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Autore: Aliseia    12/09/2020    2 recensioni
La congiura dei Pazzi non era mai stata perdonata e quella notte Girolamo Riario avrebbe pagato con la vita.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In The Vault Of Time'
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Fandom: Da Vinci’s Demons
Genere: Angst –Romantico
Rating: Teen and Up audience
Personaggi: Leonardo Da Vinci, Girolamo Riario

Note alla storia: La serie Da Vinci’s Demons è un fantasy esoterico. Della magia dice che sia scienza ancora da capire. Del soprannaturale fa intuire che esiste sempre una spiegazione razionale. Ma contempla la presenza del Conte Vlad Tepes Dracula, che sopravvive intatto al rogo provocato dai suoi nemici e alla rovinosa caduta da una torre. Di tutto ciò non vengono fornite spiegazioni. Non lo farò neanche io. Con questa storia libero i miei personaggi dalla Storia.
Note storiche: il personaggio storico di Girolamo Riario, molto diverso da quello raccontato nella serie (e io mi occupo solo di quello fictional) morì a Forli il 14 aprile del 1488, assassinato nella congiura degli Orsi.
Dediche: a Miky. Angelo, ricorda che quei due hanno sempre un altro appuntamento. In un altro luogo, in un altro tempo.
A Abby: spero che questa svolta non ti lasci interdetta, per quanto azzardata ha le sue radici nella serie stessa.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a David S. Goyer, agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
 
 
Goodbye Kiss
 
 
Doomed from the start
We met with a goodbye kiss, I broke my wrist
It all kicked off, I had no choice
You said that you didn't mind 'cause love's hard to find
Maybe the days we had are gone, living in silence for too long
Open your eyes and what do you see?

Lana Del Rey – Goodbye Kiss

 
 
I passi di corsa sul selciato suonavano forte nel buio e nella solitudine della piazza. Ma non più forti del suo cuore, né più veloci delle voci nella sua testa: gli Orsi erano a Forlì per assassinare Riario. La congiura dei Pazzi non era mai stata perdonata e quella notte Girolamo Riario avrebbe pagato con la vita.
Leonardo correva senza più fiato, le ombre sembravano fuggire al suo passaggio, si addensavano bisbigliando negli angoli, urlavano in lontananza per qualche inesprimibile orrore. E poi lo vide.
Con le braccia aperte, il capo riverso, pareva in croce. Le vesti nere gettate da un lato, sangue ancora più nero intorno alla testa. Lo avevano martoriato con quindici coltellate e poi gettato dal Castello. Ma non era morto. Non ancora.
«Girolamo!» gridò Leonardo, e nella notte quel nome suonava così strano. Ci aveva messo tanto a chiamarlo per nome. Per anni era stato solo Riario, il serpente. Poi Riario, il mostro. Poi Girolamo, il suo amante. Nel lungotevere, tra le ombre di un ponte. Poi ancora, nei momenti strappati alle loro vite prestigiose e vuote. E ora… «Girolamo.»
«Da Vinci. Siete tornato da me.» la voce era più roca, più velata del solito.
Leonardo si chinò. Una mano tra i capelli e poi dietro la nuca, a sollevargli il capo affinché non fosse soffocato dal sangue.
«Girolamo… No, non parlare. Ti curerò… Cielo, tutto il tuo sangue. Ti darò il mio. Ho già fatto una trasfusione, anni fa. A Lorenzo. E se non basta lo creerò nel mio laboratorio. Lo produrrò come si fa con le pozioni…»
Riario rise. «Mi sarebbe utile, sì. Non sai quanto. Leonardo, ascolta…»
«Non parlare. Adesso dobbiamo… Coprirti.» In fretta Leonardo rivestì l’uomo ferito con il proprio mantello. Voci concitate uscivano dal palazzo. Poi sempre più vicine, si gonfiarono in grida. Di vario tipo: amore, violenza, poi trionfo… «Sono i miei uomini. Vengono a prendermi. Caterina vincerà alla fine. Vincerà anche stavolta… Avrà… il mio cadavere e sarà vendicata. Se puoi, veglia sulla sua sicurezza e su quella dei miei figli.»
«No! – protestò Leonardo – Ti riavrà, ma vivo.»
«Non proprio. Sapevi che il Papa Sisto IV, il falso Papa, il mio defunto padre, aveva finanziato una missione in Valacchia?»
«Che c’entra ora? Devi dire ai tuoi uomini che posso curarti.»
«No, non puoi – Riario sembrava molto tranquillo. A tratti un sorriso mesto illuminava il volto scavato – Ora taci e ascoltami, hai poco tempo – sibilò tornando serio – Una missione fallimentare, la mia in Valacchia. Il Conte Vlad non volle ricevermi. Era una terra pericolosa, le condizioni del tempo inclementi e perciò decidemmo di tornare a Roma a tappe forzate, viaggiando anche di notte. E una notte… Sentii prima il fetore, quell’odore rivoltante di sangue rappreso. Ti sei mai chiesto perché lui è… così? Non è soltanto pazzo. Quell’uomo non può morire, Leonardo.»
L’artista si fece attento. «Cosa accadde…»
«Mi morse… per quanto questo possa sembrare assurdo. Me lo trovai di fronte, bianco in viso più della luna, gli occhi metallici… E mi morse prima che i miei uomini potessero fermarlo. Persino prima che capissero chi fosse, io solo lo riconobbi. E poi svanì nel buio. Letteralmente. Fui soccorso, la ferita sanguinava ma io stavo bene. Certo, trovavo la cosa rivoltante, pure ero pervaso da una strana euforia. E apparentemente non riportai danni. Ricordi i suoi occhi? Erano vuoti. Due specchi vuoti… Non riferii a nessuno le sue parole: “Da Vinci voleva uccidermi, io gli porterò via qualcosa di più prezioso della vita”» Si fissarono. «Curioso, non è vero? – continuò Riario – Se devo essere sincero io non capivo il collegamento, ma quando la ferita guarì senza infettarsi non ci pensai più.»
Ora Leonardo guardava nel vuoto. Nel campo cremisi di sangue, durante la loro ultima battaglia, il Conte Vlad Tepes Dracula aveva detto cose altrettanto misteriose: “Vi ho fatto un dono, Da Vinci. Non l’ho ucciso, l’ho lasciato per voi. E voi deciderete che farne.”
«Credi nella leggenda rumena degli strigoj, Leonardo?»
«No.»
«Eppure Dracula non può essere ucciso.»
«È solo un uomo dalla tempra eccezionale. Nel suo sangue circola un morbo che ucciderebbe chiunque… Ma non lui. Come in una perfetta chimica tra ospite e parassita egli è diventato molto più forte, guarisce in fretta, invecchia molto lentamente… Il morbo è trasportato da un parassita che per molti, quasi per tutti, è letale.»
«Quasi per tutti.» confermò Riario.
«Ma non per te…» Leonardo si chinò ancora, con due dita scansò dalla pallida fronte sudata una ciocca di capelli corvini. «Guarirai.» disse con gli occhi lucidi.
«No… no! – Girolamo gli bloccò la mano, gli occhi sbarrati – Hai visto Vlad? Non è vita. Egli è un involucro senz’anima. Pazzo, crudele. Qualcosa di simile al mostro che ero io dopo il veleno... Ma senza cuore. Tu devi fermarmi. Il mio cadavere sarà esposto per tre giorni. Poi... ho pagato due guardie. Nessuno scenderà in quella tomba, scapperò a Roma... E nessuno dovrà sapere che sono sopravvissuto. Non è la prima volta... Ricordi il mio tentato suicidio? Ho buone ragioni per credere che accadrà la stessa cosa. Tornai pazzo. Questa volta di me non resterà niente. Un guscio vuoto. Meno di un mostro.»
«Non puoi saperlo.»
«Lo so, invece. E tu mi aiuterai. Tornerò a Roma e lì finalmente… tu mi ucciderai. Almeno questo me lo devi.»
Leonardo serrò le labbra. «Non ti devo niente. E se è per questo sei pazzo fin da ora. Hai moglie e figli, dovresti restare per loro.»
«Restare? In che modo? Sono un mostro, Leonardo. Non invecchio. Mi vedi?»
«Oh, il tempo può essere ingannato in tanti modi…»
Girolamo serrò le palpebre per esaminare bene il suo interlocutore. Non gli sfuggiva che evidentemente anche per l’Artista dieci anni erano trascorsi invano.
Leonardo continuò: «Ma non è magia, Girolamo. È stata la Volta Celeste. Qualcosa dall’altra parte del mondo ha cambiato la nostra chimica. Il tempo è circolare, senza ieri e senza domani, ogni cosa esiste in tanti istanti diversi, in tempi differenti. Mi chiedevano di attraversare il tempo ma io ho lasciato che il tempo attraversasse me. Sono, sono stato, sarò. Ma il Leonardo che esiste è quello della volta celeste, cristallizzato in quell’istante. E lo stesso è accaduto a te. Ci invecchieremo per tranquillizzare i nostri contemporanei, non è difficile. Diventeremo schivi, indosseremo parrucche - entrambi sorrisero – Ma noi saremo fuori…Ci crederanno maghi ma noi siamo scienziati, iniziati.»
«Tu lo sei. Un mago e un iniziato. Quella prova era destinata a te.
Non è da tutti liberarsi del giogo del tempo, così come non è da tutti sopravvivere al veleno di Vlad.» Per l’ennesima volta due guardie passarono vicinissime, ma Leonardo aveva fatto in modo di trascinare il corpo nell’ombra, celandolo con la stoffa scura del suo mantello. «La differenza, Leonardo – Girolamo sospirò sul nome dell’amante che si chinò un po’ di più per ascoltarlo meglio – è che tu diventerai un angelo, privo di ogni legame, mentre io sarò un demone orribilmente legato alla carne e al sangue. L’ho assaggiato, sai? Il suo sangue, dopo averlo ucciso.»
Da Vinci sbatté le palpebre poi annuì. Riario parlava evidentemente del falso papa. «Ti ho già detto che non ti giudico per questo.»
«Ho bisogno di sangue… Periodicamente.»
«Come molti ammalati.»
«Non sono ammalato. Sono perduto. E tu metterai fine a tutto questo. Ti prego… Non volevi sentirmi pregare? La tradizione dice di usare un paletto nel cuore, o la decapitazione…»
«No…» si lamentò Leonardo.
«Sì, lo farai. Tornerai da me e lo farai – negli occhi di Girolamo danzava ora un languido bagliore – Ma ora… Lascia che io ti preghi ancora. È un trionfo per te questa sera. Mi dovevi un bacio. Me lo rifiutasti a Roma la prima e la seconda volta e non ci sarà tempo quando ci vedremo ancora.»
Stordito Leonardo continuava a ripetere “no” e a dispetto delle voci sempre più vicine non si risolveva a lasciarlo. Voltò per un istante il capo, passò velocemente una mano sul viso ad asciugare una lacrima, poi chinandosi di nuovo prese delicatamente il volto sofferente tra le proprie mani. Lo baciò, il volto asciutto ora, senza un accenno di pietà. Di tenerezza, forse, ma non di pietà. C’era anzi nella sua foga, nel modo in cui cercava le labbra dell’altro uno slancio passionale degno di più liete occasioni, al punto che Girolamo si ritrovò a ricambiarlo con la stessa passione, lasciando scivolare le dita tra i lunghi capelli, sfiorandone le braccia che uscivano nude dalla veste. «Ecco, questo è quello che definirei un vero bacio, L’ultimo, prima che tu torni da me. A Roma.» Leonardo gli toccò il viso per una rapida carezza, poi sollevando il capo si accertò che le guardie si fossero allontanate. In piedi nella piazza dove molti si affollavano tra grida e spintoni, lanciò un ultimo sguardo all’uomo che giaceva nell’ombra. «A Roma…» mormorò. Con un gesto richiamò l’attenzione delle guardie, indicando il corpo esanime del Conte. Poi rapidamente svanì tra la folla.
 
 
  
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