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Autore: Ghostclimber    07/09/2020    6 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dottor Yamamoto dispose davanti a sé le provette con i fiori che Kaede Rukawa aveva tossito, insieme ad un volume di hanakotoba e alla fotocopia del diario tenuto dal ragazzo.

Sorrise all'ombra vaga dei segni dei quadretti che si intravedevano sul foglio: era stata un'altra delle brillanti idee di quella ragazza, Ayako, e Yamamoto aveva dovuto trattenersi per non correre all'ordine dei medici e farle assegnare una laurea in medicina ad honorem.

Il primo fiore era un amaranto: secondo il libro procuratogli dall'infermiera Sawada, stava a simboleggiare l'amore immortale. Nulla di collegato ad un evento specifico, sospettava Yamamoto, solo la prima manifestazione della sindrome che, abbastanza logicamente, dichiarava da cosa era causata; certo, di rado gli amori adolescenziali sono davvero quelli che ci si porta fino alla tomba, ma qualunque ragazzino interpellato a riguardo avrebbe risposto con la sicurezza della propria innocenza che sì, quello era l'amore della sua vita, e non avrebbe mai e poi mai smesso di amarlo, cascasse il mondo.

Il secondo fiore era un soffione: in questo caso, simboleggiava il viaggio e la speranza. Kaede aveva riferito che l'attacco era cominciato dopo che Ayako aveva giocosamente detto che Sakuragi non sarebbe andato a trovarlo. Aveva confessato in un filo di voce che lui comunque ci sperava, parlando dell'imprevedibilità del ragazzo come un punto a favore della propria speranza. E forse, ma questa era solo una supposizione di Yamamoto, quel ragazzo silenzioso e più sveglio di quanto si potesse intuire a prima vista aveva già intuito che c'era una connessione tra la sua malattia e il suo rapporto -o l'assenza di un rapporto- con quel suo compagno di squadra. Più avanti, quando si era parlato di rimuovere chirurgicamente i fiori, Kaede aveva temporeggiato. Stando a quanto raccontavano di lui e di come si muoveva nel suo ambiente naturale, cioè il campo da basket, esitare era una parola che non figurava nel suo dizionario: Yamamoto era quasi certo, e l'infermiera Sawada concordava con lui, che Kaede avesse deciso già allora di provarci, anche se ne sarebbe potuto andare della sua salute, o peggio, della sua vita.

Il terzo fiore era un anemone, simbolo di attesa e abbandono. Kaede sosteneva di non ricordare un evento scatenante, e Yamamoto era disposto a credergli: lui stesso rammentava di averlo visto tossicchiare per tutto il giorno, ma c'era un particolare che Kaede aveva trascurato. La sera in cui aveva avuto la brutta crisi con i soffioni, si era addormentato poco dopo e aveva passato la nottata in un sonno agitato; al risveglio, aveva subito cominciato a tossire anemoni. Yamamoto ricordava che la crisi del giorno precedente si era arrestata di punto in bianco quando Ayako aveva promesso che in un modo o nell'altro avrebbe convinto quel Sakuragi ad andare a trovare Rukawa. E il ragazzo, per quanto sembrasse scorbutico e scostante, pareva fidarsi ciecamente di lei. Probabilmente, in qualche angolo recondito della mente, aveva deciso che la ragazza ci sarebbe davvero riuscita, e aveva trascorso la giornata ad altalenare tra una speranzosa attesa e un sempre più pressante senso di abbandono: dai dati raccolti più avanti, Yamamoto sapeva che in realtà le speranze che Sakuragi andasse davvero a trovarlo erano molto basse.

E quando invece si era fatto vivo, ecco insorgere il quarto fiore: il fiordaliso, che simboleggiava la speranza di costruire un legame. Anche se Kaede non aveva saputo riferire parola per parola la conversazione avuta con Sakuragi, ricordava di essersi sentito speranzoso nel vederlo entrare, dapprima con la sua solita aria da presa in giro, e poi via via sempre più preoccupato. Non si era sbilanciato ulteriormente, ma Yamamoto era ancora giovane e ricordava i tormenti dell'amore adolescenziale: poteva concludere con un certo grado di sicurezza che Kaede aveva interpretato quel cambio di atteggiamento, che ad occhio inesperto sarebbe solo sembrato come un semplice sintomo di umana empatia, come la dimostrazione che Sakuragi, in fondo, a lui ci teneva.

Se poi fosse così oppure no, solo il tempo avrebbe potuto decretarlo.

Il giorno dopo era stato quello che aveva portato la crisi peggiore, accompagnata da petali di garofano giallo: un simbolo di rifiuto e disdegno.

Yamamoto ricordava con orrore la reazione del ragazzo quando gli avevano spiegato quale, teoricamente era la causa della sua malattia. Inutile, a quel punto, cercare di capire se il ragazzo stesse cercando di rifiutare il proprio sentimento o se si sentisse rifiutato dall'altro. Il risultato era comunque lo stesso: una violenta crisi che aveva fatto meditare Yamamoto sulla possibilità di utilizzare la propria autorità medica e di operarlo d'urgenza senza chiedere il permesso della madre, adducendo come spiegazione le incomprensibili lastre piene di fiori e l'apparente aggravarsi delle crisi del ragazzo.

Se non aveva infine proceduto, era stato solo a causa dell'intuizione dell'infermiera Sawada, che aveva ipotizzato un legame tra i fiori e il loro significato e lo stato d'animo che accompagnava le crisi. Elettrizzato suo malgrado all'idea di saperne di più, Yamamoto aveva deciso di temporeggiare ancora un po', riservandosi il diritto di procedere in qualsiasi momento.

C'era stato poi un breve episodio con una begonia, che stando al diario aveva accompagnato un impeto di paura paranoica per la salute di Sakuragi, e qualche fiordaliso quando quest'ultimo aveva accettato esplicitamente di stare al fianco di Rukawa.

Dopodiché, nient'altro.

Yamamoto si appoggiò allo schienale della sedia, che cedette appena con un lievissimo cigolio, e si chiese se davvero bastasse così poco per far guarire il ragazzo.

 

-Ayako!- chiamò Sakuragi, inseguendo la manager in cortile durante l'intervallo per il pranzo. La ragazza si voltò, esibendosi inconsapevolmente in uno swish che avrebbe fatto schizzare il sangue dal naso al povero Ryota Miyagi, e gli rivolse un sorriso smagliante.

Sapeva che Rukawa era stato dimesso, l'aveva sentito al telefono giusto il giorno prima e il ragazzo era sembrato moderatamente ottimista per l'atteggiamento amichevole di Sakuragi; e se Ayako sapeva essere molto severa, era anche in grado di capire quando una buona giocata o una buona azione meritano il plauso, e non si sarebbe tirata indietro nel mostrare la propria approvazione. Forse, sentirsi elogiato avrebbe addirittura spinto Sakuragi a sbilanciarsi un po' di più. La sera prima, Ayako aveva mentalmente paragonato Rukawa e Sakuragi a due personaggi del manga che Miyagi le aveva prestato: uno serio, abilissimo ed elegante, l'altro apparentemente insensibile e dal carattere esplosivo, insieme protagonisti di certe doujinshi così bollenti che probabilmente erano almeno in parte responsabili dello scioglimento dei ghiacci perenni.

Insomma, si era detta nel suo lieto ottimismo, se dovevano basarsi su quel manga per diagnosticare una malattia, tanto voleva farci affidamento anche per la costruzione delle coppie, no?

-Ciao, Hanamichi! Ho saputo che sei andato di nuovo a trovare Rukawa, bravo il mio cucciolotto!- disse Ayako, congedando le amiche con un gesto della mano e affiancandosi al rosso.

-Ehm, ecco, sì, insomma... Rukawa mi ha detto una roba strana, tu cosa sai?- Ayako finse una posa rilassata per non mettere in allerta Sakuragi e rispose: -Che pare che queste sue crisi dipendano in qualche modo dal fatto che voi non andate d'accordo.

-Già, ha detto la stessa cosa anche a me.- Sakuragi rise nervosamente, -Assurdo, vero?

-Beh,- disse Ayako, -So che c'è un tizio che è stato colpito da un fulmine per sette volte, direi che di roba strana al mondo ce n'è in abbondanza!

-Già, e... senti, si sa qualcosa sul perché i fiori sono sempre diversi?- chiese Sakuragi. Ayako si sedette sul bordo di un'aiuola e tirò fuori il proprio bento dalla borsa. Il rosso si sedette di fianco a lei ed estrasse un panino che avrebbe potuto saziare l'intera Africa per un mese e mezzo. Ayako prese un pezzetto di tamagoyaki con le bacchette, poi disse: -Beh, niente di certo in realtà. Sembra, ma ti ripeto, è solo una teoria, che i fiori cambino a seconda dello stato d'animo di Rukawa.

-Puoi fpiegavti mejo?- chiese Sakuragi, con la bocca piena. Ayako fu colpita tutto ad un tratto dalla differenza tra lui e Miyagi: il suo Ryota non si sarebbe mai comportato così da cafone, pur non essendo una di quelle persone che si fanno chissà che problemi di etichetta. Ricollegò il cervello con fatica e disse: -Ad esempio, quando gli abbiamo detto cosa poteva essere la sua malattia e da cosa poteva dipendere, ha tossito dei garofani gialli. Stando a quanto ha detto l'infermiera, sono un simbolo di rifiuto. Probabilmente neanche lui è tanto contento di doverti la vita.- Sakuragi tacque per molto tempo, dedicandosi interamente al panino. Ayako proseguì a mangiare a sua volta, ma con la coda dell'occhio non lo perse di vista un secondo: Sakuragi sembrava molto pensieroso, quindi ritenne doveroso aggiungere qualcos'altro: -Per ora, il fiore che ha dimostrato la maggiore incidenza è il fiordaliso, che dovrebbe simboleggiare la speranza di creare un rapporto.

-Sì, l'ha tossito anche mentre ero con lui, una volta.- disse Sakuragi, ancora sovrappensiero. Si mise in bocca l'ultimo enorme boccone di panino, e Ayako ebbe il tempo di chiedersi irrazionalmente se per caso tra gli antenati di Hanamichi Sakuragi non figurasse un criceto: non c'era legge della fisica che gli avrebbe consentito di ficcarsi in bocca un tale pezzo di pane senza soffocare. Eppure, Sakuragi si limitò a far andare le mascelle con dedizione, poi deglutì il pantagruelico boccone senza che si rendesse necessaria la manovra di Heimlich.

-Ho visto che sta tenendo un diario, in effetti.- disse poi, -Ci sta scrivendo tutti gli episodi?

-Così dovrebbe fare. Ma non azzardarti a metterti a spiare nelle sue cose, brutto impiccione!

-Ma per chi mi prendi?!- esclamò Sakuragi.

-Ti prendo per l'imbecille che alla prima amichevole contro il Ryonan si è messo un foulard in testa ed è andato a spiare quello che diceva la squadra avversaria!- Sakuragi ebbe la buona creanza di arrossire fino alle orecchie.

-Ehilà!- salutò una voce familiare da dietro le loro spalle. Ayako si impose di non farsi spuntare in faccia lo stupido sorriso ebete che sarebbe stata la sua reazione spontanea alla presenza di Ryota Miyagi e salutò con calore: -Ciao, Ryota!

-Pigmeo, ti lascio la signora!- annunciò Sakuragi. Per qualche motivo, la “signora” in questione avvertì un tintinnio di ansia al sentire il tono della sua voce: aveva parlato ad un volume appena appena insufficiente per creare un boato sonico, ma questo era lo standard. Qual che la preoccupava era che sembrava aver parlato ad una tonalità insolita, almeno di un'ottava superiore al suo usuale tono di voce.

-Hanamichi, non c'è bisogno, se resti non ti mangio mica...- ribatté Miyagi, imbarazzato.

-No, no, davvero! Devo finire i compiti di geometria prima di rientrare in classe, il mio prof ha la brutta abitudine di lanciare i gessetti quando s'incazza... e ha una mira da cecchino, ahahahah!- Sakuragi si grattò la nuca, in evidente imbarazzo, poi corse via come se fosse inseguito da un pagliaccio assassino.

-Ok, c'è qualcosa che non so?- chiese Ayako, mentre Miyagi si sedeva al suo fianco.

-Stavo per fare la stessa domanda.- rispose lui, in tono perplesso, -Io ti cercavo solo per chiederti se sai qualcosa di Rukawa.

-Sta bene. Hanamichi è stato con lui sabato, è stato dimesso e probabilmente oggi passa a trovarci in palestra. Ancora una settimana di riposo e rientrerà a scuola. Davvero è tutto qui?- chiese di nuovo Ayako. Miyagi arrossì.

-Davvero. Voglio dire...- esitò, -Che mi piaci ormai lo sai, e non mi sembra il momento di mettermi a... a dichiararmi, o a chiederti di uscire... tra le verifiche di fine anno, il campionato e Rukawa non sarebbe proprio il momento adatto, non trovi?- Ayako lo guardò. Miyagi fissava come ipnotizzato un pettirosso intento a becchettare il selciato del cortile in cerca di qualche briciola, e sembrava aver fatto del non guardarla in faccia la missione della sua vita.

-Penso che hai ragione.- rispose Ayako in tono dolce, -Se usciamo sani di mente da tutta questa faccenda dobbiamo festeggiare.

-Faremo la più grande festa che Kanagawa abbia mai visto!- rispose Miyagi. Ayako appoggiò la testa alla sua spalla, immaginandosi di venire portata da lui su una collina isolata e di ricevere un bacio, poi tornò alla realtà: -Hanamichi ha in mente qualcosa.

-Spero che non voglia sabotare apposta la salute di Rukawa...

-No, non sarebbe da lui...- Miyagi tacque e Ayako aggiunse: -Dai, lo sai com'è fatto! Parla, parla, ma alla fine non ha mai fatto davvero del male a Rukawa. Penso che in un angolo recondito della sua mente gli voglia bene.

-Di certo lo stima.- ribatté Miyagi, -Ma se dici ad Hana che te l'ho detto ti ammazzo, sappilo!

-Ah, non ci tengo a sentirlo urlare più di quanto faccia normalmente!- Ayako ridacchiò, poi tornò seria: -Ah, come vorrei che si rendesse conto che lo ama!

-Tu leggi troppe fanfiction, lo sai?- chiese teneramente Miyagi.

-Ma sono belleee!- ribatté Ayako, poi alzò il viso: -Hai letto quella che ti ho mandato ieri?

-Sì, e non mi leverò mai più quelle immagini dalla mente!- Ayako sorrise apertamente, ormai dimentica del sospetto che Sakuragi avesse in mente qualcosa. Quando era con Miyagi, tutto il resto svaniva. Ormai aveva il sospetto che non sarebbe riuscita a tener duro fino a settembre prima di dichiararsi a sua volta.

 

Sakuragi uscì dall'aula di botanica e risalì il corridoio della sezione di scienze applicate, camminando lentamente. La sua mente turbata si chiese alla lontana come poteva una persona essere così flippata da gasarsi per un petalo di fiore: il professor Takashi si era illuminato alla sua richiesta di riconoscimento, e aveva passato gli ultimi dieci minuti a parlare delle rose rosse, delle loro caratteristiche, del loro utilizzo pratico e della loro incidenza nella storia del genere umano. Sakuragi si domandò se l'uomo avrebbe avuto un orgasmo se invece di un petalo di rosa si fosse trattato di qualche fiore raro. Insomma, non è normale emozionarsi così tanto per un fiore così comune! Scosse la testa, sconsolato di fronte alle evidenti turbe psichiche del professore. Ma, d'altra parte, voleva essere sicuro di quel che aveva in mano.

Si diresse verso la biblioteca, e quando entrò si lasciò scrutare dalla ragazza che stava al banco, evidentemente perplessa nel vedere quel gigante dai capelli rossi entrare in un luogo di solito abitato solo da sfigati e secchioni. Probabilmente non sarebbe sembrata più stupita nel veder entrare un Alien che chiedeva un libro di anatomia umana.

Si avvicinò al bancone e chiese a bassa voce: -C'è qualche libro sul significato dei fiori?

-Per cosa ti serve?- chiese la ragazza, sospettosa. Dal suo tono sembrava quasi che Sakuragi le avesse chiesto una copia di “Come Fare una Strage e Non Farsi Beccare”. Improvvisò: -Devo scrivere una roba per il corso di scrittura creativa e mi serve sapere il significato di un fiore.- la ragazza pareva ancora poco convinta, ma sembrò rendersi conto che un libro sulla hanakotoba non poteva fare danni. Certo, era sempre possibile usare un libro come un'arma contundente, ma in quel caso probabilmente sarebbe stato meglio un dizionario o un atlante geografico. Non che quel tizio enorme sembrasse uno che ha bisogno di un'arma, comunque.

La ragazza tornò con il libro dopo un paio di minuti, chiese a Sakuragi di firmare il registro di prestito con nome, cognome e numero di matricola, poi lo allontanò in fretta ricordandogli che avrebbe dovuto restituirlo entro un mese.

Sakuragi si ritrovò a ghignare, immaginandosi vestito con un mantello nero a nascondersi dietro agli scaffali per spaventare i secchioni, poi tornò alla realtà.

Si nascose in un bagno vuoto, si sedette sul coperchio chiuso di un gabinetto e aprì il volume alla pagina dell'indice. Con il dito scorse le varie voci, e finalmente trovò le rose rosse. Raggiunse la pagina sfogliando il libro con mani tremanti e lesse.

Il verdetto era incontestabile: amore e passione.

Sakuragi chiuse il libro con un tonfo, se lo mise in grembo e raccolse le ginocchia al petto. Con la testa tra le mani, si concesse di lasciar uscire un lungo gemito.

 

Verso il termine degli allenamenti, dalla panchina venne la voce di Ayako: -Rukawa!- Sakuragi si voltò, e sulla soglia della palestra c'era proprio lui, Kaede Rukawa. E lo guardava.

Sakuragi lo vide fare un lieve cenno di saluto con la mano e si costrinse a rispondere, anche se non si levava dalla testa che Rukawa aveva tossito un fiore che significava amore e passione, e che la cosa aveva a che fare con lui. Per tutto il pomeriggio, Sakuragi aveva cercato una soluzione alternativa, ma inutilmente: l'unica possibilità, per quanto impensabile e così assurda che se gliel'avessero detta senza un contesto valido Sakuragi sarebbe morto dalle risate, era che Kaede Rukawa era innamorato di lui. E che non era un sentimento platonico, almeno non del tutto.

La cosa era parecchio destabilizzante, per usare un eufemismo.

Sakuragi rimase a palleggiare nella lunetta dei tiri liberi mentre il resto della squadra si accostava a Rukawa per sommergerlo di domande, ascoltò con un orecchio solo Ayako che rispondeva al posto di quello scorbutico ghiacciolo (ma abbastanza caldo da innamorarsi, non è vero?) e si preparò mentalmente all'idea che Rukawa avrebbe cercato di parlargli. Sentì Miyagi che ordinava a tutti di andare a cambiarsi e si rese conto che sarebbe stato interpellato da un momento all'altro. E infatti, Ayako chiamò: -Hanamichi, vieni qui un attimo, tu!

-Aha, cos'hai combinato stavolta?- chiese Yasuda in tono da presa in giro.

-Ma chiudi il becco, nanetto.- bofonchiò Sakuragi, e si diresse verso la panchina strascicando i piedi. Rukawa aveva rifiutato di sedersi, e una parte della mente del rosso si sentì meglio nel vedere che stava recuperando le forze; ma temeva che Rukawa gli avrebbe chiesto qualcosa, e non intendeva assolutamente restare solo con lui, non quel giorno.

-Ciao.- salutò Rukawa, e dannazione, la sua voce doveva per forza essere così calda?

-Ciao. Come va?

-Bene, pare. Ti va di tornare a casa insieme?- Sakuragi mise su un'espressione contrita.

-Ah... Rukawa, mi dispiace, davvero, ma devo andare dall'altra parte!

-Hanamichi Sakuragi!- lo richiamò Ayako, -Abiti letteralmente a tre isolati da casa di Rukawa!

-Sì, ma ho delle commissioni da fare per la mamma!- ribatté Sakuragi.

-Non importa, davvero.- si intromise Rukawa, -Domani?- Sakuragi esitò a lungo, poi prese una decisione: -Domani. Ora io... devo andare!- disse, poi fuggì.

Si fiondò sotto una doccia ad occhi chiusi, ignorando le battute dei compagni di squadra sui presunti crimini contro l'umanità da lui commessi e si ripeté il piano per il giorno dopo: prendere Rukawa, insistere per fare una passeggiata, portarlo nelle vicinanze di un ospedale, dirgli che non poteva più stargli appresso, portarlo dentro all'ospedale, dire ai medici di far chiamare Yamamoto e lavarsene le mani definitivamente.

Era quasi felice della sua decisione, quando si accorse del trambusto: i compagni di squadra, chi già vestito, chi ancora solo con i calzoni addosso, sembravano in preda al panico.

Sakuragi si fiondò fuori dallo spogliatoio, con i fianchi cinti solo dall'asciugamano; i colpi di tosse furono la prima cosa che udì, prima ancora della voce di Ayako che chiamava a gran voce perché qualcuno mandasse un dottore: erano colpi di tosse forti, possenti, da sconquassare il petto, eppure suonavano anche in qualche maniera fiochi, come se Rukawa fosse stanco morto.

Una mano ghermì il braccio di Sakuragi, e Miyagi sibilò: -Va' da lui, cazzo!

-Ryota, non posso! Sono mezzo nudo!

-Allora che fai, vuoi lasciarlo crepare come un cane?

-Oh, fanculo.- Sakuragi attraversò la palestra a grandi passi e si chinò su Rukawa in tempo per vedere le lacrime di dolore sul suo viso e il fiore che aveva appena sputato. Una pallottolina viola e spinosa, coperta non solo di saliva ma anche di sangue. -Cazzo, quello deve aver fatto male...- sussurrò, e vide che Rukawa stava tentando disperatamente di ricomporsi.

Il buon cuore di Sakuragi prevalse sulla sua intenzione di fregarsene dell'episodio. Ripetendosi che l'indomani si sarebbe comunque mantenuto fedele al proprio piano, si disse che per il momento non c'era niente di male a tenerlo vivo per altre ventiquattr'ore. Lo prese per le spalle e se lo trasse al petto, si appoggiò la sua testa contro la clavicola e disse: -Dai, calmati, adesso, è passato. Domani ci vediamo davvero, promesso. Magari facciamo anche una passeggiata, se stai bene.- Rukawa annuì contro la sua pelle, la fronte bagnata di sudore e calda.

Sakuragi scacciò con stizza il pensiero che vederlo così faceva male al cuore.

 

 

Cardo: solitudine, isolamento

 

 

 

 

Eccoci qui, e dire che quando avevo cominciato a scrivere non sapevo che cacchio avrei detto. Come sempre grazie a tutti voi per il supporto, grazie al criceto di Ste_exLagu che è bravissimo ad incitare il mio e grazie ad Aimi_fantasy per il suggerimento sul fiore... ovviamente sono andata ad usare il più doloroso e nella sua accezione peggiore ahahaha sto diventando sadica (Rukawa dalla regia fa un verso tipo balena morente che davvero non mi spiego)

Come sempre, battete un colpo se gradite!

XOXO

 
   
 
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