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Autore: Saigo il SenzaVolto    10/09/2020    2 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore' e de 'La Battaglia di Eldia'
Il Villaggio della Foglia ha una lunga serie di precedenti nella formazione di alcuni dei più pericolosi e famigerati Ninja Traditori che abbiano mai messo piede sulla Terra: Orochimaru, Kabuto, Obito, Itachi, Sasuke... era solo questione di tempo quindi prima che ne producessero un altro. Ma nessuno, specialmente Naruto, si era aspettato che il prossimo Nukenin sarebbe stato Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha. Questa è la conclusione della sua storia, e di tutto ciò che ha generato. Una nuova Guerra sembra aleggiare inevitabilmente all'orizzonte. La Quinta Guerra Mondiale.
Una Guerra per porre fine a tutte le Guerre.
Uno scontro tra Bene e Male. Tra Luce e Oscurità. Tra Shinobi e Guerrieri. Tra Famiglia e Famiglia.
Riuscirà Naruto a rimettere insieme la sua famiglia spezzata? Oppure la sua storia terminerà così, schiacciata sotto la morsa crudele ed implacabile del Destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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VENDETTA (2)






ANIMAL I HAVE BECOME
(Three Days Grace)
 
I can't escape this Hell,
So many times I've tried,
But I'm still caged inside.
Somebody get me through this nightmare,
I can't control myself!
 
So what if you can see the darkest side of me?
No one would ever change this animal I have become!
Help me believe it's not the real me!
Somebody help me tame this animal!

I can't escape myself,
So many times I've lied,
But there's still rage inside.
Somebody get me through this nightmare,
I can't control myself!
 
So what if you can see the darkest side of me?
No one would ever change this animal I have become!
Help me believe it's not the real me!
Somebody help me tame
This animal I have become!
Help me believe it's not the real me!
Somebody help me tame this animal!
 
Somebody help me through this nightmare,
I can't control myself!
Somebody wake me from this nightmare,
I can't escape this Hell!
 
So what if you can see the darkest side of me?
No one will ever change this animal I have become!
Help me believe it's not the real me!
Somebody help me tame
This animal I have become!
And we believe it's not the real me!
Somebody help me tame this animal!

This animal I have become!
Non posso sfuggire a questo Inferno,
Ci ho provato così tante volte,
Ma mi sento ancora ingabbiato dentro.
Qualcuno mi aiuti a superare quest’incubo,
Non riesco a controllarmi!
 
Che importa se riesci a vedere il lato più oscuro di me?
Nessuno riuscirà a cambiare l’animale che sono diventato!
Aiutami a credere che non sono realmente io!
Qualcuno mi aiuti a fermare questo animale!

Non posso sfuggire a me stesso,
Ho mentito così tante volte,
Ma c’è ancora rabbia dentro di me.
Qualcuno mi aiuti a superare quest’incubo,
Non riesco a controllarmi!
 
Che importa se riesci a vedere il lato più oscuro di me?
Nessuno riuscirà a cambiare l’animale che sono diventato!
Aiutami a credere che non sono realmente io!
Qualcuno mi aiuti a fermare
Questo animale che sono diventato!
Aiutami a credere che non sono realmente io!
Qualcuno mi aiuti a fermare questo animale!
 
Qualcuno mi aiuti a superare quest’incubo,
Non riesco a controllarmi!
Qualcuno mi svegli da quest’incubo,
Non posso sfuggire a quest’Inferno!
 
Che importa se riesci a vedere il lato più oscuro di me?
Nessuno riuscirà a cambiare l’animale che sono diventato!
Aiutami a credere che non sono realmente io!
Qualcuno mi aiuti a fermare
Questo animale che sono diventato!
E noi crediamo che non sia il vero me!
Qualcuno mi aiuti a fermare questo animale!

Questo animale che sono diventato!
 

 


11 Gennaio, 0022 AIT
Terra delle Cascate
Confine Occidentale della Catena Montuosa Akiyama
21:15

Naruto colpì la porta blindata rinforzata dal Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli) all'ingresso della montagna con una forza cataclismica. I sigilli lampeggiarono pericolosamente per un momento, prima che la sua forza li distruggesse e la pietra si frantumasse. I suoi Ninja si precipitarono dietro di lui mentre avanzava a passo rapido e furioso, assalendo la base operativa della Rivoluzione. Ci erano volute alcune ore e un’incredibile quantità di segretezza per localizzare questa base dopo aver appreso della sua vicinanza al Monte Akiyama. Lasciare il Villaggio in fretta e furia era stata una mossa azzardata, ma una che non potevano permettersi di evitare. Non con tutte quelle vite innocenti messe in pericolo per colpa di Boruto. Andavano salvate ad ogni costo il più in fretta possibile.

Le prime guardie, vestite con maschere bianche senza lineamenti e un'armatura nera, alzarono lo sguardo sorprese e gridarono l’allarme. Naruto mise immediatamente fuori combattimento la prima e Sentoki bloccò a sua volta la seconda prima che potesse gridare, mentre l'ombra di Shikamaru la intrappolava. Da lì, il lavoro fu relativamente semplice, ciò a cui erano stati addestrati i suoi ANBU. Attraversarono la base in silenzio, uccidendo e disabilitando le guardie senza farsi notare, facendosi strada sempre più in profondità nel complesso. Naruto tenne i sensi estremamente all’erta nel tentativo di percepire Boruto e il suo gruppo di rivoluzionari. Non vide traccia della loro presenza, né empatica né sensoriale, e nemmeno Kurama percepì alcuna delle emozioni negative di Boruto e i Kara.

Insomma... era facile. Troppo facile. E questa cosa non gli piaceva.

"Qualcosa non va," Shikamaru espresse i pensieri di Naruto ad alta voce. "Quest’infiltrazione è troppo facile per una base operativa. Potrei comprendere se fosse una semplice prigione, forse, o un rifugio, ma non una base ufficiale."

L’Hokage annuì pigramente mentre proseguivano sempre più in profondità nelle viscere della montagna. Alla fine, trovarono finalmente la prigione. Un lungo corridoio punteggiato di celle che ricordavano stranamente quella in cui Boruto stesso era stato rinchiuso durante la sua prigionia. Alcune celle contenevano diversi Ninja della Nuvola, ammaccati e insanguinati. Altre recludevano nobili pomposi e terrorizzati, ancora vestiti con i loro abiti eleganti. L'unica cella a cui Naruto era interessato, tuttavia, si trovava proprio alla fine della struttura. Al suo interno, il vecchio Dodai, Bee e Yurui erano tenuti prigionieri. Imbavagliati e legati in manette che brillavano di chakra rosso-arancio, con una scrittura fluida e vorticosa. Dodai e Bee erano privi di sensi, mentre Yurui lo fissava con occhi sgranati, ricolmi di sollievo e terrore in egual misura.

Naruto mise a coppa una mano e formò un Rasengan che compresse una quantità considerevole del suo potere in una sfera non più grande del suo pugno. Yurui chiuse gli occhi e distolse lo sguardo. Il biondo sbatté il Rasengan contro la barriera. Quest’ultima resistette per un brevissimo istante, gonfiandosi verso l'interno mentre lottava debolmente contro il potere travolgente del Kyuubi (Enneacoda), prima di andare completamente in frantumi. Naruto si precipitò dentro, andando rapidamente da Yurui.

"Non sareste dovuto venire, Hokage!" esclamò immediatamente il giovane mentre il bavaglio gli veniva rimosso. "È una trappola!"

Il biondo s’irrigidì. "Che cosa?!" chiese duramente.

"Naruto," lo richiamò allo stesso tempo Shikamaru, una mano appoggiata sulla sua spalla.

Il Settimo si voltò di scatto, alzando lo sguardo negli occhi tristi e ombrosi di Shikamaru. Il suo amico e consigliere inclinò la testa verso gli altri prigionieri. Uno strano uomo che Naruto non aveva mai incontrato sedeva ora al posto di Dodai, la sua faccia bloccata nel rigore della morte, mentre Killer Bee sedeva accasciato contro una parete.

"Sono... morti, Naruto," lo informò tristemente Shikamaru.

Una sensazione di freddo e gelo gli pervase le vene all’udire ciò. Naruto si precipitò in avanti, inginocchiandosi davanti a Bee, l'uomo che aveva insegnato a lui e Kurama cosa significava essere una vera Forza Portante. Sentì i suoi occhi iniziare a prudere, ignorando il ringhio rabbioso della Volpe nella sua mente. La sua mano toccò il collo del suo vecchio amico, la pelle fredda e rigida, e Naruto sapeva che non avrebbe trovato un battito neanche se lo avesse cercato disperatamente.

Qualcosa di freddo e orripilante gli strinse il cuore in una morsa a quella visione. "Shikamaru," disse alla fine, gravemente. "N-Noi... non abbiamo lasciato un clone nella Foglia."

Quella dichiarazione venne accolta dal silenzio. Questo, questo era un problema. Non appena aveva visto Bee, uno dei suoi più vecchi amici, una persona che ammirava da anni, catturato da suo figlio e destinato all'esecuzione... il panico più totale lo aveva assalito. Lo aveva accecato. Lo aveva costretto a precipitarsi subito in azione, di nuovo, ignorando i pericoli e le conseguenze delle sue azioni. Era… stato un allocco.

"Ma perché, però?" pensò Shikamaru ad alta voce, parlando a bassa voce. "Per quale motivo Boruto ha voluto attirarci qui? Non ha senso. Le nostre spie hanno controllato la base alla ricerca di esplosivi prima ancora che vi entrassimo, e tuo figlio non ha motivo di attirarci lontano dalla Foglia. Non c'è niente lì per lui. Forse un altro obiettivo? Un’opportunità per catturare un altro Bijuu? Il Rokubi (Esacoda) e il Nanabi (Eptacoda) sono ancora ben sorvegliati. Cos'altro potrebbe... "

Shikamaru tacque e Naruto distolse lo sguardo da Bee. I loro occhi caddero su Sentoki. Il monaco era terribilmente impallidito, la sua pelle divenuta di un bianco latteo, con gli occhi spalancati e le labbra aperte in un sussulto di orrore. "Vendetta," sussurrò Sentoki. "Boruto vuole vendetta. Per la morte di Shizuma Hoshigaki. E..."

"E, cosa?" insistette Naruto. "E, cosa?"

"E…" Shikamaru deglutì a fatica. "Shikadai si è preso la colpa."
 


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MASSACRO DEL CLAN NARA

11 Gennaio, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto del Clan Nara
21:19

 
Boruto vide "Orso" tremare pateticamente alla sua vista, spingendolo quasi a ridere di gusto. Per essere un membro degli ANBU, non aveva molta spina dorsale. Non come i suoi agenti più grandi. E in verità, se doveva essere sincero, persino lui si era quasi completamente dimenticato di quella ragazza. Era stata solo una scintilla di giustizia poetica il fatto che si fosse ricordato del giuramento rabbioso che le aveva fatto nel momento in cui era stato emotivamente più vulnerabile, diversi anni prima. Ma adesso, la cosa era andata a suo vantaggio. Così poteva prendere due piccioni con una fava, come si suol dire.

Ora Lucy avrebbe avuto la sua vendetta e Boruto avrebbe potuto rimuoversi per sempre quella costante spina nel fianco rappresentata dal clan Nara. E, allo stesso tempo, vedere fino a che punto poteva spingere la sua nuova ‘allieva’.

L’agente Orso schiuse le labbra – per gridare un avvertimento, realizzò il biondo – e Boruto scosse la testa, schioccando la lingua. "Ah, Ah, Orso," la rimproverò. "Urlare non ti servirebbe a niente. Vedi, abbiamo una finestra di opportunità molto stretta. Ho fatto in modo che le guardie che pattugliano questo settore della città siano convenientemente indisposte, mentre una barriera impedisce a chiunque di entrare o uscire. Nessuno potrebbe sentirti. Sai, la sicurezza dovrebbe essere una priorità più alta in questo Villaggio. C'è stato un tempo in cui questa città era un decimo delle dimensioni attuali eppure non si poteva entrare o uscire senza essere perquisiti da ben tre serie di pattuglie diverse. Immagino che siano questi i rischi della globalizzazione…"

Onestamente però, la sua presenza qui era stata più un colpo di fortuna che un caso di scarsa sicurezza. Se suo padre avesse combattuto col cervello e non con il cuore, allora lui non sarebbe mai stato in grado di intrufolarsi nella Foglia, indipendentemente dalle spie e dalle falle di sicurezza. Ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, certo.

I denti della ragazza si serrarono mentre chiudeva la bocca di scatto. Orso tremò, pallida e ansimante, ma sembrò comunque trovare un minimo di coraggio mentre le sue sopracciglia si restringevano e i suoi occhi si indurivano. "Non riesco proprio a capire come faccia Sarada ad amare un mostro come te," sputò sprezzantemente.

Boruto sorrise, un sorriso freddo e privo di emozione. Davanti a quella scena, la sorellina dell’ANBU iniziò a rendersi conto che qualcosa non andava. "Sorellona?" la bambina tirò la manica della sorella. "Cosa c'è che non va?"

La ragazza sembrò appassire come un morto mentre la osservava. "N-Non c'è niente che non va, Izumi," soffocò Orso, sudando copiosamente. "Solo... vai a casa, okay? Fallo per me? Vedi se mamma e papà sono già tornati… e ​​porta i tuoi amici con te, okay?"

"Okay!" concordò Izumi, sembrando felice di potersi rendere utile. Si precipitò via trotterellando, trascinando con sé la sua orda di amici, e Boruto li guardò allontanarsi in silenzio.

"Devo ammetterlo," disse con uno sguardo triste. "Ti compatisco. Essendo anch'io un fratello maggiore, quello che sta per succedere a te e al tuo clan mi ferirà tanto quanto ferirà te."

Natsuki ricacciò indietro le lacrime questa volta. "Non riuscirai mai a cavartela dopo questo!" sbottò duramente.

Il Nukenin la guardò con sufficienza. "Lo vedremo," disse di rimando. Poi si voltò con la testa verso la sua amica. "Lucy, vai," comandò.

Quando vide che non ci fu nessuna esplosione, Boruto si accigliò. Lucy sembrava combattuta e indecisa. E questo non andava bene. "Avanti, Lucy," la richiamò. "Non è questo quello che volevi? Vendetta? Eccotela. Questo è ciò per cui ti sei allenata fino ad ora."

"Non ho intenzione di uccidere dei bambini, Boruto," disse la ragazza a denti stretti. "Soprattutto non quelli con sorelle. Non è per questo che sono venuta qui."

Boruto sospirò. Di tutte le volte in cui poteva farsi crescere una coscienza doveva scegliere proprio la peggiore. "Ti ho detto prima di ignorare i bambini," ripeté. "Concentrati sugli adulti. Un Nara morto vale tanto quanto un altro."

"No! Non farlo!" pianse emotivamente l’agente Orso. "Non devi farlo! Non ascoltarlo!"

Boruto alzò gli occhi al cielo e si voltò verso l’ANBU, allungando una mano e scatenando una scarica di elettricità stridente che fece crollare la ragazza a terra per il dolore mentre la sua pelle si scuriva e si carbonizzava lentamente. Orso urlò freneticamente, contorcendosi come un animale scosso dalle convulsioni.

"Queste persone non hanno ucciso il mio amico, Boruto," disse ancora Lucy in modo uniforme.

"Certo che no," sospirò il Nukenin. "Ma non è importante. Ciò che è importante è che queste persone sono importanti per l'uomo che ha ucciso Shizuma. Non possiamo arrivare a Shikadai, Lucy. Almeno, non mentre è con Sarada e mia sorella. È troppo ben sorvegliato. Quindi, per poterlo toccare, dobbiamo prima procurarci un’esca adatta. E qui ce n’è una in particolare che fa proprio al caso nostro. Questo è quanto."

"No!" urlò a denti stretti Orso. Boruto la ignorò e continuò a fulminarla.

"Questo non spiega perché vuoi che uccida anche gli altri," fece notare la bionda.

Boruto sbuffò. Onestamente, certe persone erano letteralmente incapaci di condurre una Guerra Mondiale. "Perché i Nara sono pericolosi,” rispose. “La loro intelligenza genetica e le loro Tecniche generano Ninja superiori alla norma. Ninja pericolosi. Sono una minaccia per l'Impero. La loro morte assicurerà che nessun altro Nara possa nascere per sfidarci. E per tirare fuori l'esca di cui abbiamo bisogno per Shikadai, dovremo sporcarci un po' le mani. La moglie del capo di un clan è una cosa molto preziosa, sai?"

La realizzazione sembrò finalmente sorgere in Lucy dopo quelle parole. Un fuoco ardente e feroce si accese nei suoi occhi. Boruto sorrise. "Distruggi il clan Nara, Lucy," ordinò. "E cattura Temari Nara. Poi avremo finito qui."

La bionda gli lanciò un sorriso ferale mentre si voltava verso la casa più vicina e schioccava le dita. L’intero edificio esplose subito dopo, generando uno scoppio di fuoco e fiamme immenso. Schegge di legno e frammenti di metallo iniziarono a piovere addosso ad ogni cosa, ed un fuoco scoppiettante iniziò a divorare il cratere dove si trovava fino a poco prima la casa. Diverse urla risuonarono allarmate, e un uomo inciampò tra le macerie della casa. Si tenne il braccio chiaramente rotto mentre avanzava barcollando, sanguinando copiosamente dalla testa, prima che Lucy lo individuasse e lo finisse.

Natsuki gorgogliava sotto il suo tormento e Boruto interruppe misericordiosamente il flusso di elettricità. La lasciò sfregiata, fumante, spezzata dall’agonia, e poi si inginocchiò in modo da poterla fissare negli occhi. "Adesso," disse. "Credo che avessimo un accordo, tu ed io. Ti va di onorarlo?"

Orso gemette di dolore e tentò di allontanarsi debolmente da lui, invano. "La persona più importante per te… è tua sorella, vero?" continuò lui. L'odio e il terrore che vide riflesso nei suoi occhi bastò a rispondergli alla domanda. "Capisco," annuì, incollandole un foglietto bianco sulla pancia. "Non lo rimuoverei, se fossi in te. Farebbe una bella esplosione. E dal momento che sei… beh, incapace di camminare in questo momento, dovrò insistere affinché tu rimanga qui mentre io mantengo la mia parte della promessa."

Natsuki gli lanciò contro qualche parola inintelligibile che si andò a perdere tra le convulsioni e i suoni delle esplosioni rimbombanti e delle urla echeggianti. Boruto aggrottò la fronte, alzando lo sguardo e fissando la barriera che circondava il distretto del clan Nara. Dato che non era stata ancora invasa dalle guardie della Foglia, pensò che stesse assolvendo il suo scopo in modo irremovibile. Comunque, era meglio essere veloci. Boruto non era venuto qui per fare una lotta, ma per compiere un massacro. "Tornerò," disse, guardando Natsuki con la coda dell’occhio. Le sorrise velenosamente. "Non andare da nessuna parte."

Il giovane Uzumaki serpeggiò per le strade in fiamme del clan Nara. Osservò, freddo e solenne, mentre la sua amica continuava a generare esplosioni su esplosioni tutt’intorno a lui. Vide case crollare, edifici esplodere, e gente morire in meno di un battito di ciglia. Le urla terrorizzate della gente risuonarono ininterrottamente, superando il frastuono degli scoppi e dei crolli devastanti. Poi, dopo meno di tre minuti, l’intero distretto era andato completamente a fuoco, avvolto in fiamme e fumo.

Ma il ninja traditore non se ne curò. Incontrò finalmente i primi segni di resistenza, un gruppo di vecchi membri del clan brizzolati e vestiti con la casacca da Jonin. Lo avvistarono, ammiccando increduli le palpebre, e poi urlarono terrorizzati mentre li abbatteva con facilità. Mentre camminava, incollava etichette esplosive sui muri di case e negozi. Erano a basso rendimento, silenziose, concentrate sul causare distruzione piuttosto che vampate di fuoco. Perfette per distruggere furtivamente un intero clan.

Il gruppo successivo che incontrò fu un branco di Nara che vagava per le strade come cani selvaggi, alcuni uomini – alcuni Ninja, altri no – che guidavano un treno di mogli e figli in lacrime. Combatterono come solo un animale ferito e messo alle strette poteva, inutilmente, mentre Boruto accorciava rapidamente e misericordiosamente le loro vite. I bambini singhiozzavano mentre i loro genitori giacevano morti davanti a lui. Non riuscirono a scappare. Non riuscirono nemmeno a combattere. Rimasero semplicemente lì, impietriti, a piangere e singhiozzare. Boruto li osservò, freddo e distaccato. Poi alzò una mano per finirli… ed esitò.

Una roccia – a malapena un sassolino, in realtà – rimbalzò sul suo cranio. Il Nukenin aggrottò la fronte quando sentì un filo sangue scorrere lungo la sua tempia mentre fissava il moccioso Nara che gli aveva lanciato la pietra. Nei suoi occhi, Boruto poteva vedere la sfida, poteva vedere l'odio, e poteva vedere l'ardente desiderio di vendetta oscurato da un'intelligenza acuta e malevola. Questo, si ricordò il guerriero, era il motivo per cui il clan Nara era pericoloso.

E fu proprio per questo che mise fine alla vita di quei bambini in un batter d'occhio, prima di voltarsi e farsi strada sempre più in profondità nel complesso.

Poi, Boruto si fermò quando vide un gruppo di membri del clan Nara riuniti davanti al muro invisibile della sua barriera. Lo stavano picchiando con pugni e calci, cercando inutilmente di abbatterlo con la sola forza dei muscoli. Alcuni, addirittura, erano inginocchiati davanti alla barriera, intenti a scarabocchiare caratteri di Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli) che a Boruto ricordarono quasi le tracce che lasciavano gli animali nella foresta. Un sorriso privo di vita gli incurvò le labbra a quella visione. Non poteva lasciar passare la loro fuga. Anche loro combatterono inutilmente. Coraggiosamente, anche.

E anche loro morirono come tutti gli altri.

Boruto trovò finalmente quello che stava cercando quando si imbatté nella casa di famiglia dell’agente Orso. Izumi, la sua sorellina, e le sue amiche erano rannicchiate all'interno, terrorizzate a morte mentre si nascondevano dalle esplosioni che stavano distruggendo il loro clan e le loro case. Boruto esitò, prese fiato con un respiro profondo, e poi scagliò un kunai tra il loro gruppo. L'etichetta esplosiva che si trascinava dietro di esso esplose in una nuvola di gas sonnifero che rese i bambini incoscienti in un batter d’occhio. Il Nukenin li raggiunse, si mise gentilmente Izumi in braccio, ed incollò un'etichetta esplosiva su un muro prima di andarsene e tornare verso la piazza principale.

E quando fu abbastanza lontano, con una sua mera contrazione delle dita, la casa e tutte le piccole anime racchiuse al suo interno saltarono in aria in un battito di ciglia.

Intanto, fu contento di vedere, Lucy si era completamente persa nel caos e nell’ebrezza della distruzione e aveva abbracciato appieno la sua vendetta. La foresta del clan Nara stava bruciando, ed un denso fumo nero aleggiava imperterrito verso il cielo. Boruto assottigliò il suo occhio sinistro, sperando ancora una volta che la sua barriera potesse impedire a chiunque all’esterno di notare il trambusto prima che la missione fosse finita. Cervi ed uccelli in preda al panico fuggirono dalla foresta e si precipitarono nelle strade, solamente per ritrovarsi calpestati dei membri terrorizzati del clan Nara, storditi dalle loro urla ed uccisi dai fuochi scoppiettanti.

Boruto affettò un’altra ventina di persone mentre tornava alla piazza dove aveva lasciato Natsuki. Si era mossa di pochi metri strisciando nel terreno, cercando penosamente di inseguirlo. Boruto sorrise ironicamente e scosse la testa. Poteva ammirare la sua determinazione, in un certo senso. Orso fece un rumore soffocato e spaventato quando lo vide avvicinarsi. Mettendo a terra la bambina addormentata, Natsuki prese rapidamente sua sorella tra le braccia e la tenne stretta.

"Allora, Orso, hai deciso come finiremo il nostro accordo?" le chiese Boruto. “Posso farlo io, se vuoi, oppure tu. Entrambe le opzioni finiscono nella stessa maniera. L’unica differenza è la quantità di dolore e tempo che la piccola dovrà subire prima di perdere la vita.”

L’agente Orso lo guardò, disperata e in lacrime, una supplica senza parole sulle sue labbra. Lui la guardò di rimando, la sua espressione sadica e crudele. "Tu mi hai chiamato mostro, e le parole hanno un peso, sai? Le mie molto più delle tue. Perciò, tentare di supplicarmi è inutile. Manterrò la mia promessa, come ho sempre fatto. In questo modo, forse ci penserai due volte prima di insultare qualcuno nella tua prossima vita," le rammentò velenosamente, incurante.

Natsuki singhiozzò e tenne stretta a sé sua sorella. "Mi dispiace," sussurrò, cullandosi la testa della piccina contro il petto. "Mi dispiace tanto, Izumi. Non ho potuto proteggerti. Mi dispiace. Mi dispiace. Mi dispia…"

Andò avanti a ripetere scuse e pianti per diversi secondi. Poi, senza più esitare né smettere di piangere, la ragazza passò una mano tremante sul collo della bambina, inviandole un getto invisibile di chakra nel sistema. La sua piccola testolina ebbe un fremito, prima di crollare di lato e spirare silenziosamente. Era morta prima ancora di potersi rendere conto di qualsiasi cosa.

L’agente Orso gridò. Gridò, pianse e si disperò per minuti e minuti, cullando disperatamente tra le braccia il corpo esanime di sua sorella. Una sorella morta. Una sorella che era stata costretta ad uccidere per colpa sua. Pianse, pianse e pianse, chiedendo freneticamente scusa, come un mantra, e battendosi furiosamente la testa al suolo. Alla fine, il suono dei suoi singhiozzi andò a formare un rantolo costante in mezzo a quel mare di urla, esplosioni e grida terrorizzate.

Il Nukenin osservò quella scena andare avanti per diverse decine di secondi. Poi, alla fine, sorrise. "Bene," dichiarò. "Posso onestamente dire che non mi aspettavo che fossi abbastanza crudele da uccidere tua sorella. Tuttavia non mi stupisce. Sei comunque un ANBU, e sei stata addestrata a compiere qualsiasi ordine. Ma sembra che non ti abbiano mai insegnato a non schernire una persona quando non si ha il potere e le conoscenze necessarie a tenerle testa. Quindi... direi che te lo sei meritato."

Natsuki tremolò, per la rabbia, il dolore o la disperazione. Non c’era modo di dirlo. Tuttavia, Boruto inarcò un sopracciglio quando vide una mano della ragazza che si avvolgeva attorno al suo stivale, tenendolo fermo. Natsuki lo fissò con il fuoco negli occhi e l'odio nel cuore. "Muori, fottuto mostro senza cuore!" urlò.

Poi, la ragazza fece qualcosa di molto, molto stupido.

Si strappò via l'etichetta esplosiva dallo stomaco.

L’Uzumaki sgranò gli occhi. Il mondo venne dipinto di un bianco accecante solo per un istante, prima che un'esplosione immensa scuotesse la piazza e la distruggesse completamente. Alberi, case, fontane…. tutto ciò che si trovava nel raggio di duecento metri da lì venne avvolto dalle fiamme, distruggendo ogni cosa e lasciando solo polvere e cenere fumante dopo che lo scoppio terminò.

Dall’altra parte del distretto, intanto, Boruto sospirò, scuotendo lentamente la testa mentre percepiva il suo clone scomparire in una nuvola di fumo in mezzo all’esplosione. Un guizzo d'elettricità danzava tutt'intorno a lui mentre uccideva un ennesimo gruppo di giovani Nara col pensiero, il sangue delle sue vittime che gli schizzava sulla mano e colava dalle dita. Aveva fatto bene a non approcciarsi direttamente a quella ragazza. Gli ANBU erano soldati spietati, addestrati a compiere qualsiasi cosa pur di uccidere un avversario, e restavano comunque pericolosi nonostante tutto. Annie-sensei gliel’aveva insegnato bene. Se al posto del clone ci fosse stato lui, sarebbe potuto finire in un bel casino.

“Beh, ci hai provato,” sussurrò tra sé il Nukenin. Posò lo sguardo verso la nuvola di fumo appena esplosa. "Bel tentativo, Orso. Bel tentativo," la schernì, inchinandosi beffardamente verso il luogo dov’era morta.

Ancora una volta, aveva mantenuto fede alle sue parole.

Il suo Jougan pulsò di colpo. Un'improvvisa folata di vento lo investì improvvisamente in quel momento. Il giovane si voltò di scatto, assottigliando l’occhio sinistro, cercandone la fonte. La trovò in breve tempo: Lucy, immersa in un fuoco scoppiettante nel bel mezzo di centinaia di cadaveri disseccati tutt'intorno a lei; che fronteggiava solennemente la madre di Shikadai, intenta a brandire uno sguardo feroce ed un grande ventaglio da guerra tipico della Terra del Vento. Si avvicinò pigramente al punto in cui le due donne si stavano fissando, infilzando con la spada un uomo nascosto tra le macerie che pensava sarebbe sfuggito all'attenzione.

Temari lo sentì arrivare e aggiustò la sua posizione in modo da avere sia lui che Kagami a portata di vista. Boruto sorrise. "Non c'è bisogno," la rassicurò sarcasticamente. "Sono qui solo per guardare. Lo giuro sul mio onore di Kurokage."

La madre di Shikadai gli ringhiò contro e brandì il suo ventaglio da guerra mentre lui saltava e si sedeva in cima al tetto di una piccola torre in fiamme rimasta ancora miracolosamente in piedi. Temari scagliò in avanti il ​​suo ventaglio, il tessuto che brillava di chakra bianco-blu, e scatenò una raffica di lame di vento affilate come rasoi che rotolò in avanti e sviscerò ogni cosa sul loro cammino. Lucy scattò via, schioccando le dita e scatenando un’altra serie di esplosioni che vennero alimentate dal vento. Il suo percorso si aggiustò, portandola sempre più vicina a Temari, cercando di avvicinarsi a lei in modo da poter usare il Pugno Gentile esplosivo che Boruto le aveva insegnato.

Temari non glielo permise, comunque. Sbatté un piede contro la strada, e picchi di pietra e roccia eruttarono dal terreno in una barriera improvvisata. Lucy caricò, saltando oltre il muro, e venne catturata da una folata di vento mentre superava la cima. Boruto sospirò davanti a quell'ovvio errore. Avrebbe dovuto istruirla su come contenere ed incanalare adeguatamente la sua sete di sangue, in seguito.

La ragazza dai capelli dorati si rialzò. La sua veste dell’Organizzazione sfoggiava numerosi tagli, ma per il resto era rimasta illesa tranne che per qualche squarcio piangente. Il Nukenin la osservò, ansioso di vedere quanto il suo addestramento l'avesse migliorata. Lucy spinse le mani in avanti. I rapidi schiocchi delle sue dita scatenarono una raffica di esplosioni che si schiantarono contro una barriera di venti vorticosi che circondavano Temari. Nel frattempo, la giovane avanzò, avvicinandosi sempre più alla sua preda.

Le esplosioni aumentarono in termini di distruttività e Lucy balzò in avanti, evocando altre lingue di fuoco che leccarono le lame di vento avversarie, tuffandosi attraverso la barriera e rotolando fino a fermarsi in ginocchio. Tenne il braccio in alto, le dita pronte a schioccare, ed ammiccò stupidamente con le palpebre mentre il fuoco si dissolveva dalla sua vista. Boruto osservò una piccola creatura dal pelo bianco – forse una donnola, pensò – mentre balzava in avanti e per poco non tagliava il dito medio e l'indice di Lucy con una piccola falce da contadino.

Lucy urlò per il terrore ed arrancò, sibilando per il dolore mentre la piccola bestia da battaglia le tranciava un taglio abbastanza profondo sul petto con la sua falce. Tenendosi la ferita insanguinata con le mani, la ragazza si tenne le dita contro il petto, serrando i denti con dolore. In quel momento, il vento cambiò e la barriera prese ad aumentare d’intensità mentre Temari agitava avanti e indietro il suo ventaglio da guerra. L’aria crollò su sé stessa, come un vortice di vento, prima di convergere pericolosamente verso Lucy. Boruto si alzò, pronto a scendere in campo e salvarla, ma esitò quando vide Lucy alzarsi in piedi e lanciare un feroce grido di battaglia che lo fece desistere immediatamente. L'aria brillò, come se fosse stata riscaldata, e ogni cosa iniziò a risplendere di una luce bianca con Lucy al suo epicentro.

Poi, dopo nemmeno un secondo, un'esplosione devastante squarciò il vento come se non fosse stato altro che una misera pergamena bagnata. La madre di Shikadai bloccò l'urto dell'esplosione con il suo ventaglio, ma la pura forza dietro di essa la mandò comunque a sbandare, facendola sbattere contro una lastra di macerie di cemento. Boruto sentì le ossa della donna spezzarsi in modo udibile. Là dove la donna cadde, non si risollevò più. Lucy, d'altra parte, stava ansimando affannosamente mentre il suo petto si alzava e si abbassava, intriso di sangue. Lo stesso bagliore bianco di prima permeava l'aria intorno a lei, mettendo in risalto il sangue sulla sua pelle.

Boruto scese rapidamente giù dal suo trespolo e le si avvicinò, aiutandola a restare in piedi. Un piccolo ma orgoglioso sorriso prese ad incurvargli le labbra. "Finalmente sei riuscita ad usarla, Lucy," la lodò.

L’Armatura Esplosiva (Bakuhatsu Yoroi), la sua personalissima Tecnica segreta. Un'armatura forgiata di chakra esplosivo avente come epicentro l’utilizzatore stesso, perennemente attiva e pronta e rilasciare la sua forza esplosiva. Bastava un solo pensiero per attivare e scatenare una devastazione immensa su tutto ciò che la circondava. Lucy aveva lavorato duramente in questi mesi per riuscire a padroneggiarla.

La ragazza stava ancora tamponando la sua ferita sanguinante con le dita. Boruto le sorrise dolcemente e l’aiutò ad arrestare il sangue. "Andiamo. Mikasa sarà in grado di curarti subito," la rassicurò.

"Già… e sarà meglio che ne sia valsa la pena, Boruto," disse lei a denti stretti.

"Oh, ne è valsa eccome," confermò lui, voltandosi a guardare il loro premio... il quale si stava allontanando da loro, zoppicando lentamente via dal campo di battaglia con un braccio molle ed una gamba trascinante.

Boruto reagì immediatamente. Apparve dinanzi alla donna all’improvviso, in meno di una frazione di secondo, più veloce del fulmine e della luce. Nel tempo che Temari impiegò per rendersi conto che era comparso difronte a lei, il Nukenin le aveva già incollato addosso un’etichetta sigillante che le impediva di muoversi, rendendola effettivamente innocua. La donna cadde a terra con un tonfo, incapace di reagire.

Lucy si avvicinò a loro con cautela. "Quindi è fatta, eh?" rifletté. "Sei sicuro che lei basterà a farmi raggiungere Shikadai?"

Boruto vide gli occhi di Temari spalancarsi per l'orrore all’udire ciò. Lui sorrise. "Sì," affermò.

La ragazza rimase in silenzio per un momento prima di rianimarsi. "Ehi," esclamò. "Guarda là!" disse, indicando un punto ad una certa distanza verso la loro sinistra.

Boruto si voltò e vide, appena oltre la barriera, che c'erano dei Ninja che stavano sbattendo contro la barriera nel tentativo di romperla. "Merda," imprecò. "Non pensavo che saremmo stati scoperti così in fretta. La tua ultima esplosione deve essere stata troppo potente per poterla nascondere a sufficienza con la barriera. Dobbiamo andarcene. Adesso."

Mitsuki, estrazione," ordinò Boruto attraverso la connessione astrale.

Agli ordini, capo," canticchiò l’albino, fin troppo felice di accontentarlo.

Aspetta," disse poi il biondo. Si avvicinò a Lucy, rimuovendole abilmente la tunica lacera dell'Organizzazione Kara. Lei esitò ma lo lasciò fare, arrossendo pesantemente mentre la canottiera attillata che indossava sotto la veste faceva poco o nulla per nascondere le sue… doti. Boruto la ignorò, dirigendosi a grandi passi verso un edificio crollato che sfoggiava un grande stemma del clan Nara alto quasi quanto lui. Sorridendo, usò un kunai per inchiodare la veste allo stemma, lasciandola in bella vista. Una sorta di biglietto da visita. Poi, mentre tornava ad unirsi a Lucy e alla loro prigioniera, spinse il ventaglio da guerra di Temari sotto la veste dei Kara, lasciandolo in vista al mondo intero.

Soddisfatto, il Nukenin diede ordine a Mitsuki di richiamarli tutti e tre nell'Occhio della Tempesta con un sorriso crudele.

Missione compiuta.
 


11 Gennaio, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Residenza dell’Hokage
22:50

Hinata guardò, con occhi grondanti di lacrime e labbra tremanti, mentre le immagini del notiziario mostravano la devastazione, l’orrore e la strage appena compiuti qui, nel suo stesso Villaggio, appena un’ora prima.

La seconda venuta di Itachi Uchiha? ’

‘ Il clan Nara di Konoha completamente massacrato nell’ultimo assalto al Villaggio della Foglia! ’

‘ Una distruzione senza parole che non si vedeva da più di tre decenni! ’

Gli orrori nel notiziario continuarono ad aumentare.

Il suo cuore si contorse nell’agonia mentre leggeva ed udiva le parole pronunciate nello schermo. La sua mente si riempì di emozioni terrificanti mentre vedeva le immagini del distretto del clan Nara in fiamme, delle persone morte in mezzo alle strade, e… e dei bambini massacrati senza pietà. E lì, la principessa degli Hyuuga sperimentò e provò, dopo molto tempo, una serie di emozioni terrificanti ed oscure mischiate tutte assieme dentro al suo animo.

Orrore, dolore, tristezza, angoscia… tutto questo e molto altro ancora le pervase completamente la testa; la sensazione che provava talmente pesante e opprimente da forzarla a rimanere immobile, impietrita, incapace di fare qualcosa. Perché quello che stava vedendo adesso… era terribile. Era indescrivibile. Una delle cose più terrificanti e spaventose che fossero mai successe nella storia del loro mondo. Una cosa nessuno avrebbe potuto pensare, e che nessuno mai avrebbe voluto vedere di persona.

Una cosa che però, purtroppo, era invece successa proprio qui, proprio ora, sotto i loro nasi e davanti agli occhi di tutto il mondo.

Un massacro come quelli che non si vedevano più sin dai tempi di Itachi Uchiha e del suo clan.

Un massacro nel bel mezzo del Villaggio della Foglia.

Un massacro insensato ed orripilante come non mai.

E questa cosa… era sconcertante.

‘ L’Organizzazione Kara, il gruppo di principali guerrieri del neo formato Impero Shinobi Unito, ha ufficialmente rivendicato l'attacco. ’

Hinata crollò in ginocchio davanti al televisore. Cadde a terra sul pavimento, versando lacrime e singhiozzi affranti mentre la solitudine e l’orrore più potenti di sempre la assalivano da dentro e la avvolgevano nel loro abbraccio gelido e orripilante. In quel momento più che mai, la donna pregò e sperò che suo marito potesse tornare nel Villaggio al più presto. Perché se quello che stava vedendo era vero, se ciò che era successo oggi a causa dell’assenza improvvisa di suo marito era accaduto realmente… allora significava solamente una cosa.

Suo figlio aveva colpito di nuovo.

‘ La Matriarca del clan Nara, Temari Nara, scomparsa in azione? Il Kurokage rimane in silenzio. ’

Fu allora che comprese.

Hinata trattenne il fiato con orrore, spezzando un gemito di dolore. Fu allora che comprese. Fu allora che capì come stavano le cose. Boruto, suo figlio, si stava vendicando. Si stava ribellando. Si stava vendicando ferocemente per tutte le sconfitte e tutte le umiliazioni che lo avevano forzato a subire negli ultimi tempi. E lo stava facendo in una maniera spietata, disumana, animalesca; così grottescamente deciso a ripagarli con la stessa moneta da essere caduto talmente in basso da… da… da riuscire a commettere un crimine del genere.

Il Clan Nara era stato completamente assassinato. Era stato distrutto del tutto. Ed il responsabile di ciò era suo figlio. Solo ed unicamente suo figlio.

La sua vendetta si stava compiendo dinanzi agli occhi di tutto il mondo.

“Come ci si sente?”

La voce di suo figlio sussurrò dentro alle sue orecchie. Quella stessa voce che aveva tanto amato, che aveva tanto adorato, che aveva tanto disperatamente sognato di udire ancora una volta dopo la sua apparente morte… adesso le sussurrava velenosamente da dentro al suo corpo, come se Boruto fosse presente assieme a lei, accanto a lei, dentro di lei. Le sussurrava, le bisbigliava, le parlava dentro le orecchie; freddo, crudele e gelido, completamente incurante dei ciò che le sue azioni raccapriccianti avevano appena generato, come se fosse presente e vivo vicino a lei.

“Come ci si sente nel vedere distrutto tutto ciò che avete a cuore più di ogni altra cosa? Cosa si prova nel vedere i propri sogni infrangersi davanti ai vostri occhi?”

Hinata si serrò il petto con una mano, stringendosi il cuore, trattenendo il fiato. La sua testa iniziò a scuotersi impotentemente per l’orrore.

“Fa male, non è vero?” continuava a dire la voce. Sembrava compiaciuta mentre parlava. Allegra, quasi, come se stesse trattenendo una terribile risata dentro al petto. “Fa talmente tanto male da togliere il fiato, azzannare il cuore, e piegare in due il corpo. Ogni pensiero, ogni sensazione, ogni cosa sembra svanire dinanzi a questo dolore che si prova dentro… mi sbaglio?”

La donna sentì le lacrime bagnare il pavimento sotto di lei mentre il suo corpo iniziava a tremare. Questo… era questo ciò che Boruto aveva provato? Era questo ciò che suo figlio aveva sperimentato a causa delle azioni sue e di suo marito? Questo dolore? Questo orrore? Questa disperazione? Era davvero questo ciò che avevano gettato addosso al loro primogenito quando era piccolo?

Questo era… non poteva… era assolutamente… non c’era… era impossi…

Non c’erano parole per descriverlo.

“E adesso… lo sperimenterete anche voi.”

Il suo corpo tremolò.

“Perché questa è la mia vendetta…”

La sua mente sbiancò.

“…ed è appena iniziata.”

Il suo cuore sanguinò.

Ed Hinata Hyuuga urlò. Urlò al cielo un grido roco, disperato ed affranto. Un grido spezzato dai singhiozzi ed annegato dalle lacrime. Il grido sanguinolento e raccapricciante di un animale morente che ha perso ogni luce e speranza di salvezza. Urlò, urlò ed urlò, piangendo apertamente, stringendosi il petto con le mani e scuotendo freneticamente la testa per l’orrore. Poi, pervasa dal dolore e dalla devastazione, il suo corpo cedette alla fatica e la sua mente sbiancò, facendola affogare nell’incoscienza.

E la donna piombò nell’oscurità. Ancora una volta tra le grinfie del dolore.
 

La seconda venuta di Itachi Uchiha? ’

‘ Il clan Nara di Konoha completamente massacrato nell’ultimo assalto al Villaggio della Foglia! ’

‘ L’Organizzazione Kara, il gruppo di principali guerrieri del neo formato Impero Shinobi Unito, ha ufficialmente rivendicato l'attacco. ’

‘ Il Kurokage, Boruto Uzumaki, difende le sue azioni in una dichiarazione ufficiale, affermando: – Il clan Nara era una minaccia nota sin da sempre alla sicurezza dell'Impero. Ancora oggi, alcuni dei suoi membri più potenti e brillanti si oppongono attivamente alla nostra causa e cercano di distruggere tutto ciò che abbiamo costruito. Per questo motivo, ci siamo vendicati. Ma badate bene: questo non è stato un massacro insensato. Il clan Nara era un clan di Shinobi. Molti di voi mi considereranno spietato e senza cuore per aver ucciso donne e bambini, ma nemmeno voi potete negare che quelle stesse donne e bambini siano stati addestrati sin dalla nascita per essere assassini. Noi siamo Guerrieri, e loro sono Shinobi. Per cui, dovreste sapere meglio di me che la morte è il rischio della nostra professione. – Spetta ora a ciascuno di noi decidere cosa pensare di questa faccenda. ’

‘ Molte persone condannano la crudeltà del Kurokage dopo questo terribile evento. Ma molte altre, da entrambe le parti del conflitto, lo lodano e lo sostengono, sostenendo che tutto è lecito in tempi di guerra e che anche la Foglia, in passato, ha compiuto atrocità molto più grandi di quella inflitta loro nei giorni precedenti. Gli avversari dell’Impero hanno preso a soprannominare il famoso Kurokage come "Boruto l’AmmazzaKage o l’AmmazzaClan", quest’ultimo titolo detenuto anche dal famigerato assassino della Foglia, Itachi Uchiha. ’

‘ La Matriarca del clan Nara, Temari Nara, scomparsa in azione? Il Kurokage rimane in silenzio. L’Hokage e la Sabbia, secondo quanto riferito, sono “furiosi". ’

‘ Fiducia nel Settimo Hokage, Naruto Uzumaki, Eroe della Quarta Guerra Mondiale, ai minimi storici! ’

‘ In mezzo a questo periodo di crisi e conflitto, molti Villaggi stanno ora affrontando una minaccia ancora più grande: l'abbandono. In seguito alla distruzione del clan Nara, la fiducia nel sistema svanisce poiché gli Shinobi non credono più che i loro leader siano in grado di difendere le loro famiglie e vincere la guerra. Sempre più disertori fuggono nella Terra del Gelo per unirsi all'Impero Shinobi Unito. ’

‘ Le tensioni salgono mentre aumentano le richieste di dimissioni del Settimo! ’
 


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12 Gennaio, 0022 AIT
Terra dei Fiumi, Valle senza Nome
Nascondiglio Segreto di Saiken
18:13

Il morale dei suoi amici, concluse Sarada, era ai minimi storici. E per quanto detestasse ammetterlo, non c’era niente che potesse fare per riuscire a risollevarlo. Dopotutto, quello che era successo nelle ultime ventiquattr’ore era stato tutt’altro che piacevole. Lei ed i suoi amici erano riusciti a difendere uno dei Bijuu delle grinfie dei Kara, certo, ma questa vittoria era costata loro moltissimo. E adesso, il resto del mondo ne stava pagando le conseguenze a caro prezzo. L’assassinio di Killer Bee e la cattura dell’Hachibi (Ottacoda)… la conquista del rifugio dei profughi della Nuvola e la morte di Dodai…  l'apparente morte di Orochimaru dei Sannin…

…e adesso… adesso anche il genocidio spietato del clan Nara.

Uniti tutti insieme, questi terribili eventi avevano messo la sua squadra in gravi difficoltà. Chocho e Inojin avevano perso ogni speranza e si erano ritirati in loro stessi, silenziosi e cupi come non mai. Sumire aveva pianto per ore, e ancora adesso se ne restava in disparte a versare lacrime di disperazione. Himawari non era da meglio, dato che si stava ancora riprendendo dal trauma causato dall’aver ucciso per la prima volta un nemico e dall'ingresso esplosivo di suo fratello nella scena geopolitica del mondo. Konohamaru-sensei era stato richiamato in fretta e furia nella Foglia senza apparente motivo. E Shikadai…

…Shikadai aveva perso sua madre ed il suo clan.

Quindi, erano nella merda più assoluta.

Sarada sapeva che di questo passo la loro determinazione sarebbe crollata definitivamente. Dinanzi a tutti questi tragici avvenimenti, persino lei stava facendo fatica ad avere fede e a ricordarsi del motivo per cui tutti loro erano ancora in servizio. Me né lei, né sua madre, e né tantomeno Shikadai erano in grado di risollevare il morale degli altri dopo tutto ciò che era successo in un singolo giorno.

La vendetta di Boruto era stata letteralmente terrificante.

Sarada incolpò sé stessa. Perché, ovviamente, tutto quello che era successo era successo per colpa sua. Se in passato non fosse stata così avida, se non avesse spinto Himawari e Shikadai ad uccidere Shizuma, forse tutto questo non sarebbe mai accaduto. E soprattutto, se non avesse costretto il suo vecchio amico a cambiare, forse avrebbe potuto trovare un modo per impedirgli di ottenere ciò che voleva. Era stata una sciocca. Avrebbe dovuto monitorare l’Hachibi sin dall'inizio invece di fidarsi dei superstiti della Nuvola per difenderlo adeguatamente. Se voleva che qualcosa fosse fatto per bene, dopotutto, avrebbe dovuto farlo da sola. Ma non l'aveva fatto, e ora Boruto era entrato in possesso di un altro Demone codato.

Inoltre, il deterioramento della sua vista non aiutava di certo le cose. L'uso quasi quotidiano del suo Sharingan Ipnotico per monitorare sia la sicurezza del Rokubi (Esacoda) che del Nanabi (Eptacoda) la stava consumando. La sua nuova Preveggenza li stava spingendo al limite, lei stessa ed i suoi amici. E se non avessero vinto al più presto questa Guerra, lei sarebbe diventata cieca e, quindi, non avrebbe più avuto alcuna utilità per nessuno. Questa cosa era inaccettabile.

Tuttavia, ciò che infastidiva di più Sarada al momento era la sua incapacità di aiutare i suoi amici. Sembrava quasi come se, nel periodo di tempo che era passato tra il presente ed i giorni che avevano condiviso assieme all'Accademia quando erano piccoli, i suoi amici fossero diventati degli estranei per lei. Dopotutto, la situazione era evidente. Non sapeva come aiutare Sumire per non piangere. Non sapeva come rassicurare Shikadai che sua madre sarebbe stata salvata. Non sapeva come consigliare ad Himawari di risollevarsi dopo aver ucciso una persona. Non sapeva niente di niente, per nessuno. E l’Uchiha non aveva nessunissima intenzione di usare il suo nuovo Potere per trovare la strada per aiutarli. Sia perché i suoi occhi non potevano sopportare ulteriore tensione e sia, cosa più importante, perché avrebbe dovuto essere in grado di farlo senza l'aiuto del Dojutsu (Arte Oculare) del suo clan.

Dopotutto, lei voleva diventare Hokage. E che razza di Hokage poteva sognare di essere se non era nemmeno in grado di aiutare i suoi amici nel momento del dolore?

Sarada fu tirata fuori dai suoi pensieri mentre Sumire le si avvicinava. Aveva un aspetto decisamente migliore rispetto a quello che aveva avuto nelle ultime settimane, ed una nuova vita sembrava bruciare nei suoi occhi viola. Sarada sorrise debolmente e batté le palpebre per focalizzare la sua vista. "Ciao, Sarada," la salutò la sua ex compagna di Team.

"Ehi, Sumire," ricambiò lei. "Come te la passi?"

"Meglio, ora che ho deciso cosa voglio fare," rispose Sumire.

La corvina inarcò un sopracciglio. "E cosa vuoi fare?" domandò.

La ragazza esitò per diversi secondi dopo quella domanda. Il suo sguardo si perse verso l’orizzonte. "Io… una volta finita la Guerra, voglio diventare una ricercatrice," affermò alla fine con convinzione. "Qualunque cosa succeda, la scienza sta lavorando per il miglioramento del mondo. Ed oltre a Boruto e l’Impero, là fuori c'è una nuova minaccia che l'umanità dovrà affrontare nel prossimo futuro. Perciò… voglio aiutare la scienza affinché possa permetterci di farci trovare preparati per combattere gli Otsutsuki. Il lavoro che voglio fare… è aiutare il mondo a sopravvivere."

Il respiro di Sarada le si bloccò in gola all’udire ciò. Il Settimo aveva espressamente ordinato di non parlare troppo degli Otsutsuki dopo gli eventi del Summit.

"Cosa hai intenzione di fare?" chiese dolcemente.

Sumire sembrò mostrare un sorriso carico di decisione dopo quella domanda. La ragazza dai capelli viola fece un cenno col capo. "Diversi mesi fa, ho avuto modo di avere accesso ad un progetto a cui Katasuke-sensei sta lavorando," spiegò. "Un esercito di cloni che potrebbero usare l'Energia Naturale per combattere gli Otsutsuki. Il progetto è stato finanziato dalla Foglia in gran segreto. Purtroppo la maggior parte dei dati è ancora in fase di lavorazione per via della Guerra, ma ho intenzione di fare del mio meglio per riuscire a vederlo realizzato."

Sarada annuì lentamente. "Una causa degna," disse, sorridendo a sua volta. “In fondo, sapevo che ti era sempre piaciuta la scienza.”

Le due ex compagne di Team ridacchiarono tra di loro. Poi discesero in un silenzio contemplativo. "Mi prometti che non lo dirai a nessuno?" chiese alla fine Sumire.

Sarada sorrise ironicamente. "Sai che puoi fidarti," le rispose. "Lo prometto."

"Grazie… Sarada," disse la sua amica, sorprendendola con un rapido abbraccio prima di ritirarsi e allontanarsi dal campo per riprendere a pattugliare i confini. La sagoma pesante del Rokubi si voltò e la guardò andarsene con aria solenne.

Sospirando, la giovane Uchiha tornò al campo vero e proprio dove il resto della sua squadra stava ciondolando nella depressione. Sua madre aveva fatto erigere un piccolo ed improvvisato ospedale da campo sotto una tenda gigante sulla destra. Ad una decina di metri di distanza, in cima a un altopiano di macerie, Rock Lee si stava allenando in modo turbolento. E Shikadai e Himawari erano, per una volta, separati tra di loro, entrambi persi nei propri pensieri, con Chocho e Inojin che offrivano goffamente il loro silenzioso supporto al loro compagno di Team. In lontananza, poi, Sarada poteva vedere il capitano Yamato che pattugliava il perimetro del nascondiglio, mentre gli alberi gemevano e ondeggiavano al suo passaggio.

L'atmosfera era clamorosamente cupa e depressa, e Sarada era determinata a cambiare quella situazione. "Ehi, ragazzi," gridò. Quasi tutti si voltarono a guardarla di scatto, sorpresi, quasi, che avesse osato rompere il silenzio solenne che si era andato a creare tra loro. "Ho un'idea per un nuovo allenamento di gruppo," spiegò la corvina. "È un'illusione condivisa che il clan Uchiha usava per allenarsi mentalmente. Non è eccezionale per intrappolare le persone, ma se non la combatterete dovrei essere in grado di alimentare i dati dell'illusione dal mio Sharingan per permettervi di simulare di combattere i Kara."

Era un crimine contro la natura il fatto che il suo clan fosse stato cancellato dall'esistenza quando aveva una lunga e sordida storia di produzione di alcune delle più grandi Tecniche che il mondo avesse mai visto. Gli Uchiha potevano fare miracoli con le illusioni usando il loro Sharingan, e il mondo era diventato un posto più freddo dopo la loro assenza. Ma c’era ancora speranza, pensò Sarada. Una speranza di poter iniziare a ricostruire ciò che il suo clan aveva perso decine di anni prima.

Il silenzio fu l’unica risposta che ottenne per diverso tempo.

Poi, qualcuno si risollevò. "…ok," esalò Shikadai, suonando perso e speranzoso tutt’insieme. Come se vedesse nella sua proposta qualcosa che gli permettesse di distrarre la mente dalla distruzione del suo clan e dalla perdita di sua madre. Sarada lo guardò con un sorriso triste, mettendogli una mano sulla spalla. In un certo senso, loro due erano simili, adesso. Entrambi avevano perso i loro clan a causa di una tragedia. 

Il Nara la guardò con occhi tristi e depressi. "Io… ci sono," sussurrò.

Sarada lo abbracciò dolcemente. “Grazie, Shikadai.”

L’abbraccio durò per diversi minuti. Poi, quando si separarono, i due giovani rimasero uno davanti all’altro, guardandosi negli occhi, comunicando senza parlare. Poco dopo, Himawari si unì a sua volta con un’espressione incerta. Scambiò un’occhiata persa al suo ragazzo, incapace di trovare le parole necessarie per confortarlo. Poi però, Shikadai la soprese offrendole un piccolo sorriso ed abbracciandola a sua volta, senza dire niente. Himawari sorrise di rimando, versando lacrime dagli occhi e stringendosi a sé il suo ragazzo mentre lottava per non piangere anche lei.

Sarada li guardò con amore. In quello stesso momento, Chocho e Inojin le si avvicinarono a loro volta, felici che Shikadai stesse finalmente mostrando alcuni segni di vita dopo le ultime ore. Persino Rock Lee si era precipitato da loro all’udire la parola "allenamento". Più in disparte, vicino alla tenda, Sarada vide sua madre guardare quella scena con un piccolo sorriso affettuoso sulle labbra, facendole un cenno deciso col capo. Sarada lo ricambiò in silenzio.

Poi, la giovane Uchiha si schiarì la gola. "Va bene, allora. Cominciamo," disse. "Sedetevi tutti in ​​semicerchio intorno a me e guardatemi negli occhi per un momento. Non lottate contro l'illusione. Solo, respirate profondamente ed abbassate le vostre difese..."

La speranza non era ancora morta.
 


12 Gennaio, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
18:00

Boruto si stava facendo strada nelle viscere dell'Occhio per trovare Mitsuki quando inciampò in Shirou. Il possente e muscoloso samurai spiccava alla vista come un gigante nel laboratorio relativamente piccolo che Mitsuki e Kumo condividevano. Incombeva su una piccola teca di vetro come un leone sopra una piccola gabbia per topi, osservando attentamente qualcosa al suo interno. Curioso, Boruto fece una breve deviazione per vedere cosa aveva attirato l'attenzione dello spadaccino.

Il suo occhio si sgranò leggermente. Riconobbe immediatamente di cosa si trattava. Erano i frammenti spezzati e maciullati delle Spade Zanne, una coppia di lame facente parte delle Sette Spade della Nebbia. I pezzi di metallo giacevano sopra un catalizzatore magnetico, da cui piccoli fulmini scintillanti danzavano sopra l’elsa e le lame frantumate. "Cosa stai guardando?" chiese il Nukenin.

Shirou si raddrizzò e s’inchinò rispettosamente in segno di saluto. "Sto tentando di riparare le spade," rispose diligentemente. "Sono state distrutte irreparabilmente due anni fa, durante l’assalto dell’Hokage all’Astro Celeste. Ed è una mia teoria, data la capacità della Mannaia Decapitatrice di ripararsi con il sangue, che ciascuna delle Sette Spade sia capace di un'impresa simile. E naturalmente, ciò che potrebbe riparare le Spade Zanne altro non è che-”

"L’elettricità, sì," annuì Boruto. La pressione aumentò dietro il suo occhio destro mentre usava il suo Jougan per ottenere una visione migliore delle due spade. E lentamente, notò, le due lame fulminanti si stavano davvero riparando da sole. I frammenti d’acciaio delle lame crescevano come per magia, aumentando di dimensioni ed ottenendo sempre più il loro aspetto originario.

Ed osservando quel fenomeno coi suoi occhi, un'idea venne alla mente del guerriero.

"Bella idea, Shirou," lo lodò Boruto, dando una pacca sulla spalla al samurai prima di precipitarsi fuori dal laboratorio, dirigendosi più in profondità nel castello, verso la prigione.

La prigione era stata un'aggiunta relativamente nuova all'Occhio della Tempesta. Lo spazio necessario per costruirla era stato, per così dire, difficile da trovare. Ma adesso, dopo la cattura dell’Hachibi (Ottacoda), il Sigillo che manteneva attiva la dimensione artificiale aveva aumentato la potenza e la quantità di chakra disponibile, rendendo possibile creare dello spazio libero.

Il guerriero sorrise a quel pensiero. L'Occhio della Tempesta stava crescendo sempre più. Stava diventando sempre meno un nascondiglio e sempre più una città a sé stante, proprio come lui l'aveva immaginato. E poi, in un lontano futuro, forse questa dimensione sarebbe stata popolata da un’Organizzazione Kara più ampia, dalle loro famiglie e dai loro figli. Una Volontà del Fuoco a cui lui ed i suoi amici avrebbero dato vita e che avrebbe servito al suo scopo fino alla fine della loro civiltà.

Quello era il suo sogno, dopotutto.

Mitsuki lo stava aspettando con impazienza, come ogni volta che Boruto gli assegnava un compito. E non era solo. Anche Toneri ed Urahara erano presenti assieme a lui. Quest’ultimo, aveva appreso il giovane, era diventato sempre più desideroso di rendersi utile negli ultimi tempi. Non che lui non potesse capirlo però, certo. Boruto sapeva che il suo maestro era molto frustrato per via della sua incapacità di lasciare la dimensione della loro fortezza. Se lo avesse fatto, dopotutto, il Settimo Hokage lo avrebbe percepito immediatamente.

In passato, Boruto aveva considerato l’idea di imporgli un Sigillo, ovviamente alterato, simile al Sigillo Maledetto del Controllo delle Emozioni. Un sigillo che avrebbe impedito all’Hokage di percepirlo, ma alla fine aveva deciso di non farlo. Quel sigillo impediva letteralmente alla vittima di provare emozioni, e Boruto non poteva fidarsi del fatto che Urahara-sensei avrebbe agito secondo giudizio sotto la sua influenza. E oltre a questo, comunque, il giovane non avrebbe mai voluto augurare ad una persona importante per lui di finire nell’oblio, privata delle proprie emozioni.

Bastava già da solo come mostro freddo e apatico. La sua famiglia non doveva soffrire a sua volta come lui.

"Com'è la situazione?" chiese allora Boruto, guardando attraverso la barriera luccicante di chakra blu che conteneva la loro prigioniera. Temari lo fissò con odio dall’interno della cella, il suo spirito indomito e i suoi occhi gelidamente furenti per la rabbia.

Mitsuki ed Urahara esitarono. Toneri invece sfoggiò quel suo solito sguardo vitreo e distante che faceva sempre. "Ancora focosa come sempre," rispose semplicemente.

Il Nukenin annuì. Non si era aspettato di meno da una donna fiera e decisa come Temari. "Bene," disse senza emozione. "Vedo con piacere che non si è ancora arresa. Non sarà facile piegare il suo spirito. Si prospetta una sfida interessante,” sibilò, fissandola minacciosamente. La donna sbiancò come un morto dopo quella minaccia, ma rimase comunque in silenzio, sollevando il mento con aria di sfida. Boruto la ignorò. “Detto questo, ho un compito per voi tre," aggiunse subito dopo, facendo un passo avanti e fissando Mitsuki, Urahara e Toneri.

I suoi amici si voltarono verso di lui. "Dicci tutto," sussurrò l’albino.

Il giovane Uzumaki represse un sorriso malvagio. "Ho bisogno che estraiate quante più informazioni possibili dalla sua mente," spiegò, facendo un cenno alla donna imprigionata.

Urahara ghignò. “Oh, sarà fatto, non temere. Conosco diverse Tecniche per riuscire a spezzare la mente di una persona…” ridacchiò sinistramente.

"Ma la voglio viva, sensei," sottolineò Boruto. "E il più indenne possibile." Lanciò un'ultima occhiata a Temari, godendo silenziosamente mentre la vedeva impallidire sempre più per la tensione. "Sarete in grado di farlo?"

Tutti e tre annuirono rapidamente. "Sarà fatto," risposero in coro.

Boruto sorrise. "Bene," disse, ritirandosi verso le sue stanze. "Tenetemi informato sulle vostre scoperte."

Prima che Urahara o uno degli altri due potesse rispondere, il Nukenin era già su per le scale, muovendo le gambe lentamente – per i suoi standard, almeno – come in una corsa lenta. Gli ci vollero solo pochi secondi per raggiungere i suoi alloggi, scivolandovi silenziosamente dentro e scalciando via gli stivali prima di sedersi sul suo letto, a gambe incrociate.

La sua mente venne pervasa da un senso di esaustione e stanchezza opprimenti. Ora, dopo tutto ciò che aveva compiuto, Boruto scoprì forse per la prima volta in tutta la sua vita quanto fosse immenso il peso della responsabilità. Dopo quasi due mesi di tentativi ed errori, finalmente la sua vendetta era compiuta. Era riuscito a risanare la sua posizione, ripagando quei maledetti vermi della Foglia per i crimini che avevano commesso contro di lui ed i suoi amici. Si era infine vendicato a dovere, come aveva promesso. Eppure, nonostante questo, i pericoli per lui non erano terminati. Non era ancora finita qui.

L’Hokage, Shikamaru, Sarada e l’Eremita continuavano a minacciare la sua esistenza esattamente come prima. Boruto lo sapeva. Sapeva, con una sconcertante chiarezza cristallina, che non si sarebbero lasciati sconfiggere per così poco. Perciò, lui doveva trovare un modo per eliminarli. Doveva trovare un nuovo piano, una nuova strategia, una nuova mossa per riuscire a cogliergli di sorpresa, ferendoli più pesantemente di prima.

Ma questa era un’impresa ben più difficile di quanto potesse immaginare.

Per il momento, tuttavia, la sua mente esausta aveva bisogno di riposo. E Boruto sapeva che il miglior metodo per riposarsi prima di andare a letto era la meditazione. E sebbene avesse promesso a sé stesso di non meditare mai più – i ricordi della sua ultima discesa nel suo cuore gli ritornarono alla mente in un istante, facendolo rabbrividire – in quel momento il biondo si ritrovò decisamente curioso di ritentare ancora una volta. Voleva vederci chiaro, dopotutto. Voleva scoprire perché si fosse sentito così terrorizzato e in pericolo quando si era immerso nei meandri del suo animo. E così, ci ritentò.

Chiudendo gli occhi, affondò volontariamente nell'abisso, schiarendosi di nuovo la mente mentre si liberava delle sue preoccupazioni mortali, lasciandolo privo di emozioni e pensieri. Immerso lì, in quel mare di silenzio e pace, era libero di meditare su ciò che voleva. Sul bene e sul male, sulla Luce ed il Buio, sulle sue azioni e quelle del mondo. Boruto lasciò che la Tecnica di Meditazione facesse effetto, sgorgando dentro di lui, riversandosi nel nucleo del suo essere e riempiendolo fino all’orlo. Diresse quell’energia verso la sua anima, investendolo come l’acqua tiepida di un fiume. E lì, esattamente come in passato, la pace e l’energia gli inebriarono i sensi e l’anima, colmando le lacune nella sua forma fisica, riparandole, alleviandole, e migliorandole.

E poi, quando sentì attorno a lui una solenne sensazione di fissità ed attesa, il Nukenin riaprì il suo occhio sinistro, trovandosi ancora una volta faccia a faccia con sé stesso.

Boruto sorrise, fissando gelidamente il volto accigliato e furibondo della sua Luce.

"Ancora tu?" ringhiò acidamente la copia, le sue sopracciglia aggrottate.

Il biondo inarcò sarcasticamente un sopracciglio. "Oh? Siamo piuttosto scontrosi oggi," ribatté, ironico, godendo mentalmente mentre osservava il volto del suo gemello riempirsi di oltraggio. "Pensavo che ti saresti sentito da solo qui dentro, così ho deciso di tornare a farti una visita. Se vuoi posso andarmene.”

La sua Luce lo guardò come se stesse osservando un’immagine raccapricciante. "…oggi mi hai veramente deluso, fratello," sussurrò, alzando le spalle e sollevando il mento con altezzosità. "Hai compiuto uno degli atti più disdicevoli e raccapriccianti mai commessi nella storia del nostro popolo. Spero che tu sia fiero di te stesso, ora."

Boruto sogghignò. "Ovviamente," concordò, irritandosi leggermente per l’insulto. "Pensavo che la nostra mente fosse collegata. Nel qual caso, saprai sicuramente quanto me il motivo per cui io sia stato costretto a compiere ciò che ho compiuto. Tentare di usare giri di parole con me è inutile. Sappiamo entrambi che era necessario."

L’altro Boruto abbassò gli occhi con amarezza dopo quelle parole. "Può darsi," sussurrò. "Ma questo non giustifica quello che stai facendo. Tu ed io non abbiamo il diritto di dettare legge nel mondo e forzare i popoli a cambiare. La pace non giungerà mai per mezzo della tirannia, fratello."

Il giovane lo ignorò. "Non sono venuto qui per discutere di politica, ma per comprendere," disse invece con sufficienza, scrutandosi attorno nella sua anima. Si trovava esattamente nello stesso punto in cui era stato nella sua visita precedente, nella casa-negozio di Urahara che aveva creato col pensiero. Il suo occhio si mosse verso destra, osservando la porta che dava verso la strada, assottigliandosi pericolosamente.

La sua Luce lo scrutò a sua volta. "Che cosa vuoi comprendere?" chiese gravemente. "Che cos’è che hai visto là fuori l’ultima volta che sei venuto qui?"

"Occhi," rispose lui in modo conciso. La sua espressione mostrò un barlume di dubbio. "Una marea di occhi luminosi in mezzo ad un mare d’oscurità. E tutti quanti mi guardavano con odio e rabbia." La sua copia sbiancò come un morto mentre udiva quella spiegazione. Boruto lo osservò con attenzione mentre impallidiva sempre più. “…che cos’erano?” domandò.

“Davvero non riesci a comprenderlo?" sussurrò di rimando la Luce. "Sei la metà dominante della nostra anima, eppure non riesci ad arrivarci da solo? Mi deludi. Credevo che fossi tu il più intelligente tra noi due.”

Il guerriero trattenne con forza l’impulso di saltare addosso al suo gemello. Stringendo i denti, ignorò la fastidiosissima espressione saccente indossata dalla sua pallida imitazione. Invece, chiuse gli occhi, fece un profondo respiro, e tornò a fissarlo senza emozione. “Rispondi alla domanda,” ordinò.

La sua Luce scosse la testa, il suo volto deluso. Tuttavia decise di obbedire per qualche motivo. "Sono le ombre di coloro che ti seguono," spiegò, gesticolando con le mani in maniera lenta e solenne, indicando il tutto e il niente. “Le anime delle persone che hai ucciso. Tutte le persone che hai ucciso. Una volta che le hai recise dalla vita, il loro odio, il loro risentimento ed il loro terrore si è attaccato a te, inseguendoti fino alla fine dei tempi. E ancora oggi, la loro negatività continua ad inseguirti senza sosta, dandoti la caccia fino a quando non arriverà il tuo momento.”

Boruto deglutì, ignorando la sensazione di timore e ansia che iniziava a risalirgli nel cuore. Quella risposta non gli piaceva per niente. Cercò comunque di apparire più tranquillo di quanto non si sentisse in realtà. “E perché mi stanno inseguendo?” chiese ancora, assottigliando lo sguardo.  “Che cosa vogliono da me?”

La sua copia sorrise amaramente. Il suo occhio si riempì di dolore, tristezza e rassegnazione tutte insieme. "Vogliono vendetta, Boruto. Non si daranno pace fino a quando non ti avranno consumato, distruggendoti completamente per ciò che hai fatto loro,” rispose, senza girarci attorno.

Il giovane esitò dopo quella risposta, la sua mente incerta su cosa pensare. Poi fece un respiro profondo e si calmò. “Non ti credo,” sibilò, deciso e irremovibile. “Questa è la mia anima. Il mio cuore. Mi rifiuto di credere che delle entità esterne siano davvero riuscite a raggiungermi qui solo per tentare di vendicarsi.”

La Luce sorrise ironicamente, sfidandolo con lo sguardo. “Perché non vai fuori ad accertartene di persona, allora?” ribatté a sua volta.

Il Nukenin lo guardò torvo. Poi però decise di assecondarlo. Non aveva niente da perdere, dopotutto. Quindi, si voltò, senza esitazione, si diresse davanti la porta del negozio ed uscì in strada. Lo spettacolo che lo accolse non fu diverso da quello precedente. Le strade del Villaggio che aveva creato col pensiero terminavano bruscamente nel nulla, coi bordi della sua creazione che sanguinavano nel vuoto dell'abisso più oscuro di sempre.

Boruto si fermò, esattamente come in passato, osservando il buio che avvolgeva ogni cosa. Per una qualche ragione che non comprendeva nemmeno lui, era profondamente spaventato dall'oscurità che lo circondava. Forse, realizzò, aveva paure perché non sapeva cosa vi si annidasse dentro, ma non c’era modo di dirlo con certezza. L’unica cosa di cui era sicuro, era che non aveva nessuna intenzione di entrarci dentro. E lì, in quell'oscurità opprimente che tanto temeva, il suo sguardo trovò esattamente ciò che stava cercando.

Occhi. Innumerevoli occhi scintillanti di luce che lo fissavano dal buio che avvolgeva ogni cosa. Occhi sottili, minacciosi, e luccicanti, come quelli di una belva nascosta tra le fronde di un cespuglio; talmente spaventosi da riuscire a riempirgli il cuore di terrore e talmente numerosi da essere incalcolabili. Nemmeno col suo Jougan riusciva a distinguere e percepire cosa fossero. Fatto sta che, mentre li vedeva, intenti tutti ad osservarlo con odio, rabbia e malvagità, nemmeno il terribile e crudele Boruto Uzumaki riuscì a trattenere un brivido di terrore.

“Chi siete?” urlò, rivolgendosi al buio e ai suoi abitanti. “Cosa volete da me?”

Il silenzio fu la sola risposta che ottenne. Boruto aspettò, ed aspettò, ed aspettò. Poi, quando vide che non succedeva nulla, un sospiro lacero gli sfuggì fuori dalle labbra. Il biondo si voltò, indispettito, preparandosi a tornare indietro.

Ma non ci riuscì.

I suoi occhi – entrambi i suoi occhi eterocromi – si sgranarono a dismisura. Delle piccole figure erano improvvisamente comparse alle sue spalle. Figure minute, indistinte, oscure, simili ad ombre nere senza forma. Avevano soltanto vagamente una forma umana, simile a quella di bambini, con un paio di occhi gialli, sottili e crudeli in mezzo ad un volto senza espressione. E mentre li osservava così da vicino, Boruto sentì il suo cuore fremere per il terrore.

“C-Che cosa volete?” sibilò, fissandoli con apprensione.

Ancora una volta, le figure non risposero. Solo, divennero più numerose. Altre bambini oscuri apparvero dietro agli altri, e poi ancora, e ancora, e ancora, diventando talmente tanti da accerchiarlo completamente. Il Nukenin fece un passo indietro, nervoso, osservandosi freneticamente attorno in mezzo a quel mare di ombre. Tra di esse, alcune figure erano più grandi, altre più piccole, e altre ancora più larghe del normale. Ma tutte quante lo stavano osservando con un odio ed una rabbia immensi riflessi in quelle orbite gialle senza pupille.

Il ragazzo respirò affannosamente, il petto ansante, mentre un sudore freddo gli inumidiva la fronte mentre le fissava. C’era… C’era qualcosa di sbagliato in quelle ombre. Qualcosa di terribilmente sbagliato. Lui non doveva essere lì. Doveva uscire. Doveva andarsene prima che qualcosa di terribile potesse succedere.

Un’ombra lo guardò mentre si agitava. Un’ombra strana, più alta delle altre, dai contorni vagamente familiari e femminili. Il giovane non ne era certo, ma era pronto a giurare di averla già vista da qualche parte. Poi, aggrottando la fronte, Boruto sentì una calda e morbida pressione premergli improvvisamente contro il collo, facendolo trasalire per il terrore.

"È ora di svegliarsi, Boruto," disse l’ombra minacciosamente, con una voce familiare e oscura che gli fece accapponare la pelle.

Boruto urlò. Poi, il suo mondo esplose completamente nel buio.

Il Nukenin sussultò ed aprì gli occhi. Mikasa gli premette un altro bacio sul collo, accarezzandolo dolcemente, e Boruto tirò un sospiro di sollievo mentre realizzava di essersi risvegliato sano e salvo. Forse, pensò, meditare non faceva proprio al caso suo. Meglio smettere di pensarci. Qualunque cosa fossero quelle ombre, se ne sarebbe preoccupato un’altra volta.

Inclinò la testa, e Mikasa gli lasciò una scia di piccoli baci lungo la mascella. Gli afferrò i polsi, prendendoli delicatamente tra le mani, e Boruto le permise di inchiodarlo sul letto. "Sei stato impegnato," lo accusò lei, guardandolo dall'alto in basso.

Boruto sbuffò. "Conquistare il mondo non è una cosa veloce…" rispose.

"Però hai trovato il tempo per addestrare Lucy," ribatté Mikasa in modo uniforme.

Il biondo si bloccò. Esitò un paio di secondi. Poi rimase a bocca aperta. "Tu... sei gelosa?" domandò, incredulo.

La nera si irrigidì. "No," rispose, con un tono freddo come il ghiaccio e duro come l'acciaio.

"Lo sei! Sei gelosa!" esclamò invece Boruto.

Mikasa sospirò. La sua espressione si contrasse – incredibilmente – in un broncio infantile e carino. "Quella ragazza è decisamente... irritante," borbottò, ripensando alla bionda. Dopotutto, non poteva certo negare che Lucy fosse molto più attraente di lei… sotto diversi aspetti. In confronto al suo, quella ragazza aveva un fisico mozzafiato. E questa cosa le piaceva meno di quanto volesse ammettere

Boruto si mise a ridere. Evidentemente, però, quella fu una mossa sbagliata. Mikasa si buttò pesantemente contro di lui, schiacciandolo sotto al suo corpo. "Non hai nulla di cui preoccuparti," la rassicurò il biondo.

"Non è di te che mi preoccupo," sussurrò lei. "Ho visto il modo in cui Lucy ha iniziato a guardarti da quando Shizuma è morto. Sei stato lì per lei nel momento in cui ne aveva più bisogno. L’hai aiutata in un modo in cui nessun altro prima è stato capace di fare. Questo significherà molto per Lucy, Boruto. Significherebbe molto per qualsiasi ragazza. Io lo so bene."

Il ragazzo annuì, deglutendo nervosamente. In effetti persino lui aveva iniziato a notare che Lucy si stava comportando in maniera diversa quando erano assieme. Era meno pungente, meno impulsiva, e soprattutto molto più docile e disposta a seguirlo. Sembrava quasi essere diventata un cagnolino fedele, negli ultimi giorni.

Questa cosa andava risolta. "Non sono cieco, sai," brontolò sommessamente. "Ma non devi preoccuparti. La gestirò a tempo debito, te lo prometto."

Mikasa non disse niente dopo le sue parole, ma si limitò ad annuire lentamente. Boruto allora sorrise ed invertì le loro posizioni, inchiodandola al letto e facendola sobbalzare per la sorpresa. Si fissarono a vicenda per diversi secondi, sorridendo entrambi, crogiolandosi nei loro reciproci sguardi. Poi, Mikasa chiuse gli occhi, rimanendo in attesa. E Boruto non la fece attendere troppo, chinandosi verso di lei e baciandola, chiudendo gli occhi a sua volta.
 
 
 





 

Note dell’autore!!!

Salve gente, ecco a voi il nuovo capitolo! Spero possa esservi piaciuto.

Niente da dire oggi. Boruto ha compiuto un’ennesima strage, ma era prevedibile per tutti. Il massacro del clan Nara era una cosa che avevo ideato sin dai tempi de ‘La Battaglia di Eldia’, per cui sono felice di essere finalmente riuscito a mostrarvelo dopo tutto questo tempo. E ovviamente, questo terribile evento avrà delle conseguenze terribili per tutti; sia Boruto che il resto del mondo.

Nel prossimo capitolo, vedremo cosa succederà con Naruto dopo questa strage avvenuta sotto al suo mandato da Kage. Non sarà bello, ve lo dico sin da adesso.

Vi invito, come sempre, a leggere e commentare. Se ci sono errori nel capitolo, vi prego di farmeli notare così da poterli correggere quanto prima. Grazie a tutti in anticipo.

A presto!
   
 
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