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Autore: ToscaSam    08/09/2020    0 recensioni
La solita storia di una ragazza che si iscrive all'università e incontra dei ragazzi.
Più o meno.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XVI
 
Tutto procedette nella norma fino alla sessione d'esame primaverile.
Tullia aveva ripreso a studiare con serenità e non aveva più incontrato le difficoltà sorte con la storia di Paolo.
Paolo non si fece più sentire e Tullia fu lieta di dimenticarlo, di lasciarlo sbiadire nella lista degli errori commessi. Da un discorso colto per caso sulle labbra di Clarissa, scoprì che adesso era fidanzato con Giulia. La notizia la fece ridere molto e le donò più allegria di quanto si aspettasse.
Filippo non azzardò altre scenate sentimentali e Tullia poté tornare a trattarlo come l'amico a cui voleva un bene sincero.
Tutto il grande gruppo che aveva popolato la terzultima fila di Antropologia Culturale adesso si preparava per sostenere l'esame.
Oltre a quello, Tullia avrebbe affrontato anche Storia Medievale I insieme a Rocco e Storia della Chiesa Medievale, con Anna.
Le due ragazze si erano inserite bene nella schiera delle amicizie. Tullia le frequentava regolarmente e non si sentiva minacciata dalla loro presenza, anzi, ne era arricchita.
Le partite a Dungeons & Dragons si fecero vagamente più appassionanti, ma Tullia sapeva che non ci avrebbe mai più giocato, una volta finita quella campagna.
Friz era l'anima del gruppo, sempre, e raccontava pettegolezzi, storie, aneddoti, senza cui le pause caffè al Macchi sarebbero state più blande.
Persino Qedim riuscì a strappare qualche risata a Tullia, quando raccontò che aveva detto a suo padre che “Macchi” era il nome di un'aula studio.
« Tutte le volte che mi chiama sono sempre al Macchi. Ho dovuto dire così o avrebbe scoperto che passo le mie giornate al bar».
Che fosse una storia vera o no, quella volta Tullia la trovò simpatica.
Gli esami sarebbero iniziati a partire dal giorno successivo.
Anche se Tullia si sentiva meno in ansia che per Cartografia, i programmi erano vasti e il pizzicorino allo stomaco cominciava ad attanagliarla.
« Con cosa cominciate?» chiese agli altri.
« Domani ho Linguistica Italiana» rispose Cesare, pacato ed elegante. Leggeva una Divina Commedia piena di pieghe, presa dalla biblioteca: « poi venerdì ho Antropologia con Filippo».
« Io Antropologia ce l'ho giovedì» commentò lei.
« Allora se passiamo tutti e tre dobbiamo uscire a bere qualcosa, venerdì. Per festeggiare».
Tullia ruggì il suo si che scatenò una faccia troppo emozionata da parte di Filippo.
La ragazza si convinse di esserselo immaginato, perché non poteva credere che Filippo continuasse a ostinarsi con lei. Erano passati due mesi da quello strano pomeriggio e lui non aveva più assunto comportamenti equivoci.
« Io sono insieme a te, per Antropologia. Giovedì mattina» disse Carla, distraendosi dal parlottare con Bruno.
« Io credo che mi disiscriverò. Voglio preparare bene Medievale I» annunciò Rocco di punto in bianco.
« Cosa? Ma sei preparato!»
« Antropologia non mi piace»
Non riuscirono a convincerlo a sostenere l'esame. Disse che l'avrebbe ritentato all'appello estivo.
Gli altri si erano segnati in ritardo e avrebbero sostenuto lo sguardo della Contessa Dracula due settimane dopo gli altri.
Il giovedì arrivò in un baleno e Tullia si ritrovò a condividere la mattinata di attesa con Carla.
Scoprì che quando non parlava di serate mondane e feste sulla spiaggia era davvero piacevole. Era adorabile e simpatica, alla mano, divertente e premurosa. Le conversazioni con lei furono facili e molto interessanti. Parlarono di cartoni Disney che avevano visto da bambine, dei loro libri preferiti e di come la Contessa Dracula fosse sbucata dalle tenebre a ogni lezione.
Scatenarono l'ilarità di altre persone che erano in fila per l'esame e si misero a fare il verso alla professoressa per scaricare la tensione.
Passarono entrambe con voti alti e si abbracciarono per celebrare. Sbucò anche il fidanzato di Carla, il coinquilino di Rocco. Aveva portato il cagnolino di Carla al guinzaglio. Il cucciolo fece le feste a tutte le persone presenti nell'ingresso. Tullia salutò i due, poi tornò a casa, fiera di aver aggiunto un ventotto al suo libretto.
L'esame successivo di Tullia si sarebbe tenuto il lunedì: Storia della Chiesa Medievale. Tullia però, si concesse una pausa: si disse che era preparata a sufficienza e che quel fine settimana poteva riposarsi. Avrebbe riaperto il libro solo la domenica sera, giusto per non sentirsi colpevole di bighellonaggio.
Era venerdì e Cesare e Filippo avrebbero sostenuto a loro volta Antropologia. Tullia volle andare ad accompagnarli: poteva essere un desiderio sadico, ma sapere di aver già passato l'esame le dava soddisfazione. Era l'unica persona con il sorriso sulle labbra, quando varcò il corridoio in cerca dei due amici: tutti gli studenti giacevano raggomitolati, seduti a terra, con libri e con le facce verdi di nausea.
Trovò facilmente Cesare e Filippo: i bisbigli di ripasso di quest'ultimo erano tuonanti. I due furono felici di vedere Tullia, anche se erano piuttosto in ansia per la prova che li aspettava. Furono avidi delle informazioni che Tullia concedette loro: la professoressa era clemente? Che domande aveva fatto il giorno precedente? Che voti aveva dato? Quante persone aveva bocciato?
Molte altre orecchie si tesero ad ascoltare quello che lei diceva. La soddisfazione di essere l'unica ad aver già superato l'esame si dissolse alla svelta: quell'ambiente era così impregnato d'ansia che Tullia si sentì a disagio.
Attese con impazienza il turno di Cesare e di Filippo. Cesare fu esaminato per primo e uscì sorridendo con un enorme trenta sul libretto. Il suo sorriso era luminoso e donava ai lineamenti già splendenti. Tullia pensò di nuovo che fosse molto attraente.
Filippo entrò poco dopo e quando uscì urlò di gioia – facendo tremare i muri – e abbracciò tutti e due gli amici.
« Stasera dobbiamo festeggiare!» gridò, inciampando in uno che aveva tre libri impilati davanti a sé.
« Una bella uscita serale. Andiamo alla Chupiteria. Fanno gli shot a un euro» disse Cesare.
Tullia disse di sì, che sarebbe uscita, ma sapeva già che non avrebbe bevuto.
Si dettero appuntamento per le nove in Piazza Garibaldi.
Tullia scoprì che le sue coinquiline erano state invitate ad un apericena da un collega di medicina. Quando disse che sarebbe uscita alle nove, Clarissa la trascinò fuori con loro:
« Non cenare tutta da sola, vieni con noi. Poi quando è la tua ora, te ne vai».
Si diressero a un bar proprio in Piazza Garibaldi. Aveva i tavoli fuori e un buffet molto ricco all'interno.
Clarissa trascorse il suo tempo avvicendandosi fra questo e quel gruppo di amici. Ilaria e Rosanna invece rimasero a parlare con una ragazza che avrebbe dato il loro stesso esame entro una settimana.
Gli sconosciuti erano numerosi e rumorosi. Tullia controllò il display del cellulare molte volte, pregando che le nove arrivassero in fretta.
Si bevve un analcolico alla frutta, buonissimo. Il barista si dilettava nel freestyle e compose la bevanda come se fosse un giocoliere.
Mangiò qualche pizzetta, qualche crostino e sedano crudo inzuppato in una salsa bianca che sapeva di cetriolo e aglio.
Per quanto movimentato, l'apericena fu noioso. Tullia non conosceva nessuno e le sue coinquiline non le dedicarono molto tempo.
Solo Clarissa, un po' brilla, a un certo punto la vide seduta da sola al tavolino e le chiese:
« Con chi esci stasera, Tul?»
« Due amici che hanno passato un esame»
« Brava. Ti piace qualcuno di loro due?»
« Ehm, no, non direi»
« Cooosa? Non sono nemmeno belli?»
« Si, uno dei due è molto bello»
« Ahh, brava. Allora punta a quello. Lascia stare l'altro. Ci si deve anche un po' divertire. Non si può assecondare tutti quelli brutti a cui si piace»
« Ma non è che il mondo è diviso in belli e brutti!» rise Tullia, capendo che l'amica era un po' fuori di sé.
« Invece si!» insistette: « belli e brutti. Se uno è bello, si guarda e ci si va. Se uno è brutto si dice no»
« Wow, una filosofa nata»
« Vero? Il prosecco mi fa così. Divento saggia. E ora vado a parlare con quello. Lui non è solo bello, dice anche che sia molto dotato»
« Clarissa!»
« Che c'è? Sono cattiva?» esclamò lei. Poi assunse un'aria maliziosa: « Si, si, sono moolto cattiva. Divertiti con i tuoi amici, Tul».
E scomparì in un nugolo di ragazzoni ben piazzati.
Tullia rise di cuore e si scoprì ammirata nei confronti di Clarissa. Ripensò alla sé stessa che si scandalizzava al liceo, quando sentiva le compagne parlare di sesso. Che sciocca. Perché mai doveva scandalizzarsi? Clarissa non era una pervertita, non era una persona cattiva, non era una stupida.
Cercò di sentirsi disinvolta e rilassata così come lo era lei. Si domandò se sarebbe mai stata capace di flirtare con i ragazzi senza darci troppo peso.
Sulla scia dei pensieri che Clarissa aveva scatenato in lei, arrivarono le nove. Il bianco campanile dall'altra parte di Ponte di Mezzo emise cupi rintocchi, soffocati dal vociare e dalla musica dei locali.
Due ombre, una più massiccia, l'altra più elegante, si avvicinarono e si palesarono: Cesare e Filippo camminavano verso di lei, carichi di felicità per l'esame passato e pronti a passare una serata in Chupiteria.
 
« Ciao Tullia» dissero in coro.
Si abbracciarono e baciarono, poi partirono alla volta del locale con gli shot a un euro.
Filippo raccontava di una storia riguardante Qedim, di un non si sa che parente che le aveva regalato un viaggio in Ecuador e di lei che aveva promesso di portarci anche qualche suo amico.
Tullia evitò di condividere l'entusiasmo di Filippo e non si intromise nella conversazione.
Per gran parte della serata, i due ragazzi non la considerarono molto. Erano solo in vena di bere, cosa che Tullia trovò un po' triste.
Quando arrivarono al locale, stretto e pieno zeppo di gente in piedi, i ragazzi si sedettero su un divanetto di pelle nera miracolosamente vuoto e ordinarono il primo giro.
Tullia non aveva intenzione di imitarli: non aveva mai assaggiato uno shot ed era sicura che fosse roba troppo forte per lei.
Filippo registrò l'informazione e da quel momento in poi passò la serata a cercare di dimostrare quanto lui fosse capace di reggere l'alcol. Bevve molto più di quanto Tullia avesse mai visto fare a chiunque altro: la faccia di lui diventò sempre più rossa, come la sua barba, tanto che Tullia si chiese come facesse ancora a intendere e volere.
Cesare bevve con più discrezione, ma non si moderò: anche lui mandò giù tantissimi bicchierini pieni di colori intensi e odori pungenti.
Tullia si stava annoiando molto e pensò che la serata fosse un fiasco.
Non era scandalizzata dall'ambiente festaiolo e a lei decisamente estraneo. Un po' le piaceva trovarsi lì dentro: era un'esperienza strana e diversa. Non le piaceva la “gara dell'alcol” che i suoi amici avevano imbastito.
Si ritrovò a giocare col cellulare, mentre i due picchiavano i fondi dei bicchieri e buttavano giù sempre più shot.
Alla fine, Tullia capì che quello dei suoi amici non era un atteggiamento normale, poiché anche il barista disse che avevano bevuto molto, così tanto che gli offriva a prezzo scontato un ultimo giro “mortale” – così disse – per vedere se ce la facevano.
Tullia pensò che fosse un pazzo, ma i due acconsentirono e lui ritornò con delle fiale, come quelle di un chimico, tutte piene fino all'orlo di un liquore diverso.
I due ragazzi presero a sfilarle e a scolarsele. Tullia invece iniziò ad essere preoccupata.
Finalmente, dopo aver svuotato le pozioni mortifere, i ragazzi pagarono (lei non seppe mai quanto) e si decisero ad alzarsi.
Camminarono fuori per un po', poi trovarono una piccola piazza con un portico un po' malandato.
Filippo caracollò a terra e si sdraiò a pancia in su. Cesare si sedette su una scalinata bassa, apparentemente sano.
Tullia era molto a disagio e si domandava quale fosse il momento migliore per salutare i due amici e chiudere quella sfortunata uscita di gruppo.
Purtroppo, il peggio doveva ancora venire.
« Tullia» incalzò Filippo, alzandosi in ginocchio e trascinandosi fino alla ragazza: «lo so che mi hai già rifiutato. Ma io non posso non dirtelo. Sei bellissima, sei speciale. Io ti amo, Tullia, ti amo».
Tullia sgranò gli occhi e saltò indietro.
Si sentì selvaggiamente arrabbiata:
« Filippo, smettila!» gli gridò: « sei ubriaco. Non devi dire queste cose. Ne abbiamo già parlato. È una storia chiusa».
Filippo prese a gemere e dimenarsi a terra.
Lei era sconvolta. Non voleva questo, non l'avrebbe mai voluto, nemmeno quando era una stramba adolescente che nessuno considerava.
Filippo si trascinò in ginocchio e allungò le mani fino ad afferrare quelle di Tullia. Lei cercò di ritrarle, ma Filippo le aveva serrato le dita.
« Tullia, ma io ti amo. Ti amo! Non l'ho mai detto a nessun'altra. Tu mi dicessi: buttati dal ponte e fai l'Arno a nuoto, io mi butterei!»
« Ma sei scemo?!» gli urlò lei, strattonando le mani perché gliele lasciasse.
Il volto di Filippo era gonfio e arrossato. Tullia si sentì persa dentro a un intrico di spine e vapori d'alcol.
« Non dirmi così, Tullia. Tu sei speciale, la più speciale del mondo. E io ti amo e ti amerò sempre. Fammi fare qualunque cosa e io te la farò. Vuoi che corra fino all'altro lato della piazza senza cascare in terra? Vuoi che cammini sul corrimano del fiume? Ce la faccio! Guarda che ce la faccio!».
Non lasciava le dita di Tullia, in una grottesca imitazione di un principe inginocchiato che offre l'anello alla sua dama.
« Cesare!» urlò Tullia, in preda al terrore: « Aiutami! È pazzo!».
Con grandissima sorpresa di Tullia, Cesare si alzò con calma e si avvicinò per scioglierla da quella presa folle. Però poi le prese il viso fra le mani e l'accarezzò come fosse una bambola: i capelli, le guance, il naso.
« Non dirgli così, Tullia. Tu sei speciale. E lui è ubriaco, devi perdonarlo».
Tullia era inorridita, ma i gesti soffici di Cesare riuscirono in qualche modo a calmarla. Si sentì fuori dal mondo, come se tutto fino a quel momento avesse avuto un senso e che ora quel senso fosse perduto.
Filippo si accasciò a terra, gemendo come un moribondo, mormorando frasi amorose verso Tullia.
Cesare l'aveva presa per mano e continuava ad accarezzarle il volto e i capelli.
Tullia era paralizzata.
Qualcosa non andava. Anzi, non andava niente.
« Tullia» le sussurrò Cesare all'orecchio: « sono tutti innamorati di te. Perché sei preziosa e speciale. Qualunque cosa ti succederà in futuro, ricordatelo. E ora portiamo Filippo a casa».
Sconvolta da quel comportamento insensato, Tullia si curvò su Filippo disteso a terra e lo prese per un'ascella.
« Forza» gli disse: « andiamo a casa tua».
Era pesantissimo e lei non aveva mai assistito un ubriaco.
Sul Ponte di Mezzo Filippo cadde di nuovo. Riprese a gridare i suoi sentimenti per Tullia che, disperata, scoppiò a piangere.
Cesare emerse di nuovo dalla sua calma inquietante: si accovacciò su Filippo e gli disse:
« Devi imparare ad amare Tullia da lontano, come un miraggio. Perché lei è un miraggio. Lei non è di nessuno. Lei è speciale, è un tesoro».
Tullia singhiozzò ancora più forte, impaurita da quei discorsi innaturali e senza senso. Stava per fuggire via, per allontanarsi da quella situazione terrificante, ma qualcosa le diceva che lasciare quei due da soli, in quello stato, sarebbe stato peggio.
« Non devi piangere. Io ti amo, non devi piangere» singhiozzò a sua volta Filippo. Cesare le voltò il viso per asciugarle le lacrime.
Era la scena più pietosa e insensata cui Tullia avesse mai assistito. Era inorridita e impaurita. Voleva andare a casa, finire tutto, dimenticare quel giorno per sempre e non raccontarlo a nessuno.
Riuscirono di nuovo a far alzare Filippo e lo accompagnarono fino al portone di casa.
Tullia non poté fare a meno di pensare che lassù c'era anche Rocco, dormiente, ignaro di cosa stava succedendo. Rocco l'avrebbe aiutata, avrebbe saputo cosa dire e cosa fare.
Sperò che il rientro di Filippo ubriaco non disturbasse il sonno dell'amico più caro che dormiva nella propria camera.
Quando Filippo si fu chiuso il portone alle spalle, Cesare chiese dolcemente: « Vuoi che ti accompagni?».
Tullia non rifiutò, perché erano le due di notte, perché casa sua era lontana e perché era terribilmente sconvolta.
Cesare fu silenzioso per tutto il tragitto.
Quando arrivarono sulla lugubre via di casa, Tullia si comportò in modo molto stupido. Per qualche motivo le tornarono in mente i discorsi scemi di Clarissa e le carezze ricevute da Cesare le bruciarono sul viso.
« Grazie per avermi aiutata, prima. Sei stato molto carino con me» gli disse.
Lui la guardò, con un'espressione confusa e indecifrabile.
« Era giusto così»
« Chiudiamo questa serata. Un abbraccio?».
Non si aspettava quello che sarebbe successo. Non era nemmeno certa di volerlo.
Cesare l'abbracciò, poi la baciò. La baciò con trasporto, con intensità.
Tullia era così confusa che ricambiò il bacio, frastornata, lusingata e in qualche stupido modo, speranzosa. Le rimbombava in testa la risata leggera di Clarissa, poi le tornavano in mente le lacrime di Filippo e il suo rotolarsi a terra, poi di nuovo l'apericena con le coinquiline e il fresco della sera.
Tullia riemerse dalle fantasie ma il bacio durava ancora. Si accorse che qualcosa non andava, quando la mano di Cesare cercò di sbottonarle i jeans.
« Non è che …cioè, non è che potrei …?» disse lui confuso e avido.
« No!» Tullia si allontanò di mezzo metro con un salto.
« Scusa. Tu … tu piaci a tutti i miei amici. Non potrei mai. Scusa. È vero. Spetti a loro … Io non posso».
A quel punto le fu chiaro che anche Cesare era ubriaco marcio: il ragazzo si voltò e vomitò sull'asfalto, senza grazia e senza nascondersi.
Lei rimase immobile, disgustata e sconvolta, con vane speranze stupidamente infrante, con sentimenti non nati e già abortiti, con una sensazione orribile in petto.
Cesare barcollò pericolosamente.
« Vado a letto» annunciò, il bel viso contratto dal mal di stomaco.
« Scrivimi appena arrivi» gli intimò Tullia: gli sembrava davvero pericolante.
« Si»
« Mi raccomando»
« Va bene» blaterò lui. Se ne andò oscillando e inciampando nei propri passi. Tullia lo seguì per un po' con lo sguardo, poi salì in camera.
Aspettò a lungo il messaggio che non arrivò mai e poi si addormentò.
  
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