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Autore: Iaiasdream    18/09/2020    0 recensioni
[Can Yaman]
Tutti i diritti riservati agli autori (Bay Yanlis)
Ezgi è una ragazza delusa dall'amore. Determinata a lasciarsi le sue frequentazioni fallimentari alle spalle, accetta l'aiuto di Ozgur, un ricco barista, dalla vita frivola, nonché suo vicino di casa il quale la guiderà nell'intento di cercare l'uomo giusto con cui trascorrere il resto della vita.
Tra un consiglio e l'altro, Ozgur, che ha sempre messo da parte il forte sentimento, finisce per innamorsarsi di Ezgi, a quel punto dovrà decidere tra la ragione e il sentimento.
Cos'accadrà tra i due?
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VICINI DI CASA
 
Una leggera brezza gli accarezzò la schiena svegliandolo.
La prima cosa che Ozgur vide quando riaprì gli occhi, fu il profilo assopito della ragazza che, la sera precedente, aveva portato in hotel. A quel punto ricordò cos’era accaduto. Aveva passato una notte a dir poco d’inferno, e non gli era mai successa una cosa del genere. Si era ripromesso di andarsene e lasciarla lì, ma dopo quel bacio, era accaduto tutto così di fretta che la stanchezza lo aveva assalito e si era addormentato accanto a lei.
Finalmente era giorno. Si alzò ancora stanco; fece il giro del letto rotondo fissando la pazza che dormiva tranquilla e si servì dell’acqua senza distoglierle gli occhi di dosso. Non sapeva cosa si sarebbero detti nel momento in cui anche lei si fosse svegliata e, di certo, Ozgur non se ne stava ponendo un problema. L’unica cosa che voleva, in quel momento, era farsi una doccia per cancellarsi di dosso i rimasugli di stanchezza e mentre lui entrava in bagno, Ezgi si svegliò.
All’inizio, com’era prevedibile, rimase confusa, ma man mano che si guardava intorno, iniziò a metabolizzare la situazione.
Ok. Si trovava in un letto non suo, in una stanza non sua e… mezza nuda.
«No! – esclamò scattando in piedi – non può essere successo, no!». Raccolse i suoi indumenti dal pavimento accorgendosi che erano inumiditi.
Ma perché?
Indossò la gonna guardandosi intorno. Del barman idiota non c’era traccia. «Che bastardo! mi ha lasciata senza vergogna! Dio, che cos’ho fatto? – a quella domanda si bloccò pensierosa – un momento – disse – forse non ho fatto niente…», e in quello stesso istante sentì uno scroscio d’acqua provenire dall’altra parte della camera. Salì sul letto attraversandolo a gattoni e si fermò solo quando vide la porta del bagno aperta e il barman che si lavava indisturbato nella doccia.
È qui? Questo significa…
«Merda! Che abbia approfittato del mio stato da ubriaca?»
Lo maledisse saltando giù dal letto minacciando che gli avrebbe fatto fare una brutta fine, ma dovette bloccarsi per l’ennesima volta, poiché la sua mente le fece rivedere un scorcio di quello che era accaduto la sera precedente.
Il bacio… l’ho baciato io per prima!
Si sentì le gambe tremare e dovette sedersi velocemente sul letto per non cadere. Rimase a fissare il vuoto davanti a sé cercando di ricordare altro. Come aveva potuto baciarlo solo perché lui le aveva fatto un complimento? «Oh, Ezgi! – sbraitò a voce bassa – come sei potuta cadere così in basso?» si chiese portandosi le mani agli occhi per poi sprofondare sulle lenzuola.
Non poteva rimanere lì. Doveva andarsene e velocemente. Non aveva intenzione di affrontarlo, in quel momento si vergognava come un verme.
Arraffò velocemente le sue cose e senza infilarsi le scarpe uscì dalla stanza.
Ozgur, intanto, uscito dalla doccia, si coprì con un asciugamano e ritornò nella camera. Fu sorpreso di trovare il letto vuoto. Mancavano gli effetti personali della ragazza. Era davvero andata via. Non poté nascondere di esserci rimasto male e si ritrovò a parlare da solo: «Guarda là – disse – se n’è andata di corsa. Non ha neanche ringraziato.»
Ritornò al suo ristorante con un mal di testa. Si sedette al bancone chiedendo ad Emre di preparargli un americano doppio. Voleva qualcosa di forte per dimenticare quella nottataccia.
«Fanne due. – intervenne Ozan sedendosi accanto a lui. Lo fissò per qualche istante e capì che qualcosa non andava. – Cos’è quella faccia? – chiese – Sembra che tu abbia fatto nottata.»
«Ah, fratello ti prego! – rispose Ozgur spingendo la fronte contro il palmo della mano – Ti avviso: non passerò più molto tempo al bar.»
«Problemi con la ragazza di ieri?»
«Problemi? Quella ragazza è letteralmente pazza! Sembra innocente, ma ha dei problemi mentali davvero complessi.»
«Quanto complessi?» lo beffeggiò Ozan.
«Tanto. Mi ha tenuto sveglio tutta la notte.»
«Wow, allora sembra qualcosa di serio.»
«Non c’è niente da ridere. Non è come pensi. Ti spiego… il dolore di tutti gli uomini che l’hanno depressa l’ha scaricato tutto su di me! È stato come se si stesse vendicando»
E sotto gli occhi curiosi e interdetti di Gizem, Ozgur raccontò al suo amico chef tutto quello che era accaduto nella stanza d’albergo.
Dopo averlo bagnato sotto la doccia, la pazza aveva inveito contro di lui schiaffeggiandogli il petto e urlandogli in faccia che era un ingrato, che aveva dimenticato tutti i sacrifici che aveva fatto per lui.
Ma lui chi? Di certo non era Ozgur il diretto interessato e ovviamente non aveva alcuna voglia di farle da cavia, così si era accinto ad andarsene, ma quella era uscita completamente fuori di senno e aveva minacciato di lanciarsi dal terrazzo. Per fortuna le era corso dietro fermandola in tempo, anche se poi si era beccato schiaffi e tirate di capelli.
«Riesci a immaginare a quanto possa essere stato esasperante?» chiese allora al suo amico che a sua volta lo guardava incredulo.
«Lo immagino perfettamente.» rispose quest’ultimo, poi si volse verso Emre che aveva servito i loro caffè e gli augurò di riprendersi presto.
 
***
 
«Ho passato la notte con qualcuno di cui non conosco nemmeno il nome.» mormorava Ezgi mentre camminava avanti e indietro nella stanza della casa che per tre anni aveva condiviso col traditore.
Tra le mani reggeva un bicchiere pieno d’acqua e una bottiglia di vetro che poggiò sul tavolo del soggiorno.
«No, Ezgi. Che t’importa! Devi dimenticare.» si disse convinta e diede un altro sorso, ma per poco non le andò di traverso nel momento in cui la mente le giocò un altro brutto scherzo, facendole ricordare quello che era accaduto dopo il bacio: lei che cantava vestita sotto la doccia e il barman che tentava di fermarla, beccandosi un getto d’acqua. L’aveva bagnato dalla testa ai piedi senza alcun pudore.
«Che vergogna, Ezgi. Che vergogna!» esclamò stringendo gli occhi con l’intento di cancellare quella visione.
Poi qualcuno la distrasse suonando alla porta.
Andò ad aprire ritrovandosi una Cansu alquanto preoccupata la quale tirò un sospiro di sollievo dopo averla vista. «Perché hai il telefono spento? – le chiese – ho provato a contattarti per tutta la notte. Dov’eri Ezgi?»
«A casa!» balbettò la ragazza indicando l’ambiente.
«Ma il portinaio ha detto che sei appena arrivata…»
Ezgi non seppe cos’altro rispondere, allora Cansu entrò in casa borbottando.
Uscirono sul terrazzo e si sedettero al tavolino e a quel punto la ragazza fu costretta a raccontare l’accaduto.
Cansu rimase esterrefatta e incredula, e sua cugina si giustificò dando la colpa al suo ex. «Poteva scegliere un altro posto, invece di fare la sua proposta proprio al tavolo dietro al mio. Non sai quanto ho dovuto lottare per trattenermi e non saltargli addosso. Quindi dovresti ringraziare il cielo di essermi svegliata in una stanza d’albergo invece di una cella del carcere!»
La dottoressa la guardò allarmata.
«La colpa è anche tua! – aggiunse Ezgi – con tutti i locali che ci sono a Istanbul, dovevi proprio prenotare lì?»
«Cosa vuoi che ne sappia? Ho sentito dire che era molto popolare…»
«Che bastardo! – riprese ripensando a Soner – quando eravamo fidanzati, mi portava in posti che lui preferiva leggeri… e adesso, guarda con quella! Poi, capisco Denise che aveva gli straordinari, ma perché anche tu mi hai bidonata? Mi avete lasciata sola come un’idiota!»
Cansu tentennò cercando una scusa plausibile, poi disse che aveva avuto da fare in ospedale, non accennando nulla dell’incontro con Levent, ma Ezgi non credette a una sola parola e la costrinse a dire la verità.
Malgrado tutto fu comprensiva soprattutto perché anche lei, all’epoca, aveva dato buca alle sue amiche per i suoi flirt.
«Comunque, adesso dimentica tutto – riprese sua cugina dopo un po’ – ti consiglio di concentrarti su Serdar.»
«Serdar? – chiese Ezgi spaesata – Ah, certo! Il dottore che mi ha investita!»
«Esatto. Serdar frequenta lo stesso club di tennis di Levent. Il club organizza una festa estiva nel fine settimana, quindi ci saremo anche noi.» la informò Cansu indicandola.
Ezgi alzò gli occhi al cielo, esclamando che non sarebbe stata possibile una cosa del genere.
«Non obbiettare! Fino ad oggi hai fatto quello che volevi adesso mi ascolterai, Ezgi. Ok?»
La ragazza curvò le labbra e fece spallucce senza darle una risposta, come se si fosse rassegnata.
Dopo un po’ la dottoressa si congedò avvisandola che doveva ritornare al lavoro, chiedendole poi quando si sarebbe trasferita a casa sua.
«Sto aspettando il camion del trasloco. Poi verrò da te.» rispose sua cugina afflitta e proprio in quello stesso istante arrivò il mezzo.
Quando Cansu se ne andò ed entrarono gli operai, Ezgi rimase appoggiata al termosifone, davanti alla finestra ad osservare come tutti i suoi oggetti venivano spostati e la casa si svuotava man mano.
Cos’era stata la sua storia con Soner, se in un soffio stava tutto scomparendo? Ne sarebbero rimasti solo i ricordi, ricordi che la ragazza decise di lasciare in quella casa e di uscirne da lì senza.
Prima, però, di buttarsi tutto alle spalle, decise di lasciare un ricordino indelebile. Afferrò una bomboletta a spry e avvicinatasi al muro scrisse la parola: Coglione.
Soddisfatta afferrò la vaschetta dov’era Penelope, il suo pesce rosso, e uscì.
Arrivò a casa di sua cugina che era pomeriggio inoltrato, e mentre parlava con lei del più e del meno, ricevette una chiamata dal dottor Serdar.
Per Ezgi quella sorpresa fu palpabile. L’uomo voleva sapere come stava, aggiunse che era preoccupato e le disse di segnarsi il suo numero e di chiamarlo se ne avesse avuto bisogno. Dopo di ciò Cansu iniziò a riempirle la testa di grilli dicendole che era ovvio l’interesse che il ginecologo aveva per lei, allora, Ezgi cominciò a vedere la cosa con occhi diversi. Forse sua cugina aveva ragione, e forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di conoscerlo meglio.
Rimase sola, che Cansu dovette ritornare in ospedale.
Decise di uscire sul terrazzo a prender una boccata d’aria.
L’appartamento della dottoressa si trovava all’ultimo piano di uno dei grattacieli più lussuosi di Istanbul. Il terrazzo aveva una piccola piscina rettangolare, e confinava con un altro appartamento, diviso da piante.
La ragazza si avvicinò alla balaustra fatta di pannelli di vetro e ammirò il panorama.
Il vento estivo le accarezzò i capelli saggiando ogni lembo di pelle, Ezgi apprezzò quella piacevole sensazione e per un attimo credette di riuscire a dimenticare ogni suo guaio. Rimase fuori fino all’imbrunire in compagnia di una tazza di tisana fumante, poi rientrò, lasciando il posto silenzioso e tranquillo a chi comparve sul terrazzo adiacente.
Ozgur, in compagnia della giornalista, prese posto su una delle poltrone da giardino, invitando la donna accanto a lui.
Yesim si era presentata lì con l’intento di fargli vedere l’anteprima della copertina del giornale, ma il vero obbiettivo era un altro e Ozgur lo sapeva perfettamente, ma soprattutto voleva che accadesse. Dopo la nottata precedente, gli serviva un momento di svago per rimetterlo in forma.
«Il titolo è Mr Perfezione, ma come fai a saperlo?» disse mentre la donna gli mangiava le labbra con gli occhi.
«Sono sicura che conoscendoti più da vicino, lo saprò meglio…» sussurrò afferrandolo per la catena che aveva appesa al collo e tirandolo a sé per baciarlo. Non gli ci volle molto per entrare in camera da letto. Passarono una notte di fuoco, tanto che quei rumori disturbarono Ezgi. Infatti le due stanze da letto combaciavano per una coincidenza assurda.
La ragazza non riuscì a chiudere occhio. Mugolii e risatine maliziose echeggiavano da quella parete e l’imbarazzo era alle stelle.
Possibile che Cansu avesse un vicino spudorato?
Si alzò a guardare lo skyline di Istanbul che si estendeva oltre le vetrate della finestra, ma gli ansimi non riuscivano a distrarla. Allora camminò avanti e indietro per la stanza fino a che non vide dei libri che sua cugina aveva appoggiati sul comodino. Li prese fino a che non trovò quello menzionato da Cansu.
Incuriosita, si stese sul letto e iniziò a leggerlo, ma la lettura non durò a lungo, le risatine e gli ansimi divennero più forti e la ragazza ormai si era spazientita, cosi spense la luce, si stese, tirò le coperte fin sopra la testa e tentò di dormire.
 
***
 
Doveva ammetterlo: la giornalista non era stata un granché. Certo, avevano fatto baldoria fino a tarda notte, e lui l’aveva anche soddisfatta, ma lei non aveva fatto lo stesso.
Del resto cosa importava? Sarebbe uscita da casa sua e dalla sua vita proprio come vi era entrata: da perfetta sconosciuta.
Ozgur si alzò dal letto incurante di poterla svegliare, andò a farsi una doccia. Quando vi uscì, sentì un trambusto provenire dall’entrata e trovò Yesim alle prese con la sconosciuta che due giorni prima si era illusa di essere diventata la sua dolce metà.
Per la prima volta, Atasoy si sentì in trappola. Doveva dileguarsi e al più presto. Fece solo in tempo a infilarsi un paio di jeans per poi sgattaiolare fuori dal suo appartamento, lasciando le due donne a litigare tra di loro, oltrepassò la linea di divisione del terrazzo della sua vicina e fortuna volle che la finestra dell’appartamento di Cansu fosse aperta, così vi entrò senza esitare e chiuse ben bene tirando le tende color senape.
Era salvo, ma si sbagliava, e non perché la sconosciuta illusa, dopo aver cacciato di casa Yesim, lo stava cercando e in quel momento si trovava proprio sul balcone della vicina, ma bensì un urlo proveniente alle sue spalle lo fece trasalire.
Si volse di scatto trovandosi davanti la figura nuda della pazza portata in albergo, la quale era in quelle condizioni per via dell’asciugamano che le era scivolato di dosso a causa dello spavento avuto nel trovarsi in casa un uomo a petto nudo.
«Non guardare! Non farlo!» urlava quest’ultima cercando di coprirsi.
«Non gridare. Sono il vicino di Cansu» si difese lui tentando di distogliere gli occhi dalla sua nudità, ma alla fine, nel guardarsi, i due si riconobbero e dopo qualche istante di sconcerto, Ezgi ruppe il silenzio, esclamando: «Non ci posso credere! Sei di nuovo tu? Che cavolo ci fai qui?»
«Che tipo di scherzo è questo?» chiese Ozgur indignato. Si era appena svegliato e già si sentiva stanco. Subito, però, ritornò al pensiero dell’altra pazza fuori sul terrazzo e iniziò ad agitarsi.
Ezgi lo guardava confusa, e quando vide un’ombra fuori dalla finestra che bussava insistentemente, chiese: «Che diamine sta succedendo? Chi c’è là fuori?»
«Ascolta, io non la conosco – spiegò l’uomo – lei crede di essere la mia fidanzata. Si è presentata all’improvviso e, quando ha visto un’altra donna è impazzita. Mi sta perseguitando.»
«Ma come ti sei permesso di entrare qui?!» urlò la ragazza recandosi alla finestra per scorgere la situazione da dietro alla tenda.
«Ma guardala – si lamentò Ozgur – l’altra sera non ricordavi nemmeno il tuo indirizzo. Ti ho trattata in questo modo?»
«Hai fatto di peggio, portandomi in quell’hotel!» mormorò irritata avvicinandosi a lui con fare minaccioso.
«Secondo te, avrei dovuto lasciarti in quello stato?»
«Già, così ti sei approfittato della situazione, vero?»
«Io? Sei stata tu ad approfittarti di me! Sono io la vittima! Mi hai baciato e dopo mi hai aggredito! Non ti ricordi nulla?»
«No e non voglio ricordare!»
«Oh, bene! E allora lascia che ti dica che è stata la peggior notte della mia vita! Inoltre te ne sei andata via senza nemmeno ringraziarmi.»
Ezgi non sapeva cosa dire, in fin dei conti quell’idiota non aveva tutti i torti. Senza aggiungere altro ritornò a guardare la finestra e la ragazza dall’esterno che si disperava.
«Lasciamo stare quello che è accaduto! – riprese Ozgur – ti prego, guardala è impazzita, ci ucciderà tutti e due. Per favore, pensaci tu. Dille che non sono qui e mandala via. Io mi nascondo qui.» e detto questo si accucciò dietro al tavolo.
A quel punto Ezgi aprì la finestra accogliendo la ragazza con un sorriso e con naturalezza, il tipico atteggiamento di chi ignora la situazione.
«Eccomi, hai bisogno di qualcosa?» le chiese.
«Ozgur si nasconde qui?» ribatté quella, infuriata.
«Sì.» rispose Ezgi sicura di sé, mentre l’uomo dal suo nascondiglio rimase basito. «In realtà era qui ma è scappato» aggiunse la ragazza, poi le fece cenno di entrare. Si appoggiò alla spalliera del divano, mentre la sconosciuta si mise difronte a lei e, inconsapevolmente, di spalle all’uomo.
«Ti do un consiglio – riprese Ezgi – quando ho sentito dei rumori, ho cercato di evitarlo perché è un uomo poco raccomandabile. Tu invece sei limpida come l’acqua e un tipo così non ti merita affatto»
Da dietro al tavolo Ozgur fece capolino ammiccando alla sua salvatrice di continuare così.
«Credimi, chi fa questo a una come te, sarei felice di consegnartelo se sapessi dov’è. Non ci penserei per un secondo.»
L’illusa sembrava convincersi da quelle parole.
«Penso che tu non debba deprimerti.» continuò Ezgi. «Non credo ritornerà presto, anche perché si è rivelato per quello che è! L’hanno capito tutti. Quindi penso che farai meglio a dimenticarlo. È un uomo senza dignità, imbroglione, bugiardo. Non ne vale la pena arrabbiarsi per uno così. Secondo me, non conosce il valore di una ragazza come te. Meriti di meglio»
«Sì, sono d’accordo.» disse la sconosciuta, mentre Ezgi l’accompagnava all’uscita dandole altri consigli e infine chiudere la porta.
Quando ritornò al divano, trovò la preda sdraiata su un fianco accanto alla finestra che si passava una mano sul viso come a voler cancellare la tensione.
Lo guardò indignata.
«Sai, la cura della pelle è molto importante. Hai fatto bene a metterti la maschera sul viso» la elogiò lui, senza cambiare posizione.
«Alzati, per favore.»
Ozgur non se lo fece ripetere due volte, e non appena fu in piedi, prima di andarsene, rimase a fissarla dalla testa ai piedi, cosa che all’inizio non aveva avuto modo di fare e dovette ammettere che non era affatto male.
«Cosa guardi? Sparisci!» urlò la giovane intimandolo ad uscire.
Ma se Ozgur pensava che i suoi guai erano durati quanto un battito di ciglia, si stava sbagliando di grosso, poiché non aveva contato una terza donna, quella che delle tre era rimasta più delusa.
Yesim, infatti, non amava essere trattata in quel modo, si sentiva umiliata e presa in giro, così decise che gliel’avrebbe fatta pagare.
Mentre attraversava le strade di Istanbul in auto, chiamò la redazione, ordinando a un suo collega di non dare il permesso di stampare fino a quando non sarebbe giunta lì. Quando riagganciò disse a voce alta: «Te lo farò vedere io il Signor Perfetto.»
 
***
 
La sera giunse in fretta e, nonostante la casa di Cansu fosse accogliente, dopo quella sceneggiata della mattina, Ezgi aveva passato il resto della giornata i perfetta noia.
Uscì sul terrazzo mangiando un’albicocca per ammirare il panorama notturno. La bandiera turca in digitale spiccava su un grattacielo al centro della città. Istanbul illuminata sembrava un cielo stellato in terra.
Si girò verso il terrazzo del vicino e lo trovò seduto su una sdraio in compagnia di un libro. Si accorse che la stava guardando e salutando energicamente. Ezgi accennò anch’essa un saluto, ma indecisa.
«Rimani lì. Sto arrivando!» esclamò lui alzandosi, afferrando due bottiglie di sprite e andandole incontro. Ne stappò una e gliela porse. «Non ho avuto la possibilità di ringraziarti, e me ne vergogno così tanto.» disse sorridendo.
«Ti ringrazio, ma sarei felice se non si ripetesse ancora.» rispose la ragazza ancora un po’ interdetta.
«Farò del mio meglio, tranquilla. Cansu non abita più qui?» chiese lui, indicando l’appartamento.
«Sono sua cugina. Mi sono trasferita da poco perché l’idiota del mio ex mi ha cacciata di casa.»
«Capisco. Non ti sembra strano?»
«E come! Anch’io mi son detta come ha potuto farlo? In fin dei conti era la casa in cui abbiamo vissuto insieme fino a qualche tempo fa! Solo perché il contratto era suo, ma ho pagato tutte le spese…»
«Aspetta, non volevo dire questo!» la interruppe Ozgur. «Mi riferivo al nostro incontro.»
«Già è strano. Ma non intendo che lo sia tu. Dico, il trovarci costantemente così, è molto strano.»
«Ora che siamo vicini non lo sarà.»
«Vero. Comunque non ci siamo ancora presentati.»
«No, eh? Io sono Ozgur.» disse il giovane porgendole la mano.
«Ezgi» rispose lei stringendogliela.
Si guardarono negli occhi per qualche istante che parve infinito, accennando entrambi un sorriso innocente.

 
   
 
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