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Autore: Aliseia    12/09/2020    2 recensioni
Lentamente Riario si girò. Era intatto: il profilo affilato, il collo elegante e sottile, gli zigomi perfetti. Sul viso di eterno ragazzo non c’erano tracce del recente attacco subito.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In The Vault Of Time'
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Fandom: Da Vinci’s Demons
Genere: Angst – Erotico - Romantico
Rating: Mature audience
Personaggi: Leonardo Da Vinci, Girolamo Riario

Note alla storia: è già passata una settimana dalla “morte” di Girolamo Riario. Leonardo Da Vinci si reca a Roma, dove qualcuno lo attende.
Dediche: A Miky: noi tutti te l’avevamo promesso. Di seguire una mappa di stelle, per ritrovare la strada.
A Abby: da questo momento la storia è un grande affresco da cui attingere per trovare ispirazione. E la libertà è così bella.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a David S. Goyer, agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
 
 
And Then I Made A Map
 
I took the stars from our eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you

Cosmic Love – Florence + The Machine

 
 
 
Roma – 21 aprile 1488

La luce delle torce spioveva da direzioni opposte intrecciando le ombre. Esse si rincorrevano come cerchi nell’acqua lungo la loggia di Palazzo Riario. Statue bianche come mute sentinelle sembravano indicare la strada da seguire. La strada che avrebbe portato Leonardo Da Vinci dal buio della notte al tenue bagliore delle candele. All’interno in controluce una figura ben nota, sottile e virile e dritta come un fuso.
«Sei tornato. Sei tornato da me.» disse Riario senza voltarsi.
«Non ti illudere… Non vi illudete, Conte. Sono tornato come mi avete chiesto. Ma domani mattina parto per il Nord. Milano. Volete un passaggio? Potremmo fare una deviazione e lasciarvi a Forlì. Abbiamo cavalli freschi e una comoda carrozza. Forse non comoda come le vostre ma…»
Lentamente Riario si girò. Era intatto: il profilo affilato, il collo elegante e sottile, gli zigomi perfetti. Sul viso di eterno ragazzo non c’erano tracce del recente attacco subito.
«Non scherzate, Da Vinci. Come potete vedere non vi raccontavo favole. E ovviamente non voglio tornare a Forlì.» Si fermò per un attimo a contemplare l’interlocutore. «Vedo che il tempo è stato clemente anche con voi.» la luce delle candele carezzava il volto affascinante e le forme armoniose di un uomo nel pieno della giovinezza. Leonardo sorrise. «Perché non volete tornare dalla vostra famiglia? Se è vero che non potete morire, o invecchiare, è anche vero che potreste vivere almeno altri dieci anni accanto ai vostri cari. Prima che si accorgano che… siete cambiato.»
«Altri dieci anni… Per cosa?»
«Vedreste crescere i vostri figli!» Leonardo sembravo confuso, indignato all’idea che un padre potesse abbandonare la prole.
«I figli di Caterina.» precisò Riario con molta sobrietà.
L’artista non poté evitare una smorfia. «Suppongo che abbiate contribuito… E non ditemi che non v’importa, ho visto cambiare la vostra faccia al nome della bambina… Quella che ha i tuoi occhi, Girolamo.»
«Bianca.» confermò Riario con il fantasma di un sorriso a sfiorargli le labbra. Poi continuò: «Voi non capite. Dire che Caterina ha infuso in loro la vita non è una banalità. Ella vive in loro, essi sono suoi. Come spiegarvelo senza sembrare un padre snaturato? Non lo sono. Amo quelle giovani vite e mi spenderò per proteggerle finché potrò. Poi, magari, ci penserete voi.»
Leonardo sollevò un sopracciglio. «Ma sì, Da Vinci, almeno questo me lo dovete. Il vostro Lorenzo infine ha avuto la sua vendetta, e per la storia io sono morto. Vegliate sui miei figli, se potete.»
«Lo farete voi.» rispose Leonardo venendo più vicino.
«La mia anima…» sospirò Riario. Leonardo si avvicinò ancora, gli occhi verdi fissi in quelli liquidi dell’antico nemico. Il Conte sembrava a disagio. «Capisci, Leonardo? – boccheggiò – la mia anima forse ha già lasciato questo misero corpo.» Si arrestò di nuovo per scrutare l’altro con una certa aria severa. «Ti avevo chiesto di facilitarmi il compito, ma a quanto pare non vuoi. Da un momento all’altro potrei non essere più… quello che conosci. E sempre che tu mi conosca.»
«Se ti conosco abbastanza – cominciò Leonardo – la tua anima è ancora qui. Sei rimasto per quel bacio. L’ultimo. Fissato come un insetto allo spillo… con il cuore trafitto. Gli occhi enormi, pieni di lacrime che non vuoi mostrarmi.»
Con un gesto brusco Girolamo bloccò la mano che voleva sfiorargli il viso. «Non tentarmi, Leonardo. Io non posso concedermi niente. Nemmeno il dolore. Quel dolore lento e languido che tu solo puoi darmi e sul quale… la mia anima a volte si spezza.» qualche cosa nello sguardo d’ambra tremò.
«La tua anima è qui…» mormorò Leonardo.
«Anima?» Girolamo rise. Leonardo socchiuse gli occhi poiché neanche la morte o la perversione potevano offuscare quel sorriso incredibile di ragazzo.
«Non dire anima, Da Vinci. Non usare parole che potrebbero suonare ridicole. Non è l’anima, è questo stupido corpo – abbassò con malizia lo sguardo – che ti vuole, che smania per te…»
«Conosci la differenza? – chiese Leonardo – la differenza tra un desiderio e una reazione biologica? Nel desiderio c’è l’uomo per intero. La sua ossessione.» con le mobili dita sfiorò le palpebre livide del Conte
«La sua curiosità.» rise seguendo con le dita la linea del naso.
«Le sue voglie.» le dita indugiarono sulle labbra piene e sensuali. Girolamo sospirò.
«Il suo cuore.» proseguì Leonardo. Un dito batté sul petto del Conte. «E quindi la sua anima, qualunque cosa sia.» Il bacio lieve che posò sulla bocca del suo antico avversario costrinse questi prima a serrare più forte le palpebre e poi a spalancare gli occhi. I grandi occhi lucenti di Girolamo.
«La tua anima – Leonardo fissò il proprio sguardo nelle iridi immense – Io la vedo.»
«Hai tracciato un ritratto veritiero dell’uomo che ero. Ma che ora non sono più… Non lasciare che io diventi come quell’essere orribile.»
«È solo un uomo. Un pazzo che il dolore ha reso insensibile.»
«Potrebbe essere la mia sorte.»
«Potrebbe… O forse no. Se davvero credi che io sia un mago, allora fidati del mio incantesimo. Tratterrò la tua anima…la legherò alla mia.»
«Come speri di riuscire?»
«Sarai tu a dirmelo… Tracciando una mappa.»
«Come puoi chiedermi ora…»
«Perché ora è il momento.» Con molta semplicità Leonardo tolse i vestiti. La camicia scura, i pantaloni un po’ logori. Aveva tagliato i capelli e appariva più magro. Le forme plastiche e perfette di un giovanotto, di un fauno arrogante sorpreso nel momento in cui era più indifeso. Vulnerabile.
«La mappa, ricordi? Dovevi segnarla, vergarla sulla mia pelle seguendo certe stelle.»
«Le efelidi che si affollano sulla tua schiena…» sussurrò Girolamo.
Leonardo si voltò mostrandosi indecentemente a quello sguardo di fuoco e tenebre. La testa tra le mani, si distese sullo stretto divano che Girolamo usava evidentemente come improvvisato giaciglio. Girolamo senza spogliarsi sedette accanto a lui. Prese ad accarezzare prima le mani tra i capelli, corti e un po’ ispidi. Indugiò finché non lo sentì sospirare. «C’è qualcuno che si occupa di te, Da Vinci?»
«Nessuno.»
«E vuoi che lo faccia io?»
«Sì.»
Le mani scesero dalla testa al collo alle spalle. Lo toccava con tenerezza ma con vigore, come in un sensuale massaggio. Le mani scesero sui fianchi e Leonardo rabbrividì.
«Vuoi che io prenda il controllo?» chiese con dolcezza Girolamo.
«L’hai fatto già.» Leonardo sospirò inarcando la schiena.
Nello specchio di fronte a loro gli occhi s’incontrarono. Leonardo sembrava assorto, le palpebre scese a metà, socchiuse come nelle fantasie dell’oppio.
Gli occhi di Girolamo erano spalancati e lucidi. Le sue mani scesero ancora, la sue dita seguivano il disegno capriccioso delle efelidi. A Leonardo sfuggì un gemito. Con la stessa gentile fermezza Girolamo artigliò una natica, poi l’altra. Come a Venezia la vista di quelle sode nudità lo spinse a mordere. Una risata leggera sfuggì ad entrambi. Il Conte si sollevò sulle ginocchia sovrastando l’amante e con una leggera pressione lo preparò all’atto che la sua chiesa avrebbe detto contro natura. Un’intrusione con le dita, premurosa e attenta, ma non priva di urgenza. I gemiti divennero rantoli indistinti. Girolamo lasciò scivolare una mano sull’intrico di lacci nei pantaloni. Si liberò e stretto alle cosce dell’amante lo prese lentamente, il volto trasfigurato da un desiderio trionfante e commosso. «Leonardo…» sussurrò come se a violarne il corpo potesse davvero raggiungerne l’anima. Leonardo senza fiato, le mani aggrappate ai cuscini, assecondava ogni spinta.
Poi Girolamo all’improvviso si fermò, ma senza staccarsi da lui. Le braccia attorno alla vita, lo strinse a sé con una tenerezza che non avrebbe ammesso mai. Protettivo. Con delicatezza lasciò che si invertissero le posizioni, egli disteso e seminudo, le corte ciocche nere sui cuscini scarlatti, tutto il suo desiderio oscenamente in mostra. Leonardo su di lui, nudo e stravolto. L’artista mandò indietro il capo e mormorò: «Prenditi cura di me.» mentre scendeva sull’altro e ancora si lasciava prendere, aderendo a ogni sussulto, a ogni esitazione, a ogni vigorosa spinta che lo percorreva e lo divideva e lo riempiva di brividi.
«Ci sono io… - sussurrò Girolamo -  Io mi prendo cura di te.»
Gli occhi di Leonardo si riempirono di lacrime. Girolamo fissò le iridi dorate nel soffitto, come a ritrovare un punto di riferimento, poi di nuovo fu occhi negli occhi con il proprio amante.
«La tua anima è qui. È legata alla mia.» sussurrò Leonardo.
 
  
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