’addiaccio. Si sentì travolta ancora dal peso di quella che era stata finora la sua vita: lunghe notti insonni in biblioteca o nei boschi, fughe disperate e duelli feroci, tanta solitudine solo in parte colmata dalla presenza di Harry e Ron. E ora che aveva portato a termine il suo compito, ora che Harry aveva ucciso Voldemort, ora che Ron non era più al suo fianco e il sogno infantile di una bella famiglia era finito in fumo, ora che a nessuno poteva più essere utile il suo sapere così coraggiosamente e devotamente conquistato, che cosa ne sarebbe stato di lei in quel mondo che non riconosceva più? Per quale motivo era sopravvissuta lei?
Sentiva il petto dolerle come schiacciato da un peso troppo grande, gli occhi bruciarle e il respiro venire meno. Da quanto tempo era lì? Le spalle erano agitate dai singhiozzi, la gola arsa eppure la sua pena non accennava a diminuire. Strinse forte il pugno che teneva poggiato sul petto di Draco, artigliandone la camicia fino a sentirla cedere. E forse fu quel rumore a riportarla in sè.
Draco era lì. La teneva stretta, limitandosi a carezzarle i capelli e ad asciugarle le lacrime. Non sapeva come comportarsi in quel caso, cercava di fare quello che lei aveva fatto per lui quella sera sulla torre. Sentiva che si stava spezzando tra le sue braccia e lui poteva solo cercare di non farla andare in frantumi. Ogni tanto la stringeva un po’ più forte ma non sapeva cosa dirle per riportarla indietro dal pozzo di autocommiserazione in cui stava precipitando e che lui conosceva bene. E Potter gliel’aveva appena affidata…Salazar!
Quando s’avvide che la ragazza stava accennando un momento di lucidità, cercò la sua mano e la raccolse nella propria. Le dita si intrecciarono e lei voltò il viso, poggiandolo sul suo petto in modo da respirare meglio. Aveva trovato un’ancora. Solo allora si concesse di assaporare il ritmo lento e dolce delle sue carezze e il calore del suo fiato sui capelli.
- Granger, hai finito di bagnarmi e strapparmi la camicia?
- Non lo so… scusa
- Sediamoci, sono due ore che piangi in piedi… mi si sono atrofizzate le gambe.
Si accucciarono ai piedi di un vecchio albero poco distante dal lago, rintanati nei loro ampi mantelli neri mentre la piovra gigante agitava i suoi tentacoli facendoli fuoriuscire dalle acque ogni tanto. Se si fosse messo a piovere, una di quelle pioggerelline inglesi di primavera, leggere e persistenti e fastidiosamente tristi, sarebbe stato perfetto per coronare quella orribile giornata.
 
 
   
 
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