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Autore: H0sh1    04/09/2020    1 recensioni
Ethan è affetto da schizofrenia, un uomo che non riesce a distinguere la realtà dalla finzione costruita ad arte dalla belva che lo perseguita.
In una notte tranquilla, questa prende il sopravvento su di lui, portandolo ad uccidere Allison, sua moglie.
Dopo l'evento, Ethan viene dichiarato come non in grado di affrontare un processo, per cui viene rinchiuso nel manicomio della città dove il dottor Johnson, psichiatra che lo segue dagli inizi, continua la sua terapia, adoperando metodi drastici e inumani.
Intanto, dopo la morte di Allison, la visione di sua moglie continua a perseguitarlo in quelle mura asettiche, trascinandolo giù, sempre più in basso.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La follia di Ethan

Capitolo 5


Quando Ethan aprì gli occhi si ritrovò in una stanza completamente bianca, quel candore tornato ad avvolgerlo con la sua luce rassicurante. Nella poca lucidità che aveva, percepì un tepore che non provava da tempo, la morbidezza delle pareti e subito si allarmò. Com'era possibile che le pareti fossero soffici?

Fece per alzarsi, ma nel tentativo cadde con il viso a terra. Tentò di muovere le braccia per cercare di tirarsi su, ma non riuscì a fare neanche quello.

Provò allora a voltarsi su un fianco per capire cosa stesse succedendo. Fu allora che realizzò.

Era in una stanza imbottita, avvolto in una candida camicia di forza, le cinghie stringevano a tal punto da provocargli dolore.

L'uomo provò a mettersi seduto, cercando di scavare nella sua mente per trovare qualsiasi cosa che potesse giustificare la sua presenza lì, ma tutto ciò che c'era era solo una densa nebbia.

«Guarda come sei ridotto, caro.» disse una voce proveniente dall'altro capo della stanza. L'uomo, preso dall'agitazione, cominciò a guardarsi intorno spaesato e impaurito, finché non la vide.

Ancora una volta, la figura della moglie era accanto a lui, seduta in un angolo della stanza bianca con le gambe incrociate. Ethan, in preda ad una crisi, iniziò a sbattere la testa contro il muro, forte e ripetutamente. «No, basta! Ti prego!»

«Tesoro, perché ti stai facendo questo?» pronunciò Allison dolcemente, alzandosi per potergli andare vicino. Ethan cercò di indietreggiare, incespicando nel tentativo e finendo con le spalle al muro, pressato ancora una volta da quel crudele mostro vestito di beltà.

«No, lasciami stare! Non ti avvicinare!» strillò quello in preda al panico, appiattendosi contro la parete. Come sempre più spesso accadeva, col passare del tempo e con la terapia, sembrò non averla riconosciuta.

«Caro, sono io, Allie.» pianse affranta, tendendo la sua mano come volesse toccarlo e quello si scansò di lato, cadendo nuovamente a terra.

«No, non è vero!» gridò quello rialzandosi, con il sudore freddo che gli imperlava il viso. «Non è possibile, tu sei morta!»

«Sì, ma sono qui, no?»

L'uomo si mise a sedere, imponendosi di calmarsi. Quella figura, sua moglie, sembrava così reale.

«Allison?» mormorò l'uomo, trattenendo il fiato.

«Quegli schifosi hanno fatto in modo che ti dimenticassi di me.» singhiozzò la bestia. «Ma tu non lo farai, vero? Non ti dimenticherai mai di me.»

«Come potrei?» Ethan strisciò verso di lei con gran fatica fino a trovare rifugio nel suo caldo grembo e quella lo cullò come fosse un bambino.

«Te lo ricordi quanto eravamo felici, prima di tutto questo?» gli chiese, passandogli la mano tra i capelli castani.

«Certo che lo ricordo.» rispose quello, stanco. «Quanto vorrei tornare indietro.»

«Ci hai provato, ricordi?» gli sussurrò melliflua, ma quando le lanciò uno sguardo perplesso, aggiunse: «Ti stavo aiutando, ma loro ci hanno fermato.»

Il ricordo esplose come una bomba: si rivide in ginocchio di fronte al letto, l'uomo che l'aveva aggredito e la grande montagna di pastiglie.

«Sì, ora ricordo.»

«Che ne dici di riprendere da dove ci eravamo lasciati?» fece lei, sorridendogli.

«Ma io ho paura.» piagnucolò, iniziando a tremare leggermente.

«Ma ci sono qui io.» prese a rassicurarlo Allison. «Vuoi che lo facciamo insieme? Come prima?» Gli prese il viso tra le mani, carezzandogli le guance con i pollici e lui le regalò uno sguardo spaventato. «Possiamo prenderci la lingua a morsi, vuoi?» aggiunse poi e l'uomo sbarrò gli occhi dallo sconcerto.

«Non farà male?»

«Ma pensa a dopo!» esclamò lei, raggiante come non l'aveva mai vista. «Alla pace e alla gioia che ti pervaderà anima e corpo. Pensa che, finalmente, potremo essere di nuovo insieme.»

Ethan la guardò fisso, attonito. «Non posso...»

«Sì che puoi.» insistette lei. Tirò fuori la lingua e la mise tra i denti. «Fai come me.» biascicò poi con un sorriso.

Come se niente fosse, ammaliato dalla promessa di pace, Ethan fece lo stesso. «Al mio tre diamo un bel morso, pronto?»

«No...»

«Dai, sii forte.» Allison racchiuse le mani di Ethan nelle sue, stringendole forte. «Uno... due... tre.»

Fu un attimo.

Il sapore ferroso del sangue gli invase la bocca e un forte dolore lo pervase da capo a piedi. Tirò fuori un grande urlo mentre, di fronte a sé, vide la famelica bestia con il sangue uscirle dalla bocca, ghignando e crogiolandosi nella sua vittoria.

Diede un morso ancora più forte e il sangue iniziò a scendere copioso lungo la laringe e la faringe, raggiungendo così lo stomaco e i polmoni. Sentiva il respiro farsi sempre più affannoso; le lacrime, salate, si andavano a mischiare con il sapore ancora più forte del sangue.

Si accasciò a terra, mentre la figura di fronte a se rideva di gusto, il sangue che le colava sul collo e sulla veste. «Ci sei quasi!» gli gridò con forza e lui urlò più forte di lei.

Si morse fino a che, con grande sconcerto, vide la sua lingua recisa cadere al suolo, tingendo di rosso l'immacolato pavimento bianco. Allora alle urla di dolore si mischiarono quelle di terrore, in netto contrasto con le risate sguaiate e gioiose dell'oscurità piegata in due a deriderlo.

Cercò di guardarsi e vide che la camicia di forza, che lo limitava nei movimenti, era imbrattata di cremisi. Il respiro si fece sempre più affannoso e lui si sentì sempre più debole.

Vagava con lo sguardo in giro per la stanza, in cerca di quella figura che lo aveva convinto ad attuare un gesto tanto estremo, ma lì non c'era nessuno a parte lui.

La bestia aveva ottenuto finalmente ciò che agognava da tempo.

I polmoni, ormai, erano pieni di sangue e anche il solo tentativo di respirare si faceva difficile, doloroso; continuava ad uscire copioso dalla sua bocca.

La debolezza si fece sempre più forte.

Poi il suo corpo cedette e crollò al suolo, soffocando nel suo stesso icore.

Prima di chiudere gli occhi per sempre, però, gli parve di sentire per l'ultima volta quella maledetta voce sussurrargli all'orecchio.

Ci vediamo dall'altra parte.

   
 
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