TUTTO ANDRA’ BENE Dominique reggeva lo sguardo di Xander senza esitazioni. Non aveva intenzione di mollare, era una cosa seria, e lei non era una che mollava. Dominique gli si avvicinò per farsi udire anche parlando sottovoce. Dopotutto, erano vicini alla Sala Grande e si avvicinava l’ora di cena, chiunque poteva sentirli. La ragazza sospirò. “Dico sul serio, Xan. Smettila. Puoi vendere la tua roba a qualcun altro”. “La tua famiglia mica lo deve venire a sapere. E mi dispiace per quella persona che è finita in ospedale. Non credo sia stato per delle… Caramelle”. “Perché non vai dentro? Ti finiranno tutto il cibo”, le disse poi mentre altri studenti si affrettavano ad entrare. “Ti ho vista qui e volevo aspettarti”. Lily scrollò le spalle e varcò la porta. “Tranquilla. Non è un problema”. Ted era grato che i suoi colleghi lo venissero a trovare e quei pochi minuti che riuscivano a concedergli erano un sollievo per i suoi nervi tesi dalla noia. Ma poi, quando se ne andavano, ricadeva in una sorta di tristezza e apatia più forte di prima; parlare con i suoi amici dei pazienti, aiutarli a diagnosticare le patologie, ripassare le procedure degli interventi era divertente e interessante, ma poi loro se ne andavano al lavoro, a curare i malati, a rispondere ai cercapersone, mentre lui restava lì invece, bloccato in quel letto, chissà per quanto ancora, con l’unica compagnia i libri, la chitarra e magari sua nonna che a volte lo fissava come se dovesse morirle davanti agli occhi da un momento all’altro. Certo, prima o poi sarebbe tornato anche lui operativo, ma quel momento gli sembrava sempre più lontano anziché vicino. “Teds”, lo chiamò Elijah prima di uscire dalla sua stanza dopo che gli altri se n’erano già andati. “Non ti preoccupare. Finirà presto anche questo periodo”. Teddy si distese sul letto e chiuse gli occhi. Fuori era già buio. Forse avrebbe guardato un po’ di televisione. Di solito non lo faceva mai, gli dava fastidio, ma il programma del tizio che arreda case non era male. No, Teddy odiava stare in ospedale come paziente. Lo aveva sempre odiato, fin da quando aveva iniziato a frequentare l’infermeria di Hogwarts periodicamente da quando aveva sedici anni. Per quanto ci provasse, George non riusciva a trattenere le risate; dopotutto, quante volte capita di vedere i propri genitori ricoperti di una porporina rosa esplosa da diversi cracker sparsi per la cucina. Sono un coglione, pensò George. “Non ho certo intenzione di ripulire io tutto questo casino”, si lamentò la signora Weasley alterata. Lo stomaco gli si annodò ancora di più per il senso di colpa. “Ehi, senti…”, cominciò un po’ titubante. “So di non essere stato granché come fratello ultimamente”. Fred gli si avvicinò, sempre sorridendo, intanto che Arthur e Molly si ripulivano dalla polvere. “Dico sul serio. Ti ho tenuto a distanza perché… Be’, non è stato semplice riaverti qui dopo che… Sì, insomma, dopo tutto il tempo che ci ho messo per superare la tua morte”. “Ascolta. Non mi devi spiegare nulla. Lo so, posso capire. Non è stato semplice nemmeno per me. E so che non lo è stato per gli altri. Tornare qui, rivedere tutti voi cresciuti, con le vostre vite, le vostre famiglie. Porco Salazar! Ginny sposata con Harry e tre figli?? Quello mi ha fatto andare fuori di testa”. “Già!” ridacchiò George. “Non tartassarti. Lo sai che noi non siamo fatti così. Io e te non ci preoccupiamo mai”. “Pfff! Non devi preoccuparti di quello. Non mi importa. Anzi, sono felice per voi due. Sono felice che vi siate avvicinati e che questo vi abbia aiutato ad andare avanti dopo la guerra”. Infine si abbracciarono “Non pensate nemmeno un po’ di averla scampata, ragazzi!” disse loro la Signora Weasley passandogli accanto, ripulita quasi del tutto dalla polvere, anche se un po’ le era rimasta sui capelli. “Ehi, mamma! Io non ho fatto nulla!” esclamò George, seguendola in cucina. Harry uscì sul portico di casa rabbrividendo non appena si appoggiò con le mani alla ringhiera. L’aria era fredda e lui aveva indosso solo una camicia che non teneva particolarmente caldo. Tuttavia non gli dispiacque sentire un po’ di freddo sulla pelle; lo avrebbe aiutati a schiarirsi le idee. Pochi minuti dopo la porta si riaprì e Harry riconobbe subito i passi di Ginny, senza doversi girare. Le sue mani lo circondarono in vita e la sua testa si appoggiò contro la sua schiena. “Tutto bene. Sono solo un po’ stanco”. Ginny piegò le labbra in un sorriso furbesco. “Oh, direi che è assolutamente una buona idea, Signor Potter”. *** Buonsalve a tutti e buon inizio settimana. Ma eccoci qua, spero di rallegrarvi almeno il lunedì con questo capitolo leggero: dopo diversi capitoli angoscianti ci stava. Comunque penso che a partire dal prossimo capitolo ci sarà una svolta negli eventi piuttosto importante XD Purtroppo però ho una brutta notizia. Domenica prossima non riuscirò ad aggiornare perché sarò via tutto il weekend. Mi spiace lasciarvi con due intere settimane di silenzio però Settembre è - come sempre - un mese abbastanza caldo. La volta scorsa mi ero dimenticata di dire qual era la canzone scritta da Teddy. Si tratta di Even my dad does sometimes di Ed Sheeran. Se cliccate sul titolo potete sentirla, è molto bella :) Ho finito. Come sempre, commentate, recensite, e segnatemi gli errori eventuali che ci sono. Grazie mille e un mega abbraccio, C.
“Non puoi dire sul serio, Nikki. Mi sono arrivate robe davvero buone”.
“Non mi interessa, Xan. Ho deciso di smettere. Quella roba mi ucciderà prima o poi”.
Xander emise un singulto.
“Davvero. Per favore, non insistere”.
“E dai, Nik… Non ti succederà nulla, è solo per divertirsi. E’ roba magica, cosa vuoi che ti succeda?”
“Lo sai come vanno a finire queste cose. E poi…”. Dominique esitò e spostò lo sguardo solo per un istante. “Una persona a me molto cara è finita in ospedale di recente. Ora sta bene, ma era grave e… questo mi ha fatto riflettere. Non voglio far preoccupare la mia famiglia o farla soffrire. E non voglio… Essere quel tipo di persona”.
Xander piegò le labbra in una smorfia che aveva sapore di derisione.
“Stai diventando filosofica e sentimentalista, Dominique?”
“No, è stato per un problema di salute che non ha certo chiesto lui di avere. E ora, scusami, ma devo andare a cena. Questa conversazione mi ha stufato”.
“Mi dispiace che la pensi così. Tu non sei come gli altri, no? Vuoi distinguerti. Posso continuare ad aiutarti”.
Dominique ignorò quelle ultime parole voltando le spalle a Xander e scendendo gli ultimi gradini per arrivare alla Sala Grande. Vicino alla porta si scontrò con Lily Luna che la fissava con uno sguardo strano, intenso. Dominique le si fermò accanto e la guardò come a chiederle silenziosamente che avesse da fissare.
“Grazie, ma non serviva”.
Anche uscire con Vicky gli mancava, andare a bersi la cioccolata calda visto che ora iniziava a fare freddo, passeggiare nel loro parco preferito schiacciando le foglie croccanti per la secchezza.
Teddy rimase sorpreso per un momento da quella affermazione, ma poi sorrise al suo migliore amico. “Lo so”.
“Ci vediamo”.
“Ciao”.
La verità era che essere pazienti in un ospedale era una delle cose peggiori al mondo: di giorno magari qualcosa di interessante poteva accadere, tra medici, infermieri e amici che passano a vederti, a scambiare qualche parola. In quell’ospedale conosceva più o meno tutti, persino la strega che veniva a portargli da mangiare. Ma quando calava la sera diventava davvero un tedio: il tempo non passava mai e volevi soltanto andare a letto perché la mattina dopo arrivasse prima. Peccato che se non avevi sonno te ne stavi lì a rigirarti, ad ascoltare gli altri pazienti russare nelle altre stanze o gli infermieri passare nei corridoi. Senza contare i pensieri che gli tartassavano la testa. Era come se mille voci si alternassero nel suo cervello o parlassero tutte assieme, ognuna offrendogli una preoccupazione diversa.
Uno scherzo abbastanza innocente e stupido, Fred si sarebbe potuto impegnare di più, ma ci stava, era come tornare ai vecchi tempi. Se gli avesse dato una mano sicuramente sarebbero riusciti a fare uno scherzo molto più grande. E ora George si pentiva di non avergli dato ascolto, di non aver assecondato suo fratello in quello che voleva. Per cosa, poi? Perché non riusciva a stare nella stessa stanza con lui dopo vent’anni dalla sua morte? Non doveva essere facile nemmeno per Fred, ma almeno lui ci provava.
“Suvvia, Molly. E’ solo polvere rosa. Stai bene in rosa, tesoro mio”.
“Forse mi ricorda un po’ troppo la Umbridge”, commentò Fred.
George si voltò verso il fratello e scoppiò a ridere. Chissà come aveva fatto a sapere Fred quando lui sarebbe passato dalla Tana perché i cracker esplodessero al momento giusto.
“In confronto agli altri sei il meno peggio”, disse scherzosamente.
Fred mise una mano sulla spalla del gemello e lo guardò in volto, quel volto più vecchio del suo, con più rughe, più stanchezza dipinta nell’espressione, ma ancora identico al suo.
“Hai ragione, Freddie. Che ne dici di venire stasera a cena da me e Angelina? Chiamo anche Junior e Roxanne. Così ho la scusa per vedere i miei figli che sono sempre in giro”.
“Molto volentieri”.
“E… un’altra cosa, Fred”.
“Dimmi, Georgie”.
George abbassò lo sguardo, questa volta imbarazzato.
“Un altro motivo per cui… Sì, insomma... ti ho tenuto a distanza è che avevo paura che… Sai, io e Angelina… Lei era la tua ragazza e poi…”.
“Davvero?” George alzò lo sguardo e vide il sorriso genuino del fratello.
“Certo! Io e te condividiamo tutto. Anche le ragazze”.
Si accese con calma una sigaretta e mentre esalava il fumo, alzò lo sguardo al cielo senza luna e con poche stelle.
“Tutto bene, tesoro?” gli chiese lei.
“Andiamo a letto allora”.
Harry pose la sigaretta sul posacenere e si girò verso la moglie, appoggiandole le mani sui fianchi e tirandola verso di sé. Lei dovette inclinare il capo all’indietro per riuscire a vederlo in viso.
“E’ che ultimamente sembra che ci siamo visti poco”.
“Lo so. E’ stato un casino questo periodo. Ti prometto che recuperiamo”.
“Non ti preoccupare. Lo capisco. Con quello che è successo a Teddy e i casini del Mondo Magico…”.
Harry si chinò per posarle un bacio sulle labbra. “Che ne dici se andiamo a letto e… Ci guardiamo ben bene?” le sussurrò all’orecchio in tono malizioso.
Spero non vi siate preoccupati troppo quando non avete visto l’aggiornamento ieri. Sono stata via tutto il giorno e sono tornata parecchio tardi, quindi non ho avuto né tempo né forza di pubblicare.