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Autore: Minako_    06/09/2020    10 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
imprevisti.

Tokyo
Mercoledì, 7:00 am

 

Con un gesto stizzito, Ran batté prepotentemente la mano sulla sveglia posta alla sua sinistra sul comodino, sentendosi immediatamente sollevata nel non sentire più il suo sgradevole stridulo. Con uno sbuffo fece in là le coperte, e lentamente si mise seduta sul letto. Lentamente si portò un mano al viso, nascondendovi uno sbadiglio profondo all’interno.
Si sentiva distrutta.
Nelle ultime settimane, complice il volersi a tutti i costi occupare e distrarsi, aveva dato degli allenamenti extra ad alcuni bambini del dojo, ragion per cui si era ritirata a casa spesso oltre l’orario di cena.
Controvoglia scosse la testa, per poi alzarsi e dirigersi verso il bagno. Ancora leggermente addormentata si tolse il pigiama, e si buttò sotto la doccia aprendo l’acqua. Non avendo realmente voglia di aspettare che diventasse calda rabbrividì quando la avvertì così fredda addosso, ma ultimamente faceva davvero poco caso alle cose intorno a lei.
Iniziò ad insaponarsi con gesti automatici, e ben presto si ritrovò già vestita con la divisa profumata di bucato e i capelli svolazzanti all’aria del phone puntato addosso.
Ultimamente era così persa nei suoi pensieri che si ritrovava a fare determinate cose senza nemmeno sapere come fosse arrivata lì, o attraverso quali gesti si fosse ritrovata fra le mani alcuni oggetti. Si guardò malamente allo specchio, dove trovò riflesso il suo viso contratto in una smorfia e due profonde occhiaie circondarle gli occhi blu.
Aveva davvero un aspetto stanco, per non dire orribile, ma non volle prestarci troppa attenzione. Con gesti maldestri mise via il phone, e uscì dal bagno con passo pesante dirigendosi in cucina.
« Buongiorno! ».
Per una frazione di secondo il suo stomaco si capovolse quando vide un’ombra a fianco al lavandino della cucina, per poi essere violentemente riportata alla realtà con somma delusione.
« Buongiorno mamma », replicò con un sorriso mesto, avanzando verso la caffettiera.
Si sentiva davvero un’ingrata, specialmente perché desiderava da almeno metà della sua vita di riavere sua madre per casa, e il solo pensiero di ritrovarla lì e sentirsi così delusa la fece sentire in colpa.
« Mangi qualcosa? », provò Eri, con un luccichio speranzoso negli occhi.

« Sono di fretta », mentì Ran, avvertendo lo stomaco chiuso al solo suono di dover mangiare.
Evitò accuratamente di guardare il volto di sua madre, semplicemente per non incrociare il solito sguardo contrariato che ormai vi ci leggeva sempre.
« Stai mangiando troppo poco ».
Ran provò a sorridere come meglio riusciva, mentre beveva quasi di corsa il caffè bollente che si era appena versata nella sua tazza.
« Mangerò un pò di più a pranzo », provò a rincuorarla. « E’ che devo essere a scuola prima per ripassare ».
Era vero.
Sommato al suo lavoro al dojo, c’erano anche diverse lezioni in cui ormai faticava a tenere il passo, e avendo ogni pomeriggio impegnato le ore di studio erano davvero risicate.
Si sentì nuovamente in colpa quando finalmente fissò sua madre, che ora aveva davvero l’espressione più preoccupata che ultimamente le avesse visto in viso, così che il suo sorriso già forzato divenne solo più finto.
« Ci vediamo per cena. Oggi non ho allenamenti », le disse posando di fretta la tazza, e porgendosi per regalarle un bacio fugace sulla guancia, prima di acchiappare la sua cartella e dirigersi a passo veloce verso il portone.
Si mise velocemente le scarpe, e scivolò fuori dove, lontana dagli occhi indagatori dell’avvocato Kisaki, si sentì un pò meno oppressa.
Fece le scale due alla volta, solo per ritrovarsi per strada con l’aria improvvisamente fresca a sferzarle in faccia.
Nel più profondo del suo cuore, sapeva che avevano ragione.
Eccome se ne avevano.
Era perfino vero che fosse dimagrita.
Se ne era resa conto quando, appena tre giorni prima per andare al karaoke con Sonoko, si era messa il suo paio di pantaloni preferiti e questi per poco non le scivolarono in vita.
Sospirò, accelerando il passo.
Ancora una settimana.
Si ripetè convinta.
Ancora una settimana e tutto tornerà come prima.
Tuttavia, a distrarla dalla sua camminata stranamente solitaria verso scuola, fu qualcosa che per poco non le mozzò il respiro.
Ferma, mentre attendeva che il semaforo diventasse verde, all’improvviso la sua attenzione fu proiettata verso lo schermo gigante che torreggiava in quel preciso crocevia di strade.
E, improvvisamente, smise di respirare.
Era lì, trasmesso attraverso quello schermo, bello come sempre e con lo sguardo attento e le labbra serrate, mentre provava a farsi largo attraverso il giornalista di turno che provava in tutti i modi a ostruirgli la strada.
Non potè sentire le parole trasmesse dallo schermo, a causa del caos di macchine e della folla intorno a lei, ma lo potè vedere così dettagliatamente da farle battere forte il cuore.
Shinichi.
« E’ verde! ».
La voce impaziente di un uomo alle sue spalle la riscosse dalla sua catalessi, e complice la spinta della folla dietro di lei, cominciò ad attraversare la strada, gli occhi fissi su quello schermo. Ma ormai l’immagine di Shinichi aveva lasciato il posto a quella della giornalista in studio, e appena sotto di lei una serie di scritte scorrevoli le fecero provare una profonda ansia.

Organizzazione criminale agli atti finali - Il processo del decennio - Kudo Shinichi sotto copertura per l’FBI per mesi - Omicidi ma anche studi ed esperimenti su elisir di lunga vita: cosa c’è di vero nei documenti non pubblici dell’FBI?

Un brivido le percorse la schiena, e preferì distogliere lo sguardo.
Erano passate tre settimane da quando Shinichi era partito per la sede dell’FBI, per quello che ormai era passato davvero come il processo del decennio, specialmente per la riservatezza intorno ad esso. E ormai lo ritrovava su ogni canale tv, ogni testata giornalistica, perfino online.
Lo vedeva ovunque, con l’espressione grave e le spalle curve mentre cercava sempre di farsi largo fra le folla che lo circondava alla spasmodica ricerca di notizie.
Talvolta non le sembra nemmeno lui.
Il viso tirato le aveva fatto intuire che nemmeno lui stesse mangiando poi così tanto, e dato che ogni volta che lo inquadravano era tartassato, solitamente tendeva ad avere un viso così serio che la mascella si stagliava squadrata su quel viso così bello ma terribilmente stanco.
Non era da lui tenere un cipiglio tanto duro, e per Ran era davvero strano strano vederlo così.
Di espressioni, su quel viso tanto familiare, ne aveva viste passare tantissime. Probabilmente, pensò con una punta di orgoglio, era la persona a cui ne aveva regalate di più.
Solo a lei erano rivolti i suoi sguardi affettuosi, le sue risate cristalline ogni qualvolta la stuzzicasse o la prendesse in giro; con un rossore crescente sul viso ripensò perfino al suo sguardo carico di elettricità in certi loro momenti, o quella
punta di tensione ogni qualvolta la avesse avuto troppo vicina.
Una carrellata di immagini di loro due le fecero venire particolarmente caldo, ragion per cui provò davvero a togliersele dalla mente per concentrarsi su altro.
E si ritrovò perfino a sentire la mancanza del suo egocentrismo, o del suo pungente modo di scherzare con quella sottile linea di sarcasmo che talvolta le provocava così tanto fastidio.
Gli mancava davvero tutto di lui, e vederlo sempre così teso attraverso lo schermo di una televisione la stava facendo preoccupare all’inverosimile.
Sembrava terribilmente infelice, e più di una volta si chiese se avesse davvero fatto bene a non partire con lui.
Scosse energicamente la testa per l’ennesima volta quella mattina, provando a scacciare il senso di colpa crescente.
E’ solo per un mese.
D’altronde non era così strano che fosse terribilmente teso. In fondo era sottoposto davvero a uno stress senza eguali.
Parecchie informazioni erano passate in silenzio, e per questo motivo i giornalisti stavano diventando davvero feroci. L’FBI aveva accuratamente chiuso le porte del tribunale, per evitare il diffondersi di informazioni davvero troppo delicate. Tuttavia, come spesso accade, alcune voci avevano iniziato a diffondersi, in particolar modo quella su una speciale pastiglia che assicurava l’elisir di lunga vita, mantenendo giovani chiunque le avesse ingerite. Al momento erano solo dicerie, e spesso aveva sentito parecchi esperti negare nelle dirette televisive che un farmaco del genere potesse essere creato, ma ovviamente la curiosità intorno ad esso era continuamente alimentato dalle principali testate di turno. L’FBI stava cercando in tutti i modi di non lasciar trapelare alcuna informazione, per il danno mondiale che una simile scoperta avrebbe provocato, e su questo Ran condivideva appieno il volerlo tenere segreto.
Pensò raccapricciata ad un mondo in cui nessuno invecchiava mai, e alle molteplici conseguenze che ciò avrebbe influito nelle mani sbagliate.
Ancora con la mente piena di quei titoli giornalistici, e un mal di testa che stava facendo capolino annebbiandole un pò la concentrazione, si ritrovò ormai davanti ai cancelli della scuola.
Come un automa si diresse verso l’interno, conscia di non trovarci ancora nessuno. Era presto, e questo almeno le fu di sollievo: non aveva ancora voglia di essere circondata da persone che la tartassavano di domande su Shinichi.
Shinichi.
Con amarezza guardò alla sua sinistra, dove ormai si era riabituata ad averlo negli ultimi tempi.
Sembrava passata una vita da quando si presentava alla sua porta per la colazione mattutina, per poi chiacchierare per il restante tragitto verso scuola.
Sapeva bene di star probabilmente esagerando, che era solo un mese e questo sarebbe finito a breve, ma qualcosa dentro di lei in quelle settimane di lontananza la faceva davvero sentire male.
E, dopo un pò di ragionamento, era finalmente arrivata alla conclusione che, fondamentalmente, così sola non lo era mai stata.
Certo, aveva passato mesi senza Shinichi, ma aveva sempre avuto Conan con sè.
In quelle settimane era semplicemente lei.
Lei e basta.
Deglutì, entrando nell’aula deserta ancora nella semi oscurità.
Con passi lenti si avvicinò al suo banco, dove si buttò a sedere con un profondo sospiro. Svogliatamente prese i suoi appunti da rivedere, ma nel farlo si lasciò tentare dal suo telefonino in bella vista. Lo prese, e con un pò di delusione notò come non ci fossero nuovi messaggi.
Causa il fuso orario e il fatto che praticamente tutti i giorni fossi in tribunale o circondato da persone, si erano sentiti relativamente poco per chiamata, e i messaggi erano l’unico modo per contattarlo senza disturbarlo eccessivamente.
Non voleva davvero risultare morbosa o appiccicosa, ragion per cui aveva evitato spesso di scrivergli per prima o portare troppo avanti le discussioni, così quando rilesse la loro chat notò davvero come fosse povera di messaggi.
Tentennando tornò nella home, doveva aveva inserito il doppio orologio col fuso di Washington.
In quel momento erano le sei e mezza di sera del giorno prima, ragion per cui pensò che forse non l’avrebbe così tanto disturbato.
Si morse un labbro, battendo freneticamente un piede a terra. Dopo un tempo interminabile, tuttavia, ributtò malamente il telefono in cartella, per acchiappare i suoi appunti e cominciare a leggerli.
Cercò di scacciare il ricordo di Shinichi lì, in piedi davanti a lei, lo zaino in spalla e lo sguardo triste.
Ancora una settimana.
Ancora una, e tutto sarebbe tornato a posto.

« Allora, andiamo? ».
La voce allegra di Sonoko la fece voltare di scatto, mentre nel cervello velocemente pensava a cosa si stesse riferendo. Completamente persa, guardò la sua amica, nella vaga speranza di avere un’illuminazione fulminea che, tuttavia, non arrivò.
Alla vista dell’espressione confusa di Ran, Sonoko diede un sonoro sbuffo, posizionando spazientita le mani sui fianchi con fare grave.
« Mi auguro davvero che tuo marito torni presto », sentenziò senza nascondere il suo fastidio. « Perché in queste ultime settimane sei ovunque con la testa tranne che qui ».
« Scusami », ammise Ran, non potendo davvero controbattere nulla. In fondo, sapeva che aveva ragione.

« Mmm », alzò un sopracciglio Sonoko. « Dobbiamo andare a fare shopping! Ricordi? Il matrimonio! ».
E finalmente qualcosa nel cervello sovraffollato di Ran si accese.
In quei mesi frenetici, aveva abbandonato il pensiero in un angolo della sua testa, senza dargli particolare attenzione. Eppure quando lanciò un’occhiata veloce agli appunti davanti a lei, e rilesse che giorno fosse, improvvisamente si rese
conto che mancava davvero poco.
Il matrimonio.
Di Sato e Takagi.
Con una punta di malinconia ricordò quando, una sera dopo un caso che li aveva sorpresi appena fuori dal cinema, la stessa Sato aveva consegnato a mano l’invito sia a lei, sia a Shinichi, annunciandogli la grande notizia.
Sentendosi ancora un pò spaesata, si dimenticò quasi dell’amica di fronte a lei, che ora le stava lanciando uno sguardo carico di rimprovero.
« Non dirmi che te ne eri dimenticata », la voce indagatrice di Sonoko le diede leggermente fastidio, per il semplice fatto che per la seconda volta in pochi secondi aveva colto nel segno.
Quando qualche giorno prima le aveva chiesto di fare shopping insieme non aveva realmente collegato all’evento la sua voglia improvvisa di un vestito nuovo, ragion per cui aveva realmente la colpa di essersi persa l’evento in un angolo sperduto del cervello.
« No, certo che no! », mentì spudoratamente, sapendo bene di aver la verità chiaramente dipinta in viso.
« Sarà », alzò gli occhi al cielo Sonoko.  « Comunque il matrimonio di Sato-san e Takagi-san è fra tredici giorni esatti, quindi siamo quasi in ritardo! Non vorrai usare un vestito riciclato vero?! ».
« Va bene, va bene, ci sono! », sorrise a mo di scuse Ran, rassicurando l’amica.
« Bene », rispose soddisfatta l’amica, tornando al suo posto per recuperare la cartella.
In men che non si dica si affiancarono, e per quasi tutto il tragitto dalla classe a fuori dalla scuola Sonoko la tartassò su come avrebbe a tutti i cosi combattuto per afferrare il bouquet della sposa. Ran si lasciò andare a qualche risata spontanea, e per quello che fu probabilmente un quarto d’ora di chiacchiere, quasi accantonò la perenne ormai sensazione di ansia che la opprimeva da giorni.
Almeno finché, una mezz’oretta dopo, non si ritrovarono nella folla caotica di Shibuya e lì, mentre continuavano a camminare tranquillamente, qualcosa attirò l’attenzione di Sonoko.
Vedendola improvvisamente zittirsi, Ran seguì il suo sguardo per posizionarsi su una televisione appena oltre la vetrina di un negozio. Il suo stomaco fece un capitombolo all’indietro ormai familiare, quando vide schiaffato sullo schermo la foto di Shinichi, appena accanto quella di Renya Karasuma.
« Tutta questa storia sta diventando ridicola », pronunciò in tono grave Sonoko alle sue spalle, e le sue parole le arrivarono quasi ovattate mentre fissava quei due occhi blu a pochi passi da lei, riflessi in quella televisione.
« I giornalisti continuano con la storia degli esperimenti umani, la “pillola della giovinezza”, ma dai! », rise senza allegria Sonoko, continuando imperterrita a parlare senza accorgersi dello stato di panico in cui era caduta la sua amica.
« Assurdo, sì », disse piano Ran, trattenendo a stento un brivido.
« E Kudo-kun che dice? Lo hai sentito ultimamente? », domandò incerta Sonoko, accorgendosi infine dello sguardo velato di tristezza di Ran.
« Lo sto sentendo poco, a dire il vero », ammise Ran, distogliendo infine lo sguardo dalla televisione.
« E’ sempre in tribunale, e il cambio di ora non aiuta », concluse con un sorriso triste, stringendo maggiormente a sé la cartella fra le mani.
« Dai, manca poco », le mise una mano sulla spalla Sonoko, scuotendola come per infonderle un pò di entusiasmo. « Quando torna? Mercoledì prossimo? ».
Ran annuì, e nel pensarlo si sentì un pò più leggera.
« Dai, almeno potrà accompagnarti al matrimonio », sorrise raggiante Sonoko. Ran per la prima volta in quei giorni, ricambiò con allegria il sorriso, annuendo energicamente.
Ma proprio in quel momento, qualcosa nello sguardo della sua amica cambiò. E, tornando a fissare la televisione a poca distanza da loro, capì subito cosa l’avesse raggelata sul posto.
Lì, su quello schermo, fiammeggiava in primo piano la scritta rossa che segnava una notizia di appena poco prima.
Ran deglutì a fatica, mentre leggeva i sottotitoli scorrevoli apparsi in sovrimpressione.
E capì perché Sonoko si fosse così bloccata.

Kudo Shinichi entra a far parte ufficialmente dell’FBI? La proposta dell’Ufficio Federale per l’investigatore giapponese.
 

Washington,
Giovedì, 12:00 am

 

« Hai davvero una pessima cera ».
Shinichi alzò gli occhi dal fascicolo posto ordinatamente sulle sue gambe, per rivolgere uno sguardo torvo alla donna seduta davanti a lui.
« Sono felice anche io di vederti, mamma », disse sarcastico, mentre quest’ultima si sporgeva per pizzicargli la guancia. Stizzito si fece indietro, arrossendo leggermente e guardandosi intorno, sperando che nessuno avesse assistito alla scena.
« Dai, almeno in pubblico », borbottò a disagio, mentre Yukiko prendeva posto con uno sbuffo.
« Ah, dimenticavo », alzò gli occhi al cielo. « Ora sei il gossip del momento ».
« Credi che io sia felice? », continuò a sibilare Shinichi, chiudendo il fascicolo con gli ultimi appunti dell’FBI sul caso dell’Organizzazione, per riporlo con un lancio poco lusinghiero sulla sedia alla sua sinistra.
« Sono ovunque, dannazione », bevve un sorso del suo caffè, coprendosi un pò meglio nel cappellino che indossava. « Non riesco a fare due passi senza essere seguito, non ne posso più », sentenziò infine con uno sbuffo.
« Lo so, ma siamo quasi alla fine », disse speranzosa Yukiko attraverso i suoi grandi occhiali da sole e il foulard colorato che le nascondeva una buona porzione dei suoi capelli chiari.
« Papà? », si interessò Shinichi, guardandosi intorno.
« Sta facendo check-in », disse Yukiko, afferrando il menù davanti a lei. « Hai intenzione di mangiare qualcosa, vero? », la sua voce si incrinò con un velo di minaccia, quando indicò con stizza la solitaria tazza di caffè davanti a lui.
« Qualcosa di veloce », replicò Shinichi stancamente. « Fra un’ora devo tornare ».
« Veloce può essere comunque sostanzioso. Non stavo scherzando prima », sebbene attraverso gli occhiali, gli lanciò un’occhiataccia.
« Sei magro, e da quelle occhiaie posso solo immaginare quante ore tu abbia dormito ultimamente ».
Era tutto vero, ma Shinichi preferì non rispondere neanche. Qualsiasi cosa avesse detto, sua madre gli avrebbe ribattuto a tono, e purtroppo non avrebbe saputo a cosa ancorarsi per salvarsi.
Preferì quindi alzare le spalle con noncuranza, mentre un cameriere fortunatamente lo salvava dal momento “sgridata alla Yukiko”.
Ma prima che potesse contestarla, quest’ultima ordinò per entrambi il piatto più abbondante del menù, e si guardò bene dal contestarla. Sospirò, preferendo arrendersi.
In ogni caso, non aveva la forze necessarie per combatterla.

« Siete in ogni caso agli atti finali, no? », riprese Yukiko, incrociando le mani davanti a lei e abbassando notevolmente la voce.
Shinichi annuì piano, guardandosi intorno con circospezione.
« Direi di sì. Stiamo aspettando la decisione della corte, ma penso che al massimo lunedì dovremmo sapere qualcosa ».
« Ottimo », sorrise Yukiko, rilassandosi un poco.
« Anche perché così non penso che riuscirei ad andare avanti per molto », ammise Shinichi. « A parte i giornalisti, l’FBI stessa sta faticando a tenere nascosto il resto ».
« Lo so, ormai è la gara a chi scopre prima qualcosa sull’APTX », mormorò con un filo di voce Yukiko, anch’essa fissandosi intorno diffidente.
« Prima finisce tutto, prima si esaurisce la curiosità generale. E io posso tornare alla mia vita », deglutì Shinichi
« … in Giappone? ».
Shinichi fissò intensamente sua madre, mentre quest’ultima si abbassava leggermente gli occhiali per fissarlo per la prima volta negli occhi.
« Vedo che le voci sono già corse fino a Los Angeles », fece una smorfia Shinichi, non abbassando lo sguardo.
« Non fare lo sciocco », lo rimbeccò Yukiko spazientita. « Lo dicono tutti i notiziari ».
« Evito di accendere la televisione da giorni », sbuffò irritato.
« Allora? », lo interruppe lei con fare scocciato, sporgendosi un pò verso di lui. « E’ vero? Ti hanno chiesto di entrare in pianta stabile nell’FBI?! ».
In tutta risposta Shinichi prese un lungo sorso di caffè, volendo davvero prendere tempo prima di spiegare l’ingarbugliato discorso a cui stava andando incontro.
« Sì », mormorò infine semplicemente, riguardandosi per l’ennesima volta intorno.
« E tu?! », esclamò Yukiko a voce alta, guadagnandosi lo sguardo di fuoco di suo figlio.
« Vuoi abbassare la voce?! », disse a denti stretti, mentre alcuni commensali gli guardavano incuriositi.
« Spero tu abbia rifiutato! », continuò imperterrita lei. « E’ pericoloso, Shin-chan! Si occupano di terrorismo, per l’amor del cielo! Non ne abbiamo passate abbastanza?! ».
Raramente aveva visto sua madre così preoccupata, specialmente per via del suo carattere perennemente allegro e del suo modo di vivere la vita in modo così leggero. Ma in quel momento nei suoi occhi appena scoperti da quei grossi occhiali, Shinichi potè chiaramente leggervi la paura. Forse, dopotutto ciò che era accaduto, aveva davvero avuto paura di perderlo.
E non poteva giudicarla.
« Lo so », disse piano, giocherellando con il cucchiaino fra le sue mani.
« Non devi preoccuparti, va bene? Ne riparleremo, ma non qui », sentenziò infine, avvertendo qualche sguardo addosso. Yukiko, cogliendo la sua preoccupazione, si risistemò gli occhiali, e provò davvero a calmarsi.
« D’accordo », brontolò, mentre notava come Shinichi stesse continuando a lanciare occhiate fugaci al suo telefono posto sul tavolo.
Gesto che non passò inosservato a Yukiko, la quale gli rivolse uno sguardo comprensivo.
« E Ran? L’hai sentita? », chiese anche per cambiare discorso, per poi veder riflesso negli occhi blu di suo figlio un velo scuro.
« Poco », ammise.
« Magari non vuole disturbarti », provò Yukiko con tono sicuro, ma fu interrotta nuovamente dal cameriere, quando prese ad apparecchiargli tavola.
Shinichi lanciò di nuovo uno sguardo cupo verso il telefono silenzioso, mentre lo stomaco gli si chiudeva prepotentemente.
In quel momento a Tokyo era l’una di notte, e scriverle in quel momento non sarebbe stato il massimo, specialmente perchè, nelle rare loro telefonate, l’aveva sempre avvertita molto agitata e quasi fredda nei suoi confronti. L’ultima cosa intelligente da fare era svegliarla nel cuore della notte solo per chiederle come stava, quindi rimandò mentalmente a sentirla quella sera, quando sarebbe stata mattina in Giappone.
« Dai, se tutto va bene, fra meno di una settimana sarai di nuovo a Tokyo », alzò in alto il bicchiere Yukiko, avendo notato l’improvviso mutismo del figlio. Ridestatosi dai suoi pensieri, Shinichi annuì, e afferrando il suo caffè, tintinnò col bicchiere di sua madre.
Una settimana.
Solo una settimana, e sarebbe tornato a casa.
 

Tokyo,
qualche settimana prima
 

« Wow! Ci porterai qualcosa vero? Qualcosa di americano! ».
Shinichi sorrise verso Genta, il quale lo stava fissando con sguardo acceso e luminoso.
« Con “qualcosa di americano”, intendi qualcosa da mangiare? », domandò divertito, mentre l’intero tavolo ridacchiava.

« Sì, forse quegli snack giganti che hanno solo li », lo punzecchiò Mitsuhiko, dando all’amico una gomitata.
« Hey, lì hanno tutto gigante! Non come qui, che è tutto mini! », bofonchiò Genta, battendo un pugno sul tavolo.
« Sì, ma è la stessa cosa mangiare una cosa gigante o duecento cose mini ».
Shinichi scosse la testa ridacchiando, mentre beveva un sorso della sua Coca.
Era sabato sera, e aveva accettato l’invito del professor Agasa per cenare qualcosa tutti insieme, prima della sua partenza prevista per il giorno dopo. Davanti a lui Genta e Mitsuhiko stavano ancora battibeccando, mentre Ayumi e il professore provavano a calmare le acque.
Tutto come al solito.
Come lo era lo sguardo intenso che Ai gli stava rivolgendo da tutta la sera, dalla parte opposta del tavolo. Shinichi annuì impercettibilmente, interpretando subito cosa ci fosse racchiuso in quel silenzioso scambio di sguardi.
Appena poche ore prima si erano incontrati da soli per discutere sul suo imminente viaggio, e del piano dell’FBI per tenerla al di fuori di ogni sospetto o pericolo. Era tutto stampato a fuoco nella sua mente, con il principale oggetto dei loro pensieri che gli rimbombava prepotentemente da tutta la settimana.
Shiho Miyano è morta.
Lo sapeva bene, e doveva davvero tenerlo chiaro in mente. Almeno con l’opinione pubblica. Un qualsiasi suo passo falso, sarebbe costato la copertura di Ai, e questa era davvero l’ultima cosa che voleva.
Si erano impegnati tanto per arrivare fino a lì sani e salvi, non era certo sua intenzione buttare all’aria gli ultimi mesi, anche se questo doveva voler dire mentire ancora. Ma era tutto troppo delicato, tutto troppo riservato, anche solo il pensiero di far trapelare qualcosa alla stampa. Sapeva bene che sarebbe stato tartassato da lì a poche ore, e doveva solo cercare di mantenere la guardia sempre alta.
« Shinichi-kun? ».
La vocina dolce di Ayumi lo riscosse dai suoi pensieri, e provò davvero a sfoggiare il sorriso più spontaneo che riuscisse a fare in quel momento.
« Dimmi », si rivolse a lei, non accorgendosi che col suo sorriso l’aveva fatta leggermente arrossire.
« Come mai Ran-chan non è potuta venire a cena? », domandò, abbassando lo sguardo.
Non sapeva bene nemmeno lei, ma fissare quei suoi due occhi blu la rendevano particolarmente imbranata e nervosa.
« Aveva una gara di karate con i bambini del corso », disse con una punta di fastidio che gli sfuggì dalle labbra.
Ayumi annuì silenziosamente, riprendendo a mangiare. Al solo pensiero Shinichi sospirò, lanciando un’occhiata nervosa all’orologio appena sopra le loro teste sul muro di fronte.
Erano le otto e mezza, e la gara sarebbe finita solo alle nove. Ricordò quando lei gli aveva detto che avrebbe dovuto andare per forza, e di come aveva provato realmente a nascondere il suo disappunto.
D’altronde era l’ultima sera prima della sua partenza, e sebbene gli avesse detto che lo avrebbe accompagnato in aeroporto il giorno dopo, l’idea che l’ultima serata insieme fosse stata compromessa da quell’impegno improrogabile lo aveva davvero irritato. Ma purtroppo, come la stessa Ran gli aveva spiegato, quella gara era stata programmata da un pò dal titolare del dojo, per cui non poteva davvero farci niente.
Scosse la testa per togliersi di dosso il crescente senso di delusione che lo stava invadendo, preferendo rivolgere la sua attenzione al gruppetto intorno a lui.

 

Tokyo
Venerdì, 1:00 pm

 

Con un brivido, Ran si strinse maggiormente nella sua giacca. Quel giorno la pioggia incessante non intendeva diminuire, e solo quando entrò velocemente in casa e avvertì il calore presente provò un pò di sollievo. Lasciò cadere l’ombrello zuppo sul pianerottolo, e chiuse velocemente la porta.
Si guardò intorno per notare la presenza di sua madre o suo padre, ma come sempre non trovò nessuno dei due.
La prima probabilmente era ancora bloccata in studio, e il secondo in centrale.
Si trascinò stancamente verso la cucina, dove provò davvero a farsi venire la voglia di cucinarsi un pasto decente.

Quel pomeriggio non aveva lezione, e fortunatamente anche l’allenamento, visto il tempaccio, era stato rimandato.
Quasi meccanicamente si tolse la giacca della divisa, e si mise a prendere gli ingredienti dal frigo per prepararsi un pasto sostanzioso, sebbene non avvertisse alcun morso della fame nello stomaco.
Stava ancora scrutando pensierosa l’interno del frigorifero, quando una musica la fece sobbalzare.
Dapprima sorpresa e un pò confusa, seguì con lo sguardo il luogo da cui proveniva quella suoneria, e presto si rese conto che fosse il suo telefono.
Pensando fosse sua madre che si scusava per non essere nuovamente tornata per pranzo, si avviò lentamente verso la cartella ma, una volta estratto il cellulare, quasi il cuore saltò un battito. Con mano tremante e un sorriso leggero che le si formava naturalmente in viso, rispose velocemente con voce quasi titubante.
« Hey, miss detective », la voce sarcastica dall’altro lato del telefono le scaldò improvvisamente quella porzione di corpo ancora infreddolita dalla pioggia. Con un respiro profondo sentì l’irrefrenabile voglia di mettersi a saltellare, per il semplice fatto che erano ormai giorni che non lo sentiva al telefono, per un motivo o per l’altro. E sentirlo chiamare in quel modo, come aveva fatto già una volta, le provocò una felicità alla base dello stomaco.
« Shinichi! », esclamò muovendosi a grandi passi fuori dalla cucina, non rendendosene quasi conto.
« Mi parli ancora, allora », continuò lui, sempre con un tono quasi offeso.
« Come sarebbe? », domandò Ran bloccandosi in mezzo al salotto.
« Non mi scrivi mai », borbottò con un filo di voce, tanto che Ran dovette concentrarsi per sentirlo.
« Non volevo disturbarti », protestò lei, sentendosi un pò in colpa.
« Mmm », Shinichi non le parve molto convinto, così che lo trovò quasi carino. Immaginò la sua espressione da cane bastonato, con quel cipiglio innervato e le labbra curve in una smorfia pronunciata.
Ed ebbe più voglia che mai di averlo con sé.
« Pensavo volessi rompere con me », la prese chiaramente in giro, con tono ironico.
« Ci ho pensato, sì », sbuffò Ran, avvicinandosi alla grande vetrata del soggiorno, fissando le gocce che continuavano incessantemente a scendere.
« Scema ».
« Non dovresti dormire, a quest’ora? », lo sgridò improvvisamente Ran, pensando che da lui doveva essere almeno mezzanotte.
« Fra poco vado », era una bugia, ma non voleva davvero allarmarla. « Poi domani è sabato, posso dormire un pò di più ».
« Come è andata in questi giorni? », domandò sulle spine Ran, sedendosi sul bracciolo del divano.
Improvvisamente dall’altro lato del telefono scese il silenzio, e per una frazione di secondo qualcosa in Ran si bloccò.
E un brutto presentimento la invase.
« Shinichi? », lo richiamò piano.
« … le cose non sono andate come pensavamo, Ran ».
Ran trattenne il fiato così impetuosamente che rimase immobilizzata sul posto, mentre quella stessa frase le rimbombava nella testa in loop. E, nel sentire a sua volta silenzio dalla parte opposta, Shinichi si affrettò a continuare.
« Niente di grave, davvero », spiegò. « Cioè, niente riguardo ciò che sai. Ma la corte non si è ancora espressa, e siamo richiamati tutti in tribunale per ancora qualche giorno ».
« Qualche giorno? », ripetè Ran ritornando finalmente a respirare, seppur a fatica.
« … sì », tergiversò Shinichi, e lei potè chiaramente avvertire il suo tentennamento.
« … non torni lunedì? », soffiò.
Ancora silenzio, e infine un sospiro.
« No, Ran. Devo rimanere ancora una decina di giorni ».
Tutto ciò che stava trattenendo dentro di sé si spezzò, quando la sua speranza di poterlo riabbracciare da lì a pochi giorni si sgretolava sotto i suoi piedi. Dovette sostenersi al poggiolo con una mano, che andò ad ancorarsi ad esso per evitare di farla sbilanciare eccessivamente, mentre una sequela di frasi iniziavano a vorticarle velocemente nella testa, stordendola.
Non posso tornare, Ran.
Provò davvero a mandare giù il groppo che le si era formato in gola, ma con scarsi risultati.
Il caso a cui sto lavorando è davvero difficile.
La nausea le salì prepotentemente, mentre chiudeva gli occhi e la voglia di piangere si impossessava di lei così forte da toglierle il fiato. Solo dopo un pò si accorse della voce provenire dal suo telefono, chiamarla incessantemente da chissà quanto.
« Ran! ».
Provò a tirare su col naso e schiarirsi la voce per non fargli capire come quella notizia l’avesse lasciata traumatizzata, ma quando riprese a parlare capì che tutto il suo impegno non era valso a niente.
Non riuscì davvero più a trattenere ciò che aveva soffocato dentro di sé nelle ultime settimane.
« Non mi stai parlando attraverso un dispositivo cambia voce, vero? ».
Era una domanda alquanto bizzarra da dire, se solo qualcuno l’avesse ascoltata.
Eppure riuscì a zittire completamente la persona dall’altro lato del telefono, la quale rimase sbalordita. E improvvisamente, fece due più due.
« Ran », pronunciò mestamente Shinichi, dosando bene la sua voce. « E’ di questo che hai paura? Che io non torni? ».
Ran si morse un labbro, mentre ormai le lacrime iniziavano ad offuscarle la vista.
« Ran, per favore », la implorò lui, continuando. « Sto bene, te lo giuro. Sono me stesso, sono al sicuro. Non sto mentendo, devi credermi. Semplicemente si dilungherà un pò più del previsto ».
« Ti hanno chiesto di rimanere per entrare nell’FBI e non puoi dirmelo? ».
Un’altra frase che le uscì dalle labbra più velocemente di quanto avesse voluto, e con la voce più tremolante che avesse avuto da tempo.
« Lo stanno dicendo da giorni in televisione », continuò tirando su col naso.
« E tu credi a tutto ciò che dicono? ».
« Rispondimi », fece finta di non averlo sentito, preferendo arrivare al dunque.
« Lo sai che non possiamo parlare di queste cose al telefono », la sua voce era piuttosto nervosa, e quella regola che l’FBI e le forze speciali gli avevano imposto improvvisamente gli diede profondamente fastidio.
« Perfetto », sbottò perdendo quella poca lucidità rimasta.
« Sono solo altri dieci giorni, te lo prometto. Domenica ventidue sarò lì con te », la sua voce era ormai una supplica.
Ran provò davvero a mandare giù la preoccupazione, la paura, anche se ogni singola fibra del suo essere le mandava segnali diversi.
La verità era che aveva paura.
Paura che potessero scoprire la verità, paura che potesse nuovamente essere esposto a minacce esterne.
E poco serviva pensare che aveva perennemente due guardie del corpo ovunque andasse.
Non era con lei. E questo bastava a renderla tremendamente apprensiva.
« Va bene », mormorò sfinita, perdendosi a fissare la pioggia che incessantemente continuava a scendere al di là del vetro.
« Ok », disse solamente Shinichi, chiaramente sulle spine. « Allora… ci sentiamo, ok? ».
Ran tirò nuovamente su col naso, annuendo nel buio del soggiorno.
« Ok », rispose con voce stridula.
« Ohi, Ran? », la voce di un tono più alta di Shinichi la risvegliò dal suo stato di trance, mettendola sull’attenti.
« Mi aspetti, vero? ».
Ran sorrise tristemente, mordendosi un labbro.
« Sempre ».

Dall’altro lato del telefono, Shinichi Kudo sorrise lievemente, prima di salutarla nuovamente e spegnere la chiamata.
Non stava usando un papillon cambia voce, no.
Ma la chiamata appena conclusa aveva qualcosa di stranamente familiare, come la sensazione di magone che in quel momento stava provando.
Era tutto come una volta.
Le sue promesse, la sua preoccupazione, le sue lacrime.
Con un’imprecazione silenziosa guardò amareggiato la data che segnava il suo telefono.
Ancora dieci giorni.
Ancora dieci giorni per rivederla e abbracciarla come quell’ultima sera

 

Tokyo,
qualche settimana prima

 

« Fa attenzione ».
Shinichi annuì lentamente, fissando intensamente la bambina di fronte a lui.
« Hai dubbi? », replicò ironico.
« Da uno che si è fatto beccare a registrare uno scambio illecito di soldi e si è fatto drogare, beh… sì », fece una smorfia Ai.
Shinichi alzò gli occhi al cielo, e finito di salutare il resto del gruppetto, uscì lungo il vialetto del professor Agasa. Con le mani nelle tasche si strinse un pò di più nel suo maglioncino, mentre l’aria dell’autunno appena arrivato lo faceva un pò rabbrividire. Accelerò il passo, aprendo rapidamente il cancello di casa e avvicinandosi in fretta al portone di casa.
Che trovò aperto.
Accigliato, notò come la serratura non fosse chiusa a chiave come aveva lasciato appena qualche ora prima, e di istinto si mise in allerta.
Facendo meno rumore possibile entrò, e non notando nessun paia di scarpe conosciute nell’ingresso, avvertì un brivido lungo la schiena.
Le altre persone ad avere le chiavi di casa sua erano solo il professor Agasa, i suoi genitori e Ran.
Ma quest’ultima gli aveva mandato un messaggio almeno venti minuti prima dicendo che era appena tornata a casa, e i dubitava fortemente che i suoi genitori sarebbero tornati in Giappone, non ora che lui stava per partire per l’America e si sarebbero poi incontrati là.
C’era qualcosa che non andava.
Deglutendo si fece avanti nel buio della casa, camminando a tentoni per paura di fare un minimo rumore.
Quando fu in salotto provò ad allungarsi velocemente in cucina alla ricerca di qualcosa con cui proteggersi in caso di pericolo, ma prima che potesse riuscirci sentì qualcosa puntato alla schiena.
Si immobilizzò sul posto, trattenendo il respiro. E in quel momento le parole appena pronunciate di Ai lo fecero sentire profondamente idiota.
Perché non era tornato fuori a cercare aiuto? Perché diavolo era entrato in casa da solo? Disarmato, senza avvisare nessuno?
Non impari mai, cazzo.
Assalito dall’adrenalina, volle agire prima che fosse troppo tardi.
Di istinto si voltò rapidamente, e si ritrovò presto a stringere due polsi davvero molto piccoli.
Troppo piccoli.
« Ora capisco come sia stato facile metterti fuori gioco ».
Shinichi sbatté più volte gli occhi, mentre nel buio del salotto metteva a fuoco dei lineamenti decisamente familiari, almeno quanto la voce che aveva appena parlato dinnanzi a lui.
E quando infine si rilassò, si sentì un pò ferito nell’orgoglio quando si rese conto di come l’avesse banalmente fregato.
« Credi che io sia fuori gioco anche adesso? », la punzecchiò, rallentando la presa sui suoi polsi solo per non farle eccessivamente male, ma non lasciandola comunque andare.
« Se io avessi premuto il mio grilletto immaginario, sì », ribatté cristallina la figura davanti a lui.
« Ma non l’hai fatto », notò sarcastico.
« Sono stata molto magnanima ».
« Magnanima quanto bugiarda? », la provocò lui, facendo finalmente un passo indietro e mollando la presa su di lei. Con passo tranquillo si avvicinò al muro più vicino, accedendo infine la luce.
« Perché bugiarda? ».
Il viso di Ran alla luce del lampadario apparve a Shinichi quasi imbronciato, mentre lo fissava con una luce scintillante negli occhi.
« Per due buoni motivi », rispose lui.
« Sono curiosa di sentirli », alzò gli occhi al cielo lei, dondolandosi sui suoi piedi.
« Uno », elencò Shinichi, facendo un passo verso di lei e alzando il pollice.
« Ho un tuo messaggio di venti minuti fa in cui mi dicevi che eri a casa, e saresti andata a dormire ».
« Mmm », fece finta di essere pensierosa lei, con un accenno di sorriso sul volto.
« E due », alzò l’indice. « Se sei qui a quest’ora, devi per forza aver detto una bugia ai tuoi genitori. Sono curioso di sentirla », concluse.
« Sono solo le dieci e mezza », protestò Ran.
Shinichi alzò un sopracciglio con fare eloquente, facendola sbuffare.
« E va bene, forse ho detto qualche piccola bugia », ammise sardonica. « Ma se ti dà così fastidio, posso sempre tornare a casa ».
Fece per girarsi, ma la mano di Shinichi scattò come una molla nuovamente verso il suo polso, trattenendola.
« Non sono nella posizione di giudicare chi dice “qualche piccola bugia” ».
Ran arricciò il naso, per poi accarezzargli lentamente un braccio.
« … è la tua ultima sera », mormorò infine con sguardo mesto.
« Guarda che torno, eh », la prese in giro lui, accarezzandole a sua volta la mano del polso con cui l’aveva trattenuta.
« Mmm », bofonchiò Ran, facendo un piccolo passo verso di lui, ritrovandosi così a pochi centimetri dal suo petto.
« E se invece decidi di rimanere là con qualche americana bionda e avvenente? », lo punzecchiò volutamente ironica, alzando lo sguardo per incrociare i suoi occhi blu fissarla.
« Te lo farò sapere, nel caso », alzò un sopracciglio lui, con tono nuovamente sarcastico.
Rimasero a fissarsi per ancora qualche istante, prima di scoppiare in una risata leggera che gli fece scuotere ad entrambi la testa.
« Esattamente, stavolta cosa hai detto ai tuoi genitori? », domandò infine Shinichi, dirigendosi verso la cucina per mettere su dell’acqua per un the.
« Vorrei saperlo, nel caso in cui tu abbia detto di nuovo che eri da Sonoko », concluse per punzecchiarla, lanciandole uno sguardo brillante.
« E’ successo solo una volta », sbuffò Ran, seguendolo in cucina per poi sedersi sullo sgabello lì a fianco.
« Comunque, giusto per tua informazione, ho solo detto che la gara si era dilungata un pò », alzò una spalla con noncuranza lei, mettendosi a giocherellare con il contenitori dello zucchero che Shinichi aveva appena sistemato sul tavolo davanti a lei.
Al suono di quella scusa Shinichi alzò un sopracciglio, ridacchiando sommessamente.
« Ultimamente stai dicendo molte bugie, Ran-neechan », la prese nuovamente in giro, mentre si appoggiava al bancone della cucina e incrociava le braccia con fare fintamente serio.
« Non potrei in ogni caso mai batterti, Conan-kun », arricciò il naso lei, prima di fargli la linguaccia.
Shinichi alzò gli occhi al cielo fingendosi offeso, per poi avvicinarsi a lei lentamente.
Improvvisamente l’atmosfera giocosa di poco prima di spense, mentre intrecciata nei suoi occhi blu lentamente il sorriso le morì in faccia. Si ritrovarono così in silenzio, persi ognuno negli occhi dell’altro, e con estrema delicatezza Shinichi posò infine la sua fronte contro quella di Ran.

Rimasero ancora così in silenzio per un pò, abbastanza vicini da poter sentire ognuno il profumo dell’altro, ma abbastanza distanti da potersi solo sfiorare.
« Passerà veloce », mormorò Shinichi.
Ran potè sentire il suo fiato sul viso, e di istinto chiuse gli occhi. Senza pensare staccò la sua fronte dalla sua, e sbilanciandosi in alto gli portò le braccia intorno al collo.
Lo abbracciò così forte che per poco a Shinichi non mancò il fiato, ma non si lamentò.
Mentre sentiva il suo corpo premuto contro il suo arrossì leggermente, per poi rilassarsi lentamente e portare anch’esso la braccia intorno alla sua vita.
« Mi mancherai comunque ».
Il suo cuore batté gli martello nel petto così forte che penso davvero che Ran avrebbe potuto sentirlo, mentre erano ancora ancorati così l’uno contro l’altro. Di istinto immerse il viso nell’incavo del suo collo, respirando il profumo vanigliato dei suoi capelli.
La strinse ancora di più, rendendosi conto forse per la prima vera volta di come si incastrassero così bene, uno abbracciato all’altra, mentre si godevano quel semplice contatto come se fosse l’ultimo della loro vita.
E dopo aver preso un bel respiro, le mormorò all’orecchio una frase che lo fece arrossire ancora un pò, ma che gli uscì con tutto il cuore.
« Anche tu ».

 

*

 

Buongiorno e buona domenica a tutti!

Non sono solita lasciare la mia nota alla fine di un capitolo, ma dopo questa lunga assenza era il minimo che potessi fare.

Innanzitutto chiedo profondamente venia per l’attesa, ma questa estate è stata molto impegnativa, e il tempo libero molto poco. Tuttavia non vi ho dimenticato, come non ho accantonato questa storia a me così cara. Appena ho riavuto abbastanza tempo ho ripreso dove avevo lasciato, e sebbene io sappia che questo è un pò un capitolo di passaggio, spero possa rimediare a tutto questo tempo lasciato in sospeso!
Il prossimo, ahimè, ho paura sia l’ultimo, ma sono comunque molto contenta di essere riuscita ad arrivare fin qui, specialmente perché tengo molto a questa fanfiction, dal momento che è la prima dopo anni in cui mi ero allontanata da questo mondo.
Mi ha fatto compagnia nei mesi di lockdown, regalandomi qualcosa con cui distrarmi, e di certo il vostro seguito non è stato da meno.
Quindi grazie ancora a tutti coloro che la hanno letta, e ancora di più a coloro che hanno continuato a recensirmi con complimenti e consigli sempre ben accetti.
Non riesco purtroppo a ringraziarvi uno per uno, coloro che hanno recensito in particolar modo l’ultimo capitolo, quindi elenco qui di seguito chi voglio mandare un saluto e un immenso GRAZIE!

Anbi_coral30
Inu_Ran

ShinRan4862
Verandasulcortile

Cipanga
Lunaharry66

Spero a presto, un bacione

Minako

   
 
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