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Autore: Dalybook04    19/09/2020    0 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Due settimane dopo non era cambiato molto.
L'imbarazzo iniziale con Feliciano e suo nonno era quasi del tutto scomparso, e ora ridevano e scherzavano più o meno come prima. Anni di lontananza non si risanavano certo in qualche giorno, ma stavano facendo progressi, a piccoli passi. Forse era migliorato un po' durante le... come le chiamava suo nonno? Lezioni? Allenamenti? Vabbé, quando stava con Antonio. La cosa che più lo inquietava era quanto quello spagnolo lo conoscesse bene. Paradossalmente gli sembrava che lo conoscesse meglio lui di suo nonno e suo fratello, e in effetti dopo due mesi chiuso in una cella con una persona impari a conoscerla per bene. Sembrava capire sempre cosa gli passasse per la testa, e anche Lovino spesso sapeva cosa stesse per dire o fare l'altro prima che lo facesse. E poi quel fottuto spagnolo sembrava non avere il minimo senso del pudore o dello spazio personale: non si faceva il minimo problema ad abbracciarlo, a prendergli la mano, a dargli baci innocenti sulle guance o sulla fronte o, in generale, a invadere il suo spazio e a essere imbarazzante. Bah.
Grazie a lui fece più o meno amicizia con una ragazza di nome Belle e suo fratello Holland durante le "serate tra ragazzi", come le aveva chiamate Feliciano. Essenzialmente circa trenta adolescenti si radunavano in una specie di sala comune e parlavano, cantavano, qualcuno beveva anche, e in generale facevano finta di essere ragazzi normali. Feliciano gli presentò il tizio con le sopracciglia giganti, Arthur, che sembrava essere una persona quasi razionale, e qualche altra persona di cui dimenticò il nome in fretta. Durante quelle serate per lo più se ne stava in disparte, chiaccherava con qualcuno dei suoi "amici" o cercava di sfuggire dagli agguati di Antonio e dei suoi amici idioti, che cercavano di fargli qualche scherzo o di trascinarlo a cantare o a ballare con gli altri, cosa che non avrebbe fatto neanche morto. Ogni tanto Romolo, con un sorriso bonario della serie "sono ragazzi", veniva a controllare che nessuno fosse morto, svenuto o eccessivamente ubriaco. Bah.
Un pomeriggio Feliciano si offrì di tagliargli i capelli, visto che lo vedeva sempre lamentarsi della loro lunghezza.
-fammeli più o meno come i tuoi- raccomandò, seduto su una sedia davanti a lui. Feliciano lo rassicurò e si mise a lavoro.
Erano nella camera del minore, che non era tanto diversa da quella del fratello, solo stracolma di disegni e colori sparsi un po' ovunque. Su una delle pareti poi c'era un enorme graffito rappresentante un arcobaleno, e in fondo c'era una nuvoletta bianca fatta di tanti piccoli personaggi in bianco e nero.
-tranquillo, fratellone. Li taglio sempre al nonno e a Luddi- esitò, mordendosi il labbro -a proposito di Luddi...
-mh? Che ti ha fatto?- Feliciano aveva un tocco così delicato che si stava addormentando. Quella notte aveva dormito poco per leggere un libro che lo aveva preso particolarmente, nonostante si fosse promesso di non farlo. Era davvero un coglione.
-ve niente, solo che...
-che...?
-ve, siamo... ehm... stiamo insieme.
Lovino si irrigidì -nel senso...?
-sì.
-ah...- avrebbe fatto brutta figura se avesse strozzato accidentalmente quel crucco maledetto maniaco violentatore di fratelli minori? -ti... ti tratta bene?
-tanto. Lo amo, fratellone, non prenderla male per favore.
-mh...- cazzo, non poteva dirgli di no, non quando aveva quel tono da cucciolo bastonato -be', buon... buon per te? Cosa si dice in queste situazioni?
Feliciano lo abbracciò, posando le braccia sopra le sue spalle coperte dalla maglietta e da un asciugamano, attento a non toccarlo. Per precauzione Lovino aveva insistito che si mettesse anche dei guanti e le maniche lunghe fino ai polsi -grazie fratellone!
-ehm... prego. Ora potresti spostare queste forbici? Sono un po' troppo vicine alla mia faccia.
-ah, ve, scusa- con una risata imbarazzata si rimise dritto e riprese a tagliargli i capelli.
Quella notte a Lovino sorse un dubbio esistenziale. Come si faceva a capire se ti piaceva qualcuno? Feliciano aveva detto di amare il crucco, ma come faceva a saperlo? Insomma, aveva letto tante storie d'amore, ma nessuna lo spiegava davvero. Per lo più era il ragazzo a dichiararsi alla ragazza, ma lui... be', ormai era piuttosto sicuro di essere gay. Quindi che fare? Cioé, se anche gli fosse piaciuto qualcuno, non avrebbe potuto toccarlo, a meno che non si fosse trattato di...
Si sentì arrossire. Nascose il viso nel cuscino.
Aveva decisamente bisogno di dormire. Forse dopo lo avrebbe chiesto ad Antonio.

La mattina seguente, però, Antonio non c'era. Al suo posto c'era una ragazza poco più bassa di Lovino, con dei lunghi capelli castani legati in una treccia e l'espressione seria e scocciata.
-sei in ritardo- decretò lapidaria.
-scusa- di solito veniva Antonio a svegliarlo e ad assicurarsi che non tornasse a dormire dopo la sveglia. Cosa che quella mattina aveva fatto senza pensarci due volte.
Aveva già visto quella ragazza, una di quelle sere. Forse era un'amica di Gilbert? O di Feliciano? Non se lo ricordava.
-dov'è Antonio?
-oggi è uscito con gli altri per recuperare un po' di provviste- spiegò quella brevemente -quindi ci sono io. Tuo nonno ha deciso che devi imparare a difenderti, e io qui dentro sono la migliore nel combattimento. Mi chiamo Elizabeta.
-uhm, non c'è un problema di fondo?
-in che senso?
-cioé... nel corpo a corpo non è previsto del contatto? Non voglio ucciderti.
Quella roteò gli occhi -certo che non faremo lezione di corpo a corpo. Ti insegno qualche movimento base, a distanza, e poi passiamo alla lotta con i bastoni. Dovrebbe migliorarti i riflessi e farti sudare un po'.
-uhm, okay.
Elizabeta divenne presto la fonte di tutti i suoi peggiori incubi. Definire "estenuante" il suo allenamento sarebbe come definire le cascate del Niagara un fiumiciattolo, o l'Everest un cumulo di pietroline. Per intenderci, dopo appena un'ora Lovino voleva morire. Aveva male a muscoli che neanche sapeva di avere. In quel momento le uniche cose che lo avrebbero salvato da morte certa erano una doccia, il suo letto e una montagna di pasta.
-concentrati- lo rimproverò, dandogli una bastonata sul fianco che di sicuro gli avrebbe lasciato un livido. Lovino trattenne a stento un'imprecazione, arretrò e cercò di farle lo sgambetto con il bastone. Quella schivò così in fretta che non riuscì neanche a toccarla, ma Elizabeta batte le mani -finalmente ti sei dato una svegliata! Cos'è, hai paura di colpirmi perché sono una ragazza?
-sei una stronza, non una ragazza- ribatté. Quella rise.
-allora cerca di far male a questa stronza- e ripartì all'attacco.
Dopo altre due ore si ritenne soddisfatta. Il suono della campanella per il pranzo alle orecchie di Lovino sembrò il canto degli angeli. Stava morendo di fame.
-ah, da oggi io e il tuo ragazzo ci alteneremo. Ti farò lezione il martedì e il giovedì, per il resto ci sarà lui.
-che culo.
Elizabeta ridacchiò tra i baffi, divertita -avevi bisogno di muoverti, ammettilo.
-di muovermi, non di essere preso a bastonate. E comunque Antonio non è il mio ragazzo.
-davvero? Peccato.
Lovino sbuffò -perché lo pensano tutti?
-perché state sempre insieme?
-grazie al cazzo, è uno dei pochi che sopporto e che non ha paura di me.
-uhm. Allora lo pensiamo perché è l'unico che può toccarti?- continuò con un sorrisetto malizioso.
-ma che c'entra?!- era paonazzo, lo sapeva. Maledetta stronza -non significa che stiamo insieme.
-siete stati chiusi in una cella insieme per due mesi, tu lo puoi toccare e non vedevi qualcun altro da anni, lui è un gran bel pezzo di ragazzo, non puoi negarlo, e mi vuoi dire che non c'è stato niente? Proprio niente?
-esatto. E abbiamo scoperto due settimane fa che può toccarmi, ma comunque non c'è stato niente.
-di' un po', hai lasciato gli ormoni in quella cella o cosa?
Lovino roteò gli occhi e si fiondò a prendere il cibo non appena furono arrivati alla mensa, per sfuggire ad altre domande imbarazzanti.

Dopo il pranzo e dopo una bella doccia, mentre era praticamente svenuto nel suo letto cercando di riprendersi, sentì bussare alla porta. Sbuffò.
-se hai intenzione di farmi fare qualcosa oltre mangiare, bere o dormire, fuori dai coglioni.
Antonio entrò ridendo -tranquillo, ti lascio poltrire. Eliza ti ha conciato per le feste eh?
-mi fa male ovunque- mugugnò, girandosi a fatica sul fianco per guardarlo in faccia. Antonio sembrava divertito. Lo osservava appoggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate. Era vestito diversamente dal solito, con una mimetica molto aderente che gli fasciava i muscoli in maniera a dir poco illegale. Lovino tornò a sdraiarsi sulla schiena, con lo sguardo puntato ostinatamente al soffitto.
-entra, coglione. E chiudi la porta, non voglio che vedano il mio dolore.
-sempre educato, Lovi- ridacchiò ancora, obbedendo e sedendosi sul bordo del letto. Gli scostò alcune ciocche di capelli ancora umidi dal viso con dolcezza -me ne vado per una mattina e ti ritrovo mezzo morto. Non ci sai proprio stare senza di me, eh?
-prenditela con Elizabeta- brontolò, mettendosi seduto con un mezzo gemito di dolore -ahia, non mi sento più il culo per quante volte mi ha fatto cadere quella stronza.
Antonio sogghignò -vuoi un bacino sulla bua, così passa tutto?
In risposta gli tirò un cuscino in faccia -zitto, coglione.
Lo stronzo ebbe pure il coraggio di ridere.
-non ho la forza di picchiarti, taci e basta- sbuffò -spero che a te sia andata meglio che a me.
-mh, sì. Siamo riusciti a recuperare più roba dell'altra volta, anche se Gil stava per farsi beccare da una guardia.
-chissà perché non mi stupisce la cosa- roteò gli occhi divertito.
-ed era invisibile. Ce ne vuole per farsi beccare da invisibile- gli sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio -comunque stai bene con questo taglio.
Per qualche assurdo motivo si sentì arrossire -me l'ha fatto Feli.
-è stato bravo.
-mh...- abbassò lo sguardo sulle coperte -Feli mi ha detto una... una cosa.
-cioé?- aveva un tono gentile. Era sempre gentile con lui, per qualche assurda e imperscrutabile ragione.
-che sta con il crucco.
-il c... intendi Ludwig?
-sì.
-ah.
-lo sapevi?
-già. È un po' un segreto di Pulcinella qui dentro.
-mh...
-be', è bello che si sia confidato con te, no?
-credo di sì- rimase in silenzio per un po', poi si disse "o la va o la spacca" -senti ma... come si... cioé... cosa...
-cosa?
-come si... come si capisce se ami qualcuno? Cioé... Feli ha detto di amare il crucco ma non... come fa a saperlo?
-oh. Ehm... intanto ci dev'essere un minimo di attrazione fisica.
-uhm.
-poi... ti deve piacere il carattere. E, uhm... nel senso...- gesticolò un po', cercando le parole. Poi sospirò -quando ami qualcuno vuoi stare sempre con lui, ti manca quando non c'è e...- si schiarì la voce, con le guance rosse -vuoi sempre che sia felice. Se ami davvero qualcuno faresti di tutto per renderlo felice, rischieresti anche la vita per lui.
Lovino aggrottò la fronte -ma è lo stesso che succede con il nonno e Feli, più o meno. Tranne che per l'attrazione fisica- fece una smorfia.
Antonio rise -be', sempre di amore si tratta- era una sua impressione o si era avvicinato? Prima erano più distanti -la differenza è che l'amore romantico è più... cioé ci si bacia, ci si coccola, si fa...- tossicchiò, rosso in viso -ehm, sesso, e, uhm...
-okay, fin lì c'ero arrivato. Ma come lo capisci?
-be', se quando sei con qualcuno ti batte forte il cuore, vorresti stare da solo con lui, vorresti baciarlo e, ehm, fare altro, è probabile che ti piaccia. Se poi ti rendi conto che saresti disposto a tutto, anche a rinunciare a lui, per renderlo felice... è probabile sia amore. Poi stando con quella persona lo capisci meglio.
-mh...- sì, si stava decisamente avvicinando. Qualcosa, una sensazione alla bocca dello stomaco, lo spinse a fare lo stesso. Socchiuse gli occhi, fino a posare la fronte contro la sua. Antonio sorrise, gli prese la mano e se la posò sul petto.
-lo senti?- Lovino sentiva qualcosa muoversi contro i suoi polpastrelli, un battito forte e veloce. Annuì -è colpa tua, querido.
Lo guardò male -che posso farci se hai un cuore cretino quanto te?
Quello rise -che cattivo che sei.
Lovino roteò gli occhi -vabbé, tornando al discorso di prima...
-oh, giusto- si schiarì nuovamente la voce -che stavo dicendo?
-che stai rischiando l'infarto per colpa mia- trattenne a stento un sorriso.
-giusto, giusto, stavo cercando di dichiararmi- tossicchiò -ehm, quindi...
-sei proprio imbaranato- roteò gli occhi e si avvicinò ancora. Esitò un secondo, lo guardò negli occhi, esitando un secondo, quasi per chiedergli se fosse davvero sicuro di volerlo fare, e poi si sporse fino a posare le labbra sulle sue.
Quello era un contatto dolce, delicato, probabilmente la cosa più intima che avesse mai fatto qualcuno. Non intima in senso sessuale, ma nel senso di... profondo. Gli sembrava di starsi aprendo completamente a lui semplicemente baciandolo. Tutte le insicurezze, le paure, i dubbi, le preoccupazioni... tutto allo scoperto, in un modo così dolce da dargli alla testa. Istintivamente rilassò tutti i muscoli, lasciandosi guidare dal più grande. Si fidava, comprese. Per la prima volta in tutta la sua vita si fidava completamente di qualcuno al di fuori dalla sua famiglia. La cosa un po' lo spaventava, ma quel calore lo rassicurava. Era solo Antonio, si disse. Non c'era motivo di avere paura.
Lentamente si separarono, restando comunque molto vicini. Antonio aveva un sorriso stupendo.
-oh...- sussurrò -quindi è a questo che ti riferivi.
Antonio annuì, con gli occhi luminosi, e si sporse per baciarlo ancora, ancora e ancora.
   
 
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