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Autore: armen66    11/09/2020    1 recensioni
Tre importanti notti nella vita di due personaggi.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Jaime Lannister
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter Text

Erano sopravvissuti, la battaglia aveva portato morte, sangue e dolore.
I caduti erano distesi in lunghe file, i superstiti li passavano in rassegna; Jaime pensò che erano stati validi soldati, avevano donato la loro vita per i viventi.
Passata l'adrenalina della battaglia, arrivava la consapevolezza dell’essere vivi, dell’essere ancora carne e sangue e pensiero.
Arya si sentiva più stanca dei giorni trascorsi a Braavos, più provata del vedere la testa di suo padre rotolare via.
Non riusciva a pensare chiaramente, sentiva le voci della festa nella grande sala e sbirciò dalla finestra: grida, brindisi, i soldati affamati e assetati, i servi indaffarati a portare piatti e riempire boccali dalle cucine.
Arya vide Sansa arrivare, scortata da Sandor, sua sorella si fermò per sorriderle.
“Non entri?”
“Non adesso. Magari dopo.”
Sandor apri la porta per Sansa e odore di fumo e sudore sfuggì dall'interno.
Fuori, Winterfell era silenzioso, solo le vedette ai quattro punti cardinali erano in posizione, Arya vide il respiro condensato uscire dalle narici.
Salì sugli spalti per ammirare la sua casa immersa nella notte, le mura pesanti non lasciavano filtrare i suoni della celebrazione.
Arya respirò profondamente l’aria pungente, era finito, aveva ucciso il re della notte.

___

Al tavolo dei fratelli Lannister, Tyrion dettava legge, versando il vino - più rosso del sangue che quel giorno era stato speso - nelle coppe di tutti.
Tormund sedeva vicino a Brienne, senza togliere lo sguardo dal suo viso, con le guance arrossate, lei sorrideva mentre rispondeva alle battute dei leoni.
Jaime era silenzioso, stranamente, come se l'impatto dell'evento che aveva contribuito a conseguire non fosse così importante. Tyrion sapeva che dentro il fratello c'era la paura che la battaglia non fosse l'ultima, che il nemico avrebbe cambiato forma, natura, genere. Un soldasto vedeva sempre nemici attorno, perché Jaime non poteva, per una volta, dimenticare?
Erano troppi i suoi ricordi da impedirgli di accantonarli per una sera?
Tyrion amava l'oblio, cercava di annegare nel vino la paura che l’aveva stretto in una morsa nella cripta, l'incertezza di non sapere cosa stava succedendo ai soldati la fuori.
Jaime gli aveva chiesto invano di Sansa, perché gli sguardi tra i due ex coniugi testimoniavano un legame che molti avevano cercato di forzare e non erano riusciti a distruggere.
Brienne seduta davanti a Jaime, era riconosciuta da tutti come un cavaliere, meritevole della propria pagina nel grande libro, il suo viso risplendeva di un nuovo calore; Tormund le stava dicendo qualcosa e Brienne rideva e rideva, Tormund parlava di occhi blu e bambini giganti.
Un gioco della verità che diventò troppo personale tra Brienne e Tyrion, Jaime si tirò fuori.
Il destino amaro di una guardia reale, la solitudine, anni spesi in due devozioni assolute che a quindici anni sembravano meravigliose e poi si erano scontrate con la vita vera del giovane leone.
Cosa aveva guadagnato e cosa aveva perso?
I suoi figli, che non erano suoi anche se generati da lui, la sua casa ancestrale, l'amore della sua gemella.
Vincere e uccidere il re della notte era abbastanza, adesso, per attutire il dolore dentro, ma per quanto ancora lo sarebbe stato?
Si guardò in giro, cercando la piccola lupa, colei che aveva conficcato il pugnale nel nemico, abbattendolo per sempre.
Era lei che meritava di essere al centro dell'attenzione, più che la regina dei draghi, più che il bastardo della neve, più che la signora di Winterfell.
Voleva parlarle ancora, chiedere se era soddisfatta del giuramento mantenuto, condividere con lei un momento di pace, come la sera prima, perché essere con Arya gli aveva dato un senso di tranquillità e placato le paure che un soldato esperto come lui non avrebbe dovuto avere.
Perché l'approvazione di una Stark contava così tanto per un Lannister?
Arya era stata magnifica, sole nella oscurità della Battaglia, aveva spezzato la lunga notte per fare sì che tutte le altre notti fossero soltanto passaggi tra un giorno e l'altro, tra la luce del tramonto e la promessa dell'alba.
Jaime si alzò mentre la regina dei draghi chiamava il fabbro, chiedendogli di sedere al tavolo più alto, perché non era più un bastardo, ma l’erede del defunto re.
Gendry sembrò volere abbandonare la festa, ma non ne ebbe il coraggio.
Che ironia, Jaime pensò, Robert era morto e suo figlio viveva mentre lui era vivo e Tommen, quello che non aveva mai voluto essere re, era perso per sempre.
Si sentì soffocare dal rimorso, i polmoni disperati a cercare aria, gli occhi pronti a liberare le lacrime che si era permesso solo per Myrcella.

___

Jaime vide la lama brillare in alto e quegli occhi di lupo seguire i suoi passi sulle scale.
“Perché non sei a festeggiare con gli altri?”
“E perché neanche tu?”
“Io vengo da li. Ho brindato ai vincitori.”
“Anche tu lo sei. Abbiamo vinto. siamo vivi.”
“Sono un perdente. La mia vita non conta, non è mia da molto tempo. Troppe promesse mi hanno legato.”
“Anche quella a mia madre? Bran mi ha detto.”
“Ho giurato di riportare tu e Sansa a casa.”
Jaime la guardò e rimpianse quello che arya aveva, tutte le possibilità aperte davanti a sé, il futuro come un nuovo percorso da intraprendere, mentre per lui c'era solo una cosa rimasta, tornare da dove era venuto per un confronto finale.
Unirsi aveva salvato i regni ma una pace vera era possibile o c’era solo una tregua fragile?
Arya sedette su un muretto, i suoi stivali toccavano terra a malapena, com'era diversa da Brienne, da Sansa, da Catelyn, donne fiere, maestose,alte.
Da chi aveva preso la piccola lupa?
Improvviso, un ricordo di venti anni prima, un’altra ragazza con capelli scuri, occhi grigi, Lyanna Stark, con in mano una spada da allenamento.
Lyanna, amata da Robert, amante di Rheagar.
Il vecchio leone Tywin l'aveva adocchiata per Jaime, magari se le circostanze della vita fossero andate in un modo diverso, ora Jaime avrebbe una figlia del Nord, una creatura forte e fiera come quella che aveva davanti.
“Non sei contento della vittoria, non lo dimostri.”
Jaime cercò di spiegare a Arya che le illusioni per lui erano finite, le speranze avvizzite e solo l'ultimo bagliore della promessa fatta la sera prima lo rendeva felice. Anche Arya si sentiva svuotata.
“Non voglio sentire ancora grida nella mia testa, anche se sono di felicità. Possiamo tornare nel bosco?”
Si avviarono camminando vicini, i gomiti quasi a sfiorarsi, Arya continuava a far girare Ago tra le dita, un segno di nervosismo. Passando accanto alle stalle, gemiti e suoni di passione, qualcuno si era isolato per dei festeggiamenti privati; Arya si fermò per pochi secondi.
“Ieri avevo paura. Ho chiesto a Gendry di giacere con me per sapere come sarebbe stato, almeno una volta, ma siamo stati interrotti.”
Jaime nascose la delusione immediata che provò nel suo cuore; il bastardo del re ritornava ancora, un uomo giovane, forte, il primo amante per Arya.
Jaime si ritirò dietro una facciata di comoda indignazione.
“Cosa direbbe casa Stark?”
“Al diavolo la mia famiglia. Ho ucciso per loro, ho combattuto. Sono stata lontano per proteggerli e non mi importa di quello che possono pensare di me!”
Jaime si fermò al cancello e la guardò alla luce delle torce appese ai due lati. La ferita sulla fronte di Arya era ancora aperta, la voleva toccare ma temeva un rifiuto.
“Non buttare via quello che hai. Non farlo mai. Volevi un uomo qualsiasi o proprio Gendry?”
“Non lo so più adesso.”
Passata l'adrenalina, l’ansia e la paura, non era più così importante, Arya Stark era la stessa anche senza aver provato la passione della carne.
Onestà per onestà, Jaime decise di dare al figlio di Robert un’altra possibilità.
“Gendry è seduto a tavola con la regina dei draghi adesso.”
Lei non si girò per tornare indietro.
“Non mi importava di aspettare il matrimonio per avere un uomo!”
La voce di Arya salì di tono, c’era una brama di vivere nella ragazza da spaventare il giovane leone.
“Fai quello che ti sembra giusto. Quello che vuoi veramente.“
“Tu la volevi?” Senza bisogno di pronunciare il nome, l’unica donna della sua vita.
“Si, da sempre. Ma è stato un errore. Lei mi ha tradito, l’ho delusa, tutti i nostri sbagli ci hanno distrutto piano da dentro.”
Il suo sogno era diverso, spiegò a Jamie avvicinandosi al bosco, un desiderio di viaggiare, di conoscenza che non si era mai esaurito da quando aveva lasciato Braavos per il viaggio verso casa.
“Partire subito dopo essere tornata?”
Il tempo aveva separato Arya da Winterfell, che restava il ricordo felice di quando tutti erano ancora vivi.
Nell'oscurità, diversa dalla luce argentata della luna della sera prima, si accorsero che il vento stava cambiando, una diversa direzione e un nuovo profumo da Ovest, segni di un cambiamento. Arya non ricordava l’estate in cui era nata dopo il lungo inverno trascorso; si fermarono al bordo del cerchio, l'albero centrale era completamente avvolto dalla notte.
“Non ci vuole qui ora.” Mormorò Arya con una strana riverenza che diede un brivido lungo la schiena a Jaime; la sacralità del luogo, tale da turbare un guerriero come lui, reduce da mille prove, era potente.
Tornarono sui loro passi verso una luce che filtrava da una piccola costruzione; la capanna di una anziana donna che curava con le erbe, spiego Arya, qualche volta Lady Cathelyn l'aveva convocata per usare i suoi rimedi sui ragazzi Stark.
Avvicinandosi, non udirono voci o suoni, ma una torcia bruciava di una luce intensa, attirandoli a se; se il bosco era interdetto, la capanna offriva una panchina di sasso su cui si accomodarono.
Jaime apri il mantello e rivelò una fiaschetta; vino, del migliore, l'offerta di un brindisi solo per loro due.
“Al futuro!”
Suggerì Arya, bevendo per prima e passandola a Jamie, che senza pensare di pulirla la porto alle labbra.
Prima del vino sentì il suo odore per un momento: cuoio degli abiti, fumo dei capelli dopo i fuochi dei morti, farina del pane che era stata la cena di aria.
Arya riprese in mano la fiaschetta e la avvicinò di nuovo alla bocca, Jaime sperò che lei potesse sentire lui, un desiderio stupido ed egoista, Arya aveva la metà dei suoi anni ed era l’esponente di una famiglia di storici rivali, meritava meglio di un soldato senza una mano.
Eppure sapere di Gendry lo aveva toccato dentro e non era giusto, Jaime non aveva alcun titolo sulla ragazza, c'era solo Cersei ad aspettarlo - in vita o in morte - a Approdo del re.
“Tu andrai a sud, io verso ovest.”
“Forse ci rivedremo, un giorno. Bran ha parlato di un futuro.”
“Mio fratello, il visionario.“
Bran poteva leggere le menti, ma il viso di Jaime era un libro aperto.
Arya lo osservava con la testa leggermente piegata, i suoi occhi fissi in quelli di Jaime.
“Tu non vuoi partire.”
Un sospiro, profondo, quasi un singhiozzo, perché Arya aveva capito. Qualcosa lo tratteneva li e molto altro lo trascinava via. La tentazione di cambiare tutto, ribaltare la propria vita, dimenticare il passato; illusione di un momento, Cersei lo chiamava a se..
“Devo. Cersei aspetta un bambino, non posso lasciarla sola, con Daenerys che punta ad attaccare Approdo del re.”
“Un altro bastardo tuo?” Arya non sembrava tanto sorpresa.
Jaime annuì, non gli importava che Arya sapesse, anche se provava una certa vergogna a confermare che il suo legame con la gemella era ancora vivo dopo i danni che avevano causato .
“Anche i bastardi meritano un padre. Forse sei migliore di Robert.”
Arya si alzò girandosi leggermente verso Jaime, in modo da essere alla stessa altezza.
Avvicinò delicatamente la sua piccola mano bianca e callosa alla guancia di Jaime e tolse la singola lacrima; lui fu veloce ad afferrare il polso, prima che Arya ritraesse il braccio.
“Arya, se soltanto..”
Lei scosse la testa, gli mise l’altra mano davanti alla bocca per fermare le parole.
Jaime annuì e chiuse gli occhi, non voleva vederla andare via, era la fine di una speranza che non aveva il diritto di concedersi.
Il tocco lieve delle labbra screpolate di Arya sulle sue fu l’ultimo ricordo della ragazza. Dopo, rimasero solo il cuoio, il fumo e la farina.

   
 
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