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Autore: heliodor    17/09/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Voglio fare la mia parte
 
Simm Keltel sedette al lungo tavolo, le maniche della tunica arrotolate fino al gomito e il giacchetto di pelle buttato sulle spalle che puzzava ancora di sudore.
“Ora finalmente mi lacerai vedere mia figlia?” chiese rivolgendosi con tono calmo a Hylana Abrekir.
La donna sedeva all’altro capo del tavolo, l’espressione tronfia sul viso. “Tra poco” disse. “Tra poco.”
“Sono tre giorni che non la vedo. Devo considerarla tua prigioniera?”
“Quella adorabile ragazza è mia gradita ospite, Simm. Come puoi dire una cosa così terribile?”
“So che cosa stai cercando di ottenere” disse lui faticando a mantenere la calma. “Ma non la otterrai in questo modo. Anzi posso assicurarti che non te ne verrà niente di buono.”
“Io offro una sistemazione più che dignitosa a te e tua figlia e mi ripaghi con parole piene di veleno? Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?”
“Ancora niente. Ma è di quello che stai per fare che dovresti preoccuparti.”
“Mi minacci nella mia fortezza, Simm Keltel?”
“Non è una minaccia. E questa non è la tua fortezza.”
“Adesso lo è” rispose la donna. “E ho intenzione di restarci a lungo.”
“Qualcuno vuole prendere il tuo posto?” chiese incuriosito.
Hylana sorrise triste. “C’è gente abbastanza disperata da desiderare di essere al mio posto, sì. Questo lo so con certezza assoluta.”
Simm si accigliò.
“Ho le mie fonti alla corte della regina.”
Dannata donna, pensò Simm. Somiglia davvero a quella terribile strega del continente antico. “Non mi chiedi come procede alla forgia? O hai chi ti informa anche su quello?”
“Ti piace scherzare, Simm Keltel, ma la guerra non si sta mettendo bene per noi.”
“Hai notizie fresche?”
Lei annuì grave. “Messaggeri sono arrivati nella notte, in gran segreto” disse. “Parlano di vittorie a oriente.”
“Bene.”
“Per niente, ogni vittoria ci costa due sconfitte. Le forze del rinnegato avanzano espugnando una fortezza dopo l’altra.”
“Non pensavo fossero così abili i suoi comandanti.”
“Per ora, quella che ci sta creando più problemi è la strega bianca.”
“Nimlothien? Da quando è diventata una grande condottiera?”
“Da quando ha conquistato due fortezze vicine ai nostri confini, gli ultimi avamposti che controllavamo. Ora la strada verso Charis è spianata. Potrebbero attaccare la città in qualsiasi momento.”
“Inviate dei rinforzi.”
“Credi che non lo faremmo, se ne avessimo? Le nostre forze sono impegnate a sud, vicino alle montagne e in mille piccole battaglie nei nostri confini.”
Simm si accigliò. “Non ne sapevo niente.”
“Facciamo in modo di mantenere il segreto, ma la voce sta iniziando a circolare lo stesso.” Hylana trasse un profondo respiro. “Il rinnegato ha infiltrato nei nostri confini decine di bande ribelli. Si muovono in piccoli gruppi di poche decine, attaccando e saccheggiando i villaggi e le fattorie. Quando ne troviamo una, altre due bande ci sfuggono e spariscono, per poi riapparire da qualche altra parte.”
“Ingaggiate dei mercenari dal continente antico” suggerì Simm. “Le Lame d’Argento sono abili nel dare la caccia ai briganti. E ci sarebbero anche i guerrieri neri, se riuscite a trovare i soldi necessari per ingaggiarli.”
“Non ci servono mercenari” disse Hylana colpendo il tavolo col pugno. “Ma bravi comandanti. Gente capace di guidare le nostre forze in battaglia. Persone che hanno l’esperienza e il rispetto della truppa. Persone come te, Simm Keltel.”
Ecco dove voleva arrivare con quel discorso, si disse. “Io sono qui per procurarvi ventimila spade e altrettanti scudi” disse. “E me ne andrò non appena avrò raggiunto quell’obbiettivo.”
“Spade e scudi che non ci serviranno a molto se non avremo qualcuno che li comandi.”
“Li avrete pure dei comandanti da qualche parte” esclamò.
“Li avevamo, prima che la regina li facesse giustiziare o esiliare.”
“La regina ha fatto questo?”
Hylana ghignò. “Non la nostra Arabel, ma la regina che regna nell’ombra, la donna di nome Liandra.”
“Dovresti usare con più moderazione certe parole” disse Simm. “E non credo che sia saggio parlarne ad alta voce.”
“Nessuno ci ascolta, Keltel” disse Hylana. “E se anche lo stessero facendo.” Fece un gesto vago con la mano.
Un valletto si avvicinò esibendosi in un inchino.
“Parla” disse Hylana.
“Vengo dalle stanze di vostro figlio, governatrice. Dice di stare troppo male per cenare in piedi. Chiede che gli venga portata la cena a letto.”
Hylana si accigliò. “Sta male? Ha detto proprio così?”
“Ha riferito direttamente a me.”
“Era sofferente quando lo hai visto?”
“Più di altre volte, governatrice.”
Hylana scattò in piedi. “Scusami se ti lascio da solo.”
Simm fece un leggero cenno di assenso.
“Speravo che la nostra cena si concludesse in un altro modo, Simm Keltel. Prenditi qualche giorno per riflettere su ciò che ti ho detto e poi fami conoscere la tua decisione.”
Ho già preso la mia decisione, si disse. Anni fa.
A Hylana invece disse: “Ti prometto solo che ci rifletterò, governatrice.”
Hylana annuì grave. “Tua figlia è nella sua stanza.” Fece un cenno con la testa a uno dei valletti. “Scortalo alla stanza di Valya.”
“Come ordini” rispose il valletto. “Se volete seguirmi.”
Simm si alzò a sua volta a seguì il valletto nei corridoi della fortezza. Salirono al primo livello fermandosi davanti a una porta di legno che sembrava luccicare sotto la luce delle torce.
Il valletto bussò due volte senza ricevere risposta prima di voltarsi verso di lui imbarazzato. “Forse sta dormendo” disse incerto. “Se volete posso procurarmi la chiave ed entrare.”
“Se conosco bene mia figlia, so che non è lì dentro che la troveremo.”
“Dove allora?”
“La sala d’arme è ancora al solito posto?” chiese.
“Vi porto subito lì.”
“La troverò da solo” disse voltandogli le spalle.
“Ma la governatrice ha detto…” iniziò a dire il valletto.
“Cosa? Ti ha per caso detto di sorvegliarmi?” chiese Simm senza voltarsi. Riusciva a immaginare il valletto deglutire a fatica mentre cercava una risposta convincente da dargli.
“Io vi chiedo scusa” disse il valletto. “Vi prego di non riferire quanto accaduto alla governatrice.”
“Non le dirò niente e tu potrai tornare alle tue faccende” disse proseguendo per il corridoio.
 
La sala d’arme, una delle cinque o sei che la fortezza nascondeva nel suo capiente ventre, era al solito posto. Simm imboccò l’entrata sormontata da un arco di pietra e si ritrovò in una sala ottagonale. Sette pareti erano occupate da scudi, spade, alabarde e lance appese con ganci di ferro infilati nelle pietre grigie.
Il pavimento era di un ocra sbiadito e consumato dalle migliaia di piedi che l’avevano percorso.
Due di quei piedi erano i miei, si disse. Miei e di…
Alzò la testa di scatto e la vide.
Valya era in piedi, la spada sollevata al di sopra della spalla, il piede destro in avanti su cui aveva appoggiato il peso e si preparava a sferrare un fendente dall’alto verso il basso al manichino di legno piazzato al centro della sala. L’espressione corrucciata e concentrata al tempo stesso tradiva lo sforzo che doveva fare per reggere la spada a senza perdere la presa sull’elsa sproporzionata per le sue mani.
Ansimava mentre si spostava verso destra poi a sinistra come se stesse cercando di evitare l’affondo dell’avversario di legno, sebbene fisso nella sua posizione.
“Stai sbagliando tutto” disse Simm camminando verso di lei.
Gli occhi di Valya saettarono verso di lui. “Chi ti ha fatto entrare?”
“La padrona di casa in persona.”
“Non importa” disse Valya sollevando la spada sopra la testa e poi abbassandola di scatto con entrambe le mani. L’arco disegnato dalla spada la portò a colpire il manichino sul lato della tozza testa di legno e scivolare verso il basso.
Sua figlia sbuffò e ansimò per lo sforzo ma riuscì a frenare la corsa della spada prima che la punta toccasse il pavimento.
“Mi hai distratta” disse con tono d’accusa.
“Eri già partita male con quella posizione assurda” rispose lui fermandosi vicino al manichino.
“Dovevo solo prendermi più tempo per mirare bene alla testa” disse Valya.
“Tempo” fece Simm annuendo. “A volte è quello che ti manca nella mischia. Non ne hai molto tra un affondo e una parata mentre un atro soldato sta cercando di passarti da parte a parte con la lancia. Nessuno di loro ti concederà il tempo che ti serve per mirare bene.”
“E allora come devo fare?”
“Evitare di infilarti in una mischia, tanto per iniziare. È il metodo migliore per restare vivi e interi.”
“E l’altro metodo? Quello che non ti rende un codardo agli occhi di tutti gli altri?”
Simm decise di non raccogliere la provocazione. “Non si è vili se non si scende in battaglia. Si è vili solo se si scappa.”
“Non è lo stesso?”
Simm sospirò. “Sono troppo stanco per litigare. Almeno stai bene? Come ti trattano?”
Valya poggiò la spada su di un trespolo. “Ci hai messo quattro giorni per ricordarti che ero in questo posto da sola?”
“Ho avuto da fare alla forgia.”
E non volevo che i ricordi tornassero tutti insieme a tormentarmi, si disse.
“Bella scusa” rispose lei mettendo le mani sui fianchi. “Come quella che hai usato quando mi hai abbandonata alle Vecchie Pietre.”
“Ti ho chiesto scusa, no?”
“Quando?”
“Andiamo, Valya. Sei contenta o no di stare qui? Se non vuoi restare, dirò a Hylana che ti voglio in una delle stanze dove dormono i fabbri. Ce ne sono parecchie ancora libere.”
“Non voglio andare via” disse Valya con veemenza. “Qui sto bene e mi trattano come si deve.”
“E ti fanno usare la palestra per giocarci.”
“Non sto giocando. È una cosa seria. Io voglio diventare una guerriera e fare la mia parte nella guerra.”
“La tua parte è restare al sicuro.”
“Hylana mi farà addestrare da un maestro d’arme.”
Simm si accigliò. “Chi?”
“Abbylan.”
“Il cavaliere con quei baffi ridicoli?”
Valya annuì. “È uno dei comandanti della guardia cittadina. Izora dice che è una specie di eroe da queste parti.”
“Eroe” disse Simm.
Aveva già deciso che domani avrebbe trovato Abbylan e gli avrebbe parlato, ma per il momento lo avrebbe taciuto a Valya.
Forse è meglio lasciarla fare, si disse. Così capirà che non è adatta per fare la guerriera.
“D’accordo” disse raddrizzando la schiena. “Quello che dovevo dire te l’ho detto, quello che dovevo vedere l’ho visto. Ti lascio ai tuoi allenamenti.”
Valya grugnì in risposta e tornò alla spada. “Diventerò una grande guerriera” bofonchiò voltandogli le spalle. “Tutti mi rispetteranno.”
 
Sulla via per la forgia faticò a orientarsi nel buio ma trovò l’ingresso della palazzina e si infilò all’interno. Lì, lontano dalla fortezza, il cuore riprese a battergli in modo regolare.
Rann se ne stava appollaiato sullo sgabello, la schiena china sopra la mola mentre affilava qualcosa. Dal giorno in cui l’aveva conosciuto era uscito dalla forgia solo per dormire o mangiare. Non l’aveva mai visto riposare o cercare di strappargli una pausa come facevano tutti gli altri.
Se l’ho notato io, si disse inquieto, potrebbero averlo notato anche altri.
“Lavori fino a tardi?” gli chiese avvicinandosi.
Il ragazzo sollevò la testa. “È una cosa mia” disse indicando la piastra di metallo che reggeva con entrambe le mani.
Simm annuì distratto. “Basta che non sottrai tempo al nostro lavoro. Se lo fai, ti caccio via dalla forgia, intesi?”
Rann sorrise. “Non ti preoccupare, capo.”
“E non chiamarmi capo.”
“Hai visto tua figlia? Sta bene?”
Simm annuì. “Meglio di quanto sperassi, in verità.”
Rann si accigliò. “Speravi che non stesse bene?”
Lui sospirò. “Quando avrai dei figli tuoi, capirai.”
Il ragazzo si strinse nelle spalle e tornò a chinarsi sulla mola.

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