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Autore: Evola Who    04/09/2020    3 recensioni
“Eccoci qua, Naboo” disse Mando, uscendo dall'iperspazio e fissando il maestoso pianeta da dietro il suo elmo che componeva l’armatura Mandaloriana.
“Pianeta ricco, pieno di spazioporto, colonie commerciali e altre cose” elencò, con tono quasi monotono: “Ma, soprattutto, paludi, colline e laghi. Un buon posto per riprendersi un po' dall'ultimo viaggio. Tu che ne dici?”
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Din Djarin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

L'incontro 


   

 
Quando la Razor atterrò sul pianeta e il portellone si fu aperto, poterono vedere il paesaggio davanti a loro: si trovavano vicino alle rive di un lago, lontano dalla civiltà, nei pressi dell’inizio di un folto bosco.

Mano non sapeva in quale punto preciso del pianeta fossero arrivati, ma dubitava che si trovassero troppo lontano della capitale; ma di questo non gli importava. L’importante era che fosse un posto tranquillo e isolato.

Forse, non era come Sorgan, ma il cielo era limpido, il lago incontaminato e un leggero vento gli soffiava sul mantello facendolo sbattere dolcemente.

Non aveva idea di che cosa fare, dove andare o di che cosa sarebbe successo o chi avrebbero incontrato.

Probabilmente, qualcuno che gli avrebbe dato la caccia. Oppure qualcuno che era disposto ad aiutarlo in cambio di un favore. O, forse, qualcuno di buon cuore come Kuiil –ma ne dubitava...

Ma, qualunque cosa sarebbe successa, lui l'avrebbe affrontata. Perché aveva capito che non era lui ad andare alla ricerca di quelle situazioni. Era la situazione che lo colpiva violentemente sul suo cammino.

E, naturalmente, sapeva anche bene che il piccolo essere verde, dalla razza sconosuta e dai grandi poteri mentali, era la causa di tutto questo. Ma non gliene importava. Perché Mando sarebbe riuscito ad affrontare tutto. A qualsiasi costo.

Per il bene del piccolo e per sé stesso.

Ammirò ancora il panorama, poi volse lo sguardo in basso per fissare il piccolo, in piedi accanto a lui, con gli occhi accesi di curiosità.

“Su, andiamo a sgranchirci un po' le gambe. E chissà, magari possiamo goderci un po' il lago. Sperando di non incontrare brutte sorprese, nel bosco…”

Mando iniziò a scendere lungo la passerella della nave, camminando con il bambino di fianco.

“E lascia stare le rane!” soggiunse con tono autoritario.
Per tutta risposta, ricevette un verso di delusione da parte del piccolo.
 
***
 
Si incamminarono nel folto del bosco, circondati da pura tranquillità. Ma non avevano ancora percorsa molta strada, che sentirono qualcosa, un rumore o, meglio, un suono…

Mando si fermò di colpo, posando la mano sul calcio del suo blaster che sporgeva dalla fondina e assicurandosi che il piccolo fosse ancora vicino a lui – e lo era, come sempre.

Si guardò intorno, alla ricerca della fonte di quel suono. Intuì subito con esattezza che cosa potesse essere.

Un pianto.

Un pianto di un bambino.

Anche se non era un pianto troppo alto, intuì che forse non era troppo lontano; probabilmente, il piccolo si stava nascondendo dietro agli alberi.

Non ci volle molto per capire da dove arrivasse di preciso quel pianto, e gli bastarono solo pochi passi e allungare il collo dietro a un albero, nascosto tra i cespugli, per trovare il bambino.

Era seduto con la schiena appoggiata al tronco, rannicchiato su se stesso, con il volto appoggiato alle ginocchia e intento a piangere; sembrava ignorasse tutto il resto.

Anche se Mando aveva capito subito che si trattava di un bambino, non poté fare a meno di essere colpito, perché quella scena gli fece rivivere certi momenti della sua vita. Ma di una cosa era certo, non l’avrebbe lasciato lì da solo.

“Ehi” disse il Mandaloriano con tono calmo ma autoritario, per attirare l’attenzione del bambino. Ci riuscì, perché lui alzò la testa e si girò verso di lui.

Si trovò davanti allo sguardo lacrimoso di un bambino umano, di circa quattro anni, con gli occhi scuri, la pelle pallida, il volto paffuto rigato dalle lacrime, i folti capelli neri scompigliati, grandi orecchie a sventola e il viso ricoperto da alcuni nei. Era vestito in un modo semplice: una maglia bianca, un gilé blu scuro, dei pantaloni rossi e degli scarponcini marroni.

Quando il piccolo umano vide il casco di Mando e le sue armi in bella vista, balzò in piedi e si allontanò di qualche passo, con espressione spaventata.

“No, no, non temere” lo rassicurò Mando, alzando le mani in segno di pace. “Non sono un nemico. Sono solo qui di passaggio, e vorrei aiutarti.”

Si mise in ginocchio davanti a lui, con molta cautela e sempre con le mani alzate e lontane dalla fondina del blaster.

Il bambino lo fissò con timore mentre tirava su con il naso, gli occhi terrorizzati.

Mando si mise in ginocchio a terra, assicurandosi di avere l’attenzione del piccolo e per fargli capire di non avere brutte intenzioni, poi disse con tono cauto: “Ti sei perso?”

All’inizio, il bambino non rispose, ma infine cedette e, abbassati gli occhi, fece un cenno di conferma con la testa.

Mando trasse un lungo sospiro, capendo di essere finito nell'ennesima situazione complessa. Ma sarebbe riuscito a risolvere anche questa, in un modo o nell’altro.

“Capisco. Sai, anche io mi sono perso, molte volte e molto spesso…” disse Mando, cercando di essere rassicurante. “E non posso dire di essere sulla strada giusta. Ma ho sempre trovato qualcuno che mi ha condotto, pezzo per pezzo, nella direzione giusta…”

Pensò alla sua infanzia, ai suoi lavori, all'incontro con quella strana creatura e a tutto ciò che gli era avvenuto….

“Ma credo che tu abbia qualcuno che ci tenga a te, solo che non riesci più a trovarlo. Non è vero?”

Il bambino non rispose, fissando a terra come se stesse rimuginando su qualcosa, per poi decidersi a dire, con tono malinconico: “Volevo giocare fuori…” tirò su dal naso, “ma il mio papà ha ricevuto una chiamata olografica dalla mamma dentro alla nave. E hanno iniziato a litigare e mi annoiavo. Volevo uscire, ma mio zio era occupato ad aggiustare alcuni tubi insieme al nostro droide. Ma io non volevo aspettare, così sono andato fuori da solo, mi sono allontanato e… e… ora non so più tornare indietro!" Riprese a piangere.

“E non sai che strada hai fatto?”

“No…”

Il bambino tentò di smettere di piangere, asciugando le lacrime con il dorso della mano.

Mando fece un lungo sospiro di pazienza, ma intuì che, probabilmente, la nave dei suoi genitori non era troppo lontano da dove si trovavano. Il piccolo non poteva essersi allontanato di molto. Almeno ci sperava.

“Vedrai che riusciremo a trovare la tua nave” lo rassicurò Mando. “Ti aiuterò io. “

Il bambino alzò verso di lui gli occhi ancora lucidi, fissandolo con espressione spaventata da quelle parole e senza nemmeno muovere un muscolo.

Mando lo notò e non poté certo biasimarlo. In fondo, era pur sempre un bambino piccolo, impaurito davanti a uno sconosciuto nascosto sotto un’immensa armatura.

“Come ti chiami?” chiese il piccolo, cercando di non mostrare il tono nervoso che si accompagnava a quello sguardo. “Tu sei un Mandaloriano?”

Mando rimase colpito da quella domanda, completamente inaspettata. E ora, anche i suoi occhi gli sembrarono diversi. Anche se aveva lo sguardo ancora lucido per il pianto, mostrava un'espressione curiosa, in attesa di una risposta.

Il cacciatore di taglie rimase stranamente bloccato. Anche se gli avevano rivolto quella domanda almeno un centinaio di volte, si sentì stranito nell'udirla da parte di quel bambino, chiedendosi come facesse a conoscere quella parola.

“Me l’ha detto il mio droide protocollare” disse il bambino, come se gli avesse letto nella mente. “Lui ha vissuto tutta la guerra dei Cloni. E mi ha spiegato che, una volta, il pianeta Mandalore era uno dei più grandi, potenti e pacifici di tutta la Galassia. Ma poi è crollato ed è andato distrutto, e per questo, da allora, tutti i suoi abitanti sono suddivisi in clan, ognuno con le proprie leggi e le proprie regole. E vanno sempre in giro con addosso
 le armature e i caschi che non si tolgono mai. E sono quasi tutti degli spietati cacciatori di taglie senza scrupoli…”

Il volto del piccolo si incupì, ripensando a quella volta in cui aveva visto degli ologrammi che mostravano i Mandaloriani intenti ad andare a caccia delle loro prede.

“E il mio papà mi ha detto che i Mandaloriani sono la razza più cattiva di tutta la Galassia! E che non guardano in faccia a nessuno, quando si tratta dei loro loschi affari…”

Mando, di fronte a quelle parole, non poté far altro che restare in silenzio, fissando il volto cupo del bambino. Ma, in fondo, come avrebbe potuto spiegare tutta la storia della sua vita? Come poteva spiegare la complessa situazione del suo popolo? Ad un essere di quattro anni, per giunta?

Proprio lui, poi, che non era mai stato bravo con le parole, nella sua vita così solitaria fino a poco tempo prima.  Ma, questa, non era una scusa per lasciar perdere.

“Ascoltami,” disse Mando, con tono calmo. “Posso capire questi pregiudizi su di noi. Ma io non sono qui per far del male a nessuno. Sto solo…”

Cercò le parole giuste, ma fu interrotto da un verso. Questa volta, proveniva dalla creatura aliena dalla pelle verde – che, per tutto il tempo, era rimasta nascostra dietro al Mondadoriano - che si avvicinò al piccolo umano.

Il volto del bambino cambiò completamente: da un'espressione inespressiva e a tratti spaventata, ora spalancò gli occhi, aprì la bocca e fissò con stupore quella strana creatura, mettendosi in ginocchio davanti a lei con le mani a terra.

“E lui che cos’è?” chiese subito, senza mai staccare gli occhi dal piccolo alieno.

“Ecco…” cercò di spiegare Mando.

Ma la creatura appoggiò la sua manina di tre dita sul dorso della mano umana, guardandolo diritto negli occhi, con una espressione rassicurante.

Il bambino lo fissò con la stessa intensità, perdendosi nei suoi occhi neri, la bocca ancora semiaperta e del tutto dimentico delle lacrime di prima.

Mando guardò la scena in silenzio, chiedendosi che cosa stesse succedendo. Magari quella creatura stava convincendo il bambino a fidarsi di lui, grazie ai suoi poteri.

Si chiese se fosse possibile; del resto, con quella mano o con la mente, era riuscito a salvarlo da un mudhorn inferocito, aveva quasi strangolato Cara, curato Greef da una ferita mortale e provocato una esplosione.

Ma lui non ne sapeva nulla, di questa Forza

I due bambini si fissarono in silenzio, guardandosi con intensità, come se stessero cercando di capire qualcosa che potevano sentire o vedere soltanto loro.

Ad un certo punto, il piccolo inclinò la testa da un lato, facendo uno dei suoi versi infantili, accompagnato da un sorriso, senza staccare mai la sua mano da quella umana.

E, per la prima volta, Mando sentì la risata del bambino smarrito, con gli occhi rivolti solo alla creatura. E questo lo fece rassicurare.

Quando ebbe smesso di ridere, ritornò muto per qualche istante, alzando la testa in alto, incontrando il casco del Mandaloriano: “Davvero vuoi aiutarmi a trovare la nave del mio papà?”

“Certo,” assicurò Mando, stupito di aver ottenuto così repentinamente la sua fiducia. “Vedrai che non ci vorrà molto, a trovare la nave di tuoi padre. Ti porterò da lui e non me ne andrò finché non ci saremo riusciti.”

“Promesso?”

“Promesso.”

“E lui verrà con noi?” chiese il bambino, indicando il piccolo con entusiamo.

“Suppongo di sì” rispose con sarcasmo – non percepito da lui. Ma vedendo la felicità del bambino per la sua risposta, non aggiunse nulla.

“Comunque, poi chiamarmi Mando” disse, ritornando in piedi.

Non sapeva il perché gli avesse detto una cosa del genere.

Ma tutti, ormai, lo chiamavano così e, forse, farsi dare un nome da lui gli dava un senso di confidenza e di fiducia reciproca.

“E io mi chiamo Ben” si presentò il bambino: “Ben Solo.” E lo disse con un po' di fierezza.

“Solo?” pensò il cacciatore di taglie, colpito da quel cognome. “ Credo di averlo già sentito…”

 


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Note:
Ebbene sì,
Tutti vogliono Ahsoka Tano
della seconda stagione della serie,
io invece, voglio vedere Baby Ben Solo
che gioca con Baby Yoda!
Perchè Diseny, potrai uccidermi Ben Solo,
ma dopo avrebbi fatto vedere i corti di
"Star Wars roll out" con Ben Solo versione
piccola peste con suo padre... non me lo
poi togliere! 
Scherzi a parti, sì.
Questa storia è su Ben, Mando e il Piccolo.
Visto che si parla a pochi anni della fine della guerra,
mi sembrava interesante di mettere Ben che incotra
i nostri eroi.
E vedere che cosa che cosa succederà ;)
Grazie mille per aver letto questa piccola storia,
spero che questa storia vi piaccia
e ci vediamo al prossimo venerdì,
al prossimo capitolo!
Evola 



 
 
 
 
 
   
 
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