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Autore: audry_ enne    15/09/2021    0 recensioni
In questi giorni di clausura forzata è difficile concentrarsi realmente su qualcosa. E’ difficile persino prevedere come sarà, quando sarà, la normalità. Se mai ce ne sarà una. Se questa è una guerra, ci aspetta un lungo e pericoloso dopoguerra, dove il pericolo maggiore è perdere la nostra umanità. Ci servirà una dose di coraggio da veri Grifoni! E le Serpi, come faranno mai? Nessuno si salva da solo. Bisognerà che anche loro imparino a portrarne il peso.
Buona lettura
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo V
Finalmente il sole!
Le belle giornate, l’aria tiepida e il dolce venticello avevano convinto gli studenti ad abbandonare le loro sale comuni per disperdersi tra i prati della scuola. Qualcuno più temerario aveva osato spingersi nelle vicinanze del platano picchiatore ma l’albero non era stato molto contento di avere compagnia. Il povero malcapitato, dunque, era stato costretto a soggiornare nell’infermeria scolastica per qualche ora, ma nulla di più. Una buona parte di studenti si allungava fino alle rive del lago nero e si lasciava andare ad un sonnellino sotto qualche salice. Alcuni provavano a lanciare incantesimi su vari oggetti e piccoli animali: a volte i risultati non erano quelli attesi; altre volte sì e, allora, ci poteva trovare circondati da allegre farfalline o colorati e profumati fiorellini ; oppure immersi in aromi che andavano dalla frutta alle rose, dal cioccolato al pane, dalla carta al sudore!
Tutti, però, armati di buona volontà, portavano con sé i libri nella speranza di riuscire a ripassare qualcosa o, comunque, di procurarsi una motivazione per il loro vagabondare intorno al castello, fosse solo per tacitare la propria coscienza.
Dall’alto della torre, dalla sua finestra inondata di sole la preside McGranitt osservava compiaciuta quella variopinta gioventù muoversi e vivere. Era una meravigliosa normalità quella che si muoveva sotto il suo sguardo attento e benevolo, così diverso da quello misterioso e divertito del preside Silente o da quello insondabile del  preside Piton, ma altrettanto innamorato dei suoi studenti, della sua grande, rumorosa, scombinata famiglia!
Certo, se qualcuno avesse alzato gli occhi sul quadro dell’ex preside Severus Piton non avrebbe mai definito il suo sguardo “innamorato”, vista l’aria di disinteresse e di puro fastidio che traspariva dalla sua espressione, sempre più disgustata ad ogni risata che raggiungeva le sue orecchie. La preside lo notò e rise. E rise anche il quadro di Silente. Era bello tornare a ridere con leggerezza, soprattutto dopo ciò che quel nuovo anno aveva riservato alla scuola. Con una smorfia di disappunto la figura di Piton abbandonò il suo quadro, magari per andare a sorridere pure lui dove, però, nessuno lo avrebbe potuto vedere.
Sembrava il momento giusto per una bella tazza di the, magari quello agli agrumi che aveva trovato qualche tempo prima in un negozietto che vendeva prelibatezze babbane a Diagon Alley. Sì, era proprio venuto il momento di assaggiarlo!
Un movimento preciso e impercettibile del polso e già sul tavolino era apparso tutto il necessario quando udì il tacchettio svelto e nervoso di qualcuno.
La caposcuola Granger bussò alla porta della Preside cercando di non perdere l’equilibrio faticosamente raggiunto viste le troppe carte che teneva in bilico tra e sue braccia: inviti, programmi, promemoria, elenchi…  Era tutta la settimana che si divideva tra lo studio (Merlino, gli esami!!!) e l’organizzazione della commemorazione che da “una cosa semplice” si era andata trasformando in una sorta di manifestazione internazionale! E bisognava non scordarsi di niente e nessuno per evitare strascichi poco gradevoli a causa di sensibilità diverse ma tutte delicate. Hermione era così giunta alla conclusione che la diplomazia non sarebbe stata il suo futuro!
Per fortuna c’era Draco! Lui, per natura, educazione e ambienti frequentati, conosceva persone, rapporti, pettegolezzi e sapeva districarsi in situazioni a lei sconosciute, evitandole di combinare diversi disastri. Si era ritrovata più volte a benedire la sua presenza, invisibile e concreta ad un tempo.
Le era divenuto essenziale. Le veniva spontaneo chiedersi cosa lui avrebbe pensato di ogni cosa che le capitava, come l’avrebbe affrontata, come avrebbe reagito a certe situazioni in cui lei si veniva a trovare. Soprattutto Draco era il suo supporto in alcuni momenti terribili, quelli in cui qualcuno la ringraziava per ciò che lei aveva fatto o in cui qualche ragazzino con occhi pieni di ammirazione le chiedeva consigli per essere come lei. Come lei, come? Una saputella ripiena di libri e con un po’ di furbizia che ora non riusciva a vedere nessun posto intorno a se senza ripensare alla guerra? Oppure preferivano la versione di lei che, saccente come pochi, non era riuscita a proteggere tutti i suoi amici e la sua famiglia?
Era Draco a ricordarle che la perfezione non le era mai stata richiesta e che già aveva fatto fin troppo permettendo a Potty di sopravvivere, impedendogli di morire per qualche fesseria dopo che per miracolo era scampato a Voldemort! Lei, fintamente offesa, gli ricordava che Harry era il suo  miglior amico e lui faceva finta di inorridire per tanto cattivo gusto… A volte tutto ciò le sembrava assurdo, altre le era di conforto, altre ancora, scuoteva il capo e rideva come una sciocca. Se si fosse guardata allo specchio avrebbe trovato dei tratti incredibilmente somiglianti tra se e tutte quelle ragazzine che sospiravano al passaggio di Blaise Zabini. E ne sarebbe rimasta traumatizzata.  
La Preside le offrì una tazza di the bianco, una prelibatezza babbana che aveva scovato in un suo giro a Londra. Le avevano assicurato che era un vero toccasana, particolarmente adatto a ridare energia quando si era stanchi o si attraversava un periodo difficile. Hermione lo accettò più che volentieri, sentiva di averne molto bisogno: quando la situazione lo richiedeva, aveva vestito i panni dell’eroina e aveva giocato duro; ma, ora, non erano più quei tempi: anelava a un po’ di quiete e, perché no, di silenzio e mancanza di responsabilità.
Bevve il the e, mentre illustrava alla Preside tutte le ultime novità relative all’organizzazione della commemorazione, assaporando con gratitudine e una certa sorpresa il gusto della bevanda, fece vagare il suo sguardo curioso e attento intorno a se, posandolo leggero sugli scaffali pieni di libri (alcuni dei quali aveva già in mente di chiedere in prestito), sugli oggetti riconoscendo quelli che già erano presenti nello studio ai tempi di Silente, quelli provenienti dal vecchio studio dell’allora professoressa di trasfigurazione e scorgendone di nuovi. Una cosa la colpì: un anomalo e fastidioso disordine animava lo scrittoio della Preside, sintomo del fatto che si stava occupando di qualcosa di poco gradito. Con fare disinvolto e sempre continuando ad enumerare invitati, orari e circostanze, la Caposcuola Granger si avvicinò al vecchio trespolo di Fanny, da cui si godeva un’ottima panoramica sulle carte sparse sullo scrittoio: una bozza di discorso, appunti di trasfigurazione avanzata, elenchi di comunicazioni da dare a docenti e studenti giacevano abbandonati sotto una ricordella utilizzata a mo’ di fermacarte; la piuma invece giaceva accanto a dei fogli che avevano tutta l’aria di essere richieste da parte di genitori o tutori di studenti, accanto a fogli su cui campeggiava lo stemma della divisione Auror. Ma chi erano e cosa chiedevano?
Hermione stava giusto illustrando le modalità dell’intitolazione  di un corridoio dell’ala Ovest del castello a Fred Weasley quando un suo improvviso e scomposto movimento fece involontariamente crollare il trespolo sullo scrittoio della Preside, causando la rovinosa caduta accidentale di ciò che vi stava sopra… La ragazza, costernata, prontamente si lanciò per recuperare i documenti e porre rimedio alla sua disattenzione e, nel farlo, un piccolo, silenzioso incantesimo gemino le permise di intascare in maniera discreta una copia delle misteriose carte su cui stava lavorando la McGrannit.
A quel punto pensò che non era il caso di tentare oltre la sorte: illustrò velocemente quanto restava da illustrare, raccolse con un sorriso i ringraziamenti della Preside per il lavoro (ottimo come sempre) svolto e, chiedendo ancora scusa per il piccolo incidente, infilò la porta salutando.
La Preside tornò al suo the; Silente sorrise beffardo: i suoi ragazzi cambiavano il pelo ma non il vizio!
 
Spesso Draco aveva eletto le rive del lago nero a suo personale rifugio, specie quando aveva bisogno di stare solo e riflettere seriamente sulle cose. Ma da quando le giornate si erano fatte più piacevoli, le rive erano divenute un po’ troppo affollate per i suoi gusti (ma nessuno si spaventa più della piovra gigante?? Tutti grifoni sono diventati, qua!) e, quindi, aveva ripiegato per la più classica aula di astronomia. Avrebbe potuto scegliere un altro posto, meno carico di brutti ricordi, forse, ma certo non più carico di significati per lui. E poi, onestamente, non voleva più privarsi della luce del sole: per troppo tempo aveva scelto l’oscurità, ora era il momento di apprezzare ciò che prima non aveva saputo scegliere. E non solo il sole.
Quella mattina aveva ricevuto due gufi. Una cosa insolita (chi mai vuol avere a che fare con un dannato come me?) e, visti i mittenti, irritante e per niente piacevole: sicuramente non portavano liete novelle. Aveva preso le due pergamene e se l’era infilate nella borsa avendo cura che nessuno prestasse troppa attenzione, soprattutto la Granger che giusto in quel momento stava entrando in sala grande; poi aveva dato del cibo ai volatili e questi erano ripartiti, segno che non aspettavano una risposta immediata.
Naturalmente la pia illusione che lei non si fosse accorta di nulla durò il tempo di un lampo, quello che attraversò l’iride di lei mentre riconosceva il gufo di Potter (solo lui poteva essere così idiota da usare il proprio gufo per intrattenere una corrispondenza che, a suo dire, doveva restare “personale”… ma cosa ti potevi aspettare dal “ragazzo miracolosamente sopravvissuto”?); a lui non restò che guadagnare l’uscita con passo regale (cioè, con la coda tra le gambe e in fretta senza che nessuno – tranne lei – se ne accorgesse)e ringraziare (sigh!) che l’appuntamento del mattino con la Preside gli permetteva di avere almeno un’oretta di solitudine per leggere le missive e, all’occorrenza, cercare di inventarsi qualche inutile frottola che potesse servirgli da via di fuga.
La missiva di Potter si rivelò inconcludente. McLaggen si stava riprendendo ma non faceva nomi, per ora. Diceva solo di guardarsi le spalle anche dai suoi compagni di casa e di non mettere Hermione nei guai, se ci riusciva… Potter, l’inutile immortale!
La seconda, invece, non se l’aspettava proprio. Nella torre d’avorio in cui si era rinchiusa Narcissa Black in Malfoy non soffriva, evidentemente, né di solitudine né di mancanza di informazioni. Con parole dure e autoritarie la madre gli comunicava che sarebbe stata presente alla cerimonia e che al termine della stessa sarebbero rientrati insieme al Manor al fine di evitare altri incidenti come quelli di cui era stata casualmente informata solo di recente; aggiungeva  che alcuni conoscenti, i Rosier, avrebbero trasferito i loro cari da Hogwarts il più presto possibile, mentre lei voleva valutare con lui tutte le diverse possibilità. Draco dapprima pensò che avrebbe dovuto almeno minacciare di incendio un paio di ritratti troppo chiacchieroni ma poi cominciò a riflettere e rilesse, tra le righe, la missiva materna.
Narcissa era preoccupata, molto preoccupata, dell’incolumità del figlio e non si fidava di nessuno, a prescindere da casata di appartenenza o rapporti di amicizia. Voleva sincerarsi di persona: solo questo era il motivo che poteva spingerla a lasciare il Manor e a presentarsi ad una manifestazione dove non avrebbe certamente trovato molte facce cordiali. Lo informava, inoltre, che nonostante le minacce e gli attentati fossero diretti solo a lui, i Rosier (da sempre considerati spine nel fianco piuttosto che conoscenti, gentaglia con cui Narcissa Malfoy non intratteneva rapporti dalla fine della guerra) si stavano preparando a spostare in fretta e furia i propri figli dalla scuola, probabilmente per spedirli a Durmstrang dove la loro genia di mangiamorte avrebbe trovato migliore accoglienza. Ma se i ragazzi Rosier non correvano alcun pericolo perché spostarli alla vigilia degli esami? Forse perché non erano ancora in pericolo, ma se ...
Per quanto riguarda le diverse possibilità, il ventaglio era veramente molto ampio: andava dalle maledizioni proibite alla ritirata strategica, ma Draco prevedeva e sperava di non dover arrivare a sostenere un discorso di tal fatta con sua madre, non ora. Del resto, tra le opzioni c’era anche quella di risolvere tutto prima della cerimonia e non aver nulla da discutere con lei, no?
Ma come?
Mentre era immerso in questi pensieri, la porta dell’aula si aprì e una trafelata Hermione Granger entrò sventolando alcuni fogli come se avesse trovato la formula per trasformare le pietre in oro.
-  I fratelli Rosier, Serpeverde; Zeller, Tassorosso; Burbage, corvonero…
- Calmati Granger e non dare nomi a casaccio!
Sebbene il fiatone dovuto alla corsa ancora le impedisse di parlare, Hermione riuscì a terminare la frase
- Vogliono lasciare Hogwarts! La preside aveva queste sulla sua scrivania…Harry che dice?
Draco allungò la mano per prendere i documenti che la ragazza gli porgeva e intanto ghignò.
- Che vuoi che possa dire Potter? Nulla. Molto più utile mia madre! Leggi questa!
I ragazzi si presero alcuni minuti per leggere le novità e riflettere.
I Rosier erano ancora dediti alla causa, non era un mistero per nessuno: il padre, mangiamorte spietato, era ospitato ad Azkaban; la madre, che non aveva ricevuto il marchio e su cui non erano state trovate prove, era tornata al maniero avito e, con i suoceri, educava quei due  virgulti alle più medievali dottrine in fatto di sangue e magia…roba che Lucius Malfoy poteva essere scambiato per un progressista!
La madre di Zeller, invece, era ancora ricoverata al San Mungo dove stavano cercando di curarla da una maledizione lanciatale da Bellatrix durante l’ultima battaglia. Da quel che si sapeva, era fuori pericolo e i curatori erano certi che sarebbe tornata a star bene ma il percorso era lungo e doloroso.
Burbage… era il nipote di Charity Burbage, non era necessario aggiungere altro!
- Evidentemente vogliono esser certi di essere ben lontani dalla mia portata e da quella di Harry, quando McLaggen vuoterà il sacco! Draco, dobbiamo…
Ma lui già non l’ascoltava più.
Draco ancora non sapeva se il suo più alto atto di codardia fosse legato all’assassinio della povera professoressa di babbanologia o alla tortura di Hermione: in entrambi i casi, non sapeva darsi pace e, in fondo, poteva capire i motivi che muovevano il ragazzo. C’erano cose che non potevano essere perdonate!
Se dietro alle aggressioni c’erano questi nomi, forse era il caso di rivalutare l’opzione di ritirata strategica…
Col viso affondato tra le mani e lo sguardo sbarrato, Draco sembrava scivolare sempre più nel suo personale inferno, orrore liquido che gli levava il respiro e in cui affondava al di là di ogni ragionevole considerazione. Perdonarsi non è un’operazione che si fa una volta per tutte, lo si deve fare ogni giorno per ogni nuovo dolore che si scopre o riscopre. E non sempre si riesce a farlo.
- Draco, guardami!
Una voce dolce e decisa, mani delicate che gli alzano il viso, occhi caldi che fissano e scaldano il suo spirito.
- Non l’hai uccisa tu! Non mi hai torturato tu! Eri lì ma non avresti potuto far nulla se non farti uccidere!
- Lo so. Razionalmente, lo so. Ma non aiuta…
- Non puoi e non devi pagare colpe non tue!
Avevano già fatto quel discorso e Draco sapeva che anche se si fosse fatto martoriare non sarebbe servito a riappacificare il mondo magico, sarebbe solo stata una vittima in più. I suoi carnefici presto avrebbero trovato qualcun altro in cui incarnare tutti i mali del mondo.
Non poteva cancellare il passato e neppure tornare indietro a cambiarlo. I segni di quanto era stato li portava impressi nella carne e nell’animo: era così stanco di fare a pugni con sé stesso, di combattere contro il senso di colpa e di inadeguatezza. Si sentiva sempre inadatto e non accettato… in sala grande, a lezione… C’era sempre un motivo, una persona, un ricordo per cui lui era di troppo. il solo posto dove si sentiva sicuro e accettato era anche l’unico posto che non avrebbe mai potuto avere: accanto ad Hermione, la regina dei Grifoni, eroina di guerra, che incarnava tutto quello che lui non era stato, non era e forse non sarebbe mai stato. Eppure desiderava che gli fosse concessa una possibilità di risalire dal suo sprofondo, voleva poter credere in una possibilità.
E guardando nel profondo degli occhi di Hermione gli sembrava di cogliere la luce di quella speranza, la speranza di tornare a vivere. In quegli occhi, che lo vedevano e lo guardavano come nessun altro aveva fatto prima, Draco leggeva un universo di magia in cui poteva trovare redenzione, cambiamento… pace.
I ricordi sarebbero rimasti ma non sarebbero stati più un tormento, col tempo, scendendo a patti con sé stesso e con la vita. Gli sarebbe mai stato concesso tanto? Trovare qualcuno che potesse dargli lo spazio che solo la fiducia poteva concedere?
Il viso di Draco si abbassò fino a far combaciare le fronti, a far sfiorare le punte del naso, a combinare le labbra…
Un bacio inatteso, il cuore furioso, una fine e un inizio. Sentirsi rinascere.
Quando le loro labbra si staccarono, lieve come un soffio d’aria, la ragazza gli lasciò quattro parole sulla bocca e nel respiro. Erano parole che esprimevano la consapevolezza di chi può e vuole mettersi in gioco. Secondo le regole, sì, ma per scardinarle dal profondo, per creare da quelle rovine nuovi spazi in cui tutti avrebbero potuto far vivere nuove idee, nuovi sogni, nuovi desideri. Tutti. Anche loro due!
- Io credo in te, Draco.
Hermione lo sapeva. La guerra li aveva visti cadere entrambi, in modi diversi ma comunque strazianti: il dolore di vinti e vincitori si somiglia sempre.
E solo insieme si sarebbero potuti rialzare, a costo di rimpianti e rimorsi. E perdono, di entrambi. Non sarebbe stato un percorso facile. Li avrebbero guardati e giudicati; avrebbero dato ragione a Cormac McLaggen; li avrebbero rimessi di fronte ai loro fantasmi, ai morti che lui aveva causato, che lei non aveva saputo salvare (perché è inutile sapere tutto quello che so se poi al momento giusto sono in grado di salvare nessuno…avrei voluto morire io al posto di Fred, di Tonks, di Lupin…)
Ma in quell’improvviso silenzio che li circondava, Draco ed Hermione iniziarono a scegliersi. Scegliersi non era e non sarebbe stato semplice perché loro non erano persone semplici, ne erano consapevoli. Non potevano dare nulla per scontato: un singolo errore, per quanto insignificante, avrebbe potuto creare un abisso in cui i loro fragili equilibri avrebbero potuto naufragare e non si sarebbero ritrovati più l’uno accanto all’altro. Ma era la loro chance per andare avanti ogni giorno. Abbracciati.
 
E abbracciati li videro scendere dalla torre di astronomia e dirigersi verso la guferia. Insieme, mandarono un messaggio a Potter con quanto avevano scoperto e con le loro considerazioni in modo che gli Auror avrebbero potuto fare il loro lavoro.
A nessuno dei due interessava la vendetta.
Non era la loro strada. Ne avevano scelta una migliore, più luminosa: quella della giustizia e del perdono. E iniziava dalle loro mani intrecciate, dalle loro dita ostinatamente strette contro i pregiudizi di chiunque avesse mai voluto additarli in qualche modo.
 
   
 
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