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Autore: Dreamer47    03/09/2020    0 recensioni
Seguito di Heartbeat: ambientato all'inizio della sesta stagione.
Dal testo:
"Un po’ stordito aprì gli occhi trovandosi disteso su di un divano a lui sconosciuto: mise a fuoco la stanza intorno a se, non riconoscendola, finché una figura comparve e si diresse nella sua direzione.
“Sei sveglio finalmente, raggio di sole!” Scherzò una voce femminile a lui davvero familiare, sedendosi.
“Hailey?” Biascicò il ragazzo ancora molto confuso, passandosi una mano sul viso e sedendosi. “Dove mi trovo?”.
“Al sicuro” disse una voce ancora più familiare di quella della ragazza davanti a se. “Ciao Dean”.
Il ragazzo alzò lo sguardo, chiedendosi se fosse solo un sogno o se fosse la realtà, ma quando incrociò il suo sguardo, si riprese del tutto e sgranò gli occhi.
“Sam..?!” Chiese scosso, alternando lo sguardo incredulo fra i due.
[...]
Dean sentí gli occhi pizzicare ed il suo cuore esplodere di felicità.
Fece un balzo in avanti e si avvicinò velocemente al fratello, stringendolo tra le braccia. Come poteva essere tornato? Quando era uscito dalla gabbia?
Lasciò le domande per dopo, si strinse al suo fratellino godendosi il momento, mentre la felicità si impossessò di lui e si lasciò invadere da un senso di pace.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione, Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Family don't end with blood'
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Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazzi!
Volevo farvi sapere che la seconda parte della storia sia appena giunta al termine, ma presto uscirà la continuazione che si chiamerà "Life after you".
Vi ringrazio per essere giunti fino a qui e non vi rubo altro tempo, lasciandovi al nuovo ed ultimo capitolo!
A presto!



Capitolo 35.
It cut me like a knife, when you walked out of my life.



La rabbia iniziò a crescere dentro di lui, mentre sbatteva le mani con forza sugli scaffali della prigione che solitamente usavano per tenerci dentro un demone; sbuffò in preda ai nervi e si guardò intorno alla ricerca di qualsiasi cosa che lo possa aiutare ad evadere dal bunker.
Dean osservò i contorni della trappola del Diavolo ed iniziò a chiedersi quante volte avesse rinchiuso Crowley proprio lì dentro; accennò un sorriso amaro quando si rese conto di ciò che avrebbe dovuto fare per uscire da quel posto e si diresse verso il basso mobile, posto sulla destra della stanza, dove trovò tutto l'occorrente per un'evocazione.
O lo avrebbe aiutato ad uscire di lì, oppure lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani, e fu contento che Sam non lo avesse perquisito a dovere, lasciando che tenesse con sè la sua lama angelica.
Iniziò a preparare gli ingredienti e strinse i denti, quanto i flash di quelle ultime settimane violente iniziarono a scorrere nella sua mente: non era stata facile per lui digerire la faccenda di Katherine e dell'aver svelato il suo effettivo doppio gioco, e certamente il Marchio non lo stava aiutando a sopportare tutta quella situazione.
Senza di lei, che lo risvegliasse da quello strato di trance in cui cadeva ogni qualvolta iniziasse ad uccidere, fu troppo dura per lui frenare la sua sete di sangue dettata da quell'assurda cicatrice sul braccio destro: aveva ucciso Tessa e qualche altro angelo, quando alcuni di loro iniziarono a fare stragi inneggiando a Castiel. E pochi minuti prima che Sam ed Hailey lo trascinassero in quella prigione, aveva aperto il torace di Gadreel in due come se fosse fatto di burro.
Cercò di scacciare quelle immagini e radunò tutti gli ingredienti in una ciotola, per poi accendere una fiamma con il suo fedele zippo e recitare una corta frase in latino.
Si guardò attorno con aria indagatrice, ma nessuno apparve. Crowley non si presentò e non rispose al suo richiamo, e Dean avrebbe anche iniziato ad urlare una serie di imprecazioni contro il destino e contro quel maledetto figlio di puttana di demone, ma un rumore - un sospiro, per la precisione - catturò la sua attenzione e lo fece voltare di scatto. .
Aguzzò la vista e scorse nell'ombra della cella una figura minuta avanzare lentamente verso di lui con braccia conserte, e quando finalmente la luce le colpì il viso, per il ragazzo divenne difficile deglutire.
"Ciao Dean".
L'uomo strinse i pugni e sorrise amaramente, perchè quella era l'ennesima beffa del destino: come poteva presentarsi proprio lei, quando chiamava Crowley?
"Che ci fai qui?" chiese il cacciatore guardandola con disprezzo e serrando la mascella.
Katherine fece qualche altro passo avanti, permettendo alla luce artificiale di irradiarle completamente il viso e sorrise prepotentemente, come se fosse davvero felice di vedere l'effetto che avesse ancora su di lui, nonostante fosse passato un mese e mezzo dall'ultima volta in cui si fossero visti. "Mi hai chiamata tu".
"No, io ho chiamato Crowley!" esclamò Dean alzando il tono della voce e sentendo la rabbia crescere nei suoi confronti, puntando un dito a mezz'aria.
Continuò ad osservarla come se aspettasse una vera risposta e Katherine roteò gli occhi come se si fosse già stancata di stare lì insieme a lui, e scosse la testa facendo spallucce. "E invece sono qui io, adesso non farmi perdere tempo e dimmi perchè mi hai chiamata!".
Dean si morse il labbro inferiore per un secondo, continuandola a guardare e a scrutare nei suoi occhi alla ricerca di qualcuno che ormai non c'era più: si chiese se fosse possibile amare una persona che non ormai non esisteva più, se fosse possibile continuare a vederla, sognarla e desiderarla anche nella peggiore versione di se stessa.
Si rispose di si, perchè semplicemente gli mancava, e si chiese come facesse Katherine a non sentire la sua di mancanza.
L'uomo fece due passi avanti nella sua direzione rimanendo in silenzio, guardandola negli occhi ed osservando la posa troppo rigida, le braccia incrociate al petto fasciate da un giubbino in pelle beige, i lunghi capelli quasi castani ondulati e a ciocche ramate, il viso tirato e inespressivo, come se non volesse mostrargli davvero ciò che ci fosse dentro di lei.
Oppure è pura e semplice indifferenza, aggiunse Dean mentalmente, cercando di provare solamente rabbia e astio nei suoi confronti e tenendo bene a mente ciò che avesse fatto, invece di considerare i suoi reali sentimenti verso di lei.
"Fammi uscire da qui".
Katherine rise leggermente come se fosse estremamente divertito da quella richiesta e scosse appena la testa. "Ed io che ci guadagno?".
Dean sospirò e si inumidì appena le labbra, mettendo le mani avanti e tentando in tutti i modi di farla ragionare. "Devo fermare Metatron".
"E se fosse vero, il resto della squadra non ti avrebbe lasciato qui dentro, quindi sii onesto e dimmi che succede".
L'uomo sospirò ed annuì, conscio che Katherine non lo avrebbe mai aiutato senza avere un torna conto personale, così fece ciò che sapeva fare meglio: mentire. "Mi hanno lasciato qui perchè vogliono prima trovare la Lama e poi portarmi da Metatron, ma io devo uscire adesso e ho bisogno del tuo aiuto!".
La donna continuò a scavare nei suoi occhi verdi la verità e non riuscì a trovare una traccia di menzogna, così sorrise amaramente e sciolse le braccia dal petto, lasciandole lungo i fianchi e face un passo avanti, guardandosi attorno e notando solo in quel momento la trappola del Diavolo sotto di lei; badò bene a non cambiare espressione, perchè altrimenti avrebbe dovuto affrontare meglio la trattiva di quel patto e non aveva tempo per questo. "Quindi non soltanto vuoi che io ti faccia uscire da qui, ma vuoi anche che ti consegni la Prima Lama; perchè dovrei farlo? Cosa ti impedirà dopo di venire dritto verso di me impugnando quella mandibola di animale per uccidermi?".
Dean rimase leggermente a bocca aperta nel sentire quelle frasi e si chiese come avesse anche solamente potuto pensare una cosa del genere; avrebbe preferito usare la Lama su se stesso che sfiorare la sua pelle con quell'arma. Scosse la testa con disgusto, allontanando quell'idea dalla sua testa e fece spallucce, tornando a guardarla negli occhi con naturalezza e dolcezza, come se lei non se ne fosse mai andata, come se il tempo non fosse mai passato, mentre la voce semplicemente si fece un sussurro e si spezzava.
"Non potrei mai farti del male, Katherine. Mai".
Katherine sentì il respiro bloccarsi appena udendo quelle parole ed osservò ancora i suoi occhi verdi mentre un piccolo abbozzo di sorriso le scalfì il volto; si morse il labbro internamente e scosse la testa, cercando di non dare troppo peso alle sue parole e rendendosi conto che stesse parlando così solamente per convincerla ad aiutarlo; iniziò a girargli attorno e pensare  a come avrebbe potuto sfruttare quell'occasione a suo vantaggio, iniziandosi a comportare per ciò che fosse diventata: la Regina. "Ok, ti aiuto. Ma ad una condizione".
"Qualsiasi cosa".
"Devi passarmi il Marchio".





Scesero le scale in silenzio, ognuno perso dietro i propri pensieri e chiedendosi se quella vita fatta di preoccupazioni e di agitazioni sarebbe mai finita: avevano perso Katherine e adesso tenevano Dean chiuso nella prigione del bunker perchè stava perdendo giorno dopo giorno ogni briciolo di umanità che gli fosse rimasta.
Castiel dopo aver perso la sua intera fazione pacifica, aveva assistito al martirio di Dean su Gadreel e non ci aveva pensato due volte prima di mettersi all'inseguimento per trovarlo e guarirlo: dopotutto era pur sempre uno dei suo fratelli e non si lascia un fratello a morire.
Avevano da poco iniziato a sorseggiare un po' di coraggio liquido che li avrebbe aiutati a fronteggiare la questione in sospeso del maggiore dei Winchester, quando un forte urlo di Sam li riportò tutti alla realtà. 
Hailey, Bela, Castiel e Gadreel si scambiarono una rapida occhiata prima di correre nella direzione della prigione e ringraziarono mentamente che Judith avesse deciso di passare qualche giorno insieme a nonno Phil e a Clay, lontana da tutto quel trambusto che scuoteva il bunker un giorno si e l'altro pure.
"Non c'è più, Dean se n'è andato!".
Trovarono la prigione completamente vuota, ma ancora chiusa dall'esterno, segno che qualcuno avesse fatto irruzione dall'interno e che lo avesse portato via secondo la sua volontà, e a giudicare dal contenuto della ciotola che giaceva a terra doveva aver chiamato qualcuno di potente. Come Crowley.
"E' stato lui, ne sono sicuro!" esclamò Sam muovendosi in maniera agitata nella sala lettura, serrando i pugni e sentendo i palmi prudere per la voglia che aveva di piantargli una lama angelica in pieno petto, per poi prendere a pugni suo fratello.
"Non può essere stato Crowley: dipende da Katherine e lei non lo avrebbe mai mandato qui" rispose Hailey sbuffando, facendo qualche altro passo avanti all'interno della sala per riappropriarsi del suo bicchiere e del suo Scotch, che buttò giù tutto d'un fiato dato che quella situazione stava iniziando a darle su i nervi.
Bela si morse il labbro inferiore con rabbia, come se stesse cercando di non urlare con tutto il fiato che avesse in corpo per il nervosismo. "Infatti è lei ad essere venuta!".
I quattro si scambiarono un'occhiata, non riuscendo a capire il nesso delle sue parole, ma pensarono che l'unica ad aver davvero azzeccato qualcosa negli ultimi mesi fosse proprio Bela, così analizzarono le sue parole.  Hailey aggrottò le sopracciglia e la guardò con qualche perplessità, grattandosi nervosamente la nuca dove essersi riempita nuovamente il bicchiere. "Perchè avrebbe dovuto farlo?".
Sam si schiarì la gola e prima che la donna potesse rispondere si fece avanti annuendo con una strana luce negli occhi, come se avesse davvero capito solamente adesso il nesso di tutta questa situazione. "Perchè lei voleva l'anello ed il Marchio: l'anello l'ha già avuto, ora vuole il Marchio!".
I cacciatori ed i due angeli rimasero per qualche secondo in silenzio, scuotendo la testa e chiedendosi se Katherine fosse davvero capace di arrivare a tanto pur di ottenere ciò che desiderasse, così presero un respiro profondo e continuarono a chiedersi quale sarebbe stata la nuova ipotetica mossa di Dean, e tutti concordarono sull'uccidere Metatron.
Capendo che non ci fosse tempo da perdere, si divisero in gruppi: Castiel e Gadreel si diressero in Paradiso per intrufolarsi nello studio di Metatron per provare a sottrargli la sua unica fonte di energia, la tavoletta; i cacciatori iniziarono a cercare di capire come Dean avrebbe potuto trovare lo Scriba di Dio, fin quando beccarono in rete un video in cui Metatron compiva agli occhi dei passanti un miracolo, salvando una donna da morte certa grazie ai suoi poteri.
A quel punto gli fu chiaro capire dove andare e sopratutto chi cercare.




Il sole era già tramontato da un pezzo quando Katherine e Dean si alzarono dal tavolo della tavola calda, dove fecero qualche ricerca sul Metratron -o Marv, dato che aveva preso a farsi chiamare in quella maniera dopo aver fatto un paio di miracoli per ingraziarsi anche gli umani- e aver messo qualcosa sotto i denti. O almeno la donna lo fece.
Il cacciatore non toccò cibo e non prestò neanche attenzione quando Katherine gli soffiò il panino da sotto gli occhi.
La donna gli fece segno di seguirla fuori senza parlare, avvicinandosi ad una vecchia auto posteggiata in fondo al vicolo appena fuori dal locale, sentendo i passi pesanti del cacciatore dietro di lei; sentì gli occhi di Dean indugiare su di lei e sulla sua schiena, esattamente come quel pomeriggio, in cui il cacciatore non avesse distolto lo sguardo da lei, se non per continuare le ricerche.
Adesso era una Regina, ma era pur sempre una donna: sapeva riconoscere gli sguardi che le rivolgessero gli uomini, ma quello di Dean era.. diverso. 
Non la guardava con attrazione, nè desiderio. E neanche con tutto l'amore con cui l'avesse guardata fino a prima di scoprire cosa lei stesse davvero tramando alle loro spalle.
Il suo sguardo trasudava delusione e una profonda tristezza. 
Katherine evitò il suo sguardo per tutto il pomeriggio, limitandosi alla ricerca dello Scriba e mobilitando anche i suoi demoni per non fare tardi, ma ogni qualvolta che incrociasse per sbaglio quei pozzi verdi non riuscì a far a meno di sentirsi quasi in colpa.
Sospirò e aprì il portabagagli con uno scatto, cercando con le mani qualcosa all'interno ed avendo cura che non fosse osservata da nessuno, fin quando estrasse la Lama da un borsone e si voltò nella direzione dell'uomo accennando un sorriso.
"Eccola qui: colei che brami più del cibo e delle ore di sonno arretrate".
Dean, che si tenne una manciata di passi indietro, si avvicinò velocemente come se fosse stato attirato da una calamita e la donna riuscì a scorgere quella scintilla nei suoi occhi, confermando silenziosamente che le sue parole fossero del tutto fondate.
Allungò una mano nella sua direzione e Katherine gliela passò senza alcuna traccia di titubanza: un patto è un patto, e Dean è quel tipo di uomo che rispetta la parola dato. E' il suo codice dopo tutto.
Quando la mano del cacciatore sfiorò la lama e la prese con sè, sentì una scarica di adrenalina correre lungo le sue vene e raggiungere ogni parte del suo corpo, inebriato da quella sensazione di forza e di invinciiblità; chiuse gli occhi per assaporare il momento e strinse di più l'impugnatura fra le dita, sapendo che mai più nulla lo avrebbe fermato o lo avrebbe tenuto lontano da quell'arma. 
Katherine se ne accorse e dovette ammettere in cuor suo che non le piaceva ciò che vedeva; per quanto non le importasse - o almeno apparentemente- più nulla di Dean, quella visione le fece storcere il naso, sentendosi quasi gelosa del rapporto che l'uomo avesse con quell'arma e si chiese cosa sarebbe successo se lei avesse scelto di non seguire Crowley quella notte: sicuramente non sarebbe diventata la Regina e non avrebbe avuto una schiera di demoni servitori e completamente spaventati da ciò che avrebbe potuto far loro anche solo pensandolo, ma forse avrebbe potuto trovare un modo per aiutarlo. Per non lasciarsi sopraffare dal Marchio.
Scosse la testa come per allontanare quei pensieri ed osservò Dean aprire gli occhi con una nuova luce negli occhi, scrocchiando le ossa del collo e posizionando la sua Lama all'interno della sua giacca, dove avrebbe sempre dovuto essere; la guardò per qualche secondo senza riuscire a modificare la sua espressione di superiorità ed iniziò a chiedersi come avrebbe potuto fregare Katherine, dato che in nessun caso le avrebbe mai lasciato prendere quell'orrenda cicatrice sul suo braccio.
"Quando avrai fatto fuori l'angioletto, chiamami subito. Sono stata abbastanza chiara, Dean?".
Il cacciatore accennò un sorriso amaro e rimase dritto con le spalle a scrutare la sua anima attraverso i suoi occhi, mentre un milione di pensieri presero a scorrere nella sua mente. "Sei almeno interessata a sapere se uscirò vivo dallo scontro con Metatron?".
Katherine tirò su le spalle in un movimento esasperato, come se realmente provasse fastidio a stare in sua presenza, e sollevò un sopracciglio per guardarlo con ilarità. "Dean, non dimenticare che non ti sto aiutando per bontà di cuore: voglio il Marchio. Quindi quando uscirai da quel combattimento, vieni a cercarmi, oppure nasconditi bene, perchè se ti trovo, lo prenderò da sola, e ti giuro che non sarò per niente delicata mentre lo farò".
Dean serrò la mascella in una morsa per impedire alla sua bocca di dar voce a tutti i suoi pensieri e la osservò voltargli le spalle senza aggiungere altro, iniziando ad incamminarsi verso la strada dalla quale fossero venuti; un pensiero prevalse sugli altri ed iniziò a martellargli la mente senza possibilità di scampo, e senza rendersene conto si ritrovò a fare due passi avanti e a richiamare la sua attenzione per non lasciarsi sfuggire quell'opportunità. Ora o mai più.
"C'era qualcosa di vero o hai sempre finto da quando ti sei svegiata?".
Katherine si fermò sul posto, rimanendo immobile ad ascoltare quella frase e quelle parole le sbatterono contro fino a rimbalzarle addosso; si morse il labbro e si voltò nella sua direzione con le braccia serrate al petto e puro menefreghismo sul viso. 
Lo guardò per dei lunghi istanti, studiando i suoi occhi e non riuscendo più a cogliere quella luce di prima dovuta alla sensazione di onnipotenza data dalla Lama; adesso guardava Dean, il vero Dean, e riuscì di nuovo a leggere un dolore malcelato che si portava dentro, e si sentì un po' dispiaciuta nel dire ciò che disse. 
"Sai come funziona: si fissa un obiettivo e si fa di tutto pur di raggiungerlo, a qualsiasi costo".
Dean sorrise amaramente mordendosi la lingua ed abbassò il capo mentre sul viso si disegnò un'espressione rassegnata e delusa, ed un groppo si fermò sulla sua gola e gli impedì di deglutire: doveva immaginarlo che non ci fosse nulla di vero. Niente di autentico fra loro due. Dopottutto la donna che amava non gli stava neanche davanti in quel momento.
In quel lungo istante Dean ripensò il giorno in cui Katherine si fosse svegliata da quel coma e ricordò le sue parole di quella stessa sera: La tua ragazza è morta due mesi fa in quell'incidente.
A quel tempo il cacciatore aveva negato quell'affermazione, perchè sotto tutti quegli strati di menefreghismo, superficialità, arroganza ed egoismo, lui vedeva ancora la sua Katherine; in quel momento come non mai, Dean si rese conto di essersi davvero sbagliato su di lei, e che forse aveva ragione.
La sua Katherine era davvero morta nell'incidente.
"Quindi non mi hai mai amato?".
L'uomo non si spiegò come quelle parole gli fossero uscite dalle labbra, ma capì che voleva saperlo, doveva. Non sapeva se sarebbe sopravvissuto a quel combattimento con Metatron, e se doveva morire tanto valeva farlo senza rimpianti.
Katherine accennò un piccolo sorriso amaro e sapeva che qualsiasi risposta gli avrebbe fatto male, compresa la verità e qualunque bugia avrebbe potuto rifilargli per farlo allontanare. Scosse la testa e fece spallucce, osservando il viso di Dean indurirsi sempre di più dopo quella risposta silenziosa nonostante il buio della notte, notando come stesse incosciamente iniziando a sfiorare il Marchio da sopra il tessuto della giacca blu.
"Non farmi aspettare troppo dopo che lo avrai ucciso, ti farò sapere il luogo d'incontro".
Dopo qualche altro istante ad osservare il verde dei suoi occhi brillare con la luce lunare, Dean la osservò andare via senza aggiungere una parola, voltandosi nella direzione opposta alla sua mentre sentiva nuovamente il suo sguardo puntato sulla sua schiena; Katherine fu sicura che, un'altra versione di se stessa avrebbe sicuramente provato dispiacere nei suoi confronti per averlo ferito in quel modo e avrebbe trovato il coraggio di dirgli la verità, ma adesso c'era solo lei, quindi che senso avrebbe avuto dirgli quanto in realtà lo avesse amato in quei pochi mesi? Fargli sapere che aveva soffocato i suoi sentimenti quando era pienamente cosciente di ciò a cui avrebbe rinunciato se avesse scelto il Trono, non lo avrebbe di certo aiutato a superare la batosta.
Si dileguò nel buio, lasciando Dean da solo in quel vicolo, che non perse altro tempo e con un sospiro si avviò a grandi passi verso la sua destionazione con una sola missione: uccidere Metatron.





Uno sparo squarciò l'aria e le due donne sobbalzarono per lo spavento, osservando Sam mettere nuovamente la sicura alla sua pistola prima di puntarla sulla folla: aveva sparato un colpo di avvertimento perchè i seguaci di Metatron non volevano lasciarli passare per raggiungerlo, e sfoderare la sua pistola sembrò al minore dei Winchester la soluzione più rapida e sbrigativa.
Così fu, poichè la piccola folla si disgregò e fu indicato loro il luogo in cui il loro nuovo Messia Marv si fosse ritirato in preghiera per la purificazione delle loro anime; Sam, Hailey e Bela storsero il naso udendo quelle frasi, perchè certamente l'ultimo dei pensieri di Metatron era proprio quello. Al massimo si sarebbe solamente autoeletto Dio, sia in Cielo che in Terra. 
Ma ciò non sarebbe accaduto, non finchè ci sarebbero stati loro.
I tre cacciatori superarono i pochi presenti ancora rimasti a guardarli con ostilità e si affrettarono correndo nella direzione da loro indicata, sentendo l'ansia di trovare Dean crescere dentro di loro sempre di più.
Sapevano che Katherine gli avrebbe dato la Lama e sapevano che Dean avrebbe trovato il modo di uccidere Metatron: ma come ne sarebbe uscito dal combattimento?
In che condizioni lo avrebbero trovato? Avrebbe fatto il corpo dell'angelo a pezzi, proprio come aveva fatto con Abbadon? Avrebbe continuato ad affondare la Lama dentro quel tramite, inzuppandosi del suo sangue fino ad esserne completamente ricoperto?
Decisero che avrebbero preferito affrontare quelle possibilità solamente se fossero arrivati troppo tardi ed in fretta corsero all'interno di quell'edificio in fase di costruzione, evitando gli attrezzi lasciati dagli operai maldestri e tutti i materiali che gli sarebbero serviti; corsero velocemente imbracciando le loro lame angeliche fino a quando iniziarono a scorgere due figure in lontananza: una se ne stava seduta a terra, probabilmente malamente gettata a terra dall'avversario, mentre l'altra brandiva una lama e gliela puntava contro.
Per qualche secondo, i tre cacciatori impotenti rimasero immobili ad assistere a quell scena, perchè avevano pensato a tutti gli scenari, meno che a quello: era Dean la figura a terra, ricoperto di sangue. Era Dean ad avere la peggio in quel combattimento. 
Provarono ad urlare il suo nome, mentre correvano per raggiungerlo, ma ottennero l'effetto opposto: Metatron si voltò a guardarli per un lungo istante, sorridendo divertito nella loro direzione, per poi voltarsi in fretta verso Dean, con il viso tumefatto dai forti colpi ricevuti dall'angelo e la Lama troppo lontana affinchè potesse almeno provare a difendersi.
E poi fu un attimo: la lama angelica di Metatron attraversò il petto di Dean con facilità, aprendo una grossa voragine nel corpo del cacciatore, che inspirò e sgranò gli occhi per il dolore che quella grande ferita gli provocò.
Un rivolo di sangue gli risalì dalla gola e gli occhi iniziarono a diventare sempre più pesanti, e quasi non si accorse quando Metatron estrasse la sua lama per scappare via: le voci di suo fratello, Hailey e Bela arrivarono alle sue orecchie in maniera ovattata, e quasi non riuscì a distinguere la direzione dalla quale provenissero.
Non seppe stabilire quanti secondi o minuti passarono, ma sentì due grosse mani sulle guance ed il viso alzarsi con forza, mentre qualcuno lo forzò ad alzarsi tenendolo per le braccia.
Sentì il suo fratello pronunciare il suo nome e sorrise teneramente quando aprì gli occhi e li fissò su di lui: lo sguardo terrorizzato da ciò che fosse accaduto, gli occhi sgranati e le mani a cingergli il viso. Lo scuoteva, lo chiamava e gli diceva di non mollare, che lo stavano portando in ospedale e che si sarebbe rimesso, ma Dean continuò a sorridere, qeusta volta divertito.
Aveva visto troppe ferite su troppa gente durante la sua lunga vita da cacciatore, abbastanza per poter capire quando qualcuno non ce l'avrebbe fatta, proprio come lui in quel momento; sapeva che anche suo fratello lo avesse già capito, ma continuò a ripetere di tenere gli occhi aperti e di non mollare, e Dean si trovò a pensare per l'ennesima volta quanto fosse testardo.
Spese quelle poche energie che gli fossero rimaste per bloccare la frenetica corsa dei tre cacciatori verso l'ospedale e si fermò per guardarli uno ad uno perchè lo sentiva: sentiva che per lui era finita, che gli stessero rimanendo pochi istanti della sua vita e di certo non li avrebbe voluti passare correndo verso uno stupido ospedale: fec passare lo sguardo dal suo fratellino, alla donna che Sam amava e che per lui era diventata subito una sorella, a Bela, la donna da cui avrebbe desiderato il perdono più di ogni altra cosa al mondo.
La minore delle Collins, che lo teneva su dal braccio destro, parve capire e lasciò sfuggire dai suoi occhi rossi e gonfi due lacrime solitare, che le rigarono il viso fino a continuare la sua corsa sul collo. Bela gli carezzò il viso con un sorriso fintamente ottimista ed annuì, stringendosi più forte a lui per qualche secondo.
"Ti ho p-perdonato nell'istante in cui s-sono tornata dall'In-inferno, lo sai.." sussurrò la donna con voce bassa e rotta dai singhiozzi, mentre altre lacrime le percorsero le guance. "La riporterò a casa, te lo prometto".
Dean non ebbe bisogno di chiedere di chi stesse parlando, ma annuì faticosamente e respirò a fatica, sentendo altri rivoli di sangue salire lungo la sua gola fino a fuoriuscire in maniera incontrollata dalle sue labbra; spostò il suo sguardo su Hailey, che scosse la testa e si rifiutò di dirgli addio, e fece maggiore pressione sul suo braccio per continuare la corsa verso la salvezza, ma poi si bloccò e si avvicinò anche lei di più all'uomo, stringendolo per un'ultima volta in un forte abbraccio silenzioso, carico di dolore.
Non ci fu bisogno di parole fra loro due, nè tanto meno fra Dean ed il suo fratellino, che lo guardò con le guance rigate dalle lacrime e lo sguardo sconvolto e spaventato sul viso, tranquillizzandolo che avrebbe pensato a tutto lui: Katherine, Judith, Cas ed il resto della loro famiglia.
Poteva andare tranquillo.
Dean si tirò appena più dritto con le spalle, mentre veniva tenuto in piedi dalle braccia di suo fratello e delle due donne, e sorrise verso ognuno di loro, sollevando un braccio a mezz'aria ed indicandoli con un dito.
"Sono fiero di noi.. Di tutti noi..".
La voce flebile, spezzata da un ultimo colpo di tosse che gli fece sputare l'ennesimo rivolo di sangue; la vista, sempre più appannata e meno nitida secondo dopo secondo; il respiro faticoso, ed aveva l'impressione che sul suo torace premesse una pila di mattoni.
Diede un'ultima occhiata e fece un ultimo saluto alla sua famiglia prima che il nero l'avvolgesse, e piegò la testa di lato prima di accasciarsi sul petto di suo fratello, mentre l'ultimo pensiero andò al suo appuntamento con lei ed accennò un sorriso divertito pensando che sarebbe stata arrabbiata.
Katherine...
L'ultimo pensiero andò a lei e la chiamò con la mente dentro di sè, chiedendosi se mai lo avrebbe perdonato per non essersi presentato al loro appuntamento; probabilmente sorrise, pensando che fosse davvero andato tutto storto fra loro due, ma che nonostante ciò avrebbe rifatto ogni cosa da capo allo stesso modo.
Rivide gli ultimi momenti di felicità della sua vita scorrere davanti ai suoi occhi e chiuse definitivamente gli occhi, concedendosi di abbandonarsi al buio e all'ignoto per sempre.





Sollevò nuovamente la mano silenziosamente per ordinare l'ennerimo drink e si appoggiò al bancone di marmo con gli avambracci, mentre giocherellava con il bicchiere di vetro ormai vuoto facendolo oscillare da una mano all'altra; alzò lo sguardo fin oltre il bancone e guardò quella strana stampa in rilievo di un pellicano, abbozzando un sorriso e scuotendo la testa.
Non le era mai piaciuto lo sport, in particolare il basket, ma il resto dei presenti nel bar non la pensava come lei, indaffarati ad osservare quella stupida partita della loro squadra del cuore: New Orleans Pelicans.
Sbuffò quando sentì nuovamente le urla di disapprovazione quando uno dei giocatori sbagliò un tiro e si chiese cosa ci facesse in quella città e perchè si fosse trovata a guidare fin lì; provò ad indagare nella sua memoria, ma non riuscì a trovare alcuna spiegazione plausibile che la legasse a quel posto.
Sentì il telefono vibrare per l'ennesima volta nella sua tasca e lo prese di malavoglia, trovando le innumerevoli chiamate perse delle sue sorelle e di Sam e deglutì a fatica quando ricordò ciò che fosse avvenuto tre sere prima: Katherine stava aspettando pazientemente nello stesso vicolo in cui avesse dato la Prima Lama a Dean, dopo avergli scritto di tornare in quel posto in seguito alla morte di Metatron per passarle il Marchio e restituirle la Lama, quando aveva sentito qualcosa dentro di sè cambiare.
Aveva sentito qualcosa andare in pezzi nel suo cuore ed un lamento risuonare nella sua mente, e pensò di non aver mai provato un dolore forte come in quel momento: non aveva ferite, ma si piegò ugualmente su se stessa, appoggiandosi alla macchina malmessa che le stava accanto.
E poi lo sentì: udì il suo nome essere pronunciato con dolore e tristezza, e subito capì cosa fosse successo senza neanche aspettare spiegazioni.
Si incamminò fino all'uscita del vicolo ed adocchiò una grossa moto nuova di zecca, e sperò che il proprietario fosse assicurato quando con un triste sorriso manomise i fili e partì facendo rombare il motore.
Corse per centinaia di chilometri fin quando la gola secca le impose di fermarsi in un bar, dove iniziò a bere come mai avesse fatto, specialmente quando un messaggio di Sam le confermò ciò che da sola avesse intuito: la morte di suo fratello.
Non capì fino in fondo ciò che provò, ma non fu nulla di bello e ciò la stranizzò: avrebbe dovuto essere totalmente indifferente, ma invece qualcosa dentro di lei la portò a bere fino all'ultima goccia dell'alcol di quella topaia, e quando finalmente la sbronza le passò riuscì a rimettersi in viaggio con la sua nuova moto.
Si lasciò guidare dalla strada e dalle sensazioni nei successivi due giorni, ignorando persino Crowley - che cercò di mettersi in contatto con lei mentre si chiedeva dove diavolo fosse finita- e tutti i suoi demoni, che attendevano delle istruzioni dalla Regina.
Aveva bisogno di un po' di tempo da sola prima di rimettersi a lavoro, e fu proprio ciò che pensava mentre la grande scritta di "Benvenuti a New Orleans" la convinse a fermarsi in quella città: fu subito attirata dal locale in cui adesso si trovava, nonostante non trovasse carino nulla di ciò che ci fosse all'interno.
Il barista si avvicinò nella sua direzione con una bottiglia di Chivas e Katherine sollevò lo sguardo su di lui, che aveva tutta l'aria di chi volesse fare una predica o almeno i fatti suoi: un velo di malinconia negli occhi della donna lo fece desistere da quell'idea ed accennò un sorriso timido nella sua direzione, mentre versò un po' di quel liquido nel suo bicchiere.
Katherine se lo portò subito alle labbra e lo finì in un sorso solo, e gli porse nuovamente il bicchiere, reclamando un altro po' di alcol ed ordinando che gliene versasse ancora in un altro bicchiere, che allontanò di poco da lei.
La donna lo vide allontanarsi dietro al bancone, ma lasciarle la bottiglia a portata di mano con un sorriso, e Katherine non si fece scrupoli ad avvicinarsela e tenerla cara; sospirò e si diede un'occhiata intorno, notando come ormai il locale si fosse quasi del tutto svuotato ed i tifosi fossero andati via con la coda fra le gambe per la perdita della loro squadra del cuore.
Oltretutto era quasi ora di chiusura e Katherine non avrebbe fatto storie quella sera, sarebbe tornata al suo motel con la sua moto per continuare a consumare l'alcolc che avesse portato in stanza.
Sollevò il suo bicchiere pieno come per fare un brindisi e guardò per dei lunghi secondi l'altro, che se ne stava abbandonato qualche centimetro più in là, mentre una lacrima solitaria le rigò una guancia; sorrise appena sorprendendosi ad augurarsi che il suo cacciatore preferito fosse finito in un posto migliore, smettendo per sempre di soffrire.
Katherine avvicinò il suo bicchiere all'altro per farlo scontrare gentilmente, brindando a lui, quando una mano maschile lo afferrò con poca gentilezza, facendo oscillare il liquido all'interno senza però farlo sbordare; poi fu un attimo: il suo profumo le arrivò dritto alle narici, facendole sgranare appena gli occhi, e serrò la mandibola rimanendo immobile. E poi quelle mani le avrebbe riconosciute fra mille.
"Questo è per me, vero?".
La sua voce sarcastica le arrivò dritta alle orecchie, facendola sorridere sinceramente e costringendola a sollevare lo sguardo verso di lui: incrociò i suoi occhi verdi e lo osservò bere qualche sorso di Whisky con aria da sbruffone e da strafottente.
"Sei in ritardo per il nostro appuntamento".
Dean fece spallucce e la fissò negli occhi con ilarità, avvicinandosi appena e facendole l'occhiolino. "Sono stato trattenuto, ma adesso sono qui".
Katherine scoppiò in una fragorosa risata ed attirò l'attenzione del barista, che fin'ora non le vide neanche mezzo sorriso, e si asciugò in fretta la lacrima che le attraversò il viso pochi momenti fa; non c'era spazio per equivoci, era Dean. Era proprio lui e la luce nei suoi occhi glielo confermava.
"Ma lo sai che tuo fratello e gli altri pensano che tu sia morto?".
Dean indugiò con lo sguardo su di lei come a scrutarla e alla donna non interessò che potesse vedere la sua debolezza: perchè era lui, era sempre stato lui il suo punto debole, il suo tasto dolente, e adesso Katherine fu sicura che anche lui ne fosse cosciente. E dopo aver visto ciò, l'uomo lesse nei suoi occhi la felicità che lui fosse ancora vivo. La felicità che fosse venuto fino a New Orleans a cercarla.
Dean pensò che Katherine avesse davvero un tempismo di merda nel realizzare ciò che la rendesse felice, e piegò le labbra in una smorfia davvero divertita quando la fissò dritta negli occhi con audacia.. troppa. "Beh, hanno ragione".
La donna si fece immediatamente più seria quando udì quel tono glaciale e distaccato ed aggrottò le sopracciglia mentre lo guardava con aria interrogativa, chiedendosi cosa diavolo volesse significare la sua frase; ma Dean continuò a sorridere con quell'aria audace e sbattè qualche volta le palpebre, mostrandole i suoi occhi verdi tramutardi in orrendi occhi neri demoniaci.
Katherine mollò il bicchiere sul bancone, lasciando che cadesse e che il liquido si riversasse sul freddo marmo, ed estrasse dalla cintura dei suoi pantaloni la lama angelica, alzandola per puntargliela al collo, ma Dean fu più veloce e si alzò di scatto posizionandosi dietro di lei, bloccandola dalla schiena ed afferrando con forza il suo avambraccio destro per farle mollare la presa sull'arma, per poi bloccarla contro il bancone ed il suo petto.
Con velocità le girò il braccio destro dietro la schiena, usando una forza che non aveva mai usato su di lei, mentre con l'altra mano le puntò la Prima Lama contro il centro della colonna vertebrale; Katherine roteò gli occhi e si maledisse per avergliela ceduta, pentendosi di non avergli strappato il Marchio quando l'aveva evocata nella prigione del bunker.
"Piano tigre, sono qui per parlare" disse Dean ridendo di gusto come se quella situazione lo divertisse parecchio, e intimò al barista ed ai pochi rimasti clienti di stare indietro, mentre tre o quattro uomini dagli occhi neri fecero il loro ingresso nel locale per controllare che tutto andasse secondo i piani. L'uomo la tirò più vicina a sè ed annusò l'odore della sua pelle e dei suoi capelli, sorridendo tranquillamente, prima di avvicinare le labbra al suo orecchio. "Sono sempre io, dolcezza! Rilassati, possiamo continuare a divertirci".
Katherine fece una smorfia di disapprovazione e tirò la testa indietro di scattò, colpendolo con la nuca sul naso, costringendolo a mollare la presa sul suo braccio per portarla al viso, e continuò assestando una forte gomitata fra le costole, facendolo appena piegare in avanti; si allungò sul bancone per raggiungere la sua lama e si volta di scatto verso di lui, trovandoselo però inaspettatamente troppo vicino. 
Puntò la sua arma contro il suo collo e Dean fece lo stesso con la Lama, puntandogliela alla gola ed abbassando lo sguardo su di essa, immaginando per una manciata di secondi come  sarebbe stato squarciarle la gola ed osservare la vita abbandonare i suoi occhi. Katherine parve accorgersi di questo suo pensiero e, ancora incredula, cercò di indietreggiare appena col collo, osservando il suo sguardo divertito sollevarsi fino al suo ed iniziare a ridere divertito.
Abbassò la Lama con ancora un sorrisino divertito sul volto e la poggiò sul bancone dietro di lei, sollevando le mani in segno di resa, e Katherine abbassò la sua arma con titubanza, mentre la pelle d'oca nacque sulla pelle di tutto il suo corpo e per un momento ebbe paura.
"E' questo l'effetto del Marchio: se muori mentre lo hai addosso, diventi un demone! Ma questo già lo sapevi, non è vero Kath? Per questo lo volevi così disperatamente" disse il ragazzo sorridendo divertito, piegando appena la testa di lato e scrutandola in profondità come se riuscisse a leggere qualcosa di più nei suoi occhi. Poi si fece serio e serrò la mandibola con risolutezza, per poi cambiare tono di voce e diventare più perentorio. "E' ora di discutere di un cambio di reggenza, tesoro".

  
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