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Autore: Scarlet Jaeger    13/09/2020    4 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 38


Eravamo da poco rientrati in camera e lo avevamo fatto cercando di fare il meno rumore possibile.
Kai mi aveva costretta a fare una doccia calda e mi aveva anche aiutata ad entrare in bagno, ma una volta sola mi fu alquanto difficile riuscire a stare in piedi. Tuttavia il fiotto caldo dell’acqua quietò un po’ i miei brividi e mi sembrò di stare un po’ meglio. Ero riuscita ad asciugare i capelli frizionandoli con l’asciugamano che avevo ancora in testa, non potendo accendere il phon a quell’ora tarda, ma quando tornai in camera, lontano dal tepore che si era creato in bagno, iniziai di nuovo a tremare. Avevamo azionato il riscaldamento al massimo, e credo che Kai mi avesse maledetta in qualche modo, perché probabilmente era troppo caldo per i suoi gusti, ma non disse nulla e gliene fui grata.
Mi accoccolai nel letto, rannicchiandomi per cercare un po’ di calore, ma non c’era verso di riuscire a scaldarmi. Avevo messo a lavare il pigiama che avevo usato per uscire e ne avevo messo uno pulito, leggermente più leggero dell’altro, ma in ogni caso non riuscivo a tranquillizzarmi. Ed anche Kai se ne accorse, perché dopo qualche minuto riaccese spazientito la luce e si sedette sulla parte del mio letto per controllare la situazione.
«Non riesci a scaldarti?», mi chiese, alzando leggermente un sopracciglio, ed io annuii solamente. Mi era troppo difficile parlare in quel momento, ma cercai di fare uno sforzo per fargli capire il mio stato d’animo e dissi la prima cosa che mi venne in mente.
«Sento…anto…fr..e..o», borbottai tra i tremiti e per fortuna lui riuscì a capire cosa avessi detto, perché ero risultata incomprensibile anche a me stessa. Ma in quel momento formulare una frase di senso compiuto era troppo difficile.
«Mi gira la testa», pronunciai invece dopo qualche secondo, dopo aver preso una copiosa boccata d’aria ed una certa concentrazione. Però era vero, perché la stanza aveva preso a vorticarmi intorno e dovevo stare concentrata per osservare degnamente le sue iridi, che mi stavano guardando veramente preoccupate. 
«Scotti…», sentenziò invece, dopo aver poggiato una mano sulla mia fronte, per cercare la risposta che entrambi cercavamo. 
«Lo so», gli risposi con quello che doveva essere un lamento e vidi le sue labbra spostarsi di nuovo in una smorfia contrariata. Credo che in quel momento stesse pensando a come farmela pagare per il disturbo che gli stavo arrecando, ma sperai nel suo ritrovato buon senso.
«Vuoi bere qualcosa di caldo?», sospirò, anche se capii subito che fosse leggermente spazientito e quello mi rattristò, fino a farmi salire di nuovo le lacrime. Non volevo essere un peso per lui, né avrei voluto che si sentisse costretto a fare qualcosa che non voleva fare.
Io scossi la testa e cercai di trattenere lo sfogo di pianto il più possibile, ma in quella situazione non ci riuscii molto bene. La febbre che era drasticamente salita aveva annullato ogni mio pensiero razionale, inoltre era davvero molto tempo che non mi sentivo così male. Credo che tutto il freddo patito in quei giorni avesse influenzato molto sulla mia condizione fisica. In fondo era dal primo giorno in Russia che vagavamo a giro nelle ore più fredde, ed un po’ era stata anche colpa sua. Purtroppo in quel momento non riuscii a rinfacciarglielo.
«Guai a te se ti rimetti a piangere!», mi minacciò, ma il suo tono di voce apprensivo e la sua espressione esasperata lo rese così buffo ai miei occhi che non riuscii del tutto ad arrabbiarmi per quella sentenza.
«Vai a dormire Kai e non preoccuparti per me. Io me ne starò qui a cercare di scaldarmi e di prendere sonno. Una bella dormita mi aiuterà», feci spallucce come meglio potei ed ansimai dopo aver concluso la frase, perché quelle poche parole mi avevano fatto consumare una certa dose di energia, ed in quel momento ne avevo ben poca.
Lui invece storse di nuovo il labbro e di nuovo risultò talmente buffo che dovetti distogliere lo sguardo dal suo volto. Sapevo che, in fondo, si stava preoccupando per me e quella consapevolezza mi stava facendo battere forte il cuore un'altra volta. Inoltre mi salì alla mente un vecchio ricordo di quando eravamo piccoli. Lui era venuto spesso a trovarmi a casa, anche quando io ero stata tanto malata da saltare la scuola. Lui, pur di non rimanere solo nella sua grande villa, si faceva portare dai suoi inservienti fino a casa mia, e passavamo il pomeriggio a fare i compiti o a giocare, almeno fino a quando le forze me lo consentivano. Altrimenti si sedeva sul letto, come aveva fatto in quel momento, e parlavamo. 
«Non dire idiozie…», soffiò in risposta, stringendosi nelle spalle. «Non sono così stronzo!», continuò e sembrò come se fosse riuscito a leggere i miei pensieri. Però gli fui grata del fatto che non mi avesse abbandonata a me stessa. Probabilmente, se quello fosse successo alcuni giorni prima, sicuramente mi avrebbe  lasciata lì a soffrire anche la pena più dolorosa, maledicendomi anche per averlo disturbato. Ma per fortuna tutto era cambiato da quei tempi.
«Ho freddo», puntualizzai di nuovo, lamentosa e con il volto affondato nel suo cuscino. Con il suo profumo ad inebriarmi e la febbre a confondermi non ci stavo più capendo nulla. Al che lui si alzò stizzito dal letto e imprecando un: “torno subito” si diresse verso la porta che divideva la nostra stanza da quella in cui stavano dormendo Takao, Max ed il Prof, chiudendosela silenziosamente alle spalle.



Kai si era appena chiuso la porta della camera alle spalle ed il buio che regnava nell’altra lo bloccò per un momento al suo posto. Attese pazientemente che i suoi occhi si abituassero all’oscurità, prima di avanzare cripticamente verso il letto su cui stava dormendo il Prof, maledicendo il fatto che fosse quello più lontano dalla sua posizione. Avrebbe anche dovuto evitare qualche ostacolo, come le borse ed i vari oggetti degli altri due ragazzi malamente gettati sul pavimento. Dio quanto odiava il disordine dei suoi compagni, era una cosa alla quale non si sarebbe mai abituato. Lui era sempre così ordinato e composto ed era sempre quello che aveva i vestiti diligentemente piegati sul letto o dentro la valigia. Invece vedeva spesso Takao gettarli dentro alla sua borsa come capitava, solo perché era sempre in ritardo o perché non aveva voglia di sistemarli. Forse quella era un'altra delle tante cose alla quale non si sarebbe mai abituato.
Ma in quel momento non doveva pensare al disordine dei suoi compagni, né farsi fermare da ciò, perché doveva raggiungere il borsone del Prof Kappa, dove all’interno avrebbe trovato il kit di pronto soccorso che solitamente portavano in campo per le emergenze. Era sicuro che all’interno ci fosse il necessario per riuscire a curare Saya, o per lo meno che ci fosse un termometro ed un analgesico.
Era riuscito a scartare alla bene e meglio gli oggetti a terra e lo aveva fatto cercando di assottigliare lo sguardo per abituare gli occhi alla semi oscurità del luogo, dove solo alcuni deboli raggi di luna riuscivano a filtrare dalle imposte serrate. Era quasi arrivato alla sua metà quando colpì con il piede la borsa di Takao, che stava bellamente russando sul suo letto, affondandoci sopra con le ginocchia. 
«Maledizione!», imprecò tra i denti, cercando di parlare il più sottovoce possibile per non svegliare i presenti. Non aveva voglia di avere a che fare anche con loro, già gli bastava il bel da fare che aveva con Saya.
Per fortuna però la borsa del suo compagno di squadra aveva attutito la caduta ed il rumore che faceva Kinomiya mentre russava aveva coperto tutto il resto. Solo Max sussultò lievemente, ma poi si girò dall’altra parte e continuò imperterrito a dormire, così che Kai poté sciogliere un po’ la tensione con un sospiro liberatorio.
Quando arrivò alla tanto agognata borsa ci rovistò un po’ dentro, imprecando di nuovo. Non riuscì a capire perché il piccoletto si fosse portato dietro tutte quelle cose inutili, come pomate, spray, creme e dio solo sapeva cosa. Solo in quel momento riuscì a capire perché quella maledetta valigetta pesasse così tanto, e lo sfiorò il pensiero che quella fosse stata anche opera della nipote del presidente. In fondo erano sempre le donne a mettere in valigia cose inutili, che secondo loro però sarebbero potute servire. A dimostrare ciò c’era appunto la valigia della ragazza, che tra i sei membri della squadra era quella ad averla più grande.
Il pensiero però gli strappò un piccolo sorriso, che morì di nuovo quando si accorse che non riusciva a trovare quello che stava cercando.
«Kai?», si sentì chiamare ed il sangue gli si gelò nelle vene. Arrestò i suoi movimenti e tirò su di colpo la testa, trovandosi gli occhi impastati di sonno del Prof Kappa, che lo stavano guardando con un’espressione decisamente perplessa. Non riuscì a dire se stesse dormendo ancora o meno, ma il fatto che lo avesse richiamato lo aveva turbato parecchio.
«Che stai facendo?», insistette il piccoletto, strofinandosi gli occhi per capire se quello che aveva di fronte a sé fosse veramente Kai o fosse il frutto della sua immaginazione. In più si aprì in uno sbadiglio sentito, che indispettì il Russo ancora di più.
«Nulla, sto cercando una cosa. Credo di averla trovata», mentì spudoratamente, cercando di mantenere ferma la voce e non fargli capire quanto fosse alterato da tutta quella situazione. In più, più passava il tempo, più Saya continuava a stare male. E l’alba si stava facendo sempre più vicina.
«Nella valigetta del “non si sa mai”?»
Kappa alzò un sopracciglio e lo osservò con un’espressione stralunata, perché davvero non ci stava capendo nulla di tutta quell’assurda situazione. E nemmeno Kai.
Averlo visto rovistare al buio e con fare circospetto dentro una valigetta dove, probabilmente, non avrebbe trovato nulla di interessante lo aveva decisamente lasciato perplesso.
«La valigetta del cosa?!», rispose però il diretto interessato, con un tono di voce che rasentava l’isteria. Aveva anche alzato il tono, e quello aveva costretto il Prof a mandare giù un groppo di saliva. Hiwatari riusciva sempre a incutergli un certo timore.
«In quella valigetta ci sono le cose che Saya ha insistito per portare ma che non entrano in quella ufficiale, che troverai laggiù…», disse indicando il tavolo, dove sopra c’era una valigetta identica a quella che aveva aperto di fronte a sé, solo di un colore leggermente diverso. A sua discolpa si può dire che nel buio della stanza le avesse tranquillamente confuse, anche se Kai non era decisamente a conoscenza del fatto che ce ne fossero due e lo si poteva capire benissimo dall’espressione del suo volto. In quel momento si ritrovò a maledire la ragazza nell’altra stanza e gli salì alla mente il piccolo pensiero di lasciarla soffrire febbricitante per tutto il resto della notte solo per fargliela pagare, ma si trattenne.
«Ma, è successo qualcosa?», insistette ancora il Prof, ma Kai fu irremovibile nella sua risposta.
«No, rimettiti pure a dormire», gli intimò, perentorio, in un tono che non avrebbe ammesso repliche. «Tu non mi hai mai visto!», concluse, quasi intimidatorio, e quello convinse il piccoletto a rimettersi sotto le coperte, trattenendo anche il respiro pur di non correre il rischio di indispettirlo. Quando ci si metteva, Kai Hiwatari sapeva farsi decisamente obbedire.
Arrivò alla valigetta che gli aveva indicato Kappa e la prese direttamente senza neanche prendersi la briga di rovistarci dentro, intimorito dal fatto che avrebbe potuto svegliare anche gli altri. Non aveva voglia di spiegare la situazione anche a Max e Takao, anche se non avrebbe mai creduto di riuscire a svegliarlo con così poco. Solitamente non bastavano nemmeno le cannonate. Ma non si poteva dire lo stesso per l’Americano, che preso dalla preoccupazione avrebbe insistito per aiutarlo con Saya, invece in quel momento voleva aiutarla da solo, anche per il bene della ragazza. Non voleva che la vedessero stare così male.
Cercò di percorrere a ritroso la stanza, cercando di nuovo di evitare gli ostacoli ed imprecando silenziosamente ad ogni passo, ma quando finalmente arrivò alla porta gli sembrò come se fosse arrivato al traguardo di una corsa estenuante. Poggiò la mano sulla maniglia, l’aprì come se in tutto quel tempo non avesse aspettato altro, e si rifugiò nella sua stanza, dove la febbricitante ragazza era seduta ansimante sul letto.




«Che diavolo fai, rimettiti giù!», sentii imprecare Kai quando riapparve in camera ed aveva anche l’aria decisamente incazzata.
Mi ero messa seduta per aspettarlo, perché non volevo rimanere sola in quella stanza. Lui non arrivava ed io mi stavo iniziando a preoccupare, anche se era una conseguenza della febbre, che mi aveva un po’ mandato in pappa il cervello. Tremavo ed ansimavo per lo sforzo di mantenere lo sguardo fisso da una parte, per non vedermi la stanza vorticare attorno. 
In due falcate fu di nuovo vicino al letto e notai che aveva tra le mani la valigetta del pronto soccorso, che io stessa avevo sistemato prima della partenza per il mondiale, e capii quale fosse la sua idea. 
«Stai bene? Sembri arrabbiato…», gli chiesi, con la voce rotta dai tremori e lui mi scoccò un’occhiataccia che mi fece capire che non era propenso a rispondere a quel tipo di domanda. Era chiaro che fosse successo qualcosa nell’altra stanza, ma mi imposi di non chiedere altro. 
Lui posizionò l’oggetto sul letto, dove si era seduto per constatare la mia condizione di salute, e l’aprì cercando qualcosa all’interno con aria meticolosa. Solo quando riuscì a trovarla scoprii che stava cercando un termometro.
«Si sa che ho la febbre, non c’è bisogno di misurarla», gli resi noto con una smorfia che lo indispettì ancora di più.
«Stai zitta e lasciami fare o ti mando a dormire nel letto con Takao! Ti farei sentire come russa!», mi rispose stizzito ed io non potei fare altro che sbuffare ed alzare le braccia in segno di resa, ma le forze mi avevano abbandonato anche per compiere quel piccolo gesto.
Feci come mi aveva ordinato però, e lui mi sorresse leggermente per le spalle fino a farmi stendere di nuovo tra le coperte. Mi passò il termometro e con il suo solito modo di fare perentorio mi obbligò a portarlo sotto braccio.
Aspettammo in silenzio il tempo necessario perché funzionasse e quando trascorsero i minuti necessari, in cui io avevo chiuso gli occhi per non vedere il soffitto muoversi sopra di me, lo ripresi per passarglielo. Lui lo afferrò con un gesto spazientito e quando portò i suoi occhi a guardare quello che segnava per poco non gli prese un colpo.
«Allora?», lo incitai, stringendomi nelle spalle. Ero veramente curiosa di sapere a quanto mi fosse salita, anche perché per stare male in quel modo doveva essere alta per forza.
«39!», sbuffò rassegnato, spegnendo il congegno e riponendolo nella valigetta, dove si mise a cercare qualcos’altro sotto il mio sguardo offuscato.
«Che fai?», gli chiesi ancora, pur di parlare, perché in quel momento volevo solamente distrarmi e pensare a qualcosa che non fosse la mia sofferenza.
Ma lui non rispose. Si alzò stizzito dal letto e si diresse a passo spedito fino al tavolo, dove versò un po’ d’acqua nel bicchiere che avevo usato io stessa non molto tempo prima.
Quando tornò seduto accanto a me mi passò quello stesso bicchiere, dove all’interno c’era del liquido effervescente che non aveva per niente l’aspetto invitante.
«Cos’è?»
«La smetti di fare domande? Sei fastidiosa!», grugnì indispettito, chiaro segno che stava lentamente perdendo la pazienza ma cercava di non darlo a vedere. «Bevilo e stai zitta, ti assicuro che dopo starai meglio!», finì, addolcendo leggermente il tono della voce per convincermi a fare quello che mi stava chiedendo di fare.
Anche se non ero molto fiduciosa mi convinsi a fare come mi era stato ordinato e presi il bicchiere mandando giù tutto il liquido senza neanche respirare. Per fortuna non aveva un cattivo sapore e, con la speranza che quello mi avrebbe fatto riprendere, mi ributtai a capofitto tra le coperte. 
Lui invece, dopo un sospiro di sollievo, si diresse al suo letto sotto la mia lenta inquisizione. Lo guardai compiere quei normali gesti con lo sguardo offuscato dalla febbre e mi sentii avvampare. Non seppi dire però se fosse una conseguenza del mio stato di salute o dell’effetto che lui aveva su di me. Mi ero girata dalla sua parte e, nonostante avessi ancora il suo odore sul cuscino, quello sembrava non bastami. Volevo godere di quella visione ancora un po’, come se in tutto quel tempo non avessi bramato altro. Inoltre lui non mi stava guardando, intento com’era ad infilarsi sotto le coperte del suo letto, e solo quando ci fu dentro spense la luce della sua lampada, facendo piombare di nuovo il buio.
Non disse null’altro e dopo qualche secondo pensai che si fosse addormentato. Io sperai di fare presto lo stesso. Volevo sprofondare nel sonno per mettere fine a quella sofferenza ed al freddo che ancora sentivo addosso. Non vedevo l’ora che la medicina che mi aveva dato Kai iniziasse a fare effetto, così da sentirmi un po’ meglio. Se non fossi riuscita a vedere la finale per colpa del mio stato di salute non me lo sarei mai perdonato.
Ma purtroppo il sonno sembrava ahimè così lontano. Mi rigirai nel letto cercando di trovare una posizione comoda ed un po’ di calore, ma essendo da sola in quel grande letto era quasi impossibile da trovare. Avevo inoltre infilato la testa sotto le coperte pur di stare al caldo, ma continuavo a battere i denti facendo un certo baccano. 
Stavo anche per mettermi di nuovo a piangere, per sfogare tutto il risentimento dettato da quell’assurda situazione, ma prima che le mie lacrime iniziassero a cadere sentii due braccia che mi strinsero a sé e per poco non mi strozzai con la saliva. 
«Non riesco a dormire se fai tutto questo baccano»
Sentii la voce di Kai parlarmi proprio accanto all’orecchio ed il suo corpo caldo aderire al mio, dandomi un leggero sollievo dal freddo. Non riuscii a capire come facesse ad essere così temperato, ma in quel momento benedii il fatto che lui soffrisse più il caldo del freddo, ed in quel momento c’erano molti gradi in quella stanza. Forse era anche per quello che si era trasformato in un termosifone umano.
Mi lasciai cullare dalle sue braccia e mi sentii subito avvampare per quell’improvvisa vicinanza. Era da quando mi aveva fermata in Francia e da quando mi aveva alzata da terra dopo lo scontro di Rei che non ero in quella posizione, con la schiena a contatto con il suo petto, ma allora era stato tutto totalmente diverso. Quelle volte aveva cercato di farmi desistere dal compiere un gesto avventato, invece in quel momento era stato lui stesso a volersi avvicinare a me, e di quello ne fui immensamente felice. 
Il mio cuore aveva preso a battere repentinamente, ma potevo sempre usare la scusa della febbre, anche se sperai che lui non lo sentisse. Avrebbe dovuto mettere le mani dove sicuramente non avrebbe voluto, ed ero estremamente certa che Kai non le avrebbe mai allungate più del dovuto. Mi aveva circondato la vita ed io mi ero rannicchiata addossandomi maggiormente a lui. Avevo poggiato le mie braccia sulle sue, come a volerlo abbracciare a mia volta e fargli capire quanto fosse valso per me quel suo gesto.
In quella posizione però, mentre cercavo di non fargli sentire i battiti emozionati del mio cuore, io stavo sentendo i suoi. E correvano alla stessa velocità dei miei.
Non gli dissi nulla però, perché tanto lo avrei stizzito ancora di più e non mi avrebbe mai risposto sinceramente, per cui mi feci cullare e tranquillizzare dalla sua presenza, così tanto che, con un sorriso stampato sulle labbra, mi addormentai tra le sue braccia.
Fine capitolo 38



Colei che scrive:
Ma salve a tutti e benvenuti in questo capitolo, dedicato allo sprazzo di umanità di Kai Hiwatari! XD direi che sono una brutta persona U.U perché mi sono divertita troppo a scrivere di lui sgattaiolare malamente nella stanza dei suoi compagni di squadra, e ad indispettirlo con tutto il resto. Chi è convinto che la farà pagare cara a Saya alzi la mano! XD però via, ogni tanto mi piace immaginarlo un po’ più umano xD in fondo anche Hiwatari ha un cuore e lo ha dimostrato varie volte, anche se è sepolto sotto un discreto strato di ghiaccio U.U inoltre non vi ho fatto penare troppo questo capitolo. Inoltre siamo davvero agli sgoccioli, ma nonostante la fine siamo solo all'inizio MUAHAHAH
Bene, detto questo spero di non aver deluso le aspettative e non avere fatto troppi errori! 
Passo così a ringraziare i recensori grazie delle vostre belle parole <3, alle persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite ed a tutti i lettori silenziosi che attendono silenziosamente un mio aggiornamento. Con la speranza che mi facciate sapere cosa ne pensate eheh
Alla prossima!!! 
  
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