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Autore: fera_JD    13/09/2020    1 recensioni
Johanna Smith, una bambina senza famiglia si ritrova ad essere una strega nell’ Inghilterra del XX secolo. Avventure pericolose, amicizie improbabili e sconvolgenti verità la attendono tra le mura delle più famosa e famigerata scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Dal capitolo 2: “SERPEVERDE!” finì di dire il cappello urlando il nome della casata.
Johanna senza battere ciglio, riconsegnò il cappello alla professoressa e camminò verso il tavolo Serpeverde mentre i suoi componenti l’accoglievano con un tiepido applauso. Era l’ultimo tavolo a destra. Esattamente l’opposto di quello di Potter.
Buona Lettura
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Nicolas Flamel
29 dicembre 1991
Harry, dopo i consigli di Silente sul non ricercare più lo specchio delle Emarb per non perdersi di nuovo nei suoi incanti, aveva riposto di buona volontà  il mantello dell’invisibilità in fondo al baule. Ma una cosa era mettere via il mantello, un’altra era smettere di pensare a quello specchio.
Poter vedere i suoi genitori che gli sorridevano e che sembravano realmente lì, vivi e accanto a lui, era stato un dono incredibile. Il migliore che avrebbe potuto chiedere. Harry sapeva che quello era solo un incantesimo e che quello che gli mostrava lo specchio non era reale. Le persone che poteva vedere riflesse non erano veramente lì, ma era solo il suo desiderio di averle accanto a farle comparire. Harry sapeva tutto questo, eppure avrebbe voluto vederli di nuovo. Peccato che Silente aveva spostato lo specchio in un qualche altro luogo del castello, apposta per evitare che lui potesse di nuovo tornare in quella stanza. Anche a voler trasgredire il volere del preside e andarlo a cercare, Harry era sicuro che non sarebbe stato affatto facile trovarlo, se non addirittura impossibile.
Ma, nonostante la logica e le parole del professor Silente, Harry non riusciva proprio a toglierselo dalla testa. Aveva cominciato anche a farsi le domande più disparate. Perché si trovava in una scuola? Chi l’aveva portato ad Hogwarts?   Chi l’aveva costruito?  Doveva essere stato un mago formidabile, per creare un oggetto così fantastico…
“Che stupido specchio”
A quei pensieri, Harry non potè che ricordarsi delle parole di Smith. Non doveva essergli per niente piaciuto quello che lo specchio le aveva mostrato per aver avuto quella reazione. Quando se n’era andata a grandi passi dalla stanza sembrava proprio infuriata nera. Harry si chiedeva cosa avesse visto la serpeverde, per reagire così.
Non aveva più parlato con Smith dalla sera prima della partita di Quidditch, quando l’aveva trascinata nella sua fuga senza nemmeno accorgersene. A ripensarci, ancora adesso si sentiva in imbarazzo per quella figuraccia.
Ma solo dopo quell’ultima sera che Harry aveva potuto vedere i suoi genitori nello specchio delle Emarb, ovvero la stessa in cui lui e Smith erano stati beccati da Silente, aveva cominciato ad osservare la ragazzina di serpeverde. Forse spinto dalla curiosità o dalla domanda che gli girava in testa da quella sera. Quali erano i desideri di Smith? E perché non le erano piaciuti?
In quei due giorni, aveva notato come Smith fosse una persona più che solitaria, parlava poco o con nessuno durante i pasti e non l’aveva mai vista in compagnia di anima viva. Forse era perché i suoi amici erano tornati a casa per le vacanze… chissà poi perché lei era rimasta?
Harry la stava di nuovo osservando da lontano quel giorno a pranzo, quando l’aveva vista alzarsi dal suo tavolo per poi procedere verso l’uscita della Sala Grande, e subito dopo venire intercettata da Silente, proprio davanti alle porte.
La curiosità fu troppo forte e dando una frettolosa e vaga spiegazione a Ron seduto al suo fianco si alzò di corsa per raggiungere anch’egli le porte della Sala.
Avvicinandosi, mentre rallentava il passo sentì distintamente la voce di Silente rivolgersi a Smith, chiamandola per nome.
 “Johanna, lo specchio delle Emarb ha cambiato casa. Ti pregherei di non cercarlo più…”
“Professore, questa non è mia intenzione. Non ho interesse verso quello specchio.” Rispose lei con voce atona e senza emozione.
“Davvero?”
Harry sbirciò oltre le porte, per osservare di nascosto la scena.
Smith annuì alla domanda del preside dicendo:  “Ciò che mostra quello specchio è solo un’illusione. È inutile e uno spreco di tempo perdersi in sogni irrealizzabili. Con permesso, ora vorrei andare ad esercitarmi al laboratorio di pozioni.”
“Certamente Johanna, vai pure.” Acconsentì Silente con un sorriso, lasciandola passare . La ragazza con un cenno del capo salutò il preside e procedette diritta per la propria strada.
Harry era confuso. L’affermazione di Smith l’aveva stupito non poco, facendogli sorgere un buon numero di domande su quella strana ragazzina di serpeverde. Se a prima vista Smith poteva sembrare una persona comune, ora Harry non ne era poi così sicuro…
“Harry vuoi chiedermi qualcosa?”
Silente era sbucato da oltre le porte, cogliendo in fallo il ragazzo che sopra pensiero non si era curato di allontanarsi per nascondere il fatto che aveva volutamente ascoltato tutta la conversazione.
“Io… scusi professore… non volevo origliare…” balbettò Harry diventando rosso come un peperone.
Silente ridacchiò, probabilmente non credendo ad una sola parola del giovane. “Stai tranquillo ragazzo. Avanti chiedi.”
“Ecco… io ero solo curioso… riguardo a quello che avesse visto Smith nello specchio delle Emarb… però in fondo non sono affari miei…”
Harry avrebbe voluto sotterrarsi da solo per la vergogna. Si sentiva un tale impiccione…
“Perché non glielo chiedi?” chiese Silente tranquillo, con un sorriso leggero.
“Non lo so, non siamo poi così amici…”
“Come mai?”
“…” Harry non sapeva cosa rispondere. Aveva avuto varie occasioni per conoscere meglio Smith. Era anche una cara amica di Hermione, la quale aveva sempre detto che la serpeverde fosse simpatica ed intelligente. Ma, lui da solo non aveva mai fatto un passo verso di lei, nonostante quest’ultima non l’aveva mai preso in giro come gli altri membri della sua casa, né si era comportata male con lui o con altri. Anzi, lo aveva pure ringraziato dopo la faccenda del troll…
“Pensaci e forse ti ritroverai molto più simile che diverso da Johanna.” Disse Silente e con un ultimo sorriso, se ne andò lasciando da solo Harry con le sue domande.
 
Johanna era nel bel mezzo di una delle pozioni contenute nel libro di Hermione e stava lavorando di buona lena con la mente impegnata solo e solamente alla preparazione dei vari ingredienti e a mantenere il fuoco ben vivo sotto il suo calderone. Era totalmente concentrata… e non stava lavorando come un’ossessa, neanche avesse gli esami alle porte, solo per evitare di pensare a quel dannato specchio. No, assolutamente no.
Dannato Potter e dannata la sua stramaledetta curiosità! Quanto avrebbe voluto avere una fottuta macchina del tempo per impedirsi di uscire dalla sua diavolo di sala comune.
Maledizione, e ancora maledizion….
“Ciao”
Johanna nel girarsi per vedere chi avesse interrotto la sua sequela di malauguri, si ritrovò la stretta figura di Potter in piedi davanti alla porta del laboratorio.
Il ragazzino si stava frizionando le braccia coperte da un brutto maglione per via del freddo. In effetti, i sotterranei erano sempre più che gelidi .
“Oh Potter, buongiorno!” salutò Johanna educata “Come mai qui?”
Di certo non era venuto a ripassare pozioni, non le era mai sembrato un tipo amante del calderone.
“Ecco… io cercavo te in realtà…” rispose un po’ rosso il ragazzo.
“Cercavi me?”
 “Io.. sì ecco… volevo ringraziarti per non averci denunciato quella sera… sai quella dello specchio…” balbettò Potter a voce bassissima.
“Te lo già detto Potter, io non faccio la spia e poi siamo stati beccati dal preside in persona. Se lui non ci ha detto niente, direi che ci saremmo comunque evitati la punizione.”
“Sì, hai ragione…”
Cadde il silenzio.
Johanna non sapeva cosa pensare. Lei e Potter non erano mai stati amici e mai si erano fermati a conversare del più o del meno. Quindi il grifondoro doveva per forza voler qualcosa da lei. Il punto però era, che la stava prendendo decisamente troppo per le lunghe. Diavolo, lei aveva da fare!
“Potter si può sapere cosa c’è? Ho una pozione sul fuoco e…”
“Perché non vuoi tornare a cercare lo specchio delle brame?” sputò  fuori Potter  praticamente tutto d’un fiato.
Ah, era per quello.
Il mondo la odiava, era assicurato. Lei cercava di dimenticare quella sera nefasta e Potter di punto in bianco decideva di fare conversazione con lei proprio sull’argomento che Johanna avrebbe voluto evitare come la peste.
Ma porc…
La ragazzina con un sospiro rassegnato spense il fuoco completamente, ormai certa che non sarebbe tornata presto alla propria pozione. Johanna si sedette su uno sgabello, invitando Potter a fare lo stesso.
“Il motivo è semplice Potter. Quello specchio non mi è di nessuna utilità e non dovrebbe esserlo nemmeno per te.”
“Sì, questo lo so.” le diede ragione Potter sedendosi su uno sgabello di fronte a lei “Ma, quello che vedo è qualcosa che avrei sempre voluto vedere nella realtà ed. .. è bello poterlo vedere almeno lì…”
“Sì, ed è esattamente questo il punto. Non è reale. Non so esattamente cosa tu veda all’interno dello specchio, ma  conoscere i tuoi desideri non cambierà il tuo presente. Magari il tuo futuro, se vuoi che quello che hai visto si avveri…”
“No. Non centra il mio futuro.” Disse Potter con amarezza “Quel desiderio è …. Irrealizzabile.”
“Allora, a maggior ragione, non dovresti perderti in inganni simili.” Disse Johanna atona.
Per quanto poteva far male, era meglio essere logici e pratici. Il dolore stesso era una perdita di tempo o almeno questo era quello che si ripeteva la ragazzina da fin troppi anni…
Potter annuì poco convinto alle parole della serpeverde. “Posso chiederti il perché non ti è piaciuto quello che hai visto? L’altra sera te ne sei andata come una furia…”
“Sì, in effetti mi sono comportata davvero da maleducata. Ti chiedo scusa.” A ripensarci si vergognava di sé stessa. Quella maledetta visione l’aveva fatta così incavolare che se n’era andata senza salutare o chiedere scusa per l’infrazione del coprifuoco. Era un miracolo che Silente non si fosse infuriato per un comportamento simile.
“Ma no, figurati…” stava dicendo Potter, prima di essere interrotto dalla serpeverde, la quale aveva tutta l’intenzione di deviare il discordo dal suo cattivo comportamento. La maleducazione la tollerava difficilmente, soprattutto se veniva da sé stessa.
“Comunque” continuò Johanna “ Ero arrabbiata per i motivi che ti ho detto. Ovvero,  ciò che ho visto lì dentro non è reale e non potrà mai esserlo. Illudermi di averlo nella realtà è solo controproducente.”
“Anche per te allora è un desiderio irrealizzabile…” disse Potter stupito.
“è esatto.”
“Che cosa hai visto… se posso chiedere…”
La mente di Johanna volò alla notte di due giorni prima, quando dentro a quell’antico specchio erano comparse due figure che sapeva non sarebbero mai state reali.  Lei era lì con loro, nel riflesso, vestita di tutto punto, con un lungo mantello riccamente decorato e la propria bacchetta stretta tra le mani. Così come quelle due figure: un uomo e una donna, due maghi. Lei con i capelli corvini, lasciati sciolti sulle spalle esili, due occhi chiari ed un sorriso dolce. Lui con i capelli neri corti ed elegantemente tirati all’indietro, il naso importante, il viso affilato ed un sorriso orgoglioso. Erano sorrisi rivolti verso di lei. Erano per lei.
Erano dei sorrisi che non avrebbe mai visto nella realtà.
“I miei genitori.”
“Come?” chiese stupito Potter.
“Per essere più precisi.” Spiegò Johanna senza guardare il coetaneo negli occhi “I miei presunti genitori. Sono stata abbandonata che avevo pochi mesi di vita, Potter. Quindi quello che vedo nello specchio sono due persone adulte simili a me che dovrebbero essere i miei cari genitori. Ma non lo sono, fine della storia.”
Quella era la realtà, lei non aveva genitori e mai li avrebbe avuti…
“Io scusa non lo sapevo…”
“Tranquillo, non è mica un segreto, né una cosa che mi imbarazza. Ci sono  abituata…”
Quanto avrebbe voluto fosse vero…
“Li vedo anch’io.”
“Cosa?” chiese Johanna tornando al presente.
“Anch’io vedo i miei genitori e il resto della mia famiglia. Quella che non ho mai conosciuto.”  Disse Potter con lo sguardo basso.
Johanna gli sorrise comprensiva. In effetti, avrebbe potuto arrivarci, pensò Johanna. Maghi o babbani, gli orfani erano tutti uguali.  Persi e con l’unico desiderio di sentirsi ancorati a quello che gli altri davano tanto per scontato. Una famiglia.
Potter, in fondo non era poi così diverso da lei.
“Almeno sai che quelli che vedi sono realmente i tuoi genitori.” Disse Johanna.
“In realtà non ne sono poi così sicuro… non ho foto di loro.”
“Cosa? Perché?!”
Potter si strinse nelle spalle non sapendo nemmeno lui come rispondere.
“Ma… è assurdo! Tutti hanno delle foto… Insomma i parenti o gli amici dei tuoi dovrebbero averle…”
“Non conosco nessuno che fosse stato amico dei miei genitori e i miei zii non hanno nulla di loro…”
Johanna lo guardò corrucciata. Era più che confusa. Quello era il fottuto Bambino Sopravvissuto e i Potter erano visti come dei cazzo di eroi di guerra, era impossibile che avessero abbandonato quel bambino con dei parenti che non sapessero nulla del mondo magico, da non avere neanche una fottuta foto.
“Senti Potter, non per impicciarmi degli affari tuoi ma, tu vivi con i tuoi zii, giusto? Loro sono babbani…”
Era il momento di fare chiarezza su quel mistero chiamato Harry Potter.
“Sì, perché?”
“Ok, ma avrai avuto dei tutori maghi o qualcuno che ti ha insegnato o parlato del mondo magico e dei tuoi genitori, giusto?” chiese Johanna sicura di ricevere una risposta affermativa.
“In verità no, non sapevo nemmeno che i miei erano maghi prima che Hagrid venisse a portarmi la lettera per Hogwarts.” Rispose Potter, lasciando così Johanna esterrefatta.
“Cosa?! E poi, perché proprio il guardiacaccia ti ha portato la lettera?” la ragazza aveva parlato con un’ottava più alta del normale. Johanna era allibita. Nessuno si era preoccupato di controllare o di prestare attenzione alla vita o all’istruzione del Bambino Sopravvissuto? Era qualcosa che andava contro ogni logica!
“Ehm… ecco… i miei zii hanno strappato tutte le lettere di Hogwarts che sono arrivate con i gufi.” Rispose titubante Potter, quasi spaventato dalla reazioni della Serpeverde.
“Cosa, perché?!!”  esclamò lei non credendo alle sue orecchie.
“Non amano molto la magia…. e non abbiamo poi un così bel rapporto…”
“Oh…”
Johanna sembrò come sgonfiarsi sul suo sgabello appoggiandosi di peso al tavolo dietro di lei, mentre osservava il ragazzino davanti a lei. Ora capiva il motivo per cui Potter sembrava un ragazzino gracilino e comunemente trascurato come tanti altri. Perché semplicemente lo era.
‘Bambino Sopravvissuto’ era sono un nome, senza significato se non quello di ‘orfano con i genitori uccisi’. Non aveva avuto alcun trattamento di favore, era stato semplicemente sbolognato al parente più prossimo come un pacco postale.
“Porca vacca.”
Potter strabuzzò gli occhi all’esclamazione della ragazza, di certo non aspettandosi un’esternazione simile.
“Harry Potter, tu sei davvero una sorpresa continua.”
“Ehm… grazie. Credo.” Rispose lui stranito, prima di sorridere “Anche tu però non scherzi. Non ti credevo una che se ne andava in giro di notte. Pensavo fossi una persona ligia alle regole come Hermione.”
“Oh, no. Per niente, in realtà.” Rispose con un sorriso ferino Johanna.
Potter ridacchiò divertito. “Ma come facevi a sapere dove fosse la stanza dello specchio?”
“Ho sentito te e Weasley che ne stavate parlando per i corridoi e mi sono incuriosita.” Spiegò la ragazzina sorridendo con un braccio appoggiato al tavolo.
Potter annuì, torcendosi le mani. “Ma se eri così curiosa…perché non vuoi più cercare lo specchio… anche tu vedi i tuoi genitori… o presunti genitori… ma come… come fai  a non volerli rivedere anche se non sono reali? Io non riesco proprio a togliermi quello specchio dalla testa.”
Johanna rimase per un attimo in silenzio come a cercare le parole giuste. Poteva capire quello che poteva provare Potter, perché  se era vero quello che le aveva detto, poter vedere finalmente i propri genitori seppur all’interno di uno specchio incantato doveva essere una tentazione fortissima. Ma per lei era diverso…
“Forse è proprio perché so che non sono reali. Ho speso tanto di quel tempo da bambina a sperare che i miei genitori comparissero davanti all’istituto dove vivevo, dicendo che si erano sbagliati e che non avrebbero voluto abbandonarmi , da farmi venire la nausea. Loro non sono mai venuti per me e io ho smesso si sperare di avere una famiglia. Un oggetto magico che fa riaffiorare quel desiderio è un insulto.”
Johanna aveva parlato con astio e rabbia nella voce, perché quella visione era molto simile ai suoi sogni più rosei. Era più o meno così che si era figurata le persone che l’avevano messa al mondo, con la sola aggiunta della magia. Certo, peccato che quelle persone erano esistite solo all’interno della sua testa.
“Oh… io mi dispiace…” disse Potter con fare preoccupato. Quasi triste.
Johanna ritrovò il sorriso, almeno per rincuorare il ragazzo. “Per cosa? Mica è colpa tua Potter. Ma immagino che quello specchio sia una bella trappola per tutti gli orfani. Silente ha fatto bene a spostarlo.”
Potter annuì, seppur con un’evidente poca convinzione e senza guardarla negli occhi.
 “Harry.” Lo chiamò lei ricercando quei due pozzi verdi “Capisco che vedere i tuoi genitori sia una cosa fantastica, ma sognare di poterli riavere credo che potrebbe solo farti più male.”
Era la prima volta che lo chiamava per nome e normalmente non si sarebbe presa tante libertà senza averne il permesso, ma quello non era proprio il momento per le formalità.
“Sì, lo so. Però è stato bello, anche se non era vero.” Disse Harry con sorriso leggero.
“Già.” Rispose Johanna con il medesimo sorriso sul volto.  “Comunque non mi aspettavo proprio che uno con la tua storia, fosse…  beh una persona così normale, e fidati è un complimento!” 
“D’avvero?” chiese Harry alzando un sopracciglio seppur mantenendo il sorriso.
“Sì, quando mi hanno raccontato tutta la faccenda di quel mago oscuro e la tua, per così dire, intromissione nella storia, avevo immaginato fossi un tipo arrogante e spocchioso e invece eccoti qui!”
Harry ridacchiò dicendo:  “Guarda piuttosto che diventare come Malfoy, preferisco essere la persona più normale del pianeta!”
“Sì, comprendo il sentimento!”
I due scoppiarono a ridere insieme, facendo riecheggiare le loro voci per tutto il sotterraneo.
Lei ed Harry rimasero a chiacchierare del più e del meno nel laboratorio per il resto del pomeriggio, incuranti del freddo e del fatto che fino a poche ore prima non si fossero mai realmente parlati l’un l’altro. Entrambi avevano riscontrato un’incredibile facilità e complicità nel conversare, come se si conoscessero da sempre. Era strano, soprattutto per Johanna, che non era affatto abituata ad una complicità così naturale con una persona appena conosciuta.  Ma la ragazza doveva ammettere che era anche piuttosto piacevole e per una volta decise di lasciar perdere tutti i suoi piani e ragionamenti e  godersi il momento.
Quando i due ragazzini si separarono, Harry la invitò  al loro tavolo per la cena e senza pensarci troppo Johanna aveva accettato. Ora però, mentre si dirigeva con passo incerto verso la Sala Grande, la ragazzina cominciava ad avere dei dubbi. Non era da lei comportarsi in quel modo così spontaneo e buttarsi in un rapporto senza aver fatto tutte le analisi e le catalogazioni del caso. A mente fredda sapeva che una possibile amicizia con Harry Potter sarebbe potuta risultare problematica sia con i componenti della sua casa che non vedevano di buon occhio Harry, sia con il professor Snape che lo odiava senza mezzi termini. Eppure non aveva resistito. Quella sera a cena, quando entrò nella sala Grande non si diresse verso il tavolo verde argento come di consueto e come la sua amata logica le diceva di fare. Johanna, invece,  camminò sorridendo verso la figura di Harry che la stava chiamando con un braccio alzato al tavolo dei Grifondoro. In fondo era solo una cena. Che male poteva fare?
 
30 dicembre 1971
Ronald Weasley era un bravo ragazzo, leale con gli amici e con la propria famiglia, anche se spesso e volentieri quest’ultima lo metteva in imbarazzo e fosse un po’ asfissiante. Ma al contempo ne era sempre stato profondamente orgoglioso e odiava chiunque ne parlasse male o cercasse di denigrarla per la sua poca ricchezza o per altri stupidi motivi. Per questo Ron detestava profondamente Malfoy che mai perdeva occasione di dar aria alla bocca con stupidi e crudeli commenti riguardo alla povertà dei suoi averi o della sua casa. Malfoy era ovviamente un serpeverde,  e mai Ron aveva visto uscire da quella casa una persona di buon cuore o quantomeno decente. In fondo non era mica la casa dei maghi oscuri?
Per questo quando Johanna Smith si sedette al loro tavolo e cominciò a fare amicizia con il suo migliore amico e la sua stessa famiglia, Ron non ne era per niente contento. Non capiva come, prima Hermione  e adesso Harry si fossero fatti abbindolare da quella serpe. Era sicuro che quella ragazzina stesse tramando qualcosa alle loro spalle: forse era dalla parte di Malfoy e sotto suo ordine voleva rovinare loro le vacanze… o peggio Smith poteva essere una spia di Snape, per controllarli ed impedire loro di indagare su Flamel. Era così ovvio! Ma quando ne aveva parlato con Harry la sera prima, lui non l’aveva voluto ascoltare dicendo che stesse esagerando. Ma Ron non si fidava e aveva giurato di tenerla d’occhio. Non le avrebbe permesso di fare del male ai suoi amici o di rendere la vita semplice a Snape e Malfoy.
Per questo non le aveva tolto gli occhi di dosso, per tutta la durata del pranzo in cui Smith era stata di nuovo invitata da Harry a mangiare con loro. La ragazza quasi non  gli aveva rivolto la parola, preferendo chiacchierare con Harry e  i suoi fratelli che ignari di tutto sembravano trovare la piccola serpe pure simpatica. Che stupidi!
Fred e George stavano raccontando una delle loro ultime bricconate ai danni di Gazza tra le risate generali, tranne ovviamente quelle di Percy che trovava quel comportamento vergognoso, minacciando più e più volte di togliere dei punti a Grifondoro, senza però non farlo mai.
“Scusate ma devo chiedervelo.” Disse Smith rivolta ai gemelli “Ma come fate a non farvi scoprire tutte le volte?”
“Abbiamo le nostre tecniche super segrete. Dovrai superare una prova prima di poterle conoscere.” rispose George facendo un occhiolino verso Fred.
“E sarebbe?”
“Semplice. Chi sono io? Fred o George?” chiesero in coro i due.
Ron poteva dire di saper distinguere i suoi fratelli dopo tanti anni che li conosceva anche se a volte a colpo d’occhio poteva prendere un granchio e scambiarli. In più quei due si scambiavano i nomi e gli abiti più spesso di quanto fosse umanamente possibile, per questo molti ad Hogwarts non erano capaci di distinguere i due gemelli, tra cui la maggior parte dei professori. Perciò era una cosa impossibile per Smith che li conosceva da nemmeno due giorni.
“Tu sei Fred e tu sei George.” Rispose Smith indicando i due separatamente.
“Sicura?” chiesero in coro il duo.
“Sì.  Fred, tu hai la voce leggermente più acuta di tuo fratello.”
“Non è assolutamente vero! La mia voce è più che profonda.” Esclamò Fred fintamente indignato.
Smith ci aveva preso.
George, al fianco del fratello scoppiò a ridere “Oh invece è vero! Non puoi eguagliare la mia bellissima voce scura e virile.” Disse lui enfatizzando una voce baritonale che in realtà non aveva neanche di striscio. 
“Quindi qual è il segreto?” chiese Smith.
I due gemelli le rivolsero un sorriso malandrino, prima di dire in coro “Una fortuna sfacciata!”
Tutti scoppiarono a ridere e anche Ron non riuscì a trattenersi .
“Come hai fatto ad capire chi era uno e chi era l’altro?” chiese Percy sistemandosi gli occhialini sul naso “Io ce li ho intorno da tutta la vita e a volte li confondo ancora.”
“Non sono i primi gemelli che incontro e da allora ho imparato qualche trucco per distinguerli.” Rispose Smith.
“Amici tuoi?” chiese Ron tornando serio. 
Smith scosse la testa, non sembrando far caso al cattivo umore di Ronald.
“Non proprio. Non vedo quei due da circa tre anni. Sono usciti dal programma.”
“Che programma?” chiese Harry confuso quanto loro.
“Quello delle famiglie affidatarie. Compiuti i 18 anni, vieni praticamente buttato in strada con giusto quattro soldi che a malapena ti possono bastare per un paio di settimane.” Rispose con una smorfia Smith.
Ron non ci stava capendo niente, ma a quanto pareva Harry sapeva a cosa si stesse riferendo la serpe. Tanto che con tono sconvolto e occhi spalancati Harry disse: “Sei seria?”
“Sì, è anche il mio destino in effetti. Ma spero che per allora sarò già avviata verso una possibile carriera finita la scuola. So che quella della pozionista è piuttosto remunerativa.”
“Per questo sei così fissata con le pozioni!” esclamò Harry ritrovando il sorriso.
“Anche.”
“ No, fermi tutti.” Li bloccò George “Cosa sono le famiglie affidatarie?” disse dando voce alla domanda che si stavano ponendo tutti i Weasley presenti.
“Sono dei tutori legali temporanei che dispongono di case o camerate per ospitare i minori senza famiglia o quelli che vengono portati via dalla famiglie d’origine.”
“ Chi porterebbe mai via un bambino dalla sua famiglia?!” esclamò Ron orripilato. Chi mai sarebbe così crudele nel fare una cosa simile? Anche solo immaginare che qualcuno potesse rapirlo e  lo portasse via dalla sua asfissiante e numerosa famiglia, per di più con il favore della legge, gli venivano i sudori freddi.
“Be’ se la famiglia è composta da criminali in galera, o tossicodipendenti o si riscontra una violenza o un abuso sul minore da parte della famiglia, lo Stato è tenuto a trovare una casa sicura per lui.” Spiegò Smith.
“Oh…” dissero praticamente in coro tutti i Weasley scambiandosi occhiate più o meno imbarazzate. Nessuno di loro aveva pensato a situazioni del genere. Era così lontano dalla loro quotidianità…
“ Ma Johanna,  hai detto che sei anche tu in questo programma… “ disse titubante Fred, come ad aver paura a chiedere quale fosse la sua storia.
“Sì, faccio parte della categoria: minore senza famiglia.” Rispose Johanna intuendo la domanda e parlando con una naturalezza incredibile.
Smith quindi era orfana, in qualche modo… Ron inconsciamente  si sentiva un po’ in colpa ad averla trattata così male, anche se la sua situazione famigliare non centrava nulla con i suoi sospetti, si ripeteva.
Sul tavolo di Grifondoro era sceso un silenzio teso ed imbarazzato, dove l’unica che non sembrava risentirne era Smith stessa. Come se non avesse appena schiantato una rivelazione esorbitante.
“Ragazzi andiamo, non è una tragedia.” Disse Smith alzando gli occhi al cielo  “Si sopravvive decentemente anche senza genitori, io ed Harry ne siamo la prova vivente.”
Già… anche Harry era cresciuto senza una famiglia, perché da quanto Ron avesse capito lui ed i suoi zii, che l’avevano cresciuto, non avevano per niente un bel rapporto. A volte se ne dimenticava…
“Quindi prima di venire ad Hogwarts vivevi in una di queste case famiglia.” Prese la parola Harry stesso “Come sono?”
“L’ultima  non era malaccio, nonostante tutto. Forse un po’ affollata, ma la tutrice era decente.. quell’anno con loro è andato bene in effetti. Poi la professoressa McGonogall è comparsa dicendo che ero una strega e a settembre sono venuta qui.” Rispose Smith, come se stesse parlando del tempo.
“Hai passato lì solo un anno?” chiese Percy, incuriosito da quel sistema a loro così estraneo.
“Sì, in un 11 anni sono stata sballottata per tutta il Regno Unito. A volte erano case decenti, altre decisamente no. Andava parecchio a fortuna e la mia magia involontaria di certo non ha aiutato!”
“Sì, anch’io ho fatto un bel po’ di disastri. Una volta sono finito sul tetto della scuola elementare per sfuggire a mio cugino e al suo gruppo di amici. Ho fatto venire un infarto alla preside!” raccontò Harry tra le risate generali.
“Incredibile che non l’abbia avuto tu l’infarto!” esclamò Smith ridacchiando.
La conversazione così si spostò sui rispettivi disastri ed avventure con la magia involontaria, uno più strano e assurdo dell’altro. Le risate correvano su per il tavolo di Grifondoro, mentre il piccolo gruppo chiacchierava allegramente dimentico di discorsi pesanti e vecchi sospetti. Tanto che alla fine di quella giornata anche Ron stava cominciando a pensare che Johanna anche se era una serpeverde poteva essere simpatica, più o meno. Ronald era ancora lontano dal fidarsi ciecamente di Jo, ma poteva darle il beneficio del dubbio, si disse e poi Harry sembrava stare bene con lei quindi…
 
31 dicembre 1971
Nella scura e fredda aula di pozioni, Severus Snape stava facendo un inventario degli ingredienti per il primo anno, in vista della fine delle vacanze natalizie. Anche se in realtà, stava cercando di ammazzare il tempo tenendo la mente occupata con pensieri più utili, mentre attendeva  l’arrivo di Smith per una delle lezioni private che avevano concordato in precedenza . All’inizio, quelle lezioni non gli erano minimamente pesate, anzi era contento dei progressi e dell’entusiasmo della giovane serpeverde per la sua materia. Ora, invece avrebbe voluto avere una qualsiasi scusa per scacciare Smith dai suoi sotterranei con il primo stupido motivo che gli veniva in mente. Sapeva che il suo comportamento era infantile ed ampiamente ingiustificato, perché anche se ora Smith sembrava aver fatto amicizia con quel fesso di Potter, questo non giustificava la cessazione delle lezioni private… o almeno non di quelle già pianificate. Quando l’aveva vista sedere al fianco di Potter al tavolo Grifondoro per ben tre volte di fila, quasi non aveva creduto ai suoi occhi. Come diavolo era successo? Li aveva pure beccati in cortile a giocare a palle di neve insieme a quella famiglia di teste rosse.  Avrebbe voluto dire qualcosa, togliere dei punti a qualcuno, anche a Serpeverde per cercare di far rinsavire Smith. A ripensarci avrebbe dovuto farlo davvero. Aveva anche pensato di cessare completamente quelle lezioni private, ma in fondo Severus aveva dato la sua parola alla ragazzina e Severus Snape manteneva sempre le sue promesse. Però il fastidio e il malcontento erano ancora lì alla bocca dello stomaco… se Potter aveva intenzione di rovinare una delle sue più promettenti allieve lui…
“Buongiorno Professore.” Salutò  in quel momento Smith cordiale come sempre, superando  la porta dell’aula di pozioni e riportando l’uomo con i piedi per terra.
Snape  girandosi verso di lei, le rivolse un freddo sguardo indagatore, rispondendo al saluto solo con un grugnito. Smith sembrò accorgersi del suo malumore, perché il luminoso sorriso con cui era entrata si spense per far sorgere un’espressione confusa, quasi preoccupata.
Ma Severus non se ne curò , affrettandosi ad introdurre la pozione che avevano deciso di trattare quel giorno. Sciorinò in fretta le modalità di preparazione e tutte le nozioni necessarie, senza però dar mai il tempo a Smith di interloquire come facevano normalmente. Di solito era lei che introduceva la pozione e ne discuteva effetti e preparazione con il professore, in una conversazione attiva e quasi colloquiale. Era diventato quasi un piccolo rituale tra loro in quegli ultimi mesi che avevano sempre mantenuto con leggerezza. Ora però quell’aria distesa e cordiale se n’era andata improvvisamente, come neve sciolta al sole.
“è tutto signorina Smith.” Concluse Severus volgendole le spalle “Ora si metta al lavoro e cerchi di non far esplodere nulla”
“nella speranza che l’influenza nociva di Potter non l’abbia già contagiata!” concluse la frase nella sua testa Severus con una smorfia di disgusto.
Seguirono un paio di istanti di silenzio, prima che Smith parlasse.
“Professore, va tutto bene?”
“Certamente, signorina Smith.” Rispose lui a denti stretti e rimanendo di spalle.
Solo allora la ragazzina cominciò a preparare ingredienti e calderone, il tutto nel più completo silenzio.
Non si parlarono per il resto della lezione, Smith fece il solito ottimo lavoro e alla fine si congedò educatamente seppur con espressione mesta sul volto.
Severus si dava dell’idiota per il suo comportamento. Non aveva senso trattare male Smith solo perché si era avvicinata a Potter… giusto?
 
Johanna, in realtà,  si aspettava il cambio di comportamento di Snape nei suoi confronti, ma non per questo le faceva piacere quella freddezza improvvisa ed inutile. Johanna sapeva che sarebbe successo e sapeva che le cose potevano solo peggiorare. La logica e la ragione, che Johanna tanto amava ed inneggiava continuavano a dirle di troncare quel rapporto il più in fretta possibile.  Ci era anche andata molto vicina la sera dell’ultimo giorno di vacanza. Aveva cenato ancora al tavolo Grifondoro insieme ad Harry ed il resto dei Weasley; si era divertita, aveva riso e chiacchierato con tutti. Gli piaceva quell’atmosfera distesa e senza pretese che tanto mancava al tavolo Serpeverde, ma sapeva anche che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto far finta di essere una rosso e oro. Dall’indomani sarebbe tornata a mostrare finti sorrisi e a manovrare i fili invisibili per rimanere a galla tra la comunità di rampolli serpeverde. Non che quella vita non gli piacesse, anzi era altamente soddisfacente quando una delle sue macchinazioni andava a buon fine, ma tutti una volta tanto avevano bisogno di una pausa, anche lei. E poi  diavolo aveva solo 12 anni! (da poco compiuti) Un po’ di svago se lo meritava.
Ma lo svago non doveva intaccare i suoi piani. Si diceva.
Allora perché non riusciva a fare quello che doveva?
Johanna sapeva che troncare definitivamente i rapporti con Harry era facile, più che facile.
Bastavano solo le parole giuste.
Harry, era un ragazzo bisognoso di affetto che era stato trascurato fin troppo nella vita, quindi fargli credere che in realtà lei era una spia delle serpi per avvicinarlo solo per poi prenderlo in giro successivamente con tutti gli altri, era decisamente facile. Le avrebbe creduto subito, nella sua convinzione che pochi o nessuno fossero realmente interessati a lui e a volergli bene sul serio.
Era così facile…
Johanna era pronta a farlo, si stavano per salutare nella sala d’ingresso dopo l’ultima cena delle vacanze e la ragazza aveva già assunto la sua maschera da stronza epocale, pronta a spezzargli il cuore. Lo aveva chiamato e lui si era girato con un sorriso e quei dannati occhi smeraldini pieni di speranza e… lei non ce l’aveva fatta.
Johanna aveva così cancellato il ghigno e con un sorriso aveva salutato i ragazzi per dirigersi verso i sotterranei, trascinando i piedi sconfitta.
Aveva fallito e quello avrebbe portato dolori.
 
4 gennaio 1992
“Da quando sei amica di Potter, Smith!!”
Ecco appunto.
Malfoy e gli altri erano tornati da malapena tre giorni e il biondo non ci aveva messo molto a notare la sua nuova amicizia. Non che Johanna avesse realmente fatto qualcosa per nasconderla. Come si diceva? Via il dente, via il dolore.
“Malfoy non farne una tragedia greca, ti prego.” Gli rispose Johanna, alzandosi dal tavolo della loro sala comune dove giusto tre secondi prima stava facendo una ricerca scolastica in santa pace.
“Vuoi scherzare!” esclamò Malfoy avvicinandosi di più alla ragazza. “ Potevo anche soprassedere con quella insopportabile sanguesporco, ma Potter?! Non potevi cadere più in basso Smith.”
Johanna alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta.  “Allora meglio così Malfoy. Non si dice forse che una volta toccato il fondo non si può che migliorare?”
Quella era la giornata dei modi di dire.
“Tsk, dovevo sapere che non si poteva contare su una babbana senza famiglia come te.”
“Come preferisci Malfoy.” rispose atona Johanna recuperando i propri libri e infilandoli nella sua vecchia borsa.
“Scordati il mio aiuto o il mio denaro d’ora in poi, Smith.” Rincarò ancora Malfoy sibilando.
“D’accordo se non  mi paghi, non ti farò più i compiti. Se è questo che vuoi.”
“O no tu me li farai ancora.”
Con la coda dell’occhio Johanna notò Crabbe e Goyle che si avvicinavano pericolosamente a lei. Malfoy voleva usare le maniere forti  e anche se Jo stava tremando internamente come una foglia, non lo avrebbe fatto vedere a quell’odioso figlio di papà, né sarebbe tornata sui suoi passi. Lei non era la schiava di nessuno.
 “No Malfoy. Conosci le regole.”
“No. Forse sei tu che non le conosci.” DisseDraco mostrando un ghigno soddisfatto e dando il segnale ai suoi gorilla.
Goyle le strappò la borsa di mano, lanciandola a terra e sicuramente frantumando alcune boccette d’inchiostro al suo interno. Crabbe invece, senza usare mezzi termini, la colpì. Più e più volte, spintonandola e facendola cadere a terra. Ma nonostante le botte e l’umiliazione Johanna tornava sempre in piedi e senza mai perdere di vista il viso pallido di Malfoy; in una specie di strana gara di sguardi. Voleva vedere fin dove quel biondino voleva spingersi, dove quello stupida espressione soddisfatta e vanagloriasa si sarebbe piegata.  E alla fine questa arrivò. Crabbe le aveva dato un pugno in pieno viso che le aveva spaccato il labbro inferiore facendola sanguinare. Lì, Draco si era spezzato e aveva mostrato il suo vero volto: quello di un ragazzino spaventato.
 Era stato solo per una frazione di secondo, ma Johanna non se l’era persa affatto. Ora sapeva cosa fare.
“Ora basta.” Disse Malfoy riprendendo il controllo e fermando i due energumeni che si allontanarono da Johanna.  
“Ti è bastato Smith?”
Johanna gli sorrise. “Non lo so, Malfoy, se questo è il peggio che puoi farmi perché sono amica del tuo acerrimo rivale non sono poi così spaventata.” disse massaggiandosi il labbro ferito. “Quindi mi dispiace, ma non ho alcuna intenzione di cambiare le mie frequentazioni,  né di fare lavoro gratis per voi.”
Johanna si avvicinò a Draco sorridendo furbescamente e abbassando il tono di voce quasi ad un sussurro “Ma se volete costringermi dovreste alzare il tiro. Ma un trattamento del genere lascia segni e avrei le prove di quello che mi avete fatto. I professori non potrebbero che credermi… nemmeno Snape potrebbe soprassedere su una cosa del genere. Una tale nota di demerito sul tuo curriculum però potrebbe segnare la tua carriera scolastica, precludendoti cariche importanti per gli anni futuri. E quindi, qui mi chiedo, a casa come vedrebbero questa incredibile mancanza da parte del giovane rampollo dei Malfoy?”
Draco la fulminò con lo sguardo e Johanna capì di aver toccato le corde giuste.
“La situazione è semplice Draco” continuò Johanna voltandogli le spalle e tornando a parlare ad un tono normale “Tu e i tuoi amichetti mi lascerete in pace e se vorrete dei compiti fatti dalla sottoscritta o delle ripetizioni queste si pagheranno come abbiamo sempre fatto.”
“E se spifferassi il tuo commercio di compiti?” la minacciò lui.
“Quale commercio?” chiese Johanna con una mano sul cuore “Se mi hanno picchiata e hanno distrutto tutto quello che possiedo solo per sfruttare la mia intelligenza per avere voti più alti.” Continuò con una falsissima voce innocente.  “La storia non reggerebbe. E un pestaggio e la distruzione dei beni scolastici altrui è comunque ben più grave di qualche compito copiato. E anche se questo intaccherà la mia carriera scolastica futura io a casa non ho nessuno che mi dice cosa devo fare.” Completò Jo con un sogghigno.
Malfoy digrignò i denti arrabbiato come non mai. Avrebbe voluto fargliela pagare, avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per rimettere al suo posto quella mezza babbana, fin troppo intelligente. Ma Smith gli aveva appena tarpato le ali…
“Le mie frequentazioni non ti devono interessare Malfoy. Fine della storia.” Johanna chiuse lì il discorso abbandonando i tre nel loro brodo.  La ragazza se né andò con passo sicuro e a testa alta, percorrendo l’intera sala comune sotto l’occhio indagatore delle serpi e il cipiglio infuriato di Draco che le perforava la nuca da dietro. Ma niente videro trasparire dalla figura di Johanna Smith.
Solo quando si trovò da sola nel dormitorio la ragazzina potè lasciarsi andare alla paura e al dolore fisico e psicologico che nonostante la sua scorza dura aveva provato. Diavolo se era difficile essere una serpe.
 
18 gennaio 1992
La prime settimane di scuola dopo le vacanze natalizie erano state insopportabili. Anche se Malfoy e i suoi bodyguard non avevano più cercato di malmenarla, la sua influenza sul resto della classe serpeverde aveva permesso di isolarla da tutti. Johanna praticamente era alla stregua di un’appestata. Non c’era bisogno di dire che anche il suo commercio di compiti aveva subito un brusco arresto. Per quanto Johanna si dicesse che aveva sopportato di peggio -cosa di fatto vera- , quella situazione cominciava a pesarle. Essere trattata peggio di un fantasma dai componenti della tua casa con cui devi convivere 7 giorni su 7, non era il massimo.
A conti fatti molti aspetti di quella nuova amicizia non erano che negativi per la sua persona, tuttavia Johanna non aveva avuto la forza di troncarlo. Harry era un bravo ragazzo, non si meritava di essere abbandonato.
In più, Potter si era rivelato molto più simile a lei di quanto aveva pensato inizialmente e insieme erano diventati  l’ancora l’uno dell’altra. Erano amici da meno di un mese eppure era come se si conoscessero da sempre. Avevano passato pomeriggi interi a parlare, spesso della loro infanzia complicata.
Per Johanna, Harry  era quell’aggancio al suo vecchio mondo fatto di orfani , traslochi e delinquenti che incredibilmente le era mancato da quando era arrivata ad Hogwarts.
Per Harry, Jo era un’amica che sapeva.  Johanna sapeva come era crescere senza qualcuno che l’amasse, senza una famiglia e come questa mancanza ti faceva sentire. Per quanto Harry tenesse a Ron ed Hermione, loro non avrebbero mai potuto capire cosa significasse e lui non aveva le parole per poterglielo spiegare, ma con Johanna non servivano.  Le aveva anche parlato dei suoi incubi sui suoi genitori che spesso non lo facevano dormire. Se Ron aveva dato tutta la colpa allo specchio delle Brame chiudendo lì il discorso, Johanna si era limitata a prendergli la mano e a stargli vicino. Lei aveva capito, sapeva quanto poteva far male.
Per questo i due ragazzini avevano legato così velocemente e che nonostante le differenze erano rimasti vicini. Sebbene Ron non si fidasse ancora di Johanna, cosa di cui la corvina si era accorta subito, e a dispetto di tutte le angherie che Jo doveva sopportare dalle serpi e dal professore di Pozioni. Infatti Snape non le aveva più concesso lezioni private e tendeva ad ignorarla anche durante le lezioni.
 Il motivo era ovvio.
Johanna sospirò affranta a quel pensiero. Se poco gli importava dell’atteggiamento dei suoi compagni, quello che più le mancava erano le lezioni extra di pozioni. La ragazzina era seduta da sola in uno dei cortiletti interni della scuola. Quel piccolo spazio all’aperto era usato raramente dagli altri studenti in quel periodo dell’anno, probabilmente per il freddo ancora pungente di gennaio.
Era un bel sabato pomeriggio, il cielo era terso e il sole speldeva alto nel cielo, peccato che il tutto fosse guastato dall’umore della giovane,  grigio quanto nuvole cariche di pioggia.
“Ehy Jo tutto ok?”
Johanna si riscosse all’improvviso riconoscendo la voce. Infatti la figura di Harry con espressione preoccupata feceva capolino dall’arco che  faceva da entrata al cortiletto.
“Oh Harry! Non ti avevo sentito. Sì tutto ok!”
“Sicura? Mi sembravi un po’ abbattuta.”
“Ma no, non preoccuparti.”
Harry non era per niente convinto, stava cominciando a conoscere Johanna e di solito quando la ragazzina non voleva parlare di qualcosa era perché non stava affatto bene.
“Ti va se mi fermo un po’ qui con  te?” chiese il grifondoro avvicinandosi alla panchina dove era seduta Jo.
“Certo! Niente biblioteca oggi?”
“Tanto non troviamo mai nulla su Flamel.” Sbuffò Harry abbandonandosi sulla panchina di pietra.
“Forse è il karma che vi sta dicendo di lasciar perdere.”
“No. Non mi voglio arrendere. Snape sta nascondendo di certo qualcosa.”
“Uff… Testardo.” Disse lei alzando gli occhi al cielo.
“Non so come fai a difenderlo sempre. Adesso anche con te è un bastardo!”
“Esagerato.  Il professor Snape non  mi ha mai rimproverato in classe.”
“Sì,ma prima ti lodava sempre, mentre è dalla fine delle vacanze che sembra ignorarti…”
“Già… “ Johanna non poteva che concordare su quello, seppur non ne fosse per niente felice.
“… Jo, non sarà mica perché sei mia amica vero?” chiese Harry titubante, anche se sapeva già la risposta.
“Se dico di no, mi credi?”
Harry saltò in piedi infuriato “Quel maledetto! Caspita, Jo mi dispiace! Dannato Snape, ma perché ce l’avrà tanto con me?!”
“Questa è una bella domanda.” Rispose Johanna rimasta totalmente calma. “Ma non importa sopravviverò. Prima o poi anche le altre serpi si daranno una calmata e accetteranno la cosa.”
“I tuoi compagni a Serpeverde ti stanno creando dei problemi solo per questo?!” Harry era allibito.
“Diciamo che non godi di ottima fama tra i serpeverde Harry. Ma ripeto, non è una tragedia.”
“No, ma non è nemmeno giusto!” esclamò di nuovo il ragazzo con rabbia. Cominciando a misurare a grandi passi il cortiletto imbronciato per almeno un minuto intero prima di fermarsi  di colpo.
Harry sembrò come afflosciarsi e senza guardare l’amica negli occhi disse con voce mesta:
“…Senti se vuoi, non lo so, tenere segreto la nostra amicizia…”
“Ma sei scemo!? È un problema loro, non nostro.” Esclamò Johanna a sua volta  “Non mi va di far finta di non conoscerti solo perché a quegli idioti non va giù che una serpe e un grifondoro possano essere amici. Prima o poi accetteranno la cosa, tranquillo. So come prenderli.”
“Nei sei sicura? Guarda che se Malfoy o suoi gorilla ti fanno qualcosa io li..”
“Tu niente Harry. So difendermi da sola, primo. E secondo, sinceramente ho paura che ti metteresti solo nei guai.”
“Non è vero!”
“Tre parole. Duello. Di. Mezzanotte.”
Harry era diventato un po’ rosso al ricordo di quel piccolo disastro. Johanna gli aveva raccontato di come quel duello non era stata che una trappola di Malfoy per cercare di metterlo in punizione e lui ci era cascato in pieno. “Quello è stato…. È stato un errore calcolato.”
“Ma davvero?” chiese Johanna ridacchiando sarcastica.
“Certo!”
“Anche  il fuggire a rotta di collo da Filch e finire con un incontro ravvicinato con Fuffy?”
“Ok il cane non era previsto.”
Johanna scoppiò a ridere seguita a ruota da Harry.
Le loro risate riecheggiarono su per tutto il cortile sul quale si affacciavano ben quattro piani del castello. Risate che penetrarono anche nel corridoio del secondo piano grazie ad una vetrata lasciata aperta e arrivando all’orecchio di un ombroso professore vestito di nero. Severus preso da un attimo di curiosità guardò giù verso il cortile per vedere chi stava facendo tutto quello schiamazzo. Subito riconobbe la figura di quell’arrogante di Potter in compagnia di Smith, mentre se la ridevano come due mentecatti. Ma ben presto non avrebbero più avuto così tanta voglia di ridere! Fece appena in tempo ad affacciarsi alla finestra con un ghigno sadico sul volto, pronto a togliere punti a Grinfondoro con una scusa qualsiasi quando sentì di cosa stessero parlando i due ragazzini. Il fiato gli si bloccò in gola nel sentire il tono preoccupato di Potter, che parlava appunto di lui.
“Ok però Jo, sul serio. Avere Snape contro non è uno scherzo.” Stava dicendo Potter con espressione ansiosa “Fidati te lo dice uno che ce l’ha sempre con il fiato sul collo a lezione. E se vuoi diventare una pozionista, il suo aiuto ti farebbe comodo.”
“Lo so, ma che dovrei fare? Rinnegare il fatto che tu mi stia simpatico e che ti trovi un buon amico solo perché il professor Snape ti odia? Io non ce la faccio e non lo voglio fare.” Fu la secca risposta di Smith.
A quelle parole Severus si ritrasse come scottato, non volendo essere visto dai due ragazzini.
“Io… grazie Jo…” stava dicendo Potter… arrossendo?!  “Ma magari possiamo insomma essere più distanti a pozioni. Così magari riesci a continuare le tue lezioni private.”
Quel piccolo egocentrico, arrogante Grifondoro voleva cercare di ingannarlo in un modo anche così stupido?! Voleva proprio vederlo provare quell’insulso microbo…
“No, meglio di no.” Disse Smith  scuotendo la testa.“Snape è un uomo adulto e vaccinato e lo ritengo fin troppo intelligente per continuare questa stupida faida ancora a lungo. Credo che si abituerà prima o poi.”
Ora toccò a Severus arrossire, ma per l’imbarazzo, maledicendo un poco sé stesso. L’uomo chiuse la vetrata senza far scaturire il minimo suono e inosservato se ne andò rimuginando su quella conversazione origliata. Maledizione a Smith, per Merlino come faceva ad essere così matura alla sua età ed essere amica di quell’infantile di Potter?! Però Severus doveva darle ragione. Per quanto non gli piacesse che una delle sue serpi si fosse avvicinata ad uno come Potter, non poteva negarle i suoi meriti accademici, nè ignorare il suo talento che se ben coltivato l’avrebbe sicuramente portata a diventare un’ottima pozionista. Aveva rimandato anche fin troppo. Era decisamente arrivato il momento di essere l’uomo adulto e vaccinato che era e cercare quantomeno di dimenticare le dubbie amicizie dei suoi allievi. Non avrebbe dovuto importagliene a prescindere, Potter o meno. Anche se comunque non capiva come una persona educata ed intelligente come Smith ci trovasse a frequentare quella testa vuota di Potter!
Bha.
 
25 gennaio 1995
Era il giorno della partita di Quidditch, Grifondoro e Tassorosso e l’intera scolaresca stava salendo le scale per trovare posto sugli spalti e godersi lo sport più amato del mondo magico giocato dai loro compagni. Era una bella giornata e tutti erano felici per quel giorno di svago, solo Hermione Granger e Ron Weasley sembravano che stessero per andare ad un funerale piuttosto che ad una partita. Perché quel giorno l’arbitro sarebbe stato Snape e i due, come Harry, credevano che il professore di Pozioni volesse uccidere il cercatore di Grifondoro facendolo cadere dalla scopa. A nulla erano servite le parole di Johanna che cercava di rassicurarli, asserendo che Snape non avrebbe mai tentato di uccidere Harry, o almeno non durante una partita davanti a tutti. I due grifondoro in compagnia di Neville avevano quasi trovato posto sugli spalti che Johanna li raggiunse abbracciando all’improvviso Hermione in una stretta spaccaossa che la fece urlare per la sorpresa.
“Jo?! Che succede?!”
“Succede che posso ricominciare le mie lezioni private con il Professor Snape!!” disse una Johanna raggiante e saltellando per tutta la tribuna come una scema.
“Come fai ad essere contenta per una punizione del genere, io proprio non lo so.” le disse Ron guardandola stranito e ricevendo una linguaccia in risposta dalla serpe.
“Sono contenta per te Jo, ma ora dobbiamo stare attenti… “ disse Hermione guardando verso il campo preoccupata.
“ Pensate ancora che Snape voglia ammazzare Harry? Andiamo ragazzi è impossibile!”
“Ma oggi l’arbitro sarà proprio Snape! Per lui sarà facilissimo far fuori Harry dal campo e poi…” stava dicendo Ron quando fu come colto da un’illuminazione “Magari ha deciso di ricominciare le tue lezioni proprio perché sapeva che non avresti più potuto essere amica di Harry. Perché lo avrebbe ucciso lui oggi!!” concluse spaventato il rosso.
“O magari perché ha capito che prendersela per un’inezia del genere è assurdo ed è tornato semplicemente sui suoi passi.” cercò di essere ragionevole Johanna.
“Impossibile.” Dissero in coro i due, tornando a guardare verso il campo dove proprio Snape aveva fatto la sua comparsa in sella alla sua scopa.
Jo si limitò a scuotere la testa mentre osservava le squadre entrare in campo e la faccia di Snape che diventava sempre più inviperita.  Poco dopo la partita cominciò.
Erano appena stati liberati pluffa, bolidi e l’invisibile boccino quando sopraggiunsero Malfoy e i suoi gorilla che fecero apposta a predenre dentro Ron sedendosi proprio dietro di loro.
Uh, Weasley, scusa tanto, non ti avevo visto.” Disse Draco sedendosi e ghignando verso Crabbe e Goyle “Mi chiedo per quanto tempo Potter riuscirà a restare in sella questa volta. Si accettano scommesse! Tu che dici, Smith?”
“Oh cielo Malfoy! Ma non puoi proprio startene zitto un minuto e goderti la partita e basta?!” Non le andava di farsi rovinare il pomeriggio. Voleva godersi il Quidditch che diamine!
“Godermi la partita? Come? Tra grifo merda e tasso idiota! Smith sei diventata scema a frequentare certa plebaglia!” esclamò sdegnato Malfoy guardandola come se avesse detto la peggiore delle bestemmie.
Jo alzò  gli occhi al cielo esasperata. Malfoy quando cominciava a fare il galletto non sentiva ragione di sorta e in quel momento non aveva nulla con cui ricattarlo, quindi l’unica difesa in questi casi era ignorarlo.
In mezzo a tutto quello però Snape aveva già assegnato due rigori a Tassorosso per dei futili motivi.  Era incredibile il suo odio verso i grifondoro, pensò Johanna nell’osservare il suo professore volteggiare per il campo regalando occhiatacce ad ogni giocatore rosso e oro che gli capitava a tiro.
 Johanna era stata felicissima quando Snape l’aveva fermata quella mattina per i sotterranei dicendole che sarebbe presto stato libero per delle nuove lezioni private, come a sorvolare sulle ultime settimane in cui l’aveva ampiamente ignorata come se non fossero mai avvenute. La ragazza era contenta che Snape fosse rinsavito credendo che avesse deciso di cambiare idea su Harry, ma vedendolo lì nella sua testarda parzialità contro i Grifondoro, Jo aveva dovuto ricredersi . Probabilmente Snape non sarebbe mai cresciuto del tutto.
 “Sai come penso che facciano, per scegliere chi gioca per Grifondoro?” stava dicendo Malfoy a voce abbastanza alta in modo che potesse essere sentito perfettamente da tutti. “Scelgono quelli che gli fanno pena. E difatti ci gioca Potter, che non ha genitori, ci giocano i Weasley, che non hanno il becco di un quattrino… anche tu dovresti far parte della squadra Longbottom, visto che non hai cervello.”
“Io valgo più di 12 come te messi insieme, Malfoy.” balbettò Neville seduto di fianco a Ron.
Le serpi dietro di loro scoppiarono a ridere impunemente e anche Johanna dovette ammettere che aveva dovuto trattenere un risolino.
Ehy Longbottom, se il cervello valesse tanto oro quanto pesa, saresti più povero di Weasley… ed è tutto dire!” esclamò Draco tra le risate.
“Ti avverto, Malfoy: un’altra parola e…” sibilò Ron cercando di non distogliere lo sguardo dal campo.
“ Ron!” esclamò Hermione all’improvviso “Harry…!”
Harry si era lanciato in una poderosa picchiata verso il terreno con una velocità che fece trattenere il fiato a molti. Il punto però era che stava andando  proprio verso…
Sei fortunato, Weasley: Potter deve aver visto una monetina caduta a terra!” sentì dire alla voce di Malfoy prima di vedere con la coda dell’occhio Ron che si lanciava addosso al biondo seguito a ruota da Longbottom. Ma non le importava al momento,  l’attenzione di Johanna era tutta sulla figura di Harry che si stava dirigendo a tutta velocità verso la scopa di Snape. La ragazza si stava già immaginando lo scontro inevitabile quando all’ultimo istante Snape sterzò poco prima che Harry lo prendesse in pieno. Ma il ragazzo non stava puntando a lui, ma al boccino e infatti emerse dalla sua picchiata, in trionfo mentre stringeva in mano il boccino d’oro.
“Porca vacca!” esalò Johanna accorgendosi solo in quel momento di essersi alzata in piedi per la tensione “Ora sì che Snape lo vorrà morto sul serio! Ci mancava tanto così che si scontrassero!!” esclamò Johanna ridacchiando.  Le tribune esplosero in grida ed applausi: la partita era durata pochissimo, nessuno ricordava una conquista così rapida del  boccino. Probabilemente Harry aveva segnato un nuovo record.  Poco dopo Hermione corse giù acchiappando un Ron ed un Neville decisamente malconcio per congratularsi con la sua squadra, lasciando soli Johanna e le tre serpi che cercavano di rialzarsi da sotto le tribune dopo la piccola rissa che avevano scatenato.
“Tutto bene voi tre là dietro?” chiese Johanna girandosi verso di loro.
“Fatti gli affari tuoi Smith!” sputò Draco alzandosi malamente e causando la risata di Johanna che notò in quel momento l’occhio nero di Malfoy. Ron lo aveva preso bene!
 “Peccato però. La partita è durata solo 5 minuti. Uffa.” Disse Johanna cambiando discorso.
“Sai che meraviglia vedere svolazzare malamente quell’idiota di Potter e compagnia per ore!” esclamò Malfoy cercando di ridarsi un contegno.
“Se fosse durata di più, Snape avrebbe assegnato più rigori a tassorosso dando così una reale possibilità a noi di batterli alla prossima partita Malfoy.”
Draco rimase un po’ allibito a guardare Smith che era tornata ad osservare il campo dove i festeggiamenti imperversavano ancora.  Non pensava che Smith non avrebbe preso le parti di Potter.
“E poi e che diavolo, una partita di 5 minuti non è nemmeno una partita. Abbiamo appena fatto in tempo a sederci!” esclamò poi con stizza Johanna.
 “E a fare una rissa.” Disse Goyle  sghignazzando insieme al suo compare ancora mezzi sdraiati per terra.
Jo rivolse loro un sorriso storto. “Spero che non ci siate andati giù troppo pesanti con Longbottom voi due. Quel ragazzo già normalmente sta a malapena in piedi da solo!”
Draco scoppiò a ridere, seguito a ruota dai suoi gorilla, seppur tentennanti. Era strano che Malfoy ridesse per una battuta di Smith visto che ultimamente ne  riconosceva a malapena l’esistenza.
“Smith, ma si può sapere tu da che parte stai!?” chiese Malfoy ghignando “Sei amica di Potter lo Sfregiato e poi speri che Snape tolga punti ai grifondoro! Non ha senso!”
“Certo che ce l’ha Malfoy.” rispose Johanna con il medesimo ghigno. “E poi, non è ovvia la mia parte?”
“Per niente Smith.”
“Io sto dalla mia parte, Malfoy.” disse Johanna dando una leggera pacca sulla guancia al biondo dove si stava formando l’ematoma. “Ti consiglio di farti curare quell’occhio nero. Sulla tua bella faccia bianca non farebbe una così bella figura.”
Detto questo Smith rivolse loro uno dei suoi enigmatici sorrisi e con un rapido saluto scese dagli spalti per tornare al castello.

Note dell'autore
Scusate per l'immenso ritardo! Cercherò di essere più regolare con la pubblicazione dei capitoli da ora in avanti! Promesso!!! Grazie ancora a tutti coloro che sono passati a leggere le piccole avventure di Johanna!
  
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