Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: summers001    03/09/2020    1 recensioni
BriennexJaime | Fix-it | Multichapter breve
Dal testo:
“Oh, cammini di nuovo.”
“Ne sembrano tutti così sorpresi.”
E rubò un sorriso da Brienne. Jaime la guardava sorridere e ne rimase incantato. Non se la ricordava sorridere. O forse sì, in una di quelle tante notti a Grande Inverno, quando aveva scoperto che la barba sul collo le faceva il solletico, così tanto da farla contorcere prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
“Siamo abituati a pensarti morto.” Brienne rispose acida con una frecciatina, lanciata apposta perché ferisse, ma non in profondità. Dopo un lungo silenzio alzò persino gli occhi per controllarlo.
“E tu hai visto anche i morti camminare, di cosa ti stupisci?”
Brienne rise di nuovo involontariamente. Si coprì la bocca per nasconderlo, ma Jaime pareva attendere proprio quella reazione con gli occhi che non la lasciavano un secondo e la controllavano. “Smettila!” lo supplicò.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beginning to the end'
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Capitolo 6
 
 
“Non posso avere la cappa bianca.” Rispose Jaime alla proposta di un altro, ennesimo re. Si era ritrovato una mattina convocato e presto inchinato davanti ad un altro Stark, nel bel mezzo di un giardino, circondato dai membri più fidati del suo consiglio. Se lo ricordava bene il giorno in cui aveva dovuto farlo davanti alla sorella più grande nel freddo Nord. Sebbene Jaime conservasse ancora i ricordi di quei reggenti quando era ancora bambini, non riusciva a non pensare che fossero tagliati apposta per quel ruolo, che traspirassero regalità, che ogni gesto ed ogni parola frutto della loro educazione li avesse resi così adatti al ruolo che adesso occupavano. Forse era sempre stato per questo che Twyn Lannister aveva avuto paura di loro. Ne riconosceva il potenziale. Per un attimo Jaime pensò anche alla sua di sorella, a Cercei, a come lei imponesse i suoi ordini da tiranna, mentre loro, i due Stark ascoltassero e proponessero, creando un clima più aperto, quasi di libertà. Jaime si sentiva padrone di sé finalmente e di libero arbitrio. Si poteva dire che stesse vivendo in un mirabile e nuovo mondo.

Re Bran aggrottò la fronte. Sembrava perplesso, come se non capisse. Era capace di guardare nel passato e nel futuro, proprio come un vero oracolo. Quello che però a Bran mancava era la ragione per cui erano mosse le azioni degli uomini, da cui ormai prendeva sempre più le distanze. “Perché?” chiese.

“Non la merito, sua altezza.” Rispose semplicemente Jaime. Si guardò indietro e cercò Brienne, che si ergeva in mezzo a quel piccolo gruppo di persone che formavano il Consiglio. La sua armatura luccicava sotto al sole, più di qualunque tipo di gioiello che le dame di corte solevano indossare. Lei lo guardava preoccupata. Avrebbe voluto risponderle che non si trattava di falsa modestia, ma di consapevolezza. Prendeva finalmente atto delle sue azioni e ne era pronto a pagarne lo scotto.

“Non dovrebbe meritare il cavalierato un uomo che ha difeso prima il suo popolo e poi la sua regina?” chiese il Re, di nuovo elencando solo una serie di azioni, scevre da ogni qual tipo di emozione.

Jaime ci pensò. Già, erano azioni da vero cavaliere. “E’ quello che ho fatto nel mezzo di cui non vado fiero.”

Bran incrociò le dita in grembo. Guardò verso Tyrion che, come ad evidenziare il suo ruolo, stava tra il Re e quel timido gruppetto, un po’ più avanti rispetto agli altri. Tyrion si limitò a ricambiare il suo sguardo e poi guardare verso Jaime con curiosità. “Da quello che so, nel mezzo, ser Jaime,” cominciò il re, quasi spazientito “hai difeso ed aiutato tuo fratello, un uomo innocente; hai cercato di salvare una principessa da una nazione ostile; hai difeso una donna da abusi già decisi; hai conquistato terre senza spargere sangue.”

Jaime chiuse gli occhi. Non era giusto parlare così dei suoi errori. Vista così la sua vita sembrava una mera somma algebrica di buone e cattive azioni e non era giusto in quel modo. Riaprì gli occhi e guardò il re seduto su quella sedia. “Maestà, probabilmente una serie di buone azioni possono fare ammenda per tutte le scelte sbagliate che ho fatto,” cominciò a dire Jaime. La frase rimase appesa per una vita e con essa anche Brienne, che dal mezzo di quel gruppetto pareva pendere dalle sue labbra timorosa. “Ma rifiuto comunque la sua generosa offerta.”

Il nodo di confusione si sciolse finalmente dal viso del re. Bran guardò Brienne, avendo compreso finalmente quale fosse la posta in gioco che ser Jaime non era disposto a lasciar andare. Brienne dal canto suo invece fraintese quel cenno come un consenso ad intervenire.

“Sua maestà,” disse allora lei, avanzando ed inginocchiandosi al fianco di Jaime, di fronte al Re e di fronte a Pod che da dietro di lui osservava tutta la scena. “Ser Jaime è incapace di vedere la parte migliore di sé. Dategli più tempo, almeno la sua decisione sarà presa a mente lucida.”

A quel punto fu Jaime ad aggrottare la fronte. Davvero lei non capiva? Davvero credeva che fosse tutto là? Davvero era disposta a sacrificare il loro legame, le loro vite, il futuro di entrambi per servire un re che tutti amavano, che era già circondato dalle migliori menti e dai migliori muscoli giovani e freschi del paese? “No.” Rispose Jaime quasi offeso, sorprendendo tutti, alzando la voce e mettendosi in piedi.

“No?” chiese Brienne confusa a voce bassa, supplicandolo con lo sguardo di rimettersi in ginocchio ed accettare la sua offerta almeno.

Jaime si piegò di nuovo, mettendosi su entrambe le ginocchia per raggiungere la sua altezza. Le parlò teneramente come si fa con bambino, fottendosene degli sguardi di tutte quelle persone attorno, della luce del sole e della terra che gli stava infangando i vestiti. Poteva sentire gli sguardi di Tyrion, del re, di Pod, di Bronn, di Tarly parlare. Poteva vedere le loro smorfie, ma non gli fregava niente. Non gliene era mai fregato niente dell’opinione degli altri. “Quando prende la cappa bianca un cavaliere giura per la vita di non prendere moglie né generare alcun figlio.” Disse a Brienne. Le prese entrambe le mani con la sua per farsi sentire più vicino, perché lo capisse un po’ di più “Ho rotto già quel giuramento, tre volte. Ed io sono tutto fuorché un esemplare di virtù.” Si leccò le labbra, si guardò attorno. Non era così che pensava di dirglielo. Cominciò a carezzarle le dita affusolate con il pollice. “Sono innamorato di una donna come lo ero allora. E come allora romperò di nuovo quel giuramento.” Disse. Il viso di lei passò dallo stupore, alla sorpresa, alla tenerezza e forse il tutto condito con un pizzico di rabbia “Se lei non me lo impedisse.” Aggiunse abbassando lo sguardo “Mi conosci.” Jaime sorrise, poi alzò gli occhi e vide comunque il mantello bianco e l’armatura dorata di Brienne.

Come se lei leggesse in quello sguardo aggiunse subito “Ho desiderato questo tutta la vita.” Manteneva sempre la voce bassa, come se non volesse che gli altri udissero, come se si vergognasse di ammettere ormai quel legame sotto la luce del sole.

“E non vorrei mai che tu ci rinunciassi.”

Da dietro al re, sentirono tutti Pod soffiarsi il naso e sfregarsi le narici. Tyrion lo guardò sospirando, facendo una smorfia, pregandolo quasi di far silenzio o andar via. Bronn teneva le braccia incrociate, mal sopportando tutta la situazione, che gli pareva essere la solita sempre la solita vecchia storia che tutti si aspettavano. Tarly rimase sorpreso, li guardava schivo, non aveva mai pensato, mai capito, ma erano affari loro e per rispetto abbassò gli occhi e strinse le mani come in preghiera.
Brienne si guardò attorno, sentendosi lo sguardo di tutti addosso. Era proprio come quando era bambina a Tarth. Con orgoglio ricacciò dentro lacrime che minacciavano di ricaderle sulle guance. Si rimise in piedi e guardò di nuovo tutti quasi affrontandoli."Con permesso.” Fece alla fine alzandosi ed allontanandosi quanto più velocemente potesse.
 
***
 
Più tardi Jaime si ritrovò nella sua stanza. Si era fatta notte e si aspettava di vederla entrare come era stato nei giorni precedenti da un momento all’altro. Aveva seguito l’andamento della luna fino a trovarla alta in cielo. Doveva essere mezzanotte e Brienne non si era ancora fatta vedere. Si guardò attorno, studiò il letto con le lenzuola sfatte, la spada ancora lì nell’angolo che gli pesava come se la portasse in spalla, come un’opprimente memorabilia di quelle che erano le idee di lei ed i suoi valori, quelli che una volta erano anche i suoi: i suoi ideali di adolescenza traditi, rinnegati, ormai superati.

Si alzò, spense la candela che gli aveva fatto luce dalla scrivania e si diresse verso quella balconata sul mare dove i due avevano parlato e si erano baciati, non più di qualche settimana prima. Era una lunga camminata, che gli faceva apprezzare Approdo del Re dall’alto, di notte. Da giovane aveva vissuto la città illuminata dalla luna persino tra le strade. Conosceva a memoria i rumori che avrebbe potuto cogliere: le risatine delle donne, i passi veloci di un ladro, il tintinnare dei bicchieri, i singhiozzi degli ubriachi. Dall’alto erano così distanti da non essere udibili. Dall’alto pareva un posto diverso.

Riconobbe subito la figura di Brienne quando la vide. Aveva ancora l’armatura addosso. Forse era rimasta là tutto il tempo. Era sicuro che lei l’avesse sentito, ma non osò avvicinarsi per poterla ammirare ancora una volta in contemplazione da lontano, interrogandosi su cosa più di tutto l’avesse spaventata così tanto, se il fatto che lui l’amasse o il fatto che volesse poterla sposare.
“Puoi avvicinarti se vuoi.” Interruppe lei il flusso dei suoi pensieri, senza neppure girarsi.

Jaime la raggiunse e studiò il suo viso. In apparenza rilassato, ascoltava il rumore delle onde, poggiata su quel solito muretto che dava sul mare aperto. Dentro invece pareva essere in tumulto. Correvano veloci sul suo viso emozioni che lasciavano il segno in una ruga, una screpolatura, una piega della pelle sulla fronte in mezzo agli occhi o sulle guance. “Ti aspettavo.” Riuscì a dire solo Jaime, come una constatazione ininfluente.

Brienne abbozzò ad un mezzo sorriso con un lato della bocca “Credevo non mi volessi.” Disse cogliendo l’ironia della cosa. Ogni loro comportamento era dettato dal fatto che nessuno dei due parlasse con l’altro, come era sempre stato da quando era cominciata. Avevano perso la capacità di comunicare. Forse potevano essere ottimi amici, ottimi cavalieri insieme, ma pessimi, pessimi amanti.

“Posso cominciare a fare una cosa nuova?” chiese Jaime raggiungendola, mettendosi al suo fianco e cercando di guardare lo stesso punto che fissava lei.

“Sarebbe?”

“Parlare.”

“E’ da quando ti conosco che non fai altro.”

Colpito, pensò. Ed avrebbe voluto dirlo ad alta voce invece di storcere solo il naso, ma non voleva perdere il filo. “Quello che ho detto oggi, non significava che aspetto solo il momento giusto per…” cominciò a spiegarsi, passando in rassegna gli ultimi giorni, l’idea di Castel Granito, quella di una dinastia da mandare avanti, quella di ricominciare in un altro posto lontano da quella città che era diventata davvero asfissiante con tutti quei re e cavalieri. Pensò ai figli che aveva perso e mai riconosciuto, a quello che non aveva avuto il tempo di crescere nel grembo di sua sorella prima che morisse con lei, al sogno mai realizzato di un uomo adulto di sposarla e vivere sotto la luce del sole. Forse avrebbe dovuto scusarsi con Brienne, perché stava proiettando quei vecchi desideri su di lei e non avrebbe dovuto. Forse era anche per questo che lei si sentiva offesa o come se le fossero cadute addosso tutte le aspettative che invece Jaime aveva riposto in Cercei. Era questo che stava facendo? O la guerra gli aveva fatto per davvero vedere le cose sotto un’altra prospettiva?

Provò a spiegare quel concetto quando lei lo interruppe con una mano in alto, prima ancora che cominciasse a parlare. “Jaime.” Cominciò con voce ferma “Sono stata cresciuta nella convinzione di dover sposare un lord delle terre o delle isole di vattelappesca ed avere dei figli. Ho aspettato quel lord, sono stata ripudiata da tanti altri e ha fatto schifo, fino a che non ho preso una spada in mano. Jaime, io sono questo.” Agitando la spada nella sua fodera, appesa al suo fianco.

Jaime riusciva a vederla quella Brienne, la ragazzina a cui erano stati inculcati i valori di qualcun altro, la convinzione di dover servire un popolo ed il bene più grande, come ogni ragazza di alto rango. Se la immaginava una septa che le spiegava come accontentare un uomo, come tenerselo, come generare dei figli. Aveva visto con Cercei da lontano quella educazione, mentre lui era libero di scegliersi la strada che preferiva. Per reale volontà o spirito di ribellione. Ripensò alla sua spada, alle ragioni per cui anche lui aveva deciso di impugnarla, a ser Arthur Dayne, al destino di sua sorella, al trono. “Non sei una spada.” Disse Jaime, ripetendo a voce alta quello che aveva imparato anni orsono. “Ed il cavalierato è una stronzata. Sono giuramenti ipocriti, fatti per ragazzini ipocriti che non conoscono ancora niente della vita.” Fece, ripercorrendo a mente tutto il suo percorso.

“Un tempo non la pensavi così.” Fece lei tristemente.

“Un tempo ero un ragazzino ipocrita.”

Brienne prese un respiro profondo. Il vento gonfiò il suo mantello bianco, la luna illuminava l’armatura dorata. Trattenne l’orlo del tessuto per sentirlo sotto le dita, tastare il coronamento di un sogno. Guardò Jaime e si chiese se fosse lui o il mantello che preferisse. “Credi che io sia ipocrita?”

“Credo che tu sia debole.”

“Come scusa?” fece lei improvvisamente irritata, sbottandosi ed affrontandolo finalmente faccia a faccia.

Jaime sorrise sotto i baffi. Abbassò il capo e cercò di trattenersi. L’aveva conosciuta mentre si ergeva sola donna in un esercito di uomini, mentre maciullava soldati armati, mentre forte dei suoi principi e dei suoi valori stringeva promesse e giuramenti e, fedele a sé stessa, cercava di mantenerli. Quello in cui credeva la rendeva forte. “Hai paura.” Si corresse Jaime, cercando di cancellare quella risatina saccente. “Non riesci ad ammettere di essere cambiata. È questo che ti rende debole.” Spiegò poi saggiamente “Credimi, lo so.” Aggiunse, ricordandosi di quel giorno in quell’arena prima della guerra, quando fu Brienne stessa a parlargli, a farlo ricredere sulle alleanze ed i valori di una vita, a fargli vedere il cambiamento in sé stesso che prima non riusciva ad ammettere. Era stato un processo inverso il suo, ma ugualmente importante e pesante da digerire. Aveva dovuto accettare di non vedere più sua sorella come la vedeva all’inizio. Aveva dovuto accettare di essere un cavaliere che aveva giurato di difendere i vivi ed i deboli. Aveva dovuto accettare che l’amore in cui credeva si era dissolto dopo anni, in cui era diventato prima un’abitudine poi niente più.
Jaime attese una risposta che pareva non arrivare mai. Forse aspettava soltanto che lei decidesse che fosse ora di andare a dormire e si incamminasse verso la sua stanza. La guardava contemplare la luna sopra al mare, il cono luminoso che disegnava tra le onde, il disegno di un’estate “Ti lascio sola.” Disse lui alla fine. “Ser.” Fece pure cominciando un inchino.

Brienne si girò di soprassalto, come scossa da qualcosa. “No.” Ebbe solo il coraggio di dire ferma e flebile. Detestava essere messa alle strette, detestava che lui anche se innocentemente le facesse una cosa del genere. Avrebbe voluto che la spronasse forse fino a farla incazzare o che muovesse lui i fili fino a farla cadere, tutto ma non farle provare quella ostinata disperazione che pareva averla pervasa. Si sentiva debole, proprio come lui le aveva detto.

“Vengo nella tua stanza?” chiese immediatamente Jaime raggiungendola. In un lampo era da lei, tutto attorno al suo corpo, abbracciandola, accarezzandola, stringendola.

Brienne si lasciò stringere ed abbracciare. Sospirava col capo nascosto nel suo collo, mentre scuoteva la testa e gli diceva che no, non voleva. Quella torre, quegli alloggi, tutte le sue nuove cose, persino il mantello la strozzava e toglieva il fiato. Era come una morsa da cui non si riusciva a liberare. Se ne voleva andare addirittura. A volte quello che vogliamo così disperatamente non è quello di cui abbiamo bisogno, considerò. E Brienne aveva bisogno di sentirlo vicino, di essere amata.
Se Jaime fosse morto per davvero, Brienne sarebbe andata avanti. Avrebbe messo da parte tutto quello che provava ed in un modo o nell’altro ce l’avrebbe fatta. La sua esistenza così costante invece nella sua vita la metteva in crisi su un nuovo piano. Il fatto di essere ricambiata poi le apriva nuove strade e nuove possibilità. Per tanti anni si era cucita un personaggio addosso tagliato a modello delle sue esigenze. Se quelle esigenze non fossero più esistite, sarebbe crollato tutto. Irregolare quel vestito si scuciva, lasciandola nuda, esposta. La vera Brienne, una donna che tra le altre cose Jaime conosceva, rendendola ancora più debole, indecisa ed insicura.
Lo abbracciò e lo tenne stretto, scivolando sulla pietra divenuta calda nella notte. Rimasero seduti a lungo. Complice il buio, scivolavano quasi a turno in un fragile ed agitato dormiveglia, fino a quando il mattino non li sorprese e dovettero di nuovo separarsi.
 
***
 
Quel mattino, senza neanche passare più per la sua stanza, un posto come un altro che utilizzava solo per dormire, Jaime raggiunse suo fratello per la colazione.
Da quando si erano ritrovati, durante tutta la sua convalescenza, Tyrion era diventato di nuovo il suo migliore amico e confidente. Conosceva tutto di Jamie, ne intuiva i pensieri e prima che lui riuscisse ad ammetterlo sapeva cosa voleva e cosa provava. Si riuscivano a capire con uno sguardo, che a volte sembrava addirittura superfluo. Tyrion era infatti dotato di una particolare intelligenza retorica e linguistica, oltre che di forte empatia nei confronti del fratello. Gli piaceva parlare, sbattergli in faccia i suoi stessi problemi, forse per contrastare come l’acqua col fuoco la riservatezza di Jaime che tanto aveva biasimato negli anni. Anche a Jaime piaceva quello scontro verbale. Se certe volte gli pareva difficile arrivare ad una qualche soluzione, Tyrion lo metteva di fronte ad una nuova prospettiva, semplicemente e brutalmente insieme, come era solito anche lui affrontare le cose.

Quando Jaime entrò nella stanza, suo fratello alzò la testa da un mucchietto di carte impilate sparse sulla scrivania. Accanto a lui riposava un cesto di frutta, del pane ed una brocca d’acqua. “Che faccia.” Gli fece con fare occupato, spronandolo a modo suo ad accomodarsi ed a parlare quanto prima. Un modo come un attimo per accorciare i tempi.

Jaime sospirò, raggiunse la scrivania e si sedette a guardarlo. “Per certi versi sembri nostro padre.” Considerò. Forse era il suo modo di fare indaffarato oppure l’espressione corrucciata che aveva sul viso quando si occupava di questioni politiche interne.

Tyrion non sorrise neppure. “Sei venuto qui solo per offendermi?” chiese, sempre con lo stesso tono piatto, un po’ stanco, sicuramente annoiato.

“Per la colazione.” Rispose Jaime. Si staccò poi con le dita diversi acidi d’uva dal grappolo. Si mise a mangiare e rimase in silenzio, fissando il vuoto di lato, in alto alla sua sinistra.

In realtà Tyrion era consapevole di ciò che stava affliggendo Jaime, così come lo era sfortunatamente il re ed una serie di altri consiglieri che avevano assistito alla scena della scorsa mattina. Probabilmente lo sapeva tutto il castello e Jaime stava ancora là con un’espressione sciocca dipinta sul viso. Non che non avesse tempo per lui, anzi, sempre. Era stanco più del fatto che pareva essere lì per richiedere consigli che sarebbero stati ovvi per chiunque, a cui sarebbe dovuto arrivare con un giro di parole non da poco “È successo qualcosa?” chiese.

“No.” Rispose l’altro continuando a masticare “Calma piatta.”

Tyrion lasciò perdere i suoi bilanci, le missive e tutte le altre carte. Incrociò le mani davanti a sé coi gomiti sul tavolo e si mise a guardare attentamente suo fratello, che intanto lo evitava. “Dobbiamo trovare solo qualcuno che perori la tua causa.” Disse poi, attirandone finalmente l’attenzione e seguendo poi il suo sguardo scettico “Sono sicuro che il Lord Bronn di Altogiardino sarà dalla nostra parte. Probabilmente anche Lord Tarly.” Poi prese a tamburellare le dita sul tavolo, come se sotto la sua mano ci fosse ogni parte del regno, che poteva controllare con la punta del polpastrello. Pareva progettare più in grande, vedeva qualcosa che avrebbe potuto finalmente cambiare per migliorare, un’occasione di progresso. Tyrion si considerava in questo senso il re Mida delle opportunità sociali. In effetti somigliava a Twyn Lannister, anche se di colore più liberista. Quello che gli mancava rispetto al padre era solo una certa capacità militare, che però compensava bene in mediazione politica, rendendo le armi persino inutili e superficiali. Iniziava una nuova era ormai. “Re Bran è molto attento alla forma, alle opinioni di chi lo circonda. Democratico, si direbbe.” Disse alla fine per incoraggiare il fratello.

“Quale causa?” chiese solo Jaime, confuso da tutto quel parlare, senza lasciarsi distrarre dal fulcro del discorso.

“Quella sul celibato.” Rispose l’altro ovvio “Mi sono sempre chiesto che senso avesse, non ho mai conosciuto un cavaliere sopra ai trent’anni che non tornasse a casa dalla propria famiglia. Stava bene a tutti e tutti chiudevamo un occhio.” Considerò, pensando a come funzionavano le cose in passato e come stavano continuando ad andare. Gli pareva di riferirsi a leggi ormai antiquate, di cui nessuno più si curava. Erano come un vecchio vaso di ceramica che nessuno più usava, nascosto in un angolo da così tanto tempo che ci si era fatta l’abitudine.

Jaime sbottò ridendo sprezzante, persino acido “Che senso ha?” chiese. C’era sicuramente cose più importanti a cui badare che fregarsene di come e se usavano il cazzo giovani cavalieri che sarebbero comunque morti senza indugio per la causa.

Tyrion ne dedusse che quella donna con cui suo fratello andava a letto era ancora più testarda di quel che si aspettava. “Potresti sposarti e mantenere il cavalierato. Brienne potrebbe sposarsi.” Gli spiegò, imboccandogli il suo piano passo passo e dando per scontato che alla fine era in quel modo che sarebbero andate le cose.

“Non vuole sposarsi.”

“Gliel’hai chiesto?”

Jaime si bloccò sorpreso. “No.” Riuscì a sillabare, notando finalmente che Brienne non aveva dato nessuna risposta perché non le era stata fatta mai nessuna domanda. Sorrise e ripose tutte le sue speranze in quell’ultima occasione. Non sapeva come sarebbe andata, ma se non altro c’era ancora qualcosa da provare.
Mollò tutto, tornò in stanza e si lasciò cadere sul letto. Si addormentò abbandonandosi all’immaginazione, sognando Castel Granito, i muri bianchi, il mare sullo sfondo e Brienne al suo fianco.  

 


Angolo dell'autrice
Salve! Da quanto tempo vero? Sento di dover dare qualche spiegazione. Beh dunque, mi ero fermata qualche mese fa un po' perché nella mia testa la storia era già finita, un po' perché notavo un certo calo di interesse per la ship in generale. Nel senso, ho visto meno ff pubblicate, minor presenza dei gruppi su tumblr e mi sono fatta un po' trascinare da questi abbandoni. L'ispirazione è tornata quando un'utente mi ha scritto una recensione sotto un'altra ff. Sebbene per me questa storia fosse ormai conclusa (nel senso che avevo ben chiaro ogni passaggio fino alla fine) , ovviamente per chi la seguiva no. Ho deciso quindi di riprenderla in mano e pubblicare quel che ne resta, anche perché mancano ormai solo 1 o 2 capitoli. E quindi beh eccomi qua. 
Vi ringrazio quindi come sempre di essere arrivati fin qua e vi lascio con un abbraccio forte. A presto!
  
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