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Autore: Halina    03/09/2020    1 recensioni
Nymphadora Tonks viene convocata al Ministero della Magia in piena notte, dove le viene rivelato che suo cugino, Sirius Black, è evaso da Azkaban. Anche se il suo addestramento da Auror non è ancora completato, viene inserita nel gruppo di ricerca guidato da Kingsley Shacklebolt con un compito specifico, indagare su Remus Lupin. Così, due anni prima di trovarsi insieme nell'Ordine della Fenice, le strade di Dora e Remus si incrociano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Capitolo 23 – 24 Giugno 1995
 

L’abituale quiete della piccola baia era disturbata, in quella limpida notte d’estate, dal vociare entusiasta – e a tratti un poco sguaiato – di una dozzina di giovani donne attorno ad un grande falò, sdraiate sulla sabbia ancora tiepida o in piedi accanto ad un tavolo che ospitava un abbonante e variegato buffet.

“Hei, Tonks, vuoi dell’altra cheesecake?”

La ragazza scosse la testa passandosi una mano sulla pancia, lasciata libera dal bikini rosa accesso su cui appariva a scompariva la glitterante scritta Team Bride: “Merlino, no! Grazie, Greta, ma se mando giù ancora qualcosa scoppio… - con un mezzo sogghigno, agitò il bastoncino di marshmallow che teneva in mano - ho a malapena spazio per questo.” 

Al suo fianco, Rachel le posò la testa arruffata sulla spalla, la coroncina di traverso sui capelli rossi e un sorriso beato sulle labbra: “Non so come ringraziarti, Tonks, credo di non essere mai stata più felice in vita mia e tutto questo - accennò al baldacchino dorato sopra le loro teste, ai palloncini che levitavano magicamente a mezzaria, alle ragazze vocianti tutto attorno e al mare calmo che faceva da sfondo alla scena – è assolutamente magnifico. Il migliore addio al nubilato che avrei mai potuto immaginare!”

Dentro di sé, Dora tirò un sospiro di sollievo. Non era stato banale rintracciare le amiche, alcune delle quali non vedeva dai tempi di Hogwarts, accordarsi con i genitori di Rachel per fingere di voler passare un weekend da sola con la sua migliore amica in Cornovaglia e nel frattempo mettere in piedi una festa a sorpresa. Il tutto in un periodo in cui il suo umore non era certo dei migliori; aveva il sospetto che se le avessero chiesto ancora una volta quando lei pensava di sistemarsi a sua volta avrebbe vomitato, per una ragione che non aveva nulla a che vedere con tutte le burrobirre che aveva scolato.  

Per qualche istante, si godette il momento di quiete dopo le pazzie della serata, osservando il marshmallow cambiare lentamente colore tra le fiamme, con il peso leggero della sua migliore amica addosso. Era profondamente grata di aver potuto, almeno per quella sera, sentirsi addosso i suoi ventidue anni di scemenza, senza che una parte del suo cervello fosse impegnata a preoccuparsi costantemente per un cugino in latitanza, per l’uomo che amava impegnato in una personale crociata di autodistruzione, per la terza prova in corso lassù al castello, per il suo vecchio mentore che le aveva risposto in modo tanto insolito al suo ultimo gufo da averla lasciata davvero preoccupata, per una collega morta in Albania, per uno dei suoi superiori misteriosamente scomparso, per un futuro incerto che non lasciava presagire nulla di buono. 

La tregua ebbe vita breve, con un brontolio sommesso, Rachel si accasciò su sé stessa, reprimendo un conato: “Oh no! No, no, no, no, no! – rise Tonks, affrettandosi a mollare il bastoncino di marshmallows per afferrare l’amica per le spalle – Abbiamo un po’ esagerato con il fire-wiskey, eh, sposina?”

“Mmm… è che a furia di guardare le onde mi sta venendo un po’ di mal di mare…” sbiascicò Rachel, sfregandosi gli occhi con una mano.

“Sicuro! – sogghignò Tonks, mettendola in piedi senza troppa fatica - Facciamo due passi, eh? Ti accompagno su a casa, ti dai una sistemata e recuperiamo della pozione post-sbornia.”

Dalle ragazze si alzò una sonora protesta nel vedere Tonks avviarsi con una traballante Rachel sotto braccio, ma si affrettò a rassicurarle: “Nessun problema, ve la riporto come nuova tra poco!”

Tra poco un’accidenti! Rifletté Tonks qualche tempo più tardi, constatando divertita quanto tempo stavano impiegando a risalire il sentiero che dalla spiaggia portava verso la grande casa. Rachel riusciva a malapena a mettere un piede davanti all’altro e, come se non bastasse, stava rapidamente scivolando verso la sua tipica sbornia-triste.

“Oh, ti ricordi la nostra prima ubriacatura, Tonks? – stava dicendo con tono melodrammatico – Il nostro quarto anno, ai Three Broomsticks, quando quell’infame di Kurt Wells mi ha spezzato il cuore…”

Dora sbuffò piano: “Mi è tuttora ignoto come tu abbia potuto farti spezzare il cuore da uno Slytherin brufoloso che ti ha dato buca per andare ad Hogsmeade con Mariah Roberts!”

“Era così carina! Ovvio che abbia preferito lei a me!” mugolò Rachel, abbacchiata.

“Non so a chi tu stia pensando – rispose Tonks pensando alla goffa e giunonica ragazza di Ravenclaw – ma sono abbastanza certa che non sia Mariah Roberts!”

“Ma alla fine si è rivelato il destino – proseguì Rachel senza dare cenni di averla sentita – perché se mi fossi messa con Wells il mio Mark non mi avrebbe mai chiesto di uscire e…”

Non finì la frase, sobbalzando e portandosi improvvisamente una mano alla bocca per auto-zittirsi. Tonks fu immediatamente allerta, grata di aver recuperato la bacchetta dalla spiaggia prima di incamminarsi. La estrasse dalla tasca posteriore degli shorts e si guardò attorno: “Che c’è? Che succede?”

Sul viso dell’altra comparvero grandi lacrimoni, che le scesero lungo le guance. Tonks strizzò gli occhi nel buio, la mano sinistra stretta al polso dell’amica, ma non vie assolutamente nulla di fuori posto nel grande prato che le separava dal portico.

“Oh, sono un’amica orribile, Tonks! Eccomi qui a parlare di Mark, proprio qui dove tu mi hai presentato Remus… non mi ricordo davvero che faccia abbia, ma sembrava così carino…”   

Dora lasciò andare un lungo respiro, capendo improvvisamente che si trovavano nell’esatto punto in cui avevano festeggiato capodanno. Serrò la mascella e rinfoderò la bacchetta: “E’ carino, Rachel – rispose seccamente, trascinandola verso la casa – è una brava persona, le cose non hanno funzionato… succede.”

“Oh, no! No, no, no, no, no, no! È un DISASTRO, Tonks!”

“Insomma, – fece lei rassegnata – forse non lo definirei un…”

“Non hai più il tuo più uno per il matrimonio!”

Tonks sospirò, alzando gli occhi al cielo stellato. Ovvio che fosse andata a parare lì. Prima di trovare qualcosa da dire, Rachel emise un versetto emozionato: “Ah, no, aspetta! Ho la soluzione IDEALE! Tonks, Mark ha un cugino danese! BELLISSIMO! Riarrangio i tavoli! So che per tradizione dovresti inciuciarti con il testimone dello sposo ma NON CI PROVARE, Tonks, Greg è felicemente sposato, e poi ci sarebbe…”

Dora smise di ascoltare il farneticare dell’amica e la spinse di peso nel bagno del piano terra, appoggiandosi pesantemente al muro fresco del corridoio. Con un piccolo ‘pop’, un’elfa domestica comparve poco lontano, affacciandosi della cucina; aveva grandi occhi gentili e grandi orecchie appuntite e indossava un buffo abito che sembrava realizzato con scampoli vecchi strofinacci: “Buonasera, Miss Tonks!”

La ragazza salutò con un cenno della mano: “Ciao, Minty. Potresti portarmi una buona dose di pozione anti-sbornia?”

L’elfa annuì, e pochi minuti dopo una tazza bollente comparve sul tavolo della cucina, dove Tonks aveva preso posto. Quasi allo stesso tempo, Rachel comparve sulla soglia tamponandosi il viso con un asciugamano. Si lasciò cadere pesantemente sulla panca accanto all’amica e inalò il vapore della pozione con aria disgustata: “Merlino, odio quest’affare – borbottò – non voglio bere mai più nella vita.”

“Si dice sempre così Rach, sempre così…” ridacchiò Dora.

La risata le morì in gola nel vedere le luci nella stanza tremare e, con sommo orrore, Tonks guardò formarsi nell’aria un grosso cane argentato. La voce che riempì la stanza un attimo dopo, stanca e cupa, era quella di Sirius: “Sei una strega difficile da trovare, baby cousin. Mi dispiace essere il latore di cattive notizie, ma il peggio è accaduto e l’Ordine è stato convocato. Da Remus, al più presto.”

Come era comparso, il patronus sparì e, per un istante, Dora rimase gelata, la bocca spalancata, incapace di articolare alcun suono.

Fu Rachel a parlare, con un filo di voce: “Tonks, che cosa è appena successo? Era un patronus? Da tuo… cugino? Ed è il tuo Remus che ha nominato?”

Il tono di Rachel aveva acquistato isteria ad ogni interrogativo e Dora non rispose, limitandosi ad afferrare il bordo del tavolo fino a sentire le dita far male, pensando il più in fretta possibile. Che cosa diamine poteva avere spinto Sirius a mandarle un patronus in quel modo? Il peggio… se l’Ordine era stato convocato poteva solo voler dire…

“Tonks? – mormorò di nuovo Rachel – Che vuol dire che il peggio è accaduto? Parlava di un Ordine…”

Dora si costrinse a guardarla: aveva un’aria terrorizzata, la tazza fumante ancora tra le mani e il viso terreo. Poteva essere un po’ alticcia, ma neanche lontanamente ubriaca abbastanza da dimenticare quello che era appena accaduto, stava facendo troppe domande, domande a cui non sapeva come rispondere… e in un attimo, Dora fu come colpita allo stomaco dal pugno inesorabile della consapevolezza. Erano domande a cui non poteva rispondere.

Non poteva tradire la fiducia del Preside mettendo al corrente un’esterna dell’esistenza dell’Ordine della Fenice. Non poteva trascinare Rachel, la sua adorata migliore amica, con il cuore troppo grande e un matrimonio alle porte, in una guerra di spionaggio. Non poteva – realizzò con una morsa allo stomaco – rischiare di divulgare informazioni da cui poteva dipendere la sopravvivenza dell’intera comunità magica. Già una generazione aveva visto un amico cadere… Non importava quanto male facesse: non aveva che una soluzione.

“Rachel, ho bisogno che ti fidi di me – disse piano - Rimani seduta qui e finisci la tua pozione, io torno tra un istante e ti spiegherò ogni cosa, ok?”
Rachel la fissò con sguardo smarrito, quindi annuì: “Ok. Ok, Tonks.”

Dora si alzò, e si avviò a grandi passi verso la porta, quindi estrasse la bacchetta e la puntò contro la schiena di Rachel, che era rimasta fedelmente al tavolo e stava cercando di portarsi alle labbra con mani tremanti la tazza. Deglutì, cacciando giù il groppo amaro che aveva in gola, e si costrinse a respirare. Non puoi farlo - disse una voce dentro di lei - Merlino, è la tua migliore amica…

La ignorò: “Obliviate!”

Vide l’incantesimo colpire Rachel e la ragazza rimanere immobile per un paio di secondi, prima di venire scossa come da un piccolo brivido. Quindi, riprese a sorseggiare la pozione e Tonks si costrinse a lasciare andare il fiato che non si era accorta stesse trattenendo. Non era ancora finita. Si schiarì la voce e Rachel sobbalzò, voltandosi di scatto. Per un attimo, sembrò stupita di vederla: “Tonks?”

“In persona – si costrinse a sorridere lei – Ti senti meglio?”

Rachel la guardò confusa e lei accennò alla tazza: “Ti conviene berla fino in fondo, eri piuttosto alticcia… cosa ti ricordi?”

“Ero in bagno – rispose lentamente lei – poi sono venuta in cucina…”

“Io ti ho dato la pozione e sono andata in bagno a mia volta, ed eccomi qui - concluse Tonks, sentendosi orribile – Senti, credi di essere in grado di tornare giù alla spiaggia senza di me? Mi è appena arrivato un memo del Ministero, hanno bisogno che vada in ufficio.”

“Ora? – chiese stupita Rachel – È successo qualcosa?”

Dora si strinse nelle spalle: “Credo nulla di serio, ma non so di preciso.”

“Oh! Certo, certo, Tonks – Rachel si alzò e girò attorno al tavolo per andarle incontro - Sei stata un tesoro ed è tardi… mi dispiace che tu debba andare, ma credo che anche le altre non rimarranno ancora molto.”

“Vieni qui – disse Dora, aprendo le braccia e stringendola a sé – Scusa. Davvero.”

L’altra scosse il capo: “Non ti preoccupare. La mia migliore amica non è solo una party planner eccezionale ma anche un’auror spaccaculi! Sono fiera di te, Tonks!”

Dora la lasciò andare lentamente, guardandola negli occhi: “Non sai quanto è importante per me. Ti voglio bene.”

Rachel sorrise: “Anche io, ora va! Su! Non fare attendere il Ministero!”

Ma non fu al Ministero che Tonks si smaterializzò. Fece il vialetto di accesso al cottage di corsa e picchiò contro la porta con urgenza, bacchetta alla mano nell’intravedere diverse sagome scure dietro le tende delle finestre illuminate.

Fu il volto stanco di una donna sulla quarantina a comparire sulla soglia e la ragazza sbatté le palpebre, accecata dalla luce improvvisa e confusa nel vedere la piccola stanza affollata di persone che non conosceva. Fece scorrere gli occhi sulla quindicina di maghi e streghe riuniti in piccoli capannelli e identificò rapidamente la sagoma inconfondibile di Kingsley che, in un angolo, stava parlando fittamente con un omino di bassa statura, palesemente in pigiama e vestaglia. Poco lontano, di spalle, c’era Remus.

La donna sulla soglia si schiarì discretamente la voce, e solo allora Dora si rese conto di essersi smaterializzata in infradito, solo gli shorts di jeans sopra il bikini: “Tonks – si affrettò ad esalare con voce rotta – Sono Nymphadora Tonks.”

La donna annuì e si fece da parte, facendola entrare. Né Remus né Kingsley sembravano averla notata, ma Hestia, in piedi accanto alla finestra con un mago biondo dalla mascella squadrata, le rivolse un cenno del capo. Dora esitò, infilando le mani in tasca e chiedendosi a quale capannello unirsi quando, con la coda dell’occhio, scorse un profilo famigliare al capo opposto della stanza.

Facendosi largo tra la piccola folla, Dora lo raggiunse e gli gettò le braccia attorno al collo: “Oh, Sirius… non sai che cosa ho fatto – mormorò con un filo di voce – ho fatto una cosa orribile, orribile…”

Lui la tenne stretta, chinandosi un poco in avanti per parlarle nell’orecchio: “E’ ok, Tonks, è tutto ok. Sono certo che hai fatto ciò che andava fatto.”

Lo lasciò andare, scostandosi quanto bastava per guardarlo: era lacero, magrissimo, capelli e barba incolti, i vestiti – che Dora riconobbe essere una camicia e un paio di calzoni di Remus – gli cadevano addosso come a uno spaventapasseri. Non era neanche l’ombra del cugino gioviale che aveva lasciato a gennaio ma d’altronde, rifletté tristemente, erano stati mesi difficili per tutti.

Improvvisamente, l’adrenalina scemò, lasciando spazio alla valanga di emozioni che erano state tenute a bada fino a quel momento: il sapore amaro dell’alcol in bocca, la stanchezza di troppe notti insonni, il dolore di avere stregato la sua migliore amica e di averle mentito, la paura ciò che era successo, lo spaesamento di essere nuovamente in un luogo così caro al suo cuore, violato da tante persone estranee…

Barcollò e Sirius la sostenne per un gomito, aiutandola delicatamente a sedere a terra, la schiena contro la parete, lasciandosi poi cadere al suo fianco e circondandole le spalle con un braccio. Dora si sfregò gli occhi gonfi con il dorso della mano e tirò su con il naso, costringendosi a pensare lucidamente: “Che cosa ci fai in forma umana, Sirius? Non è pericoloso?”

Lui si strinse nelle spalle: “Remus ed io abbiamo spiegato l’intera faccenda poco prima che tu arrivassi; non sono certo che tutti l’abbiano digerita facilmente, ma si fidano di Dumbledore abbastanza da essere qui. Ero lassù, Tonks, ero ad Hogwarts, per Harry. Stavo aspettando nell’ufficio…”

Tre colpi decisi risuonarono nella stanza, e immediatamente ci fu silenzio. Remus raggiunse la porta e la aprì senza esitazione; chinando appena il capo, la figura allampanata di Dumbledore varcò la soglia. Il preside fece scorrere lo sguardo enigmatico su ciascuno dei presenti, quindi sospirò: “Cari amici, grazie di essere qui. Ho lasciato Minerva a custodire la scuola, ma non posso restare con voi molto a lungo. Purtroppo, ciò che tutti noi temevamo, è infine accaduto, nel più tragico dei modi, portandosi via una vita innocente e dritto sotto il nostro naso. Siamo stati salvati dal disastro, per un pelo.”

Con tono sommesso, calmo nonostante tutto, il preside raccontò di come la Terza Prova fosse finita in tragedia, con la morte del giovane Cedric, il figlio di Amos Diggory, di come Harry Potter avesse visto Voldemort tornare nella sua forma corporea, di come avesse suo malgrado partecipato al macabro rituale riuscendo a salvarsi grazie ad uno straordinario connubio di fortuna e coraggio.

“Hai detto che la coppa era una passaporta. Come è stato possibile, Albus?” chiese un uomo anziano e piuttosto robusto, con sparuti capelli bianchi.

“È stato possibile, Elphias, perché Voldemort è astuto. Ha avuto pazienza, battendoci al nostro stesso gioco, compromettendo la persona di cui più ci fidavamo. Alcuni di voi avranno forse notato che Alastor non è con me; – il suo sguardo indugiò su Tonks mentre continuava – è fortunatamente fuori pericolo, momentaneamente ricoverato al St. Mungo per accertamenti ma Poppy è fiduciosa che si riprenderà completamente. Per l’intero anno scolastico è stato imprigionato nel suo stesso baule sotto maledizione, tenuto in vita perché il suo carceriere potesse usarlo per informazioni e per rifornirsi di pozione polisucco.”

A quelle parole, Dora drizzò la schiena. Ripensò a quel pomeriggio di fine estate, quando era andata a trovare Mad-Eye in Scozia, ripensò alla notizia del suo presunto attacco la sera prima di iniziare il suo incarico a Hogwarts: “Chi… – mormorò – Chi gli ha fatto questo?”

“Un attore di straordinario e sinistro talento: – rispose mesto Dumbledore – Barty Crouch… junior.”

Questa volta fu la strega che aveva aperto la porta a Tonks a chiedere: “Barty Crouch junior? Vuoi dire che non è morto ad Azkaban anni fa?”

Il preside scosse il capo: “No, a quanto pare è rimasto nascosto a casa di suo padre per tutto questo tempo, un segreto gelosamente custodito e una gentilezza mal ripagata, che è costata a Barty senior la sua stessa vita. È una storia lunga, per la quale non abbiamo tempo ora. Purtroppo il ragazzo è morto, è stato consegnato ai dissennatori prima che potesse testimoniare; non c’è stato nulla da fare, Cornelius era presente.”

“E il Ministero che cosa intende fare?” chiese Kingsley.

“Per ora, nulla. Cornelius rifiuta di ammettere il ritorno di Voldemort, non crede alla parola di Harry.”

A questa affermazione un brusio irato prese vita nella stanza, subito zittito quando Dumbledore alzò una mano: “Mi dispiace, ma il tempo è poco e questo posto non è sicuro. Ho chiesto a Sirius – nuovamente, gli occhi chiari del Preside tornarono verso l’angolo in cui sedevano i cugini – di trovare un luogo adatto a servire da quartier generale.”

Sirius si schiarì la voce: “Sarà agibile in un paio di giorni, giusto il tempo di terminare le ultime protezioni e procedere al Fidelius[1].”

“Molto bene, - disse il preside - sai cosa fare e confido che Nymphadora ti possa dare una mano.”

Tonks annuì, quindi il preside tornò a rivolgersi alla stanza: “Remus continuerà momentaneamente a fare da tramite per i nostri messaggi ma cercate di comunicare il meno possibile, e siate prudenti. Hestia, ti chiederei di tornare al St. Mungo e tenere sott’occhio Alastor. Passerò a trovarlo non appena mi sarà possibile, fammi sapere quando riprenderà coscienza.”

Hestia mormorò un assenso e Dumbledore continuò: “Kingsley, quando domattina tornerai in ufficio prendi discretamente contatto con Arthur Weasley; lui e Molly sono dei nostri. Se il Ministero rimarrà su una posizione negazionista, il vostro contributo sarà più prezioso che mai, dovete essere i nostri occhi e le nostre orecchie. Arabella, è fondamentale accertarsi che Little Whinging rimanga al sicuro: Sturgis e Mondungus possono venire con te. Dedalus, Emmeline, vorrei che faceste un giro a casa Crouch prima che una squadra ministeriale venga mandata sul posto.”

I vari interpellati risposero con qualche parola di conferma, infine, tornò il silenzio: “State in guardia, amici, e abbiate cura di voi. Avrete presto mie notizie.”

Alla spicciolata, con qualche sommesso saluto e un paio di strette di mano, tutti scivolarono fuori, nella notte che invecchiava, finché nella stanza non rimasero che Sirius e Tonks, ancora seduti a terra, e Remus, appoggiato pesantemente alla porta che aveva appena chiuso alle spalle di Elphias Doge.         

Senza una parola, Remus aprì un’anta e ne estrasse tre bottiglie di burrobirra; Sirius si tirò in piedi e tese una mano a Dora, che la accettò grata. Presero posto come avevano sempre fatto a Grimmauld Place: Sirius a capotavola, gli altri due l’uno di fronte all’altra, e per qualche minuto ciascuno bevve in silenzio, senza alzare lo sguardo a cercare gli altri. 

Infine, fu Sirius a chiedere a Tonks: “Vuoi dirmi che cosa è successo stasera? Come stai?”

Lei si passò una mano sul viso stanco: “Ho obliviato Rachel, Sirius, ho alzato la bacchetta contro la mia migliore amica. Ero al suo addio nubilato quando è arrivato il tuo patronus… sarà anche intracciabile e incorruttibile ma ha una grossa limitazione, chiunque sia con te quando lo ricevi sente il messaggio.”

Sirius sospirò: “Mi dispiace, so che è difficile… ma hai fatto la cosa giusta. Non eri a casa né dai tuoi, Tonks, e avevo bisogno di contattarti immediatamente, non sapevo che altro fare.”

“Lo so, non è colpa tua. Immagino sia il primo di una serie di compromessi con cui dovrò a scendere a patti da qui in avanti… ma sono pronta.”

Remus intervenne per la prima volta nella conversazione, mormorando neutro: “No, non lo sei.”

Dora lo guardò duramente, offesa e ferita: “Tu non hai alcun diritto di…”

“Per una volta – la interruppe Sirius – sono d’accordo con Moony. Non dubitiamo che tu voglia essere pronta, baby cousin, ma non lo sei. Non lo puoi essere, non hai idea di quello che sta arrivando.”

“Non è giusto – scosse piano il capo Remus – Non è giusto che un’altra generazione di ventenni venga trascinata in una guerra.”

“La vita non lo è mai, giusta – ribatté seccamente Tonks – Prima lo si accetta prima si è pronti a fare qualcosa a riguardo. Quindi, che cosa facciamo ora? Andiamo a…”

“Non dire quel nome – la interruppe di nuovo Sirius con urgenza – Non finché la casa non sarà resa sicura. Ad ogni modo, sì, è lì che dobbiamo andare, va resa operativa il prima possibile.”

Remus sospirò: “Io non posso muovermi stanotte, devo licenziarmi e sistemare le mie cose qui... andate avanti voi, e io vi raggiungo domani.”

Sirius gettò un’occhiata all’orologio appeso alla parete e, inaspettatamente, sogghignò: “In tal caso noi faremmo meglio a muoverci prima che sia giorno… Vieni, Tonks, ti presento un amico.”

Un quarto d’ora più tardi, le braccia strette alla vita di Sirius, Dora guardò la campagna inglese scorrere sotto di lei, il silenzio della notte rotto solo dallo sbattere ritmico delle grandi ali di Buckbeak. Dopo tutto ciò che era successo quella sera, Dora sarebbe stata pronta a giurare che nulla poteva più stupirla, ma trovare un ippogrifo intento a pasteggiare a furetti sul retro della casa di Remus l’aveva fatta rapidamente ricredere. 

Posò il capo contro la schiena del cugino e inspirò a pieni polmoni, solo per sbuffare piano subito dopo.

“Che hai? – chiese Sirius, divertito – Puzzo, per caso?”

“Peggio, - borbottò Tonks - sai di lui.”

“Non mi stupisce, dato che ho addosso i suoi vestiti – rise Sirius per poi sospirare teatralmente – Deduco che non ti è ancora passata?”

Dora non rispose, chiuse gli occhi e rimase immobile. Un istante dopo sentì Sirius irrigidirsi, e smettere di sogghignare: “Oh, per le palle di Merlino! – esalò, serio – Lui lo sa?”

La risposta di lei si perse nel silenzio dell’alba: “Che lo amo? No.”  


 
[1] Fidelius charm: potente incantesimo che nasconde un segreto all’interno dell’anima di un singolo individuo; solo il cosiddetto ‘Custode Segreto’ (secret keeper) può rivelare l’esistenza della cosa/persona/luogo segreto e deve farlo di sua spontanea volontà

 
  
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