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Autore: Marydb13    02/09/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 9- Fuga da Alcatraz camera di Mercer
Di quando Cutler portò l’esercito a Karate
 

L’”attendere” di Mary durò all’incirca due minuti: giusto il tempo di prendere a pugni il muro, blaterando cose del tipo “Stupido Mr. Mercer” o “Brutto cattivo!”. Quella che sul momento le era sembrata una trovata geniale per sbollire la rabbia, si era presto rivelata una pessima idea. Maria Vittoria non si era mai distinta nello sport, e Karate non faceva certo eccezione. In particolare, nonostante i lunghi anni di allenamento, non era ancora in grado di tirare un pugno decente, che fosse uno. Immaginate, dunque il risultato derivante dal colpire, senza esserne in grado una parete bianca. Due parole: parete rossa.
‹‹Ahi, ahi, ahi! Ma perché non me ne va mai dritta una?›› si lamentò, cercando di mantenere il tono più basso possibile, mentre saltellava per la stanza, soffiandosi sulle nocche delle mani. Non voleva certo attirare l’attenzione dei ladri.

Sconsolata, prese la sua cassetta personale del pronto soccorso (un vero Fantozzi ne ha sempre bisogno) ed iniziò a disinfettare e fasciare le ferite. Mentre procedeva con la medicazione, si concesse del tempo per ragionare sul da farsi. Rimanere ferma ad aspettare era assolutamente fuori discussione. Ma Mr. Mercer l’aveva capito o no che era una persona ansiosa? Era talmente codarda che preferiva affrontare i ladri che rimanere nascosta in un angolo a farsi film mentali su ciò che sarebbe potuto accadere se l’avessero trovata. Avete presente il detto “Il problema non è quando vedi il ragno, ma quando non lo vedi più”? Ecco, Mary ne aveva fatta una filosofia di vita.

Eppure, non poteva nemmeno contravvenire agli ordini del signor Mercer… non aveva nessuna intenzione di scoprire che cosa intendesse con “peggio delle botte”. Che fare, dunque?
‹‹Signore, mandami un segno dall’alto, per favo…›› non fece in tempo a terminare la frase che un fulmine cadde nel suo giardino, distruggendo la statuetta di brontolo (sì, ho Biancaneve e i sette nani in cortile… Non giudicate, okay? Okay? OKAY?! Nd: Mary).
‹‹Arg, terribile presagio…›› commentò lei, preoccupata, per poi assumere un tono più pio: ‹‹Ma grazie, comunque, per il pensiero!›› Una statua abbattuta da un fulmine era da sempre stata un evidente segno di sventura e lei non voleva certo ignorarlo e fare la fine di Caio Giulio Cesare. Inoltre, se l’intuito non la ingannava, brontolo poteva benissimo rappresentare Mr. Mercer (chissà perché… Nd: me). Che fosse in pericolo? Maria Vittoria ne dubitava fortemente, ma tanto valeva andare a controllare. Del resto, non voleva mica fare la fine di Publio Sestio Baculo1… Fu così che prese la sua decisione: si sarebbe nascosta dietro una parete ed avrebbe osservato l’evolversi degli eventi. Solo allora, avrebbe deciso se intervenire o meno.
Fiera della sua decisione, spostò leggermente il quadro che aveva appeso sopra la scrivania e questo rilevò la presenza di una chiave, rigorosamente verniciata di rosa. Da quando Mr. Mercer era entrato nella sua vita (anche se detto così sembra quasi una relazione amorosa, hahaha), la ragazza aveva avuto l’accortezza di nascondere le doppie-chiavi all’interno di ogni stanza, proprio in previsione di eventi di questo tipo. Ovviamente, poi avrebbe finto di aver aperto la porta con delle forcine per capelli. Faceva decisamente più scena, e poi voleva proprio vedere la faccia dell’uomo quando avrebbe cercato, invano, di comprendere come avesse fatto ad uscire senza danneggiare la porta.

Cercando di non fare troppo rumore, infilò la chiave nella toppa ed aprì la porta lo stretto necessario per poter sporgere la testa e controllare che non ci fossero pericoli in vista. Una volta assicuratasi che nel corridoio non ci fosse anima viva, si decise ad imboccare le scale che conducevano al piano superiore, dove provenivano dei rumori piuttosto molesti. E se riusciva a sentirli lottare ed imprecare fin lì, nonostante la tempesta colossale che infuriava fuori, dovevano essere davvero in difficoltà. Mentre saliva i gradini, udì un fragore che assomigliava in maniera preoccupante a quello di una libreria che veniva ribaltata. “I miei bambini!” pensò la poveretta, mentre si affrettava a salire per accertarsi delle condizioni dei suoi amati libri. “Speriamo che, almeno, non abbiano tirato giù i vocabolari: domani ho la simulazione di seconda prova!”.
Giunta a destinazione, per poco non rischiò di cadere all’indietro e ripercorrere tutti i gradini appena saliti. Infatti, non appena si affacciò in soggiorno, dovette abbassarsi per evitare di essere colpita da una sedia volante. E meno male che lo aveva pregato di non produrre ferite visibili sui loro inattesi ospiti. Mentre si avvicinava alla “scena del delitto”, appiattendosi il più possibile contro le pareti, ebbe l’opportunità di osservare un po’ meglio la scena e ne fu ampiamente disgustata. Gente sanguinante che si rialzava solo perché, magari, l’avversario aveva sorriso in modo tale che poteva implicitamente significare una lievissima e non intenzionale offesa al suo orgoglio di uomo. Le venne in mente la scena di Commando in cui la hostess, assistendo al combattimento tra Arnold Schwarzenegger e il cattivo di turno in un motel, si domandò, esasperata: “Ma perché i maschi sono così litigiosi?”. Ecco: perché? Dicono che le donne siano troppo complicate e vendicative e che per un’unghia spezzata dichiarerebbero guerra ad un altro stato… Ma quale donna si comporterebbe in maniera così infantile e sconsiderata? I misteri del maschilismo…
I suoi pensieri furono interrotti dalla vista di un energumeno con dei capelli lunghi e setosi. Ma come faceva ad averli così lucidi e perfetti anche con il 99% di umidità e dopo tutte le “botte da orbi” che doveva aver incassato? (Cervello di Mary: Concentrati, cretina! Non ha catturato la tua attenzione per via della sua folta e curata chioma, ma perché sta puntando una pistola contro Mr. Mercer)

Le sembrò che il braccio del testimonial della Pantene si muovesse a rallentatore, mentre metabolizzava la sua mossa e ragionava sul da farsi. Ed era proprio nei momenti di pericolo che le esperienze apprese durante le lezioni di Karate si dimostravano fondamentali. Le sembrava quasi di vedere un flash del suo istruttore che, dopo averli fatti sedere in semi-cerchio davanti a lui, li ammoniva seriamente: “Che cosa fate quando vedete qualcuno con una pistola? Scappate!”. “Grazie, Sensei: lei sì che sa come aiutare i suoi allievi nelle difficoltà!” lo maledisse mentalmente. Ma perché li pagava per farsi dire delle cose che potrebbe sapere qualsiasi persona con un minimo di buon senso?
Così, ignorando qualsiasi allarme mandatogli dal suo cervello, si portò silenziosamente dietro le spalle dell’uomo (fece in tempo, dato che dovette fare meno di mezzo metro, hahaha), intrecciò le dita e lo colpì tra capo e collo come in una sorta di bagher dei poveri verso il basso. Probabilmente fu il pungo, se così si può chiamare, più potente che fosse mai riuscita a tirare. Forse, quando il suo istruttore le diceva che era più brava quando non pensava, non voleva prenderla (solo) in giro. Interessante

Poi, come aveva imparato bruscamente durante lo stage con una palestra turca, lo colpì ripetutamente, senza dargli un attimo di respiro. Bruscamente, nel senso che il ragazzo che la stava aiutando a capire lo stile del combattimento in strada, aveva preferito darle prima una dimostrazione e poi spiegarle le basi. L’aveva pestata brutalmente, fino a proiettarla a terra e poi, non contento, le aveva camminato sopra letteralmente. Quando si dice pestare qualcuno, in tutti i sensi del termine.
Tornando a noi, Maria Vittoria gli tirò una gomitata al centro della schiena e proprio in corrispondenza della colonna vertebrale, levandogli il fiato, per poi colpirlo immediatamente dietro il ginocchio sinistro e alla caviglia. Come quest’ultimo, non aspettandosi nulla di tutto ciò, vacillò all’indietro, Maria Vittoria gli afferrò il gomito destro e la mano sinistra, con cui impugnava la pistola. Inserì la gamba sinistra tra le sue, per poi posizionarla davanti alla sua e fare leva, sfruttando il suo dolce peso e la torsione del corpo (altrimenti, ahi lei, non avrebbe mai potuto competere con uno scimmione alto quasi quanto Mr. Mercer) e continuando, dunque a minare al suo equilibrio. Simultaneamente, esercitò il cosiddetto “morso dell’asino” sul suo gomito sinistro e riuscì perfino a portarglielo dietro la schiena, bloccandoglielo in un’angolatura irregolare. Se le avessero almeno insegnato a spaccare le ossa, l’avrebbe fatto senza la minima esitazione, ma no! Dovevano perdere tempo a spiegargli che se vedevano un individuo sospetto con una pistola dovevano scappare… che savi!

In tutto questo, nemmeno lei seppe come, riuscì anche a costringere l’uomo a sparare tutti i colpi verso il pavimento. Continuò a fargli perdere il grilletto, tendendo il suo corpo al massimo per lo sforzo di bloccare un colosso del genere, per sette volte, anche quando le munizioni smisero di esplodere. Non voleva assolutamente rischiare che, per una sua negligenza, l’uomo potesse riprendere a sparare con un colpo vacante rimasto nel tamburo. La “roulette russa” preferiva vederla solo nei film.
A quel punto, sempre contro ogni previsione, riuscì a fargli mollare la presa sull’arma, piantandogli le unghie (che non aveva per colpa del Karate) nel polso. E, per concludere in bellezza, stava per utilizzare una mossa che si era ripromessa di utilizzare solo in momenti di straordinaria necessità e urgenza (cit. costituzione), ovvero riportare indietro la gamba sinistra e sollevare il ginocchio sinistro verso una zona che i nostri cari maschietti dovrebbero proteggere a costo della vita, ma che si ostinano a lasciare scoperta, dato che passano l’80 % del loro tempo con le gambe divaricate. Non dovette, tuttavia, rischiare di venir meno ai propri principi (o, soprattutto, che l’uomo si riprendesse e le spaccasse la testa a suon di mazzate), dato che Mr. Mercer afferrò l’uomo per la gola e lo scaraventò a terra, sbattendogli più volte il cranio sul duro pavimento. Del resto, ora che si era accertato che almeno uno degli “invasori” possedevano delle armi da fuoco, poteva anche smettere di trattenersi. Anche se non avrebbe potuto utilizzare le armi da fuoco della sua epoca, dato che poi non avrebbe avuto modo di spiegare la loro presenza nella casa della mocciosa che, tra parentesi, non aveva nemmeno il porto d’armi. Che essere inutile! (Hey! Ho compiuto 18 anni da poco, e poi perché mai dovrei avere il porto d’armi se non possiedo nemmeno una pistola. Nd: Mary)

Maria Vittoria non ebbe nemmeno il tempo di gioire (per il fatto di essere ancora viva, ovviamente, non per le angherie di Mr. Mercer sul corpo del delinquente… fosse stato per lei, li avrebbe rabboniti con del cibo), che altri due le furono addosso. Contemporaneamente, le affollarono il cervello tutti quei pensieri da donzella spaventata che non avevano avuto il tempo di uscire prima, a causa della botta di adrenalina. Istintivamente, tastò la parete, senza voltarsi, fino a raggiungere l’interruttore della luce, cosa non semplice, dato il tremore delle sue mani. “Adrenalina cara, mi hai già abbandonato?” si domandò al culmine della disperazione, mentre socchiudeva gli occhi e accendeva la luce, stordendo gli uomini che, a loro differenza, indossavano gli occhiali per la visione notturna.
Approfittò, dunque, della confusione per raggiungere le scale che conducevano alla soffitta, mentre Mr. Mercer le urlava dietro: ‹‹Perché diavolo non sei rimasta dove ti avevo detto? Potevi farti uccidere!›› Fortunatamente, era troppo impegnato a menare colpi a destra e a manca, per poterla raggiungere. “Speriamo che si sfoghi adesso e che dopo non abbia più voglia ed energie per mettere in pratica le minacce di poco fa” pregò lei, mentre continuava a salire le scale a perdifiato.
‹‹Ve ne farete una ragione!›› gli urlò di rimando lei, mentre trascinava dei pesanti scatoloni vicino alla ringhiera, per poi estrarne i libri ed i quaderni che aveva utilizzato dalle elementari fino alla quarta superiore. Iniziò a scagliarli con forza giù dalle scale, mirando alle zucche vuote che si avvicinavano troppo a Mr. Mercer e non sbagliando mai un colpo. Sarebbe indubbiamente stata un ottimo cecchino. La cosa divertente è che spostava scatoloni e lanciava libri con una tranquillità ed una naturalezza tale che chiunque l’avesse vista in quel momento, avrebbe pensato che lo facesse abitudinariamente.

‹‹B-basta!›› si lasciò sfuggire uno dei loschi figuri, sul punto di soffocare, tale era la quantità di fogli e ciarpame vario con cui lo stava letteralmente sommergendo.
‹‹Ma come, ne avete già abbastanza? Ma se non sono ancora arrivata nemmeno al primo biennio!›› si finse profondamente dispiaciuta, mentre continuava a bersagliarli. Approfittando dello stato confusionale creato dalla sua trovata dell’ultimo minuto, si prese del tempo per analizzare la situazione. Contò dodici uomini, di cui, fortunatamente, cinque erano stati definitivamente messi fuori gioco e due erano sul punto di cedere. Erano ancora in troppi, ma si poteva rimediare. O meglio, Mr. Mercer poteva rimediare, dato che lei, impedita com’era, era già tanto se era riuscita a non farsi ammazzare… per il momento. Eppure, per la prima volta in vita sua, si rendeva conto di riuscire ancora a ragionare lucidamente. Di solito si spaventava a morte per molto meno e la paura era tale da paralizzarla e renderla incapace di reagire.
Maria Vittoria diede il merito di questo suo cambiamento sorprendente alla presenza di Mr. Mercer (chiunque si sentirebbe più tranquillo con un Rambo in casa, non so se mi spiego. Nd: Mary) ed all’acquisita fiducia in sé stessa data la buona riuscita, con ogni probabilità per mezzo dello Spirito Santo, delle sue trovate precedenti. Si ritrovò, infatti, a pensare che, per essere una ragazza italiana, stava reagendo niente male. Era persino riuscita a disarmare un uomo armato. Lei, la figlia nascosta di Fantozzi, quella che rischiava perennemente il debito in educazione fisica. Proprio lei. Era riuscita laddove molta gente decisamente più forte ed esperta di lei aveva fallito. Poco importava il perché o il per come: l’unica cosa che contava era che lei era ancora in piedi e l’uomo che aveva cercato di sparargli no. Questa consapevolezza le diede la carica per correre giù dalle scale, approfittando del temporaneo stordimento dei loro assalitori, e recarsi in cucina per “armarsi”. Notando che Mr. Mercer stava cercando di fermare quelli che la stavano inseguendo, gli gridò: ‹‹に››. La ragazza aveva, infatti, scoperto poco dopo l’incidente con la suoneria del suo telefonino che Mr. Mercer parlava perfettamente il Giapponese. Lei conosceva giusto i vocaboli e costruzioni delle frasi di sopravvivenza, ma fino ai numeri ci arrivava pure lei, cosa che sperava sinceramente non capissero gli altri. Del resto, “Ni” poteva anche essere una lettera dell’alfabeto greco, oppure un’esclamazione di terrore, per quanto ne potevano sapere loro.
L’uomo, fortunatamente, le diede qualche secondo di vantaggio, prima di assecondare la sua richiesta e ciò le permise di afferrare un coltello da cucina di medie dimensioni e di nasconderlo nella manica destra del pigiama. Prese, poi, una sedia di legno ed incastrò quattro coltelli sotto il sedile, sfruttando le fessure nell’imbottitura di paglia. Pose la sedia davanti a sé, e ne afferrò debolmente lo schienale, cercando di dare l’impressione di volerla utilizzare solo per un estremo tentativo di difesa. I due uomini, entrando, quasi ridacchiarono all’idea di vedere una ragazzina vestita di rosa che cercava disperatamente di proteggersi con lo stesso metodo che utilizzava il domatore di leoni al circo.

‹‹S-signori malfattori, n-non avvicinatevi, vi prego›› il balbettio le venne talmente bene che lei stessa ebbe difficoltà nel capire se fosse stato solo una finzione, oppure se fosse dovuto alla tensione per ciò che sarebbe accaduto poco dopo.
Vedendo che questi sghignazzavano e continuavano ad avvicinarsi, tentò di dissuaderli: ‹‹M-ma non preferireste, che so… una torta, magari? Combattere è un’attività estremamente stancante: avete bisogno di energie per continuare a fare il vostro, hem… lavoro?››
I due si scambiarono un’occhiata complice che alla ragazza non piacque per niente: che cosa stavano confabulando?
‹‹Non abbiamo bisogno di torte, ma ci si può sempre mettere d’accordo…›› ghignò quello più basso.
‹‹Fatemi pensare: in frigo ci sono i cannoli ricotta e pistacchio e, se siete così gentili da andarvene senza farci del male, vi aggiungo anche una spruzzata di zucchero a velo e le praline al cioccolato, eh?›› ammiccò lei, ma vedendo che non era abbastanza per corromperli, proseguì la sua lista: ‹‹Poi ho dei bignè con crema pasticcera, mascarpone, pistacchio, panna montata, cioccolato bianco, cioccolato al latte, cioccolato fondente o fragola. Oppure dello strudel con panna e cannella, e una quintalata di macaron di praticamente ogni gusto che vi possa venire in mente››

‹‹Tè verde?›› volle testare la veridicità delle sue parole, lo stesso che aveva parlato poco prima.
‹‹Ma chi mai farebbe dei macaron al tè verde?›› lo prese in giro il collega, per poi rimanere scioccato quando si sentì rispondere: ‹‹Sì, e se vi piace dovrei avere anche del gelato al tofu allo stesso gusto, e stavo pensando di farne anche con altre fragranze, magari potete consigliarmi…››
‹‹No. Quello che il mio collega voleva dire è che siamo interessati ad un altro tipo di dolce…›› fece lui, ammiccante.
‹‹Mmh… che tipo?›› fece lei, perplessa. Certo che erano davvero schizzinosi per essere dei ladri.
‹‹Come che tipo?›› domandò quello più alto, scioccato.
‹‹Che tipologia: budino, crema, pasta frolla, freddo, caldo? Che genere!›› fece lei, sollevando gli occhi al cielo. Certo che gli uomini non capivano mai nulla.
La cosa divertente è che questo era esattamente lo stesso pensiero che stavano avendo gli altri due.
‹‹Del tipo che è vietato ai minori›› rispose quello, serafico.
‹‹No, no, no: niente liquori in casa mia. Non mi renderò responsabile del vostro perdimento, neanche se dovesse costarmi la vita›› stabilì lei, perentoria.
‹‹Non stavamo parlando di cibo vero, ma…›› cercò di spiegare il primo, ma fu bruscamente interrotto da Mary: ‹‹Oh mio… Non sarete mica vegani, vero? Vero? Mi dispiace, non lo sapevo… ora capisco il perché di questo lavoro così pericoloso. A che pro continuare a vivere se ci si negano le uniche cose belle della vita!››
‹‹BASTA!›› gridò il più basso, stufo di dover reggere quella pagliacciata ‹‹Ho dato fondo a tutta la mia pazienza: chi se ne frega se rimane traumatizzata! Ha quattordici anni, mica otto>>
‹‹Veramente ne ho quasi diciannove… anche se, onestamente, non capisco che cosa possa centrare›› lo corresse lei, seppur fosse sempre più confusa.
‹‹C-come diciannove?›› se lei era confusa, i due energumeni erano completamente scioccati. E poi, persino la loro fonte aveva asserito che non ne avesse più di quattordici.
‹‹Vabbè, tanto meglio. Un senso di colpa in meno per noi!›› fece l’altro, avvicinandosi pericolosamente alla ragazzina, che indietreggiò ulteriormente, fino a trovare i mobiletti della cucina a sbarrarle il cammino.

‹‹Hey, che intenzioni hai? G-guarda che io odio il contatto umano, c-chiaro?›› cercò di dissuaderlo lei, il cui cervello stava finalmente iniziando ad elaborare qualcosa. Notando l’inutilità dei suoi tentativi di parlamentare, si decise ad agire. Attese che l’uomo le si gettasse letteralmente addosso per colpire. Originariamente, aveva pensato di mirare al cuore, dato che con una ferita del genere non si sopravviveva per più di quattro secondi, ma poi, resasi conto di non averne la forza spirituale, optò per la spalla. Una ferita del genere poteva comportare una perdita di sangue pari al 40%, il che significava che l’uomo avrebbe, comunque, perso per lo meno i sensi.
Udendo urlare di dolore il compagno, l’altro le si avventò contro, mentre le urlava i classici insulti: “cortigiana”, “ragazza dai capelli sciolti”, “donna allegrotta” e così via (facciamo finta che abbia parlato così). Già, gli uomini sono sempre molto fantasiosi quando scelgono gli insulti da rivolgere ad una donna.
Ciò che l’uomo non si aspettava, tuttavia, fu che l’impatto con la sedia, prontamente alzata da Maria Vittoria sarebbe stato così doloroso. Le quattro lame, infatti, disegnarono un bel rombo scarlatto sulla panza del delinquente. La ragazza aveva mirato lì, sperando di non intaccare nessun organo vitale. Se quei tizi volevano farle del male, ciò non implicava per forza che lei dovesse provare lo stesso nei loro confronti. Del resto non sapeva nemmeno che faccia avessero.

‹‹Vi consiglio di non muovervi… e tu lascia la sedia dove si trova. Non so se avete notato, ma con questo tempo dubito fortemente che il pronto intervento riuscirà ad arrivare fin qui tanto presto. Se fate i bravi, chiamo il 112 e mi faccio passare un medico dal centralino. Se mi guida, posso cercare di trattare le vostre ferite… e ringraziate che sono una donna! Sarei proprio curiosa vedere come se la cava uno di voi con il cucito››
I due annuirono lentamente, seppur sconvolti. Quella non era una ragazzina: era una bestia!

E poi niente, il resto della mattinata era trascorsa con Mr. Mercer che riceveva, ma soprattutto donava botte a destra e a manca, in una danza macabra che poco aveva di umano. Ma quello non si stancava mai? Eppure iniziava ad avere una certa età! A Maria Vittoria tra un po’ veniva il colpo della strega solo pensando di tirare un calcio alto e questo qui a cinquant’anni suonati volava come un airone. Quando Maria Vittoria aveva finito con le medicazioni era corsa in salotto per accertarsi delle condizioni di Mr. Mercer e, dire che era rimasta scioccata era dire poco. Combatteva come uno di quei ninja nei drama ambientati nell’antica Cina. Piccolo promemoria: mai far arrabbiare seriamente quella belva umana. Ora capiva perché Lord Beckett non sembrava affatto preoccupato all’idea di essere circondato da incompetenti: se hai un uomo come lui al tuo servizio, l’esercito è solo di bellezza.
Se Maria Vittoria intervenne fu solo per evitare una fine atroce a quei poveretti. Ne stese uno a suon di padellate e ne disarmò un altro con lo stesso metodo. Del resto, quale uomo può mai essere addestrato per difendersi dai colpi di due padelle di ghisa?

Morale della favola? All’arrivo di poliziotti ed infermieri, quasi cinque ore dopo, la situazione era la seguente: tre uomini privi di sensi sdraiati su due divani e un materassino da campeggio (rigorosamente scaldati con le copertine di pile delle Winx), quattro che facevano onore alla cucina di Mary e cinque ancora mezzi storditi che si erano messi a giocare a carte nell’attesa di essere arrestati… del resto non potevano andare molto lontano, con le pesanti catene che Mr. Mercer aveva attaccato alle loro caviglie. In tutto questo, Maria Vittoria correva come una matta per la casa, inseguita dal suo inquilino che impugnava un coltello da sushi formato giga, gridandole: ‹‹E guai a te se ti stanchi: non ho nessuna intenzione di perdere il mio tempo torturando una vittima che non ha più nemmeno la forza di urlare!››
Tutto nella norma, insomma. Niente che li avrebbe costretti a perdere cinque giorni di sonno per redigere un cavolo di verbale. Che giornata da incubo.
 
*FINE FLASH BACK*
 
Anno 1729, 12 maggio, h 17,10
Port Royal, Giamaica (Camera di Mercer)
 

‹‹Uff... siete davvero un infame, lo sapete?›› borbottò Mary, imbronciata. Da quando erano arrivati nella stanza, si era seduta al contrario su una sedia e lì era rimasta, dando le spalle al proprietario.
‹‹Io sono fedele solo a Lord Beckett. Il suo ordine di riferirgli tutti i tuoi spostamenti sovrasta immancabilmente la tua richiesta di silenzio›› ghignò lui, divertito dal suo comportamento infantile.
‹‹Pff... antipatico›› bofonchiò lei, terribilmente irritata dal suo atteggiamento. A casa sua si comportava come un villano e, a momenti, applicava la legge del taglione, ma agli occhi di Beckett voleva passare come un uomo d'onore. Faceva solo quello che gli conveniva: era davvero un brutto antipatico. ‹‹Visto che quest'oggi siete così sincero e propositivo, immagino che abbiate anche raccontato al vostro onorato signore la causa del taglio che mi va dal polso alla spalla. Oppure potrei aiutarvi io, che ne dite?››
Mr. Mercer non si lasciò scomporre dalla velata minaccia: ‹‹Se questa fosse stata la tua intenzione, non avresti indossato una felpa con le maniche lunghe, con il caldo che fa a Port Royal. Pensi che non mi sia accorto che giri in maniche corte finché non ci sono meno di dieci gradi?››
‹‹Vorrà dire che ho le caldane, magari è la volta buona che vado in menopausa!›› si fece sfuggire un sorriso lei, anche se ciò non toglieva la voglia che in quel momento aveva di strozzarlo.
‹‹N-ne dubito fortemente, Miss...›› fece lui titubante. Come ogni uomo delle epoche passate, era sempre piuttosto imbarazzato quando si toccavano certi argomenti e Maria Vittoria sfruttava questa cosa per metterlo a disagio quando la faceva arrabbiare. ‹‹E comunque, vi ricordo che sono a conoscenza del vostro piccolo segreto e noi non vogliamo che Lord Beckett o i vostri amici inizino a guardarvi con occhi diversi...››

‹‹C-che cosa ne ricavereste divulgandolo in giro, sentiamo?›› tentò di fingersi indifferente lei, anche se la sua insicurezza si notava lontano un miglio.
‹‹Che cosa ne ricaverei non divulgandolo, vorrete dire!›› come al solito riusciva sempre a rigirare la frittata a suo favore.
‹‹S-siete davvero pessimo! Non solo per colpa vostra perderò un'altra lezione di karate, ma vi divertite pure a ricattarmi››
‹‹Mi sembrava di avervi detto che se mi avreste disubbidito ve l'avrei fatta pagare e che c'erano cose decisamente peggiori delle botte...›› sibilò lui, malefico.
‹‹C-cosa? Ma perché anche il karate: è l'unica gioia della mia vita!››
‹‹Appunto››
‹‹Siete crudeleee! E poi non vi bastava quello scherzo di pessimo gusto che mi avete giocato l'altra sera?!›› finse le lacrime, mentre lo accusava. Se doveva essere sincera, quando aveva udito quella minaccia si era immaginata una cosa come dieci mila scenari decisamente peggiori di una lezione di karate saltata.
‹‹Non so di cosa tu stia parlando››
‹‹Non fingete: non mi sono dimenticata che cosa mi avete detto quando abbiamo letto le leggi sulla legittima difesa. Anche se mai mi sarei aspettata che sareste riuscito a convincere due ladri a spaventarmi in quel modo. Magari per voi uomini non significa niente, ma vi posso assicurare che non sono cose su cui una donna sia disposta a scherzare›› concluse lei, questa volta seria.
‹‹Ma di che parlate?›› domandò lui e, questa volta Maria Vittoria poté scorgere quasi una punta di preoccupazione nella sua voce. Era indubbiamente un ottimo attore.
‹‹I due uomini che mi avete mandato in cucina! Pensate davvero che io sia così stupida da non capire che nessuno tenterebbe spontaneamente l'approccio con me? Guardate che di specchi in casa ne ho tanti e ci vedo ancora piuttosto bene›› sbottò lei, anche se le mosse successive dell'uomo iniziarono a farle sorgere qualche dubbio sulle sue considerazioni.
Mr. Mercer, in meno di due secondi fece ruotare la sedia di Mary di 180°, le pose le mani sulle spalle ed iniziò a scrollarla velocemente: ‹‹Di che state parlando? Vi hanno fatto qualcosa? Parlate, per carità!››

‹‹Niente, per fortuna hanno sottovalutato la mia forza peso›› iniziò lei, per poi rendersi finalmente conto di ciò che aveva rischiato quella notte: ‹‹Hey, aspettate un attimo: se voi non c'entrate niente con questa storia, allora... No, non voglio neanche pensarci!›› L'unica mera consolazione era che, per lo meno, se Mr. Mercer si preoccupava per le sue condizioni, non doveva essere poi così malvagio ed insensibile.
L'uomo tirò, finalmente, un sospiro di sollievo, per poi ritornare a sedersi sul letto: ‹‹Non che me ne importi, sia chiaro, ma se Lord Beckett fosse venuto a sapere che per colpa della mia negligenza vi fosse accaduto qualcosa, avrei avuto seri problemi›› No, era sempre il solito maschilista insensibile. Meno male che almeno Cutler Beckett sembrava avere a cuore le sue condizioni!
‹‹Del resto, se voi subiste un trauma, ciò potrebbe irrimediabilmente danneggiare le vostre capacità di ricerca dei manufatti che gli interessano›› annui lui, convinto.
Ottimo: neanche a Cutler Beckett importava un tubo dei suoi sentimenti. Mpf... maschi! Gente insensibile.
‹‹Come siete simpatici... comunque quando avete fatto la spia non dovete aver fatto bene i vostri calcoli, dato che ora in punizione, teoricamente, ci siete finito anche voi, dato che mi dovete controllare›› cercò di fargli abbassare la cresta, lei.
‹‹E chi ha detto che dovrò rimanere qui per tutto il pomeriggio: mi basta chiuderti a chiave e tornare ogni tanto a controllare che non ti sia trasformata in un fantasma. Non vorrei mai che tu potessi passare attraverso i muri...›› la prese in giro lui, mentre si rimetteva la giacca (e poi diceva a lei che non era normale che indossasse una felpa con quel caldo... Chi lo capisce è bravo! Nd: Mary) e faceva per uscire dalla stanza.

‹‹Hey, aspettate un attimo... E io che cosa faccio in tutte queste ore?›› cercò di bloccarlo lei. Se almeno avesse sospettato una cosa del genere, si sarebbe portata dietro qualcosa da studiare.
‹‹Ci sono dei libri piuttosto interessanti sulla mia scrivania››
‹‹M- ma hanno dei titoli strani... e poi io non capisco bene il giapponese!›› si lamentò lei sconsolata.
‹‹Potete sempre divertirvi a guardare le figure, come fanno i bambini›› la prese in giro lui, mentre girava la chiave nella toppa. Un ghigno spuntò sul suo volto mentre girava l'angolo del corridoio, nell'udire la mocciosetta che esclamava: "Che orrore! Potevate dirmelo che non era adatto ad un pubblico di minori... ma che razza di roba leggete!". Adorava prenderla in giro.
 
*30 MINUTES LATER*
Try to lock me in this cage
I won't just lay me down and die
I will take these broken wings
And watch me burn across the sky
Hear the echo saying:
I won't be silenced
Though you wanna see me tremble when you try it
 
All I know is I won't go speechless, speechless
'Cause I'll breathe
When they try to suffocate me
Don't you underestimate me
'Cause I know that I won't go speechless
 
‹‹Mocciosa! Piantala con questo strazio... ma ti sembra il caso di fare certe scene per qualche ora di punizione? Capisco il femminismo, ... in realtà non lo capisco per niente, anche se deduco di dover fingere che me ne importi qualcosa... ma qui andiamo un po' oltre!›› le gridò Mr. Mercer da sotto la finestra. Quando volevano le donne sapevano essere davvero tragiche.
‹‹Hey, mocciosa, mi hai sentito? E' inutile che mi ignori›› gridò di nuovo, non udendo alcuna risposta, per poi aggiungere ‹‹E meno male che rompevi le scatole dicendo che la vita era crudele e non ti aveva dato talenti... Non dicevi che odiavi cantare perché eri stonata come una campana?››.
Ora che ci rifletteva, però, Maria Vittoria era un disastro anche con le pronunce straniere... come aveva fatto a cantare in un inglese perfetto e con una voce che, a dire il vero, non sembrava nemmeno la sua? Che fosse... No: non voleva nemmeno pensarci.

Rientrò nell'edificio e salì le cinque rampe di scale come una furia. Se quella ragazzina aveva osato giocarlo di nuovo, questa era la volta buona che esauriva la pazienza e la utilizzava come manichino per testare le tecniche per estorcere informazioni.
 
*IN THE MEAN TIME*
‹‹Ce l'ho fatta, muhahaha! E ora voglio proprio vedere come quei due insensibili pensano di fermarmi›› ridacchiò Maria Vittoria con fare malvagio, mentre prendeva il bivio per Genova city. Contro ogni previsione, era riuscita a calarsi dalla finestra sfruttando i rampicanti che ricoprivano quasi interamente la facciata interna della villa. Inizialmente era stata frenata dalla paura, trovandosi al quinto piano, ma poi aveva testato la solidità delle piante ed aveva optato per effettuare un tentativo. Prima di tentare la sorte, tuttavia, creò una playlist costituita unicamente da una registrazione di quindici minuti vuota, a cui seguiva "Speechless" di Naomi Scott. Cliccò sul tasto "play" e lasciò il telefono sul davanzale della finestra, in modo da giocare un piccolo scherzetto a quel maschilista di Mr. Mercer. Una simpatica vendetta per lo scherzetto dei libri "non adatti ad un pubblico di minori", di poco prima.
Durante la pericolosa scalata, si sentì come Pippi Calzelunghe durante la discesa dalla torre di Tortuga dove si trovava suo padre. Ora capiva il perché di quella sua fissazione nell'avere un coltello da poter usare come appiglio nel muro. I rampicanti, per quanto resistenti, non offrivano degli ampi appigli, ragion per cui, nonostante avesse mani e scarpe piuttosto piccole, rischiò più volte di perdere l'appoggio. Se non precipitò nel vuoto fu solo perché, nonostante il tempo fosse contro di lei, si costrinse a non staccare mai più di un arto alla volta dalla parete, trucco che aveva imparato in un libro ambientato nella preistoria che aveva letto alle medie, ma di cui non ricordava nemmeno più il nome. Chi l'avrebbe mai detto che essere un topo da biblioteca un giorno le avrebbe salvato la vita?

Controllò, per scrupolo, l'orologio: le 17,40. Se riusciva a trovare subito posteggio, rischiava addirittura di arrivare in tempo, anche se ne dubitava fortemente, data la situazione parcheggi della sua città. Perché i liguri risparmiavano anche sullo spazio vitale?
 
*1 HOUR LATER*
‹‹Mary, sei sicura che non avrai problemi? Il tizio che ti controlla non sembra molto a posto con la testa›› le domandò Francesco, mentre combattevano.
‹‹Ma va, figurati se viene a prendermi fin qui! Aspetterà che io torni a casa per fare i conti>> lo rassicurò lei.
‹‹Cosa intendi con "fare i conti"? Non ti avrà mica fatto del male... perché nel caso ci penso io a proteggerti!›› fece lui convinto, sollevando il braccio per mostrare il segno dei muscoli (che non aveva).
‹‹Hem, ma no, tranquillo, non è il caso che ti disturbi per così poco›› cercò di dissuaderlo lei, preoccupata per la sua sorte. Per quanto le facesse piacere l'idea che il suo amore platonico dicesse una cosa del genere, doveva, ahi lei, rimanere con i piedi per terra. Solo tre giorni prima, alla prima avvisaglia di pericolo, si era praticamente nascosto dietro le ragazze della sua classe. E menomale che vantava di essere forte, coraggioso e di praticare cinque arti marziali differenti. Una sola parola: imbarazzante. È vero che l'amore rende ciechi, ma non così tanto! Perché non c'erano più gli uomini di una volta? E poi si lamentavano del fatto che alcune ragazze si comportassero da maschiaccio, ma grazie al cavolo: che dovevano fare? Affidarsi a queste amebe?
I due furono interrotti da due sonori colpi sulla nuca: ‹‹Piantatela voi due: siete qui per allenarvi o chiacchierare come due suocere?›› ecco il loro simpaticissimo istruttore.

‹‹ごめんなさい›› (credo che si traslitteri con "gomen'nasai" e significa "scusa" in giapponese. Nd: me) esclamarono i due in coro, scusandosi più perché temevano che potesse colpirli nuovo, che perché realmente contriti.
‹‹Innocenti, questa settimana hai già saltato due lezioni e oggi sei arrivata in ritardo›› come al solito, ogni scusa era buona per prendersela con lei.
‹‹M-mi dispiace... è che sono stata trattenuta da dei Testimoni di Geova, e...›› improvvisò lei, prendendo spunto dall'osservazione di Marta, che la prima sera aveva scambiato i soldati di Backett per dei Testimoni di Geova. Tuttavia, fu subito interrotta da un nuovo pattone: ‹‹Ma pensi che sia nato ieri? Se non hai voglia di venire, vattene e fai un favore a tutti: non abbiamo bisogno di gente svogliata che ci rallenti››
‹‹Ma, veramente, è la ragazza più forte del corso...›› tentò di difenderla Francesco, ma fu sovrastato dalla voce dell'uomo: ‹‹Ci mancherebbe, con tutto il tempo che impiega per capire anche gli esercizi più semplici. Non ho mai visto una persona più lenta di lei, in tutta la mia carriera››
"Ma se ha iniziato ad insegnare l'anno in cui ho iniziato io!" Pensò lei, anche se cercò di non darlo a vedere. (Sto tenendo il posto per le botte di Mr. Mercer, non giudicate! Nd: Mary)

‹‹Hey, bionda, puoi venire un attimo, per favore? Mi servi per mostrare un esercizio›› Mary fu salvata in extremis dal maestro, Takashi-sensei, detto maestro Cifu o Yoda, per via della sua saggezza (ma soprattutto altezza😂). Sushista stellato durante il giorno, come calava la sera si trasformava in maestro supremo, nono dan di karate, in attesa del decimo, quinto di Judo e quarto di Jujitsu.
‹‹はい 先生›› (Hai, sensei! = sì, maestro) gli rispose subito, felice (ebbene sì, era l'unica mora della palestra, ma la chiamava "bionda") Quell'uomo era la sua salvezza. Ogni volta che Marco-sensei la "bullizzava" veniva in suo soccorso, e lo stesso si poteva dire di quando gli allievi delle altre palestre le rivolgevano degli insulti maschilisti. Purtroppo era una cosa che accadeva assai di frequente e, del resto, non era semplice accettare che un'avversaria su cui non avrebbero scommesso due centesimi riuscisse a prevaricare sia nelle gare di karate, sia in quelle delle altre discipline. Una volta, alla fine di un incontro di "lotta a terra", le avevano pure urlato: "L'arbitro ti ha fatto vincere solo perché hai delle belle tette", al che era caduta nel suo solito stato cupo-depressivo. Takashi-sensei, che stava arbitrando un incontro di karate, era passato in mezzo al tatami, buttando a terra con una sola mossa entrambi i contendenti (che non c'entravano niente, tra l'altro) e, giunto di fronte al maestro degli infami, lo aveva massacrato a parole. Da quel giorno non avevano più avuto l'onore di incontrarli né in una gara, né in un'amichevole. A quanto pare Takashi ci sapeva fare con le parole, tanto quanto nel combattimento. Se avesse avuto trent'anni in meno, molte delle ragazze della sua età ci avrebbero fatto un pensierino.

‹‹Ragazzi, ora passiamo alle note dolenti: quasi tutti tirate dei buoni calci, ma nessuno riesce ancora a fare dei pugni decenti. Ora, vi farò vedere gli errori più frequenti. Tirerò su Maria Vittoria, proprio per dimostrarvi che tecniche effettuate in questi modi non producono forza sufficiente nemmeno per provocare un minimo di dolore›› non appena udì queste parole, Mary si fece il segno della croce. L'ultima volta che l'aveva detto, l'avrebbe scagliata fuori dalla finestra, se non fosse stato per suo nipote che l'aveva afferrata al volo appena un attimo prima della catastrofe.
Come ipotizzato, dopo nemmeno due minuti aveva già lo stomaco sottosopra e una valangata di lividi appena sotto il collo. Del resto non era nemmeno colpa sua, dato che, causa "canotti", non lasciava molto spazio libero da utilizzare come bersaglio.

L'unica consolazione in quella situazione era la certezza che, per lo meno, Lord Beckett e suoi uomini non l'avrebbero mai vista in quello stato. E non parlava solo dello stato pietoso in cui versavano i suoi capelli. Preferiva che le sue minime abilità nel combattimento rimanessero nascoste. Per gli uomini delle epoche passate era già un duro colpo sapere che le donne avevano ottenuto le stesse opportunità degli uomini in ambito culturale e giuridico, figurarsi se avessero scoperto che gli era permesso anche combattere. Inoltre, più i "Settecenteschi" la sottovalutano e meglio era. L'unico ad aver notato qualcosa era Mr. Mercer, ma era talmente distratto dalla battaglia che probabilmente non ci aveva fatto nemmeno troppo caso. E poi, la sua misoginia non gli avrebbe mai permesso di formulare un pensiero che contenesse le parole "donna" e "forte" all'interno della stessa frase. Ad ogni modo questo era praticamente impossibile. Cioè, quale Lord inglese avrebbe mai messo da parte il suo orgoglio per strisciare sotto un letto? Il solo pensiero di una tale eventualità le fece quasi scappare una risata.

‹‹KABOOM!›› Un fragore assordante, unito alle urla indistinte di una voce tremendamente familiare, posero fine alle sue sofferenze.
 
 
‹‹Che diavolo sta succedendo?›› l'istruttore si fece subito avanti, con l'intenzione di controllare quale fosse la causa dell'improvvisa confusione. Fu, tuttavia, respinto da una lunga fila di giubbe rosse armate di fucili con baionetta.
‹‹Uomini, ALT! In posizione! Prendere la mira e tenersi pronti a fare fuoco al primo movimento sospetto. Recuperiamo Miss Innocenti e ce ne andiamo›› all'ordine di Beckett, gli uomini si disposero a semicerchio intorno all'entrata della stanza in cui si stavano allenando, puntando le armi contro i karateghi (è italianizzato😅). Il Lord si fece avanti con passo sicuro e sguardo fiero. Un ghigno soddisfatto gli solcava il volto, come a voler dire: "Davvero pensavi di poter vincere contro l'immenso, incredibile ed onnipotente me stesso? Povera illusa".
"Ma cos'ha da ridere quello! Adesso lo arrestano e poi voglio proprio vedere se ha ancora così tanta voglia di ghignare!" Se c'è una cosa che Mary davvero non sopportava, era quell'espressione arrogante tipica di quei ricconi o nobili decaduti che non hanno rispetto per nessuno. Che odio!

Nel mentre Maria Vittoria fingeva di non conoscerli, imbarazzata oltre ogni modo dalla figuraccia che era certa le avrebbero fatto fare. "Ma andiamo, pure l'esercito si doveva portare sotto il letto, pur di fare scena? Sembra Marco-Sensei quando vede passare mia madre..." pensò, sorpresa ancora una volta dalla propria sfortuna.
‹‹Hey, che diavolo fate? Non potete stare qua!›› gli gridò Marco-sensei, per nulla intimorito dalla situazione men che meno dall'arroganza dell'uomo.
Vuoi perché l'istruttore si era espresso in italiano, voi perché Lord Beckett possedeva, effettivamente, un ego superiore a quello di Lord Farquaad di Shrek, Cutler non lo degnò manco di uno sguardo: ‹‹La ragazza, dove la nascondete? Consegnatemela, se avete care le vostre vite>>

‹‹Hem, veramente sono proprio qui davanti a voi›› tentò di segnalare la sua presenza la ragazza, ma fu completamente ignorata (come al solito).
‹‹Vi ripeto che non potete stare qui. È una struttura comunale e dubito che abbiate ricevuto alcuna autorizzazione per portare avanti questa pagliacciata. Andatevene immediatamente, oppure chiamo la polizia!›› si fece avanti Takashi-sensei, parlando in Inglese. Come al solito, era l'unico a capire come fosse meglio agire nelle situazioni delicate.
Il termine “police”, com’era prevedibile, fece accapponare la pelle a Mr. Mercer e fece indietreggiare tutti i “Settecenteschi” di quattro o cinque passi. Il ricordo delle peripezie affrontate da Mary e Mr. Mercer nei giorni precedenti era ancora ben impresso nelle loro menti. Per loro tale termine sembrava quasi indicare un’entità, più che un insieme di persone fisiche, ragion per cui temevano la “polizia” e le restrittive leggi italiane moderne, quasi al pari di Davy Jones. Mari Vittoria aveva provato a spiegargli che, qualora anche fossero stati arrestati, non avrebbero dovuto lavorare per 100 anni sulla “Prigione” (sì, si erano convinti che fosse un vascello spettrale simile all’Olandese Volante), per poi fondersi con essa e diventare un tutt’uno. Questi testoni, tuttavia, non accennavano a smettere di preoccuparsi inutilmente per quella che era una semplice istituzione statale. Lo scopo delle forze armate era quello di preservare l’ordine pubblico e di aiutare le persone, non di traumatizzarle a vita!

Trascorse qualche secondo, prima che Lord Beckett riuscisse a ristabilire l’ordine tra le file, tempo che i compagni di karate di Mary utilizzarono per rivolgerle occhiate interrogative.
‹‹He, he… ve l’avevo detto che avevo avuto qualche divergenza teologica con dei testimoni di Geova…›› improvvisò lei, mentre l’istruttore la fissava scioccato. Che le sue bizzarre scuse per ritardi e assenze fossero vere? Impossibile: doveva trattarsi per forza di una coincidenza. In caso contrario, a sentire le sue storielle, si sarebbe persa nella selva oscura, sarebbe stata presa in ostaggio da dei mafiosi che giravano film a luci rosse e salvata da un prete con una capra da guardia, sarebbe stata spinta in una bara dalla nipote dell’addetto alle pompe funebri, che era gelosa del rapporto che aveva con il nonno, avrebbe dovuto svolgere delle missioni segretissime, di cui non poteva rivelare nulla, se non che il Presidente aveva bisogno di lei, e tante altre motivazioni assurde. Una volta aveva persino affermato di aver dovuto prendere parte al ballo per i giovani nobili di Vienna e, questo era impossibile per ovvie ragioni (Maria Vittoria si divertiva a scherzare con i coetanei, dicendo che i suoi familiari erano tutti servi della gleba da generazioni e generazioni). Dopo aver parlato si era messa a ridere anche lei. Dire che non era capace di mentire era un eufemismo.

Solo in quel momento, i “Settecenteschi” si avvidero della sua presenza: ‹‹Miss Innocenti, m-ma cosa… Come vi siete vestita? Siete scalza, per giunta›› Cutler Beckett era a dir poco scandalizzato.
‹‹Mio Lord, guardate: ci sono anche altre fanciulle vestite allo stesso modo. Cos’è questa… promiscuità?›› gli fece eco Groves, che non riusciva a credere ai suoi occhi. E lo shock non derivava solo dal fatto che i maschi si fossero galantemente nascosti dietro le ragazze.
‹‹Che cosa penseranno i loro genitori?››
‹‹GILLETTE!›› urlarono tutti all’unisono, temendo che ricominciasse con le sue sceneggiate da padre mancato. Se fosse stato una donna, Mary avrebbe pensato ad un caso di gravidanza isterica.
‹‹E questi vestiti succinti, poi?›› esclamò Mr. Davis, allibito dal fatto che indossassero degli abiti da uomo in stile orientale.
‹‹Vorrei farvi notare che questi vestiti succinti sono una divisa indossata da tutti i praticanti di Karate in tutto il mondo. Tutti: uomini e donne. E anche in discipline come il judo vi sono dei vestiti simili›› intervenne Mary, prima che una delle sue compagne perdesse definitivamente le staffe e li trucidasse.
‹‹E con quelle scollature oltraggiose come la mettiamo? Proprio voi parlate, con quelle vostre… meglio se mi fermo qui››
‹‹E’ il modello che è fatto così, per facilitare la vestizione. Proprio così, vedete?›› fece lei, iniziando a slacciare la cintura per potergli dare una dimostrazione.

Le reazioni dei “Settecenteschi” furono le seguenti:
‹‹NOOO!››
‹‹SIGNORINA, NON LO FACCIA!››
‹‹LONTANO DA ME, SATANA!››
‹‹SCOSTUMATA!››
‹‹MA CHE ORRORE! Non poteva essere quella bella ragazza bionda là dietro a… AHIA! Che c’è, sto solo dicendo ciò che pensiamo tutti›› Mr. Davis si massaggiò il capo dolorante, dopo che Mr. Mercer l’aveva accoppato sotto ordine di Lord Beckett.

‹‹BASTA!›› urlò Maria Vittoria, perdendo la pazienza ‹‹Ma non vedete che ho una maglietta sotto?››
‹‹Fiu!›› sospirarono tutti di sollievo. Se Mary, normalmente, aveva un’autostima piuttosto bassa, dopo questo non era più nemmeno sicura di possederne una. E meno male che dicevano che nel ‘700 piacessero le donne “in carne”. Ma soprattutto, per quale arcano motivo si erano trascinati dietro anche un pastore? Non erano tutti atei? Bah, misteri della fede.
‹‹Anche le altre?›› domandò Cutler Beckett, ancora scettico.
‹‹Sì›› sibilarono le ragazze, folgorandoli con gli occhi.
‹‹Ma e se vi si strappasse la maglietta?››
‹‹Sotto abbiamo una canottiera››
‹‹E se vi si strappasse la canottiera?››
‹‹Sotto abbiamo il paraseno o le fasce contenitive››
‹‹E se vi si strappano quelli?››
‹‹Avete una vaga idea di cosa siano spessi quei corpetti? L’unica che è riuscita a romperne uno da sola è Maria Vittoria›› la prese in giro la bionda, ridacchiando.
‹‹Io l’avevo detto che per me era troppo stretto›› bofonchiò lei, imbronciata, suscitando una risata generale, da parte dei compagni. I soldati, invece, continuavano ad analizzare la situazione, incerti.
‹‹E, comunque, sotto abbiamo il reggiseno sportivo e, alcune di noi anche quello normale sotto›› finì di descrive l’abbigliamento una ragazza con i capelli rossi.

‹‹Hmm… va bene›› assunse Lord Beckett. Maria Vittoria si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, azione che le fece quasi andare la saliva di traverso, quando lo udì parlare ancora: ‹‹E se…>>
‹‹MA BASTA!›› esclamarono tutte in coro.
‹‹E’ vero che pratichiamo sport, ma non stiamo mica andando in guerra: quando mai potrebbe capitarci una cosa del genere?›› fece notare la rossa ‹‹E poi, scusate tanto, ma ai maschi non pensate? Non sarebbe la prima volta che gli si strappano i pantaloni e loro indossano anche meno strati di noi››
‹‹E questo che, centra, scusate?›› il tenente Gillette inarcò un sopracciglio, non capendo dove volesse arrivare. Quando si è talmente maschilisti che non ce ne si rende nemmeno più conto.
‹‹Lasciamo perdere›› tagliò corto Maria Vittoria, prima che le sue compagne entrassero in modalità amazzoni fuse con cacciatrici di Artemide durante una manifestazione femminista. ‹‹Avete altre domande sulle usanze orientali, o possiamo andare avanti?››

‹‹Oh, eccome se ne abbiamo, signorinella!›› la rimbeccò Mr. Davis, mettendosi a braccia conserte, come per darsi un taglio da “duro” ‹‹Cos’erano quelle posizioni poco consone in cui vi siete esibiti poco fa?››
‹‹Di che parlate?›› domandò lei, dubbiosa ‹‹Se vi riferite a ciò che avete visto adesso, vi posso assicurare che…››
‹‹Anche quello, ma ci riferivamo più a quello che è avvenuto prima: pensavate che non saremmo venuti a saperlo?››
‹‹Ma voi… da quanto ci state osservando, esattamente?›› domandò la ragazza, curiosa.
‹‹Non sono affari che vi riguardano›› la freddò Cutler Beckett.
‹‹Co-come sono affari che non mi riguardano›› balbettò lei, per il nervoso, mentre le partiva un tic all’occhio sinistro.
‹‹Lord Beckett, se non se ne rende conto lei, glielo spiego io, se me lo consentite. Trovo doveroso correggere gli errori di queste povere fanciulle. Ho potuto conversare con Miss innocenti solo un paio di volte, ma non mi ha fatto una cattiva impressione. Sono sicuro che se le indicheremo la retta via, tornerà ad essere una donna ricca di virtù›› si fece avanti Groves.
‹‹Hey!››

‹‹Mi sembra un’ottima idea, tenente›› concordò il Lord ‹‹Mr. Mercer, quando questa vicenda sarà finita, ricordatemi di valutare una promozione per Mr. Theodore Groves››
‹‹Non dubitatene, mio signore››
Era solo una sua impressione, oppure quei due si divertivano a promuovere tutti quelli che le creavano dei problemi?
‹‹Allora, direi che possiamo sederci: il nostro racconto inizia con…››
 
*IMMAGINARSI NUVOLETTA CON RICORDI*
‹‹Lord Beckett, ci siamo!››
‹‹E’ questo il posto?›› domandò Lord Beckett, incerto. Quando aveva studiato la cartina di Genova, non si aspettava, certo, che il gymnasium di Maria Vittoria si trovasse in un luogo così angusto e, soprattutto in una zona tanto pericolosa. Solo per arrivare lì, erano già stati importunati da una trentina di delinquenti, e loro erano cinquanta soldati esperti e armati fino ai denti. Non poteva credere che una ragazzina così goffa ed ingenua riuscisse ad arrivarci tutta intera.
‹‹La cartina conduce proprio qui, mio signore, però non possiamo esserne certi finché…››
PATAPUM!

‹‹INNOCENTI! TI SEMBRA QUESTA L’ORA DI ARRIVARE? FAI IMMEDIATAMENTE 200 PIEGAMENTI SULLE BRACCIA E POI CORRI AD ALLENARTI CON GLI ALTRI? E GUAI SE MI ACCORGO CHE NON SEI RIUSCITA A FINIRLI IN DIECI MINUTI! SONO STATO ABBASTANZA CHIARO?›› La voce tuonante di Marco-sensei si udì nitidamente anche a quella distanza.
‹‹Lo prendo per un sì›› ghignò Cutler Beckett, a metà tra il soddisfatto e il divertito ‹‹Perché ridete, Mr. Mercer?››
‹‹Perché sono le 17,56 e sono abbastanza certo che il suo corso iniziasse alle 18 in punto. Non vorrei trarre conclusioni affrettate, ma penso che abbia sfruttato il fatto che la campana della chiesa qui accanto suoni con quattro minuti di anticipo, per prendersi gioco di lei›› rivelò lui, continuando a sghignazzare.
‹‹Severo›› commentò Mr. Davis, facendo un fischio di apprezzamento.
‹‹INNOCENTI: SONO GIA’ PASSATI DIECI MINUTI, E NON SEI ARRIVATA NEMMENO A 150! FATTI 100 GIRI DI CORSA, SE NON VUOI FARMI ARRABBIARE ANCORA DI PIU’!››
‹‹Quanti minuti sono passati, signor Mercer?››
‹‹37 secondi circa, My Lord››
‹‹Molto severo›› si corresse Mr. Davis, iniziando a ridacchiare, anch’egli.
‹‹Ma siete sicuri che Miss Mary sia giunta qui di sua sponte? Non l’avranno minacciata?›› domandò Theodore Groves, preoccupato.
‹‹No, è solo ancora più stupida di quel che sembra›› rispose Mr. Mercer, mentre precedeva gli uomini, verso la struttura.
 
“Hey, ma davvero mi ha mentito, sensei?”
“Non so di cosa tu stia parlando”
“Ma…”
“Zitta e fai altre 50 trazioni”
“Ma non le so fare!”
“Allora vedi di imparare nei prossimi 30 secondi”
 
‹‹Ma che stanno facendo? Perché tutte queste ragazze si trovano così vicine a degli uomini, senza degli accompagnatori e a quest’ora della notte, per giunta?›› domandò il tenente Groves, affacciato, come glia altri ad una delle grandi finestre che si aprivano sul soffitto della struttura.
 
“Scusate, ma voi combattete a più di due metri di distanza? No, perché nel caso vi presento quelli di karate tradizionale”
“Zitta e torna a fare i tuoi addominali!”
“Ma non erano trazioni?”
“Zitta e falle entrambe, già che ci sei”
 
‹‹Niente di conveniente, questo è certo›› constatò Mr. Davis.
‹‹Non diamo giudizi affrettati, per favore. Maria Vittoria avrà anche delle usanze strane rispetto alla nostra epoca, ma è pur sempre una bambina… è ancora troppo giovane per certe…›› cercò di difenderla Gillette, interrotto, però da Mr. Davis: ‹‹Perché è saltata in braccio ad un ragazzo?››
 
“E’ solo un esercizio per far lavorare meglio gli addominali. Io faccio da base a tutte le altre ragazze, ma quando tocca a me, devo farmi aiutare da un ragazzo. Sono troppo pesante per loro”
 
‹‹C-cosa, fammi vedere!›› fece Gillette, allucinato ‹‹M-ma non ci credo… Sono sicuro che si tratti solo di un’illusione ottica››
‹‹INNOCENTI! MUOVTI CON GLI ESERCIZI!››
‹‹Lo dicevo io che stava studiando per diventare una gheisha›› annuì Mr. Mercer, soddisfatto per aver trovato una conferma alle sue teorie.
 
“Ancora con questa storia! Ma lo volete capire che se io diventassi una ragazza dai facili costumi farei scappare i clienti del mio padrone?”
 
‹‹No, non è un’illusione… ma sono certo che si tratti, comunque, di un equivoco. Sarà confusa: magari non sa nemmeno chi sia quel ragazzo››
‹‹Dubito fortemente che scorderebbe il ragazzo di cui è follemente innamorata da quando ha tre anni›› Mr. Mercer fece definitivamente crollare le sue speranze ‹‹Ma puoi stare tranquillo: lui sbava dietro a qualunque essere che respiri a parte lei››
 
*FINE RICORDO*
Groves si rese conto solo in quel momento che, forse, avrebbe dovuto saltare quella parte. Si voltò verso Maria Vittoria, per vedere come stesse e la trovò bloccata a mezz’aria, ancora nella posizione tipica degli addominali. Teneva lo sguardo basso, sfoggiando un’espressione impassibile, ma si capiva lontano un miglio che stava facendo sforzi da ernia per non scoppiare a piangere. Il rossore che, lentamente, gli stava colorando le guance ne era una chiara evidenza. Non aveva il coraggio di sollevare il capo. Se avesse visto i suoi compagni fissarla, cosa che era praticamente certa stesse succedendo, dato il pesante silenzio che si era creato, sarebbe morta dall’imbarazzo.
‹‹Ci sono altre domande?›› domandò lei, con voce cupa. La calma che precede la tempesta (dal punto di vista delle lacrime, dato che da un momento all’altro avrebbe iniziato a piangere e non si sarebbe fermata tanto presto).

In risposta, un altro silenzio stremante. La gente, di solito, non faceva altro che ignorarla ed interromperla. Com’è che questa volta non avevano nulla da dire?
A salvarla dall’imbarazzo Mr. Mercer: ‹‹Bene, se abbiamo finito possiamo portarcela via›› che si sentisse, indirettamente, in colpa per quanto appena accaduto? Ne dubitava fortemente, dato che quando ne avevano parlato a casa, gli aveva dato dell’ameba codarda, del baccalà imbambolito e del sodomita inconsapevole (ma gli antichi avevano davvero subito un trauma con i gay: che problemi avevano con loro?).
‹‹Forza, che a casa c’è la torta salata di patate che mi aspetta›› ecco, appunto.

‹‹Eh, no, tu non vai da nessuna parte!›› contro ogni aspettativa, a parlare fu proprio Marco-sensei, che lo afferrò per una spalla e lo spinse indietro. Un’esclamazione di stupore si espanse per la sala. Quell’uomo era davvero riuscito a spintonare Mr. Mercer? Da non credere.
‹‹Fammi passare›› ringhiò lui. Si vedeva che stava dando fondo a tutta la sua (inesistente) pazienza, per evitare di spaccargli la faccia.
‹‹Forse non ci siamo capiti bene, colosso: nessuno toccherà uno dei miei allievi, finché ci sono io qui ad impedirlo›› scandì per bene, ad alta voce, mentre si posizionava davanti a lei, seguito a ruota dal maestro e da tutti i compagni di Mary. Quest’ultima, era scioccata oltre ogni modo dall’evolversi dei fatti. Ma Marco-sensei non la odiava oltre ogni immaginazione?
‹‹Oltretutto, se lascio che rapiate questo impiastro, come farò a conquistare sua madre?›› aggiunse l’istruttore, ridacchiando. Questo spiegava molte cose.
‹‹Non credo che maltrattarla possa giovare alla vostra causa›› gli fece notare Mr. Davis, mentre cercava invano di trattenere una risata. Avere intorno quella ragazzina si stava dimostrando decisamente più divertente di quanto non si aspettasse.
‹‹E chi la maltratta? Cerco solo di…››
KABOOM!

‹‹POLIZIA! Mani in alto! Che nessuno si muova!››
‹‹NO! Non di nuovo!›› Esclamarono Mr. Mercer e Mary, contemporaneamente.
“Ti prego, fa che non siano gli agenti Bianchi e Rossi!” Maria Vittoria implorò tutti i santi di cui ricordava il nome, ma evidentemente il suo sforzo non fu sufficiente, dato che il drappello di poliziotti che entrò dalla porta era capeggiato proprio dai due in questione.
‹‹Signorina Innocenti, ma lei è un incubo!›› fu la prima cosa che disse Bianchi, non appena mise a fuoco la scena. Perché certo, di tutti i soldati vestiti con abiti del ‘700, le armi non omologate e non autorizzate e i suoi compagni alti un metro e 80 che le stavano davanti, lui notava proprio lei, accucciata dietro la folla?
‹‹Mi dispiace›› sussurrò lei, mentre lottava con sé stessa per trattenere le ormai prossime lacrime. Se proprio doveva affrontare un altro interrogatorio, quello era veramente il momento meno indicato.
  
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